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Autore: Shichan    14/02/2015    2 recensioni
A Satoru Haruichi ricorda la primavera dell’Hokkaido.
[FuruHaru]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Haruichi Kominato, Satoru Furuya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i personaggi sono proprietà di Terajima.
Note: volevo scrivere una cosina senza tante pretese per San Valentino, e questi due meritano amore, perciò ecco (L)

 

 

 

Furuya si è abituato al freddo dell’Hokkaido come ci si abitua a guardarsi allo specchio e a riconoscere quello che si vede per se stessi: gradualmente, con naturalezza, il freddo è diventato una costante e nella neve non c’è più quel qualcosa di eccezionale che riesce a vedere chi non è abituato a intere distese di bianco che tolgono il fiato, al punto da far dimenticare persino il freddo.
Tokyo è fatto di troppo caldo e troppa umidità, l’estate gli è insopportabile e spesso l’ombra di un albero è la cosa che più desidera; eppure la primavera a Satoru non dispiace: non è proprio come quella di casa, ma ha imparato ad apprezzarla – è esagerata come tutto in Tokyo, o così lui lo percepisce, eppure ci sono volte in cui è anche piacevole. Occasioni in cui non è male sentire l’odore della pioggia così forte, sentire il sole tiepido addosso che concilia sonni in cui Satoru non ha mai avuto difficoltà a scivolare, o ritrovarsi ad annusare l’aria e avvertire l’odore di fiori così chiaramente.
A Satoru Haruichi ricorda la primavera dell’Hokkaido invece, che pian piano si fa strada in un inverno rigido, tra il ghiaccio sulle strade e la neve alta nei cortili delle scuole; la primavera che sembra tardare ogni anno un po’ di più ad arrivare e invece, prima di rendersene conto, è già lì con qualche fiore sporadico che fa capolino dove la neve ha cominciato a sciogliersi senza essere notata. Satoru ha imparato ad apprezzare la primavera che permette di passare il poco tempo libero tra allenamenti estenuanti e ore scolastiche fuori senza avere né troppo caldo, né troppo freddo: in quelle occasioni capita che Haruichi si addormenti, che cada piano in un sonno leggero tipico di lui, così diverso dalla capacità di Furuya di addormentarsi quasi in ogni luogo.
A volte, come ora, Haruichi si appisola poggiando la testa alla sua spalla e il respiro regolare culla anche Satoru – rimane immobile e guarda davanti a sé, abbandona l’idea di portare un boccone del proprio bentou alle labbra per non svegliarlo, e sbircia con la coda dell’occhio in sua direzione: una ciocca di capelli chiari scivola lungo la guancia dell’altro, ed è quasi inconscio il movimento che fa di allungare la mano a scostarla piano, cercando di non sfiorarlo neanche. S’imbroncia appena, un’espressione che è quasi indecifrabile al pari di quella che gli altri gli attribuiscono di solito, quando Haruichi apre lentamente gli occhi e porta una mano a coprire uno sbadiglio mentre si raddrizza.
«Scusami, non volevo addormentarmi.» pronuncia con il tono morbido rivolgendogli un sorriso che muta in pochissimi istanti prima in un’espressione sorpresa e poi di nuovo in un sorriso, una risata sommessa e appena accennata che scappa tra le labbra di Haruichi: «Non mi sono svegliato per colpa tua» dice divertito «e poi non mi va di dormire quando siamo insieme, Furuya-kun
Satoru non sa come faccia, Haruichi, a leggere sul suo viso cose che gli altri non vedono neanche.

   
 
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