Hazel uscì dall'ospedale assaporando l'aria fresca con i suoi nuovi polmoni. Era così bello poter respirare di nuovo, sentire i polmoni pieni di aria fresca e non di ossigeno rinchiuso in una bombola.
Il peggio è passato, le avevano assicurato i medici dopo che il trapianto le aveva procurato problemi legati a quello che loro chiamavano "rigetto acuto".
Hazel si strinse nella felpa di Augustus che le avevano dato prima che venisse rinchiusa per svariati mesi in ospedale. Aveva ancora un po' del suo odore. Sapeva ancora di casa.
«Sapevo che ce l'avresti fatta.»
Hazel si voltò, anche se non aveva bisogno di guardare in faccia il suo interlocutore per capire chi fosse. Gus era in piedi qualche centimetro dietro di lei; una sagoma evanescente che tremolava sotto le luci dell'ospedale. Hazel sperava che le sue allucinazioni sarebbero finite una volta che fosse uscita dall'ospedale, ma a quanto pareva Augustus non aveva alcuna intenzione di lasciarla.
«Perché sei ancora qui?» Gli chiese con voce incerta.
Gus si avvicinò quanto bastava perché potesse sfiorarla.
«Io non sono qui,» rispose indicando con un gesto lo spazio circostante. «io sono qui.» E posò una mano sul cuore di Hazel.
La ragazza rimase ferma a guardare la mano biancastra che le sfiorava il petto. Quello era tutto ciò che restava di Gus, un ricordo evanescente.
«Devi lasciarmi andare.»
Ma Hazel si rese conto che non voleva, non poteva lasciarlo andare. Aveva ancora bisogno di lui. Dov'era finito il loro numero infinito?
«Gus, io...»
«Hazel Grace» disse lui prendendo da chissà dove un pacchetto di sigarette e mettendosene una tra i denti. «devo passare oltre. È lì, e solo lì, che potremo avere il nostro numero infinito di giorni.»
Hazel si rese conto che una lacrima solitaria era appena sfuggita al suo occhio e ora le solleticava la guancia nella sua discesa frenetica verso il terreno.
«Augustus Waters, il nostro amore è l'unico infinito che conosco.» Prese un respiro profondo, ancora non era abituata a respirare come una persona sana. «Addio.»
La sagoma di Augustus sorrise e lui alzò una mano in segno di saluto. Era così che lei voleva ricordarlo: felice e sano, con la sua sigaretta spenta tra i denti.
In un battito di ciglia, Augustus tornò ad essere solo un ricordo.
Hazel alzò lo sguardo verso il cielo mentre una stella si illuminava splendendo più delle altre. Quello, ne era certa, era il suo Gus che le sorrideva dall'alto e le assicurava che, dall'altra parte, li aspettava un destino migliore.