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Autore: Liberty89    06/02/2015    4 recensioni
Era stato un passaggio graduale ma anche così naturale da non aver destato alcuna preoccupazione nel suo animo. Lentamente, la sua vista cambiò e lui accettò il cambiamento con serenità.
I suoi occhi viola, da sempre simbolo della divina Makal, Dea della bontà e della rinascita, persero la loro luce e lui divenne qualcos’altro. Divenne unico, speciale. Non scorgeva più il presente e ciò che lo circondava né chi gli stava accanto, al posto di tutto questo, Farhiad vedeva la verità.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Sono tornata con un'originale, che originale al cento per cento non è, ma adesso spiego.
Per scrivere e delineare la trama di questa storia mi sono ispirata a una canzone giapponese dal titolo "Killer Song", composta da Jun Maeda e cantata da Yanagi Nagi, di cui trovate la versione con la traduzione in inglese e con la traduzione in italiano (fatta da me, mentre il video con tutte le sue bellissime scritte dal mio amico Darky, grazie caro~). Quando ho sentito la canzone e ho capito il senso del testo, che era già di per sé una bellissima storia, ho voluto scriverci sopra e ampliarla per quanto mi fosse possibile, quindi eccola qui! ù.ù
Parlando della parte tecnica: sarà una mini-long divisa in cinque parti e cercherò di postare una volta alla settimana (sessione d'esami permettendo).
Ultima cosa da dire: ringrazio tantissimo tutte le persone che mi hanno seguita durante la stesura della storia, dandomi consigli, pareri e quant'altro per renderla la meraviglia che è oggi e che ho potuto donare al mio migliore amico con un pizzico di orgoglio.
Detto questo, vi lascio alla storia. Buona lettura!

Disclaimer: La storia è originale e mi appartiene. Non è stata scritta a scopo di lucro.



Parte I: L’uomo cieco e la Vista. La fine della storia.

Era stato un passaggio graduale ma anche così naturale da non aver destato alcuna preoccupazione nel suo animo. Lentamente, la sua vista cambiò e lui accettò il cambiamento con serenità.
I suoi occhi viola, da sempre simbolo della divina Makal, Dea della bontà e della rinascita, persero la loro luce e lui divenne qualcos’altro. Divenne unico, speciale. Non scorgeva più il presente e ciò che lo circondava né chi gli stava accanto, al posto di tutto questo, Farhiad vedeva la verità.

.:[-----]:.

Un leggero bussare alla porta lo destò dai suoi pensieri, ma non si voltò. Sapeva chi c’era fuori in attesa del suo consenso. Ormai vedeva perfettamente.
-Vieni avanti Sarah.-
La ragazza trasalì all’udire il proprio nome, ma mantenne la presa sul vassoio ed entrò nella stanza, chiudendosi l’uscio alle spalle.
-Buongiorno Farhiad. Come sapevi che ero io?- domandò dopo aver posato il pranzo dell’altro sul comodino, scostandosi una ciocca bionda dietro l’orecchio e scrutandolo con gli occhi verdi.
Il castano sorrise, tenendo il capo rivolto avanti a sé. -Segreto.-
Sarah s’imbronciò, portandosi le mani sui fianchi. -D’accordo, tieniti i tuoi segreti. Antipatico.- pronunciò poi, andando allo scrittoio per recuperare il cestino dei medicamenti. -È ora di cambiare- Cosa stai facendo?! Fermo Farhiad!- ordinò, precipitandosi al fianco del fratello intento a sfilarsi lo strato di bende che gli copriva gli occhi.
-Tranquilla Sarah, non servono più.-
La ragazza impallidì. -Come… Come non servono più…?-
Solo quando aprì le palpebre si girò verso la sorella, mostrandole le iridi opache. -Sono cieco.-
La bionda sgranò gli occhi pieni di orrore e, senza rendersene conto, pianse. Pianse nel vedere la serenità sul viso dolce di suo fratello.
-Non è… non è possibile…- singhiozzò, posandogli i palmi sulle guance. -Il dottore… diceva che ti avevamo preso in tempo… che le medicine, il riposo e il buio… Ti sei tolto le bende mentre eri solo?-
-No, Sarah. Non le ho mai tolte, eravate sempre tu e il dottore a farlo.- spiegò lui, prendendo le mani della ragazza tra le proprie.
-Allora come… Com’è successo…?- chiese, cadendo in ginocchio.
-Questo non so dirtelo.- disse Farhiad, carezzandole i capelli. -Forse è il volere degli Dei.-

Nonostante tutto, Sarah volle accertarsi della condizione del fratello. Confermata la sua cecità, la ragazza vide infrangersi anche l’ultima speranza e lentamente si rassegnò.
Farhiad, invece, non si stupì. Sapeva da molti giorni che sarebbe accaduto, sapeva perché l’aveva visto. Aveva visto la verità dietro l’offuscamento dei suoi occhi e sapeva che non avrebbe potuto far nulla per evitare o contrastare quest’avvenimento. In cambio aveva ottenuto un altro tipo di vista, più profonda, che forse gli era stata data per uno scopo preciso.
Questo, però, ancora non poteva saperlo.

Trovata la stabilità nella sua nuova condizione, Farhiad riprese a girare per le vie polverose di Mugaroth aiutandosi con un bastone. Camminando tra la gente con lo sguardo coperto dalla frangia, il giovane si accorse che la Vista si stava rapidamente evolvendo. All’inizio furono piccole cose: chi avrebbe svoltato l’angolo davanti a lui, dove sarebbe andata la persona che c’era dall’altra parte della strada. Sforzandosi, riuscì a trovare un modo di controllare il flusso delle visioni, che sfilavano nella sua mente una dietro l’altra e che si facevano di volta in volta meno confuse e più nitide, precise.
Grazie al suo silenzio, nessuno notò questa novità, tranne sua sorella Sarah.
Inconsapevolmente s’era fatto fin troppo taciturno, pensieroso e serio in viso, e questo la preoccupava, ma mai quanto l’anticiparla quando stava per entrare in una stanza o quando lui le chiedeva se aveva bisogno di aiuto in ciò che stava facendo, senza che lei gli avesse detto in cosa era impegnata. E alla fine, volle sapere cosa gli stava succedendo. Forse fu quello il vero momento in cui tutto cominciò.

Morte.
-Non posso più aiutarti.-

Come le increspature che corrono sul filo dell’acqua, la notizia del suo “dono” si diffuse in tutto il villaggio di Mugaroth. Sapeva com’era accaduto, ma non attribuiva alcuna colpa alla sorella, perché la Vista l’aveva avvertito. Tuttavia, non l’aveva avvisato circa le conseguenze di questa svolta.
Le persone presero a fargli visita per chiedergli ogni genere di consiglio oppure se sapesse dove avevano perso averi di questa o quell’altra natura. Un giorno, anche Burash, il capo villaggio, si presentò alla sua porta per consultarsi con lui circa le alleanze con gli altri villaggi, possibili invasioni, guerre e carestie.
Farhiad avrebbe preferito chiudersi in casa per evitare di rispondere alle domande più disparate, eppure le visioni erano lì che premevano per essere rivelate. Ogni richiesta faceva scattare qualcosa e la Vista gli mostrava tutto ciò che gli serviva, spingendolo ad aprire la bocca per aiutare il prossimo.
Nella sua benevolenza, però, la Vista era tiranna e le visioni più importanti non era in grado scorgerle chiaramente.

Una ciocca di capelli ramati accanto a un occhio rosso come il vino.

Si mostravano alla sua mente un frammento alla volta, in maniera così sconnessa che era impossibile dargli un minimo senso, come i pezzi di un puzzle troppo distanti l’uno dall’altro per poterli mettere insieme.

Una mano si allunga per raggiungere qualcosa.
Il braccio che striscia sulla terra arida.

Inoltre, quei frammenti giungevano, a volte, a distanza di settimane o addirittura mesi e, soprattutto, nei momenti più imprevedibili. Quando accadeva, spesso era in giro da solo o in compagnia della sua adorata sorella che nonostante si fosse sposata, trovava sempre il modo di occuparsi di lui.

Sangue sul suo viso latteo.
Cadaveri.

Si portò una mano alla testa, reggendosi fermamente con l’altra al bastone che ormai non lasciava mai.
-Farhiad?- chiamò la donna, posandogli una mano sul viso. -Tutto bene? Cos’hai visto?-
-Qualcosa.- rispose lui, calmo. -Qualcosa che ancora non ha significato.-
-Ancora mi domando come fai a distinguere questa cosa dal resto.- sbuffò Sarah, prendendo il fratello sottobraccio, che si concesse una risatina a labbra chiuse.
-È diverso.- replicò. -È come guardare due fiori della stessa specie, ma di colore differente.- spiegò. -Come le camelie che da bambini abbiamo visto sulla bancarella di un mercante. Te le ricordi?-
-Mmh.- rifletté la bionda, portandosi una mano al mento. -Non molto…-
-Ce n’erano due mazzi: uno rosso e uno bianco, ma mentre il secondo profumava, il primo non emanava alcuna fragranza.- raccontò, ricordandosi alla perfezione di quel fiore dai petali cremisi e del suo gemello anonimo alla vista, ma con un profumo incredibilmente intenso.
-Ah sì! Mi ricordo!- esclamò lei dopo un po’. -Quindi dici che ciò che vedi in questi momenti ha un colore o un profumo diverso dal resto?-
-Sì, possiamo dire così.-

Altro sangue.
Caviglie recise, schizzate da una corona scarlatta.

.:[-----]:.

Ancora prima che il capo villaggio si ammalasse, Farhiad sapeva che presto sarebbe stato sostituito e sapeva anche chi avrebbe presto il suo posto. Purtroppo, però, Malik, nipote di Burash, non era adatto al ruolo di guida. Con il suo arrivo, il nuovo capo diede inizio a un periodo fondato sul terrore e lo sfruttamento.
Per le ridenti strade di Mugaroth presero a muoversi soldati armati, pronti a dar battaglia e disporre di chiunque secondo il loro volere.
Farhiad non poteva opporsi alla Vista né alla verità che gli veniva mostrata, perciò non disse nulla. Aveva imparato a imporsi sulla propria voce, quindi tacque e attese. In silenzio, come un muto osservatore, attese la caduta di Mugaroth e la morte di molti dei suoi abitanti.

Seduto sul bordo della fontana del villaggio, il possessore della Vista liberò un sospiro triste e rassegnato. Il mormorio basso e timoroso che sentiva non aveva nulla a che vedere con il chiacchiericcio che fino a pochi mesi prima illuminava ogni angolo del villaggio. Stava per giungere il capitolo finale della storia.

Mani in preghiera strette attorno a una daga sfoderata.

Serrò le palpebre e abbassò il capo, rivolgendolo al terreno brullo.
Le nuove visioni si erano fatte ancora più distanti. In compenso, immagini che aveva già visto tornavano a mostrarsi con una certa regolarità, come a segnalargli che presto le avrebbe vissute sulla sua stessa pelle.

Una città perduta, spenta ormai da molto tempo.
Un uomo in attesa.

Prima, però, avrebbe assistito a un altro epilogo. Strinse la mano destra attorno al bastone fino a sbiancarsi le nocche e in quel preciso momento avrebbe tanto voluto che la sabbia sotto i suoi piedi si aprisse e lo divorasse. Quando sentì quella corsa rapida, disperata, la Vista gli mostrò ancora una volta una verità che non avrebbe mai voluto conoscere.
-Zio! Zio Farhiad!- chiamò il bambino con voce rotta, fermandosi di colpo di fronte all’uomo. -La mamma…- singhiozzò. -La mamma è-
-Lo so Kashir…- lo frenò, allungando la mano libera per attirarlo a sé e abbracciarlo. -Lo so.-
Affondò il viso nei capelli del nipote, che aveva preso a piangergli sul petto, e pianse a sua volta.
La siccità si era fatta avanti in modo subdolo e silenzioso, come un predatore acquattato nell’erba alta in attesa di una mossa falsa della sua preda, e gli abitanti di Mugaroth erano caduti in trappola. Il sole s’era fatto molto più caldo e le persone avevano iniziato a cadere senza freno sotto i suoi raggi impietosi.
Sarah aveva raggiunto suo marito dopo pochi giorni. E lui, Farhiad, l’aveva visto. L’aveva visto con grande anticipo e non aveva potuto far nulla. E anche in futuro, non sarebbe potuto intervenire in alcun modo.
Odiò la Vista ora più che mai.
Perché sapeva che anche il piccolo Kashir lo avrebbe lasciato.
La carestia, purtroppo, non conosceva la pietà.

Grosse e pesanti catene puntate a un’umida parete fatiscente.
La determinazione di un occhio che aveva Visto.

.:[-----]:.

-Ehi! Sei tu quello che chiamano “Maestro”?- gridò un uomo, fermandosi a pochi passi dal castano. -Sei tu quello che vede il futuro?-
Egli si fermò e sollevò il viso, puntando lo sguardo vuoto sul tale che l’aveva chiamato, ma non rispose. Farhiad vide, ma quella era un’altra verità che non avrebbe voluto vedere mai. Avvertì numerose presenze attorno a sé. Pesanti e sferraglianti, a causa delle sciabole che picchiavano sui fianchi coperti dall’armatura sottile.
-Sì è lui! Occhi viola e ciechi!- avvertì un’altra voce.
In un attimo fu privato del bastone e quattro mani lo buttarono a terra, sollevando una nuvola di polvere che gli irritò la gola e gli occhi.
-Parla “Maestro”…- lo schernì il primo. -Dicci chi ha rubato dalle scorte del sommo Malik!-
Il veggente tossì, ma non rivelò nulla. Tossì di nuovo quando un calcio lo colpì in pieno ventre e una mano violenta gli strappò la copertura che portava sulla testa per tirarlo per i capelli.
-Allora?! È Malik stesso a mandarci da te, non vorrai disobbedire al tuo signore, vero?!-
Quando la Vista gli mostrò nuovamente la verità, Farhiad comprese che anche quella volta non poteva opporsi, nonostante lo volesse con tutto se stesso.
-Ashera.- pronunciò a denti stretti. -È stato Ashera, il sorvegliante.-
-Tsk!- sputò il soldato alle sue spalle, mollando la presa sulle ciocche castane. -Quello sporco ladro pagherà caro questo affronto!-
-Il sommo Malik vorrà le sue mani, come minimo.- commentò un altro, incamminandosi.
-Ehi “Maestro”, vedi di restare in giro. Potresti servirci ancora.- avvertì un terzo uomo, prima di seguire i suoi compagni.

Comprensione.
La daga è pronta a levarsi.

A fatica, Farhiad si mise in ginocchio, tenendosi il ventre dolorante, mentre con la mano destra tastava il terreno circostante per recuperare il suo bastone.
-Ecco.- mormorò una donna, accompagnando le sue dita attorno al legno. -Prendete Maestro.-
-Grazie Miran. Rilassati, però. Non c’è bisogno di tutta questa formalità.- replicò l’uomo, alzandosi con l’aiuto del bastone.
-Venite in casa.- proseguì lei come se niente fosse, tornando in piedi a sua volta e puntando gli occhi scuri sul viso dell’altro. -Siete pallido, venite a sedervi all’ombra per qualche minuto.-
Senza attendere una risposta, Miran lo condusse tra le fresche mura della propria dimora, per poi servirgli un bicchiere della poca acqua di cui disponevano.
-Non sentitevi in colpa per aver detto quel nome.- disse all’improvviso la padrona di casa, sistemandosi una ciocca nera dietro l’orecchio. -Non avrebbe dovuto spingersi a tanto. La sua famiglia non è l’unica a soffrire la fame.-
-La sua famiglia è già morta.- rivelò con calma Farhiad. -Aveva rubato quel cibo per sé. Voleva raccoglierne abbastanza per fuggire da questo villaggio, ma s’è fatto prendere la mano.-
-Che sciocco, ora sarà Malik a prendersi le sue mani.-
-Purtroppo, non sarà così fortunato.- ribatté l’uomo, guardando avanti a sé e scrutando il futuro che presto si sarebbe abbattuto sui resti di Mugaroth. -E non sarà l’unico a incontrare anzitempo la propria fine.-
Miran rimase interdetta, era la prima volta che sentiva con le proprie orecchie una delle profezie del Maestro e una parte di lei ne fu intimorita. Dall’altro lato, però, era incuriosita. Si domandò cosa sarebbe accaduto, se lei sarebbe stata un’altra vittima della moria che s’era abbattuta sul loro villaggio.
-Resisti un altro po’ Miran.- esordì il veggente, alzandosi e dirigendosi a passo sicuro verso la porta. -Tu vedrai l’inizio della nuova storia.-

Uccisioni una dietro l’altra per un’unica ragione.
Proteggere lui.
Il Maestro.

Finalmente, tutti i pezzi che aveva raccolto in quei dieci lunghi anni trovarono il loro posto, e Farhiad comprese. Vide. Lo scopo finalmente gli era chiaro.
Il villaggio di Mugaroth era arrivato all’ultimo capitolo della sua storia e sarebbe stato inghiottito dal deserto, che come un’affamata ma paziente bestia, lo divorava lentamente, portandosi via un pezzo dopo l’altro. Persone, case, campi, pozzi, bestiame. Tutto sarebbe stato sepolto dalla sabbia rovente del deserto.
Tutto, o quasi.

Tekharia.
È tempo.

.:[-----]:.

Quando lasciarono quelle conosciute dune, di Mugaroth era rimasta solo un’ombra. Un’ombra sbiadita che non aveva niente da spartire con ciò che il villaggio era stato fino a due anni prima.
Della fiorente popolazione erano rimasti in pochi: una decina di uomini, qualcuno di loro era stato fortunato ed era accompagnato dalla moglie e dal figlio, mentre le altre donne -meno di dieci- erano giovani e si erano prese l’onere di occuparsi dei bambini rimasti orfani, poco più di una decina. Farhiad li guidava, non per sua scelta, ma per decisione unanime di quelle povere anime sperdute che non sapevano a chi affidarsi se non al Maestro, possessore della Vista. Solo lui poteva condurre quei profughi verso la prosperità di una nuova vita.
Grazie alle visioni della verità, Farhiad li guidò con passo sicuro su un sentiero invisibile, sorretto unicamente dal suo bastone, rifiutando l’aiuto che gli veniva offerto e portando sulla propria schiena la sacca con le poche cose che aveva deciso di tenere con sé. Li accompagnò da un’oasi all’altra, attendendo che si fossero rifocillati e riposati abbastanza per poi riprendere il viaggio.
Più volte gli avevano chiesto perché non si fermassero nelle vicinanze di una di quelle piccole oasi, e lui rispondeva semplicemente che quello non era il posto giusto. Dopodiché si voltava e ricominciava a camminare, lasciando impronte profonde sulla sabbia fine.

-Vai al diavolo Farhiad!- urlò l’uomo corpulento, buttando a terra il veggente per poi salirgli a cavalcioni.
-Thalai!- gridarono molti dei presenti, avvicinandosi per fermarlo.
-Cosa stai facendo?!- esclamò sbigottito l’uomo più anziano del gruppo, mettendogli una mano sulla spalla.
-Lasciami in pace vecchio!- ribatté lui, sfuggendo alla presa con facilità. -Tu bastardo! Per quanto ancora vuoi farci camminare come cammelli in mezzo al deserto, eh?!-
-Non è questo il posto.- rispose tranquillo il cieco, tenendo il viso puntato verso il cielo.
La sua espressione, però, mutò immediatamente quando le mani di Thalai si serrarono attorno alla sua gola, stringendo con forza sempre maggiore. Nessuno osò intervenire, spaventato dall’ira dell’uomo che pareva giunto al suo limite.
-Perché?!- sputò. -L’oasi è enorme, è il posto perfetto per costruire il pozzo!-
-Non…- soffiò il castano, spalancando la bocca in cerca d’aria. -…possiamo…-
-Dammi un maledetto motivo!- urlò ancora, aumentando la stretta.
Farhiad sollevò a fatica una mano, indicando verso ovest, dov’erano diretti. -Bambini… ci sono… dei-
Nonostante la presa sulla sua gola fosse diminuita a sentire quelle poche parole, il veggente non terminò mai la frase perché, a causa della stanchezza, i sensi lo abbandonarono definitivamente, trascinandolo in un caotico mondo fatto di visioni già viste e altre che ancora non l’avevano raggiunto.

-Non posso più aiutarti.-
Il dito è puntato.
La daga ne segue la direzione con precisione millimetrica.
Cadaveri.
-Ti aspettavo.-
Sangue.
Caviglie recise.
L’incontro è alle rovine.
-Ucciderò per te.-
La mano si arpiona alla sabbia come a un’ancora di salvezza.
Dita posate sul pomo di una lunga spada.

Morte.

Quando tornò in sé, Farhiad scattò a sedere, annaspando in cerca d’aria. Sbatté le palpebre, guardandosi attorno confuso, privo di ricordi dei suoi ultimi momenti da sveglio. Sussultò quando un palmo caldo e gentile raccolse il suo.
-Calmati Farhiad.-
-Anziano Regua.- pronunciò in un sussurro il giovane uomo, allungando le dita sul viso dell’altro per riconoscerlo. -Sei tu…- sospirò poi, rilassandosi leggermente. -Dove siamo? Cos’è successo?-
-Non ricordi?- domandò in risposta il vecchio, porgendo al veggente un otre d’acqua. -Siamo fermi da stamattina. Thalai ti ha fatto rischiare grosso. Per fortuna, sei solo svenuto.- spiegò lentamente, per dare tempo al cieco di mettere insieme le informazioni nella sua mente sconnessa. -Cos’hai visto Farhiad?-
-Perché me lo chiedi?- replicò il castano, inghiottendo un sorso.
-Perché è parecchio che non ti vedo così sconvolto da una visione. La prima volta è stato quando hai saputo di Sarah.- disse Regua, osservando attentamente il viso dell’altro.
Per quanto apparisse inespressivo, nulla poteva sfuggire ai verdi occhi di Regua. Lo aveva visto nascere, diventare un ragazzo forte e l’aveva consigliato quando nel pieno dell’adolescenza era diventato cieco, perciò sapeva interpretare senza problemi i suoi silenzi prolungati e il suo volto, per quanto neutro si mostrasse.
-Ho visto il mio futuro anziano Regua.- sussurrò il Maestro, stringendo le dita attorno all’otre. -La mia mano indicava la direzione per una lama incaricata di uccidere.-
-Ne hai paura? Vorresti sfuggirgli?- domandò il vecchio, guardando appena dall’altro lato di quella grande oasi dove il resto degli uomini stava finendo di seppellire il corpo di Thalai.
-Ne ho timore, sì.- confessò. -Ma se mi è stato mostrato, significa che accadrà e non posso fare altro se non vivere.- aggiunse, facendo per alzarsi ma venendo fermato l’attimo successivo.
-Torna a sdraiarti, ormai è il tramonto.- lo avvisò Regua, aiutandolo a stendersi. -Tra poco ti porterò la cena, poi domani mattina ripartiremo.-
-D’accordo.- acconsentì Farhiad, sistemando la testa sul cuscino improvvisato. -Spero tanto che la divina Makal accolga l’anima di Thalai nella sua luce.- disse poco dopo, facendo sussultare l’anziano. -In fondo, non era un uomo malvagio.-

.:[-----]:.

-Maestro!- chiamò una voce. -Maestro dove andate?!-
Farhiad si fermò e si girò in direzione di tutte le persone che gli stavano correndo dietro.
-Dove andate Maestro?- chiese una ragazzina dai capelli color rame, guardando il cieco da sotto in su.
Il castano sorrise e posò una mano sul capo della bambina. -È tempo che io vada.-
Sapeva che qualcuno si sarebbe dimostrato contrariato dalla sua partenza improvvisa, ma non credeva che i bambini dell’orfanotrofio -che li avevano accolti solo un anno prima- gli si fossero affezionati così tanto da circondarlo e minacciarlo di portargli via la sacca che portava a tracolla pur d’impedirgli di andarsene.
-Mi dispiace bambini, ma devo andare. C’è una persona che mi aspetta.- spiegò. -Devo raggiungere il luogo in cui abbiamo appuntamento.-
-Ma da solo ti perderai!- osservò un ragazzo dai corti capelli scuri.
-Non temere Gorai, non mi accadrà nulla.- sorrise lui.
-Ma poi ritorni?- domandò la bambina di poco prima, stringendogli un dito.
-Non credo.- rispose sinceramente. -Se mai tornerò, sarà fra molti anni e ormai voi sarete tutti cresciuti.-
Prima che un coro di pianti e obiezioni si alzasse come una tempesta di sabbia, Farhiad sollevò il viso in direzione di una nuova serie di passi in avvicinamento.
-Allora è oggi il giorno in cui ci lasci?- chiese la donna, fissando le iridi viola dell’uomo con le proprie color ambra.
-Sì Laika. È oggi.- affermò. -Ti ringrazio per tutto ciò che hai fatto per me e i sopravvissuti di Mugaroth, se non ci aveste accolti, saremmo stati spacciati.-
-Non è necessario che mi ringrazi. Questo era un orfanotrofio, braccia in più non possono che essere d’aiuto.- osservò lei. -Davvero non farai mai ritorno?-
-La Vista non me l’ha mostrato, non ancora.- spiegò. -Quindi se accadrà potrebbe essere molto in là con gli anni.-
-Capisco, e cosa ti ha mostrato?-
-Un luogo in rovina, qualcuno che mi aspetta e tante persone che hanno bisogno di me, in un luogo molto lontano da qui, verso il grande mare.-
Laika fischiò. -Ben lontano. E te ne vai solo con quella roba lì?- commentò, indicando con un cenno la sacca. -Fammi almeno provvedere alle tue scorte di cibo e acqua, e a un nuovo bastone. Ti fidi troppo di quella tua Vista.-
Farhiad ridacchiò, dopodiché seguì Laika per la strada, affiancato dal gruppo di ragazzi e bambini che aveva tentato di fermarlo. Quella donna dal carattere forte e spigliato gli era piaciuta fin da subito; ancora una volta, la Vista lo aveva condotto verso un porto sicuro. Si augurò, quindi, che anche quell’impresa si rivelasse portatrice di buoni frutti.

È tempo.

Si fermò e spinse in avanti la base del bastone, che picchiò contro la pietra. Farhiad si avvicinò di un passo, e allungò la mano per tastare il muro. Ciò che trovò, però, fu un basso rudere, unico residuo di quella che una volta era stata un’abitazione.
Sorrise. Era arrivato.
Il viaggio era stato lungo ed estenuante. La Vista lo aveva aiutato, indicandogli la strada da percorrere e conducendolo dove avrebbe potuto trovare ristoro e refrigerio dal calore soffocante del deserto. Il grande mare era ancora lontano, fisicamente e temporalmente parlando, perché era la tappa successiva.
Infine, posò la sacca a terra e si sedette. Portò il bastone tra le gambe aperte e si mise ad aspettare. Lei sarebbe arrivata presto.

-Ti proteggerò. È questo il significato della mia vita.-









Questa era la prima parte e avete conosciuto Farhiad, il protagonista. Spero che vi sia piaciuto!
Nel prossimo capitolo, cambia lo scenario ù.ù
A presto!
  
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