Cronache di una vita
2 mesi fa ho detto addio alle migliori amiche che potessi mai avere, ho cercato di tagliare i rapporti con loro, di farmi
dimenticare, ma niente.Ho cercato di spiegare loro i mie motivi, le ragioni per le quali io non potevo essere loro
amica.Ce ne sono tanti, loro sono troppo per me,da un momento all’altro potrei fare una sciocchezza, sono una
persona difficile… Sono tutte parole di un certo peso, ma nel momento in cui vengono abbinate a loro, perdono tutto
il loro valore,la loro importanza. Sono stesa sul mio letto a pensare a loro, a pensare alla piega che ha preso la mia
vita nell’ultimo periodo, a pensare a tutte le brutte figure che ho fatto, a pensare un po’ alla mia vita in generale. La
domanda che mi pongo quasi sempre è “Chi sono?” So già la risposta, ma non ho la voglia, né la forza, di ammetterlo.
Per cui mi nascondo nella finzione del non saperlo, facile eh cosi? Già proprio facile non ammettere le cose che non ci
piacciono e pararci il culo con la scusa del non saperlo. Io prendo sempre la via che mi sembra più facile, senza
rifletterci troppo su. Probabilmente sbaglio, e sbaglio di brutto, ma a me non importa perché se alla fine mi fermo
troppo a pensare, perdo la percezione della realtà. E’ Giugno, le scuole sono ancora aperte, ma io mi sono ritirata già
da un pezzo. So benissimo che anche Stella, Ludo e Giulia si sono ritirate, ma cerco di non pensarci troppo per
evitare di ricordare pezzi del mio passato. Un lampo attira la mia attenzione, mi avvicino alla finestra. Grosse gocce
di pioggia scendono dal cielo e si fermano solo dopo aver toccato terra. Mi fermo qualche minuto a guardare lo
strano tempo di una normalissima giornata di Giugno, infine sospiro e mi stendo sul letto. Parte No Stress, la suoneria
del mio cellulare, un po’ scocciata rispondo –Pronto?-. dall’altra parte c’è Luca che, con una voce molto turbata e
scioccata mi chiede
di venire in Piazza De Leva il prima possibile. Gli dico che sarei arrivata in cinque minuti e attacco. Corro a mettermi le
scarpe, avverto mamma, e corro via. Mentre aspetto l’ascensore mi do mentalmente della stupida per l’ansia che mi
è salita, ma la voce di Luca mi ha messo paura. Arriva l’ascensore entro e premo terra. Mi guardo nello specchio e penso
che mi si arricceranno tutti i capelli per via dell’umidità, ma non me ne preoccupo più di tanto, al momento sono
preoccupata per qualcos’altro. Corro a perdifiato fino a Piazza De Leva poi vedo un pullmann e un gruppo di gente
intorno al medesimo. Riconosco Stella, Giulia, Rosy e Robi che fissano un punto in alto. Mi avvicino a loro e poi seguo
il loro sguardo fino ad una scena terribile; Luca abbastanza lontano da Federico che punta la pistola a Ludo. Io prendo
una corda da terra, me la lego alla vita da un capo, e tiro l’altro nel punto più alto del palo della luce. Inizio a salire
facendomi forza con la corda, poi mi sento tirare giù da qualcuno così mi volto e mi trovo di faccia Rosy :-Cosa
intendi fare?-. Non sono tenuta a risponderle ma lo faccio ugualmente –Vado li sopra, sono l’unica che può fermare
quei pazzi, lasciami-. Mi sembra abbastanza convinta, mi lascia. Io inizio a salire di nuovo. Arrivata in cima mi slego
la corda dalla vita, cerco di calcolare mentalmente la distanza fra me e la destinazione che avrei dovuto raggiungere
con un solo salto e mi lancio. Come potevo immaginare, ho calcolato male la distanza ma riesco ad aggrapparmi ad
un pezzo del pullman. Luca mi tende una mano, l’accetto e lui mi tira su. Guardo giù e penso alla pazzia che avevo
appena fatto, poi Luca mi abbraccia. Ricambio l’abbraccio e poi dico a lui e a Ludo di scendere. E’ una questione
fra me e Federico e io so benissimo perché ha preso proprio le persone a cui tengo di più al mondo, vuole farsi
notare. Lo guardo con aria di disapprovazione, mi sorride soddisfatto, poi inizia a gridare come un pazzo –Adesso
mi ascolti? Finalmente posso avere l’onore di parlare con te?-. Lo guardo torva, se prima pensavo alla possibilità
che fosse pazzo, adesso non avevo più dubbi. –Fede calmati, e bhè… posa quell’aggeggio-. Riesco a dirgli solo
questo, lui guarda la pistola che ha in mano, poi si rigira verso di me e, dirigendo per sbaglio la pistola contro di me,
mi chiede, sempre con tono fin troppo alto –Cosa ti da il diritto di darmi ordini, quando sono io ad avere la pistola
dalla parte del manico?-. Mi avvicino a lui, cerco di sembrare il più tranquilla possibile ai suoi occhi per trasmettergli
un po’ di tranquillità, ma come faccio se sono la prima ad essere spaventata? –Fede io non voglio darti ordini … E’
solo che mi fai paura…-. Adesso assume un tono dolce e pacato –Io non voglio farti del male, questa pistola serve
a me, per farla finita… Volevo dirtelo in un altro modo, ma tu non mene hai dato possibilità-. Detto questo si punta la
pistola alla tempia –Volevo solo dirti addio-. Mi sorride e carica la pistola. E’ la mia ultima occasione, non posso
permettere di perderlo in questo modo, mi butto addosso a lui e gli grido –Non ti permetterò di suicidarti-. Voliamo
giù dall’autobus, mi accorgo di un palo posto orizzontalmente che, all’apparenza, deve essere molto resistente. Non so
come ma riesco con una mano ad aggrapparmici e con l’altra a tenere Fede. –Lasciami cadere-. Mi urla e inizia ad
agitarsi come un matto, a denti stretti gli rispondo –Sta fermo razza di idiota-. Lui prende la pistola e me la punta
–In un modo o nell’altro dovrai lasciarmi-. Spara. Quasi subito dopo lo sparo sento un dolore fortissimo al torace che
mi impedisce di respirare. Trovo una forza impossibile e tiro su Fede. Dopo essermi accertata che lui fosse in salvo,
mi lascio cadere. Non sento l’impatto con la terra, sostituito da due braccia forti che mi prendono al volo.
Luca mi poggia per terra, si toglie la maglietta e me la lega nel punto dove poco prima avevo sentito un dolore atroce.
Il mio respiro rallenta, ma il dolore sembra sparire o, quantomeno, diminuire. Vedo Fede guardarsi le mani sconvolto
e poi scappare via, formarsi una folla intorno a me fatta di tutte persone che conosco, le mani di Luca riempirsi di sangue
ogni volta che mi toccava la ferita; non ci sto capendo più niente. All’improvviso sento la voce di molte persone che
dicono tutte la stessa cosa “Venite in fretta, serve un ambulanza, fate presto, c’è stata una sparatoria” ma ciò che cattura
sempre la mia attenzione è lo sguardo preoccupato di Luca – Vale, Vale ti prego non morire-. Mi dice quasi piangendo.
Gli poso una mano sulla guancia, i nostri visi si sfiorano ed io gli sussurro dolcemente –Luca, io non morirò-. Gli
sorrido, lui mi sembra ancora molto turbato –Me lo prometti?-. Alzo l’indice,il medio e l’anulare e gli rispondo
–Parola di scout-. Il tutto accompagnato da un sorriso. Questa volta lui ricambia il mio sorriso, poi tutto a un tratto
si incupisce –Vale io … -. Non gli faccio finire la frase, gli poso l’indice sulla bocca e gli rispondo affannata –Shhh!
Me lo dirai domani. Qualunque cosa sia può aspettare-. Il tutto deve suonare come una promessa rinforzata e lui
sembra cogliere il senso. Ci scambiamo un ultimo sorriso poi lui mi prende in braccio e cerca di distrarmi
–Ma lo sai che Mattia si è fidanzato con Lucia?-. Io gli sorrido –ah si?-. Lui mi risponde con un si, so che può suonare
strano, ma mi sento molto felice in questo momento. Poi ad un tratto mi sale un groppo in gola, non riesco a respirare,
ma riesco comunque a dire a Luca –Non … mi … sento … bene …-. Poi svengo. Arriva l’ambulanza, scendono
quattro uomini, due mi prendono e mi posano su di una barella e mi mettono la mascherina per facilitare il mio respiro
e due cercano di allontanare Luca. Quando Luca capisce che non può niente con quei due uomini mi grida –Ricorda
che me lo hai promesso!-. Poi inizia a piangere. Io mi risveglio, mi tolgo la mascherina e sussurro con le ultime forze
– Luca -. I due uomini, dopo un cenno degli altri due lasciano andare Luca che viene verso di me. Mi prende una mano
e io
gli sussurro :-Si … te l’ho promesso-. Poi Luca mi
lascia la mano e i quattro
uomini mi caricano nell’ambulanza.
FINE