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Autore: tndproject    06/02/2015    2 recensioni
«Thiphanie Lacroix».
La voce che l'aveva interrotta era talmente dura e ferma che la fece tremare. Guardò il suo volto dal basso, cosa che le fu finalmente possibile fare grazie alla fievole luce di una candela che sembrava essere apparsa dal nulla.
[...] Deglutì a fatica, poi mormorò:
«Di solito la gente mi chiama Tip».
[...]
«Tu ti sei buttata dal tetto di un palazzo dopo essere stata assalita da un attacco di panico alle ore diciotto e trentasei», insistette. Poi scosse la testa. «Che morte patetica. Problemi in famiglia, eh?».
Lo guardò con gli occhi bruni spalancati per una manciata di secondi, aprì le labbra, le richiuse. Poi ricordò.
[ Nathaniel/ Dolcetta + coppie di sfondo ] [ come ridicolizzare argomenti delicati in dodici semplici mosse. ]
Genere: Comico, Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Dolcetta, Nathaniel, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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wings

(come sopravvivere un angelo custode non richiesto)

✖  ✖ 

atto #O2 - fughe improvvise
 

«Era velocissimo! Un fulmine, ti dico! Ma che diavolo gli danno da mangiare la mattina? Dovevi vederlo, è scattato come una lepre!».
Thiphanie fu costretta ad interrompersi mentre il riflesso dell'uomo che aveva soprannominato Mac emetteva un lungo, vigoroso sospiro e si portava una mano al volto, scuotendola come per scacciare un moscerino fastidioso.
«Non m'interessa quanto era veloce».
Tip s'imbronciò fissando il vetro della finestra dentro la quale riusciva a scorgere i contorni dell'angelo. «Mi avevano detto che era un secchione, è statesticamente impossibile che un ragazzo che passa più di metà giornata sui libri possa correre così veloce!».
«Statisticamente».
La ragazza sbattè le palpebre. «Eh?».
«Statisticamente, non statesticamente. Si dice statisticamente». Mac sospirò di nuovo e Thiphanie si stupì nel constatare quanto il suo sguardo potesse sembrare freddo anche senza avercelo materialmente lì al suo fianco. Si chiese cosa avrebbero pensato i suoi coetanei nel vederla parlare da sola (o almeno, ai loro occhi sembrava sola, in realtà quegli occhi raggelanti le facevano fin troppa compagnia) con il vetro di una finestra; poi si ricordò che tecnicamente era invisibile e scosse la testa. «Come se avesse importanza. Piuttosto, che faccio? E' scappato!».
«E di chi credi sia la colpa?», replicò l'uomo senza scomporsi.
«Ah, mia? Tu credi sia mia? Voi mi avete affidato questo stupido incarico, io ho solo eseguito i vostri ordini!».
«I nostri ordini, come poco professionalmente li chiami tu, non comprendevo il presentarti senza preavviso davanti a colui che sarebbe dovuto essere il tuo protetto e farlo fuggire via per lo spavento. Ti si è fritto il cervello? “Mi chiamo Tip e sono il tuo angelo custode”?».
«E cosa avrei dovuto dirgli? “Ciao, piacere, sono la persona a cui, con mia immensa sfiga, hanno affidato la tua patetica vita! Mi hanno informata che se fallirò nella mia missione entro sei mesi ti vedremo correre sotto una macchina con l'intenzione di ammazzarti senza ritegno, quindi vediamo di andare d'accordo, okay?”», disse tutto d'un fiato la ragazza, imitando una vocina piuttosto irritante e grondando ironia.
Mac fece una smorfia. «Sapevo fossi stupida, ma non pensavo fino a questo punto. Eppure fino a poco tempo fa eri viva anche tu, dovresti capire più di chiunque altro. Cosa avresti fatto se un mese fa uno svitato ti fosse apparso un casa senza avvisare e si fosse proclamato tuo angelo custode, senza spiegazioni ne' cordialità perlomeno civili?».
Thiphanie gonfiò le guance, nella pallida imitazione di una bambina capricciosa. «Non sono una svitata. E credevo avrebbe capito, sembrava intelligente».
«Certo, certo,» la interruppe seccamente l'angelo. «Non m'importa cosa pensi, sappi solo che adesso devi ritrovarlo. Completamente da sola. E spiegargli la situazione, perché dubito che si lascerà convincere così facilmente. Probabilmente si crederà pazzo e questo aumenterà il rischio di suicidio».
«Che ansia!», sbottò senza preavviso la ragazza. «Non puoi darmi una mano?».
Mac le lanciò l'ennesima occhiata gelida che aveva imparato a riconoscere come “nemmeno per sogno” senza bisogno di parole.
«Vedi di fare buon lavoro, Lacroix».
E poi la sua immagine sparì così velocemente come era arrivato, e Thiphanie si ritrovò a fissare la propria figura riflessa nello specchio. Cavolo, non ricordava di aver mai avuto un colorito così pallido.
Imprecò, passandosi una mano tra i capelli. «Dannazione».

 

«La tua missione è semplice, Lacroix», dice accademicamente l'angelo dai capelli biondi, sistemandosi comodo su una sedia. «Diventa un angelo custode».
Tip sbatte le palpebre: non capisce di cosa stia parlando, e si massaggia con le dita il polso destro su cui sono ancora presenti i segni rossi delle catene che indossava poco prima. «Questo lo so, me l'hai già detto», mormora con cautela, perchè quello è pur sempre l'uomo capace di sbatterla di nuovo in quella buia cella quando e dove vuole. «Quello che non capisco è che cosa tu intenda per diventare un angelo custode. Se sono morta, perché non ho le ali?».
L'uomo alza una mano e le fa segno di sedersi sulla poltrona davanti a lui; Thiphanie ubbidisce in silenzio.
«In quanto suicida, al momento sei ancora un'anima dannata, Lacroix, e lo rimarrai fino a che non accetterai la missione. A quel punto ti sarà recapitato tutto ciò che ogni angelo deve possedere, ma non aspettarti granché: meno esperienza hai, più misero è il materiale posseduto. Non credere che il solo accettare ciò che voglio proporti ti salvi dall'Inferno; quella che ti sto dando è solo una chance per riscattarti, ma se non saprai sfruttarla e fallirai di conseguenza ti sarà tolto tutto ciò che avrai ottenuto e rimarrai dannata in eterno».
La ragazza beve con avidità ogni parola che l'angelo pronuncia, cercando di dare un senso a tutto ciò. Inizia già ad avere mal di testa. «Okay, okay, fino a qua credo di esserci. Quello che non capisco è qual è la mia missione».
Il biondo sembra rimuginarci su per qualche secondo, indeciso. Poi socchiude le labbra, facendo uscire la sua voce dura: «Ogni angelo, per un periodo prestabilito, ha il compito di diventare l'angelo custode di un determinato umano. Ma i soggetti a cui affidare un angelo non sono scelti casualmente: sono umani che non apprezzano la vita come in realtà dovrebbero».
Tip corruga la fronte. «Intendi dire che...».
«Coloro destinati a suicidarsi», taglia corto l'angelo. «L'angelo custode ha il compito di far tutto ciò in suo potere per evitare che questo succeda. Stando accanto al suo umano, aiutandolo, proteggendolo, provando a far capire loro quanto questi pensieri negativi siano sbagliati e quanto in realtà la vita meriti di essere vissuta fino alla fine; per fare ciò, hanno un tot di tempo, allo scadere del quale questi avrà due opzioni: suicidarsi, come scritto da destino – e in quel caso l'angelo custode avrebbe fallito nel suo intento – o continuare a vivere».
Thiphanie sta in silenzio per qualche secondo, poi quasi urla: «Assurdo! Perché a me non è stato recapitato un angelo custode? Io mi sono ammazzata senza nessuno al mio fianco che provasse anche solo a convincermi che,
oh, in realtà la vita è così bella!».
«E' proprio questo il problema», risponde l'uomo, senza scomporsi. «In questo periodo, il numero di suicidi è vertiginosamente aumentato, non sappiamo neanche perché. Milioni di angeli, in ogni parte del mondo, ogni giorno tentano in tutti i modi di evitare che qualcuno si tolga volutamente la vita. E tu, Lacroix», e la fissa intensamente, «diventerai uno di questi angeli».
Tip si trattiene dall'urlargli contro, senza motivo, giusto perchè si sente la testa scoppiare e ha voglia di sfogarsi un qualche modo. Opta quindi per stringere i pugni fino a sentire le unghie conficcarsi nella carne. «Dovrei convincere qualcuno a non suicidarsi? Ti ricordo che io stessa mi sono suicidata giusto giusto qualche ora fa».
«Tecnicamente sono passati tre giorni», la corregge, impassibile. «E ti ripeto che è l'unico modo che hai per riscattarti. O questo, o te ne torni negli Inferi per i prossimi diecimila anni».
Thiphanie tenta di rilassare i muscoli tesi come corde di violino e sospira, sprofondando nella poltrona. «Credi che a questo punto abbia scelta? Accetto, che altro potrei fare».
L'uomo sorride malignamente, o molto probabilmente è solo una sua impressione; tira fuori il taccuino e si mette a scribacchiare. «Il tuo protetto si chiama Nathaniel Gautier, diciotto anni, francese, destinato a suicidarsi entro sei mesi. Apprezza lo sforzo di averti trovato un umano tuo coetaneo e della tua stessa nazionalità».
«Apprezzo lo sforzo, davvero», dice ironica. Poi aggrotta le sopracciglia: «Aspetta, sei mesi? Ho così tanto tempo?».
L'angelo biondo sorride impercettibilmente. «
Oh, sarà una missione più difficile di quanto credi».

 

 

Completamente, irrimediabilmente, schifosamente impazzito: non c'era altra spiegazione. Il troppo lavoro e il troppo stress l'avevano portato ad avere le allucinazioni, senza ombra di dubbio. Nathaniel cercò di riprendere fiato e poggiò il palmo aperto sul muro dell'aula dentro la quale si era piombato alla velocità della luce dopo essere scappato da quello che si costringeva a credere il suo subconscio: di certo il non aver avuto contatti da tantissimo tempo con una forma di vita femminile che non fosse la sua cara amica Melody – davvero, non riusciva a vederla di più che un'amica – non aveva aiutato. Che la sua mente avesse cercato di dirgli che era ora di trovarsi una ragazza? Eppure colei che gli era apparsa davanti era tutto meno che la ragazza dei sogni di Nathaniel: ci aveva parlato per meno di un minuto ma l'aveva già inquadrata alla perfezione. Rozza, violenta, sboccata e forse anche un po' stupida. I suoi capelli neri corti e scompigliati non volevano lasciare la sua mente.
Il delegato trattenne un conato di vomito: da quanto tempo non correva così? Non era più abituato, il cuore gli pompava nelle petto almeno tre volte più veloce rispetto al normale.
Cristo, adesso mi viene un infarto, pensò, appoggiando la schiena alla parete e scivolando pian piano, fino a poggiare il sedere sul pavimento e prendersi una ciocca di capelli biondi tra le dita.
Calmarsi, calmarsi, aveva assolutamente bisogno di calmarsi. 

   
 
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