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Autore: soel95    07/02/2015    2 recensioni
Cosa sarebbe successo se il giorno in cui il fidanzamento tra Mac e Bramby si spezza, il padre di Rene non fosse morto costringendola a tornare da Harm? Se ad arrivare per prima nel suo appartamento fosse stata Sarah?
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harmon 'Harm' Rabb
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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APPARTAMENTO DEL CAPITANO RABB

ORE 23.45

 

Infine si sfiorarono, la distanza di un sospiro, ed entrambi sentirono di essere tornati a casa; stretti tra le braccia dell’altro compresero quale fosse il loro vero posto. Nulla valeva più del piccolo mondo nel quale si erano rifugiati, nulla importava quanto le labbra dischiuse che si cercavano, si inseguivano, vivevano dell’essenza compagna.

Forse il mondo aveva iniziato a ruotare vorticosamente, forse si era arrestato: non ne avevano idea. Le menti avevano cessato di ragionare, il tempo di scorrere ed ogni cosa aveva perso la propria importanza poiché finalmente, dopo anni passati ad inseguirsi, a perdersi e ritrovarsi, potevano stringersi, potevano sentirsi davvero; quante notti avevano trascorso da soli, pur non essendolo per davvero, quante volte avevano ricercato in un volto amico le fattezze di quello amato. Per quanto tempo si erano illusi di non amarsi? Troppo. Semplicemente troppo.

 

«Harm…- un lieve sussurro, una brezza impalpabile, accarezzò l’animo del capitano riportandolo alla realtà; la rivide tra sé e la parete: era sconvolta- cosa ci sta succedendo?» le bocche rosse, gonfie per i baci dati e ricevuti, gli occhi lucidi, liquidi dal piacere, ed i corpi ancora avvinghiati, stretti in un abbraccio passionale

«Quello che per troppo tempo abbiamo rinviato- replicò in modo dolce e deciso allo stesso tempo; lo sguardo fermo, come non glielo aveva mai visto in tanti anni, le mani che la sfioravano, la facevano sentire desiderata, protetta.

«Non sono certa che tutto questo ci porterà da qualche parte» la voce rotta; lei stessa non credeva minimante a quanto appena detto. Tentava di illuderlo, di convincerlo a desistere…no. Lei stessa si stava illudendo: la paura di essere nuovamente respinta, come sul battello di Sidney, di soffrire dopo aver avuto la possibilità di toccare, per un’istante effimero, la vera felicità era troppo opprimente; non avrebbe sopportato di averlo, anche solo per una notte, per poi vederselo nuovamente portare via dagli eventi. Questa volta non avrebbe retto.

«Io non credo Sarah- il suo nome, lo usava così di rado che ogni volta era come un colpo al cuore- non lo credo affatto» le afferrò con decisione il volto rifiondandosi su quelle labbra che aveva a lungo desiderato: affollavano i suoi sogni, tormentavano le sue giornate e lo perseguitavano dovunque andasse; più e più volte aveva temuto di perdere il suo proverbiale autocontrollo, ma lasciarsi guidare dalla disperazione verso cui lo portava avrebbe significato anche dare un calcio definitivo alla loro amicizia, avrebbe significato rischiare di perderla per sempre. Per lungo tempo non era stato pronto, ora non più; nulla gli avrebbe impedito, questa volta, di dimostrarle l’autenticità dei suoi sentimenti, la forza con cui, violenti, gli esplodevano nel petto.

 

Harm l’aveva stretta a sé con forza, dolcezza. Determinazione. Sentiva il corpo di Mac appiattirsi contro il proprio, percepiva le sue esili mani farsi infine coraggio per accarezzarlo con desiderio crescente; era sull’orlo di un precipizio.

Il primo bottone fu il più difficile da sciogliere: le mani gli tremavano e si sentiva agitato come se fosse la prima volta, le gambe sembravano sul punto di non reggerlo più mentre la mente, libera da ogni preoccupazione, viaggiava leggera verso il suo porto sicuro; si presero un’istante per osservarsi, guardarsi, come se, invero, non si fossero mai visti. In quei momenti fugaci avevano avuto la possibilità di assistere alla reciproca crescita, all’esplodere dei loro sentimenti, all’abbattimento di qualsiasi barriera

«Ti amo Sarah- le soffiò sulle labbra con voce graffiata, arrochita dall’eccitazione e dal desiderio di lei- ti amo con tutto me stesso» quella sera non ci fu più bisogno di parole tra loro, non di senso compiuto per lo meno; ciò che accadde tra quelle quattro mura, ciò che li spinse, vinti dalla passione, sull’ampio letto a due piazze, fu un moto nato dalle profondità dell’anima, un bisogno atavico di ricongiungersi con l’altra metà di sé stessi.

 

I gemiti di piacere invasero in breve tempo l’ambiente, le vesti, sparse sul pavimento, facevano compagnia alle lenzuola abbandonate per il troppo caldo; in quel groviglio di corpi dove si perdeva la cognizione del singolo, le mani vagavano, percorrevano sentieri proibiti accendendo la fiamma della passione. Le labbra mordevano, succhiavano, trasformando la mera fantasia in atto concreto; i colpi decisi di uno sull’altro, la danza ancestrale di uno sull’altro cresceva e si nutriva delle loro emozioni, con le loro emozioni, sino a che non si persero irrimediabilmente. L’esplosione li travolse insieme, come amanti di lunga data, lasciandoli spossati ma euforici, esausti ma pienamente appagati; i rimorsi per quanto accaduto non li sfiorarono in quella notte d’amore priva di stelle, ne li avrebbero raggiunti in quelle a venire, poiché oramai entrambi sapevano che per la loro reciproca felicità l’unica cosa, o meglio, l’unica persona di cui avevano bisogno, era quella stesa placidamente al loro fianco.

«Mi sento come dopo una virata a nove G e mezzo- proruppe Harm mentre riprendevano fiato teneramente abbracciati, le gambe ancora legate tra loro- mi hai steso marine» il suo meraviglioso sorriso ad illuminargli il volto, la risata liberatoria che investì entrambi

«Credevo fossi abituato al volo capitano- si divertì a prenderlo in giro- si vede che devo ricredermi. Stai invecchiando» una mano all’altezza del cuore, stretta tra quelle dell’uomo, gli accarezza il torace con studiata lentezza, ne percorreva i muscoli scolpiti, la linea delle scapole per poi perdersi sulla sua guancia dove una lieve ombra di barba iniziava a fare bella mostra di sé

«Ah… è così che la metti?- finse di alterarsi trascinandola con un singolo gesto fluido sotto il proprio corpo, intrappolandola tra il materasso ed il proprio metro e novantaquattro d’altezza- vediamo quanto sto invecchiando colonnello» le labbra dischiuse di Mac un invito troppo dolce per essere ignorato, troppo stimolante dopo anni interminabili di attesa; poteva finalmente dissetarsi da quelle labbra piene che lo accendevano ogni volta.

 

 

 

APPARTAMENTO DEL CAPITANO RABB

ORE 7.00

 

Un insistente bussare alla porta distolse bruscamente il capitano Rabb ed il colonnello MacKenzie dal placido sonno nel quale erano sprofondati dopo ore interminabili passati ad amarsi, le più belle ed intense di tutte le loro vite; chiunque fosse non sembrava minimamente intenzionato ad andarsene tanto presto.

«Harm… la porta» gli suggerì Sarah con voce ancora impastata dal sonno, accoccolata tra le sue braccia che la tenevano stretta, timorose, quasi, di lasciarla andare

«Sì, ho sentito» la flemma svogliata con cui si diresse all’uscio, vestito di soli boxer, mista al desiderio di riornare all’istante nel caldo abbraccio del suo letto, accanto al corpo della donna più innamorata di tutta Washington, lo pietrificarono sul posto nell’istante in cui, aperta la porta, si ritrovò dinnanzi una faccia radiosa che lo salutò con gioia; «Reneé…» fu l’unica parola che il suo cervello, ancora spento per il sonno ed i residui di una notte d’amore, riuscì a formulare.

 

  
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