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Autore: Mannu    08/02/2015    1 recensioni
C'è chi butta via qualsiasi cosa senza starci a pensare nemmeno un minuto; c'è chi non riesce a buttare via nemmeno uno spillo. Ma c'è anche chi butta via una stazione spaziale! Quando la discarica si chiama Giove bisogna assicurarsi di aver preso davvero tutto prima di staccare la corrente e andarsene... La prima avventura solitaria (e involontaria) di Spyro con un ospite davvero inatteso.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ferraglia spaziale'
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Cinque secondi per Spyro
6.

Sapeva che sarebbe finita così.
Si rotolò nella branda, al buio, per cambiare posizione alla ricerca di un benessere introvabile. La febbre era quasi passata ormai, ma a torturarlo ci pensava la stanchezza e l'incendio che aveva in gola. Starnutì, e le fiamme minacciarono di salirgli fin dentro il naso per arrivare al cervello. Stava da cani. Questo è il minimo che mi poteva capitare passando in continuazione dal caldo al freddo, si disse. Teneva gli occhi chiusi nel tentativo di appisolarsi ma il bruciore alla gola allontanava il sonno. Giunse perfino a rimpiangere la febbre: almeno con quella avrebbe dormito, dimenticando il dolore.
Per un istante ebbe la sensazione di non essere più solo. Un retaggio dell'istinto primordiale da uomo delle caverne, forse; il raziocinio dell'uomo moderno, pilota di astronavi e avvezzo alla tecnologia più avanzata non riuscì a reprimere un tuffo al cuore. Un istante dopo una mano calda gli si posò sulla fronte.
- Sei sveglio?
Rispose con un mugolio nasale. Parlare era fonte di dolore. Sentì il peso caricarsi cautamente sulla branda, poi la percepì con la pelle della schiena: calda, morbida. Caldissima. Si sdraiava con lui.
- Come va? - anche la sua voce era calda e morbida.
- Meglio... - si costrinse a rispondere, non senza che la gola protestasse vivamente. Sentì la mano di lei scivolare asciutta sul fianco, poi sul ventre e su verso il petto, inseguito da un braccio di morbida seta tiepida. Si serrò su di lui, saldamente.
- Abbiamo appena impacchettato e spedito Morgan – gli sussurrò piano – sai che Zarha non gli ha tolto gli occhi di dosso nemmeno per un minuto? Credo che le piaccia... gli ha offerto di fermarsi anche se Mahmet non sembrava d'accordo.
Mahmet e Zarha spesso bisticciavano, nonostante una fosse la più anziana e una j-diver espertissima e l'altro la IA che governava la stazione. Avrebbero dovuto dare l'esempio, dato che ogni j-diver era una testa calda potenziale fonte di problemi. E i j-diver a bordo di Niharra non facevano eccezione.
- Non te ne frega niente, eh? - il silenzio aveva parlato al posto suo. Miki aveva ragione: non gliene importava nulla di Morgan. Anzi: più lontano era quel pancione pelato, più tranquillo si sarebbe sentito. C'era qualcosa nel tono della voce di Miki, quando parlava di quel discutibile individuo, che non gli piaceva affatto. Qualcosa di... morbido e dolce. Di inappropriato. E dire che tra noi due quella gelosa è lei, pensò.
- Ho ancora male alla gola – disse più piano che poté – e sprecare parole per quel tipo...
- Oh, poverino – ridacchiò lei – ti ho portato un po' di endorfine... girati, dai...
Miki lo aveva abbracciato a bordo del Coyote e da quel momento lo aveva lasciato solo ben poco. Lo aveva lavato, accudito, gli aveva portato le medicine per la febbre e lo aveva vegliato a lungo. Gli aveva raccontato tutto, con un entusiasmo tale sottolineando parola per parola l'ansia che l'aveva tormentata dal momento in cui la cimice era scomparsa dal radar.
Proprio un radar doveva ringraziare. Non quello attivato da Morgan: com'era stato facile prevedere, a bordo della Niharra nessuno si era accorto di nulla e non c'erano indicazioni che a bordo delle altre stazioni di estrazione gioviane fosse andata diversamente. Il radar che gli aveva salvato la vita era quello di Niharra. Quasi cinque secondi di registrazione che mostravano una traccia non classificata che usciva con un'orbita insolita dall'atmosfera di Giove. Cinque secondi dopo la stazione tramontava dietro il gigante gassoso, perdendo visibilità su quel settore. Miki era davanti allo schermo, ovviamente. Non c'era voluto molto a convincere Mahmet, ma a installare un serbatoio di emergenza sul Coyote sì. Ore e ore che lei aveva passato col cuore in gola e l'animo congelato, il cervello che si rifiutava di pensare ad altro che a pilotare. Mentre era in volo con Zarha che le dava una mano, Mahmet le aveva inviato i risultati di alcuni calcoli statistici secondo i quali era molto probabile che la cimice fosse attraccata a Jenny's Folly, un rottame in caduta che avrebbe dovuto trovarsi da quelle parti. Zarha era sbarcata, aveva rifornito la cimice col serbatoio di emergenza montato nella stiva del Coyote e trovato i naufraghi. Il resto era noto a entrambi.
- Dai...
La mano prese ad accarezzarlo, a perlustrare i pettorali alla ricerca dei capezzoli da strizzare e da stuzzicare. Miki sapeva bene che avrebbe scatenato un'ovvia reazione a catena: era proprio quello che voleva. Non aveva ancora finito di girarsi sulla schiena che lei era già scivolata su di lui, le gambe strettamente intrecciate. Ricambiò tanto affettuoso ardore accarezzandole la schiena attraverso la maglietta che lei indossava, scoprendo l'assenza del reggiseno. Espresse un brontolio di assenso mentre lei gli mordicchiava il mento, le labbra, il lobo dell'orecchio. Seguì con le dita le soffici curve giù sui fianchi, sulle natiche. Anche le mutandine mancavano all'appello.
- Oh, ma allora è una festa... - mormorò mentre lei spingeva l'inguine contro il suo, già ben teso. Le afferrò l'orlo inferiore della maglietta e cercò di sfilargliela, ma lei strinse i gomiti sui fianchi, impedendoglielo.
- Aspetta – sospirò, ansimando già di passione – voglio prima farti vedere una cosa.
La sentì tendersi tutta verso qualcosa. Il cuore le batteva forte, lo sentiva sopra il proprio. Un bagliore azzurrastro ritagliò bruscamente il viso di lei dall'oscurità. Gli sembrò bella come mai lo era stata, la pelle chiara, i voluminosi capelli ricci sommariamente legati sulla nuca per non arrecarle fastidio. Gli offrì il piccolo datapad, un modello vecchio con lo schermo ridotto e antiquati pulsanti al posto della pur superata piastra sensibile al tocco. Mise a fuoco l'immagine strizzando gli occhi per contrastarne la luminosità. Era un'immagine di Giove, della sua turbolenta atmosfera. Una sequenza video ripresa da vicino, molto vicino. Così tanto da vedere i vortici scuri arrotolarsi su se stessi ai limiti delle fasce più chiare, di cui sembrava di poter scorgere ogni fuggevole dettaglio. Così tanto vicino da vedere una minuscola sagoma nera stagliarsi contro l'atmosfera nel momento in cui sorvolò una zona molto chiara. La sequenza procedeva, centoventicinque fotogrammi al secondo come recitava l'indicazione del timecode in basso; un secondo dopo l'altro, dopo l'altro. Poi all'improvviso qualcosa di bianco e opaco si frappose per un istante fra la telecamera e la sagoma scura. Poi ancora e ancora. Infine la sagoma scomparve nel candore lattiginoso. Riapparve per un istante, poi il video terminò. Cinque secondi e tre fotogrammi. Gli ultimi di Jenny's Folly.
- Due ore fa – disse Miki spegnendo il piccolo datapad e abbandonandolo con poca grazia sul pavimento. Lasciò cadere la maglietta nella stessa direzione.
Strinse fra le braccia il dolce peso che gli gravava sul torace. Inspirò profondamente l'odore della sua pelle, dei capelli, le afferrò la nuca e cercò le labbra di lei con le proprie, ma gli sfuggivano.
- Sembra che io abbia salvato il tuo bel culo, signor Zebrinsky – mormorò, l'alito caldo e umido di lei gli entrò nell'orecchio, le labbra lo sfiorarono appena.
- Che dire...? - le soffiò di rimando mentre le scorreva il collo palpitante con la punta della lingua, inebriato.
- Cento di questi giorni... c'è altro che posso fare per lei, signor Zebrinsky?
Ridacchiava, sentiva gli addominali contrarsi sopra i propri. Lo morse tra la spalla e il collo ma limitandosi a fargli sentire i denti e non a sangue come l'ultima volta.
- Facciamo duecento, eh? E vorrebbe sciogliersi i capelli per favore, signorina?
Pochi istanti dopo una cascata di ricci odorosi li avvolse.
   
 
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