Non si ha mai la certezza di star amando, ma in quel momento io fui sicuro di non voler nessun altro al mio fianco. Mi bastavi tu. Guardavo i tuoi occhi, le tue braccia, le tue mani, i tuoi capelli, i tuoi modi di fare, di pensare, di vestire, le smorfie che facevi, il tuo sorriso, i tuoi difetti e pensavo che andavano bene così, che per me andavano fin troppo bene così.

Io ti avrei amato per sempre, se tu me ne avessi lasciato la possibilità.
Perché alla fine non avrei mai potuto impedire al tuo sguardo di scrutarmi l’anima e alle tue carezze di provocarmi brividi.
Ci furono momenti in cui potetti solo guardarti da lontano, osservarti e pensare a quanto meritassi di essere amato degnamente. Io tutto ciò potevo dartelo, ne ero sicuro.
Fu questo il mio sbaglio, perché in amore nessuno dovrebbe mai sentirsi abbastanza. Avrei dovuto temere la tua mancanza, invece mi dicevo che tanto prima o poi saresti tornato. Per questo, quando ti chiudesti nel tuo mondo privato, quello di cui neppure a me era permesso l’accesso,  la mente non fu, per un certo periodo, più capace di ragionare.
Tu non lo sai quanto male mi facesti.
Non lo sai quanto dolore sopportai.
Le tue parole mi lacerarono come mai prima di quel momento.
In confronto al tuo abbandono, il passato fu nulla.
Imparai a lasciar correre, a non prestare troppa attenzione.
Imparai ad essere superficiale, ad amare aspettandomi qualcosa in cambio.
Imparai che nessuno rimane, anche se è egli stesso a giurartelo.
Imparai ad isolarmi, io che amavo così tanto stare tra la gente.
Imparai ad  odiarti, piano piano, senza fretta, per tutti quei momenti in cui ci saresti dovuto essere e puntualmente restava solo il tuo ricordo.
Imparai ad odiare i tuoi difetti, il tuo sorriso, le tue mani.
Non ti pensai più la mattina, ne dopo mangiato, neanche la sera.
Solo la notte, quando il cervello era distratto e il cuore prendeva il sopravvento.
Qualche volta tornasti nella mia mente, ma devi concedermelo.
Qualche volta, si, mi mancasti. In certi momenti così tanto che ebbi paura di non farcela.
Ma mi abituai, con il tempo. Combattei e annegando nei ricordi imparai anche a nuotare.
Ci furono giorni in cui ebbi la voglia di urlare ciò che sentivo, ma la paura mi disse che forse nessuno avrebbe capito. Cosa ci fosse, poi, da capire ancora oggi me lo chiedo.
Qualche volta mi venne voglia di vederti, pensando magari a come sarebbe stato.
Nonostante tutto, però, guardai avanti, con fatica, ma lo feci.
Fu difficile, eccome se lo fu, ma ci riuscii. Ti dimenticai.
Ed insieme a te scordai anche come ci si sentisse ad essere felici.


 
Nda:
Prima o poi pubblicherò anche qualcosa di un po’ meno angst, prometto.
Per prima cosa il titolo è preso da un libro di Louis-Ferdinand Céline. 
In questa storia ho lasciato al lettore la decisione riguardo al pov. Credo sia abbastanza complementare con entrambi i caratteri, quindi sta a voi. Io, se devo essere sincera, l’ho pensata con il pov Robert perché nelle interviste lui è quello che osserva, Jude quello che parla, ma magari la mia visione malata del loro rapporto distorce un po’ la realtà. Fatemi sapere cosa ne pensate, ho davvero bisogno dei vostri consigli e delle vostre opinioni. Lasciatemi una recensione anche solo per commentare la mia perenne vena catastrofica ahah (che poi in realtà sono un tipo arzillo, ForseEsiste può confermare :P). Anyway… alla prossima :*