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Autore: MusaTalia    15/02/2015    6 recensioni
"Il tempo si era fermato a cinque giorni prima. Nulla era stato spostato nel salotto della villa presidenziale a Central: la sedia rovesciata, la tazza in frantumi sul pavimento, le carte sparpagliate sul tavolo. Molte erano rovesce, giusto un paio dritte; tra queste, una regina in trono con una spada in mano che osservava immobile, statuaria, imperscrutabile il soffitto, era stata testimone di ciò che era accaduto. Nulla era stato spostato, ma tutto era cambiato."
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'RoyAi Collection'
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Equilibrio STORIA PARTECIPANTE AL CONTEST "SCEGLI LA TUA CARTA, SCRIVI LA TUA STORIA" DI LoLLy_DeAdGirL/RedLolly

-Autore:  MusaTalia
-Titolo: Equilibrio
-Fandom: FullMetal Alchemist
-Personaggi ed eventuali pairing: Grumman, Roy Mustang, Riza Hawkeye, Roy/Riza
-Tarocco: La Giustizia | Parole: la Moralità, il Melograno | Situazione:
 Un personaggio dovrà guarire da una grave malattia, oppure mettere al mondo un figlio! Dovrà esserci molto equilibrio tra i personaggi, una buona intesa, tutti devono andare piuttosto d’accordo, anche nelle situazioni più tristi. Devono essere compatti e uniti, anche se potrebbero verificarsi delle spaccature come lutti, o interruzione dei legami affettivi! Se usciranno da una situazione spiacevole, lo faranno insieme! 
-Rating: Giallo
-Avvertimenti: Nessuno
-Introduzione: "Il tempo si era fermato a cinque giorni prima. Nulla era stato spostato nel salotto della villa presidenziale a Central: la sedia rovesciata, la tazza in frantumi sul pavimento, le carte sparpagliate sul tavolo. Molte erano rovesce, giusto un paio dritte; tra queste, una regina in trono con una spada in mano che osservava immobile, statuaria, imperscrutabile il soffitto, era stata testimone di ciò che era accaduto. Nulla era stato spostato, ma tutto era cambiato."
-Note (non obbligatorie): Nel volume 6 del manga Riza afferma di voler essere un soldato fino a quando Roy non avrà raggiunto il suo obiettivo: diventare comandante supremo. La storia è ambientata dopo, quando Roy governa il paese e Riza ha potuto congedarsi dall'esercito per stare a fianco dell'uomo che ama. + vedi alla fine della storia.

 

EQUILIBRIO

            Il tempo si era fermato a cinque giorni prima. Nulla era stato spostato nel salotto della villa presidenziale a Central: la sedia rovesciata, la tazza in frantumi sul pavimento, le carte sparpagliate sul tavolo. Molte erano rovesce, giusto un paio dritte; tra queste, una regina in trono con una spada in mano che osservava immobile, statuaria, imperscrutabile il soffitto, era stata testimone di ciò che era accaduto. Nulla era stato spostato, ma tutto era cambiato.

Riza osservava quel fermo immagine sostenendosi allo stipite della porta. Entrò nel salotto con passo da processione, lento e corto, e andò a tirare su la sedia. Lasciò i cocci sul pavimento. Più tardi, qualcuno se ne sarebbe occupato più tardi. Anche le carte rimasero così com'erano sul tavolo. Riordinarle avrebbe significato accettare quello che era successo, lasciarselo alle spalle e Riza era troppo provata anche solo per pensare di andare avanti. Si andò a sedere sulla poltrona, che dava le spalle al giardino. Il melograno al centro del giardino aveva fatto i frutti, solo un altro po' di pazienza e sarebbero maturati, pronti ad essere colti. Ridicolo! Una vita si concludeva in maniera così inaspettata e il melograno, la natura continuava imperterrita a rifiorire. Era un'ingiustizia. O forse il naturale scorrere delle cose.

Il melograno era stato un regalo, alquanto inaspettato, da parte dei rifugiati di Ishbar che erano potuti tornare a casa, nella terra dei loro padri grazie all'impegno del generale Mustang e di tutto il suo staff. L'avevano regalato a Riza per le nozze. Era tradizione in quella terra arida e desertica regalare una pianta di melograno alle coppie di neosposi come simbolo di fertilità e abbondanza. La nuova coppia doveva piantarlo e prendersene cura fino a quando non avesse dato i frutti. Una bella immagine, a tratti poetica: due individui che si prendevano cura l'uno dell'altro fino a quando il loro amore non germogliava in una nuova vita.

Riza si portò una mano sulla pancia, carezzandola. Non poteva proprio fare a meno di tornare con la mente a cinque giorni prima.

 

            Era l'inizio di ottobre, l'aria cominciava a raffreddarsi e le nuvole ad addensarsi. Prometteva continuamente pioggia, ma alla fine il cielo si rivelava essere capriccioso e volubile; cadevano giusto due gocce e poi smetteva. Riza, la nuova first lady di Amestris, se ne stava in casa, costretta al riposo e guardata a vista da un'intera squadra di bodyguard. D'altra parte aspettare il figlio del Comandante Supremo significava anche questo. Le sue giornate erano allietate dalle visite degli amici che venivano a intrattenerla con racconti e partite a scacchi o a carte. Il visitatore preferito di Riza era suo nonno, il precedente Comandante Supremo Grumman, un arzillo e malizioso vecchietto.

«Allora, avete deciso il nome del mio nipotino?» domandò quel fatidico pomeriggio Grumman, mentre scartava un due di coppe.

«In realtà siamo d'accordo sul nome solo se è un maschio». Riza guardava le sue carte, indecisa su cosa scartare.

«Beh, mia cara, vi conviene muovervi a decidere!».

«Manca ancora un mese. Non c'è fretta».

«Un mese passa veloce. Credi a me. Chiuderai gli occhi e quando gli riaprirai ti ritroverai con il tuo bambino tra le braccia».

«Sarebbe un sogno se fosse tutto così semplice». Finalmente Riza si decise a scartare un dieci di spade. Portò una mano sul ventre. Quella mattina si sentiva strana. Ma forse era solo il tempo; finalmente si era deciso a piovere ed ora era venuto un bell'acquazzone.

«E comunque sono sicuro che l'avrai vinta tu su Roy. L'hai sempre vinta tu su tuo marito!». Grumman rise e posò le carte sul tavolino per allungarsi ad afferrare la sua tazza di tè.

«Lo so bene, ma gli faccio credere il contrario». Anche Riza posò le carte sul tavolo e cominciò ad accarezzare il pancione con movimenti circolari. Potevano prendersi una pausa dal gioco. Non c'era nessuna fretta.

Un momento prima Grumman stava girando lo zucchero nel tè, un momento dopo la tazza era caduta a terra andando in pezzi e lui respirava a fatica, premendosi una mano sul petto. Riza rimase bloccata sulla sua sedia, vittima di uno dei peggiori ricordi della sua vita: suo padre che si accasciava sulla scrivania e moriva in un rantolo soffocato. All'epoca c'era Roy con lei. Adesso era sola. Circondata da quattro guardie del corpo, ma sola.

Fortunatamente quegli uomini sapevano muoversi nelle situazioni di crisi: uno aveva già chiamato un'ambulanza, mentre un altro era accorso subito a prestare il primo soccorso all'anziano, un altro ancora si era avvicinato a lei per aiutarla ad alzarsi e spostarsi sulla poltrona. Nel trambusto alcune carte sul tavolino si erano rovesciate e la sedia su cui era seduto Grumman ora era riversa sul pavimento. Lui ansimava in preda ad un attacco di cuore.

Riza lo chiamò con voce flebile «Nonno...» mentre con una mano si teneva il pancione. Sentiva le lacrime riempirle gli occhi.

Rimase seduta immobile, sotto shock ad attendere che lo strazio finisse, che venisse qualcuno a stringerla e rassicurarla. Che Roy venisse. Ma Roy era in ufficio, impegnato a preparare una visita diplomatica del principe di Aurego.

Arrivarono i paramedici. Le persone attorno a lei si muovevano frenetiche, ma tutto sembrava andare troppo lento o troppo veloce. In ogni caso era difficile cogliere i movimenti. Qualcuno, molto probabilmente un paramedico, le aveva messo una mano sulla spalla e le aveva chiesto «Signora, tutto bene? Posso fare qualcosa per lei?».

Fu allora che emerse la regina, la prima donna di Amestris. «Chiamate subito il Comandante Supremo. Vorrei venire con voi in ospedale». Riza, con la sua compostezza, era nata per stare su un trono, per guidare e comandare.

Attorno a lei il mondo continuava a girare confuso. C'erano dei dettagli chiarissimi, come gli occhi azzurri dell'uomo che le si era avvicinato, la bocca secca e il retrogusto amaro del tè poco zuccherato, l'assordante suono della sirena dell'ambulanza, il freddo ai piedi che si erano bagnati entrando in una pozzanghera che non aveva notato mentre saliva in macchina, l'odore di tabacco sui vestiti della guardia del corpo che si era seduta affianco a lei sul sedile - Roy l'avrebbe licenziato subito, non appena avesse scoperto che fumava; come poteva fumare e prendersi cura di sua moglie incinta? Le due cose erano inconciliabili. E c'erano passaggi che Riza non riusciva a spiegarsi perché era come se non li avesse vissuti. Per esempio: quanto tempo era passato da quando aveva sentito la tazza infrangersi contro il pavimento? Pochi minuti? Un'ora? Qualche giorno? Una vita intera? E come erano arrivati lì? Che strada avevano fatto? E Roy? Dov'era Roy? L'avevano avvisato? Certo che l'avevano avvisato. L'aveva ordinato lei. Era sicura d'averlo fatto. E Riza Hawkeye non era il genere di donna abituata a non essere presa sul serio, a non essere ubbidita.

Una sola certezza continuava a risuonare nella sua testa: stava giocando a carte con suo nonno che si era sentito male ed ora si trovava in ospedale. Anche lei non si sentiva bene. Forse era stata la concitazione. Sicuramente era stata la concitazione. Doveva solo restare seduta e respirare come se si trovasse a Ishbar su una torre diroccata, il fucile in mano, durante la guerra. Il battito del cuore sarebbe rallentato, i muscoli si sarebbero rilassati e la mente si sarebbe distesa. Respirazione da cecchino.

Ma non stava funzionando.

I medici si erano asserragliati dietro a delle porte bianche e lei era rimasta da sola, di nuovo, con il fiato corto, la testa che girava e il bambino che scalciava. No, non era veramente sola. Come aveva potuto dimenticarsi del suo pulcino? Rivolgendosi a lui con una carezza sulla pancia disse «Vedrai che andrà tutto bene».

 

            Roy era al suo fianco poco dopo. Le passò un braccio dietro la schiena, come per aiutarla a sostenersi, e con la mano le carezzava la spalla. Riza lasciò che la sua testa ciondolasse fino ad appoggiarsi sulla spalla solida e forte del marito. Si sentiva tanto stanca. La testa vorticava.

«Che notizie abbiamo?» domandò il Comandante Supremo al personale che lo circondava, senza mai lasciare la stretta intorno alla vita della moglie.

Non una sola parola aveva senso nella testa di Riza, troppo impegnata a ricordarsi come si faceva a stare in piedi. Le gambe cedettero all'improvviso, la vista si oscurò e la testa si svuotò completamente da ogni preoccupazione, ogni pensiero. Era il vuoto.

 

            «Presto! Un medico!» Roy si ritrovò ad urlare colto dal panico. Sua moglie gli era svenuta tra le braccia. Per fortuna la stava già sorreggendo.

Un medico accorse con una barella, su cui fu depositato il corpo pallido e freddo della donna. «Che cosa è successo?».

«Mia moglie ha perso i sensi».

«Ha avuto qualche problema durante la gravidanza?».

«Solo un po' di stanchezza. Ma niente di più».

«Prima di allarmarci più del dovuto facciamo qualche esame».

«Posso venire anch’io?».

«Ma certo, Eccellenza».

La barella e i due uomini sparirono nell'ascensore, diretti al reparto di ostetricia.

 

            Riza si svegliò poco dopo, stanca, spossata, come se avesse corso per ore e la prima cosa che vide fu il viso di Roy deformato in un'espressione di preoccupazione. «Mio nonno?» domandò.

«Riza, tesoro, mi sei svenuta in braccio. Per il momento pensiamo a te e al nostro bambino. Va bene?». Roy le accarezzò la guancia con le nocche.

«Cosa è successo?» domandò agitata, accorgendosi di trovarsi sdraiata in un letto, con una flebo infilata nel braccio.

Il medico che l'aveva soccorsa e che se ne era rimasto in disparte nella stanza si fece avanti per spiegarle la situazione. «Signora Mustang, lei ha perso coscienza per alcuni minuti. Probabilmente è stato lo shock. Tuttavia ha la pressione molto bassa. Ritengo che sia meglio se rimane qui sdraiata in tranquillità ad aspettare i risultati degli esami».

«Il mio bambino?» di riflesso portò entrambe le mani sulla pancia per proteggerla.

«Sta arrivando un'ostetrica a visitarla. Ma non credo ci sia nulla di cui preoccuparsi».

«Va bene. Grazie».

Il medico uscì portandosi dietro la sua cartella e lasciando la coppia sola nella stanza. Roy continuava a stare seduto in posizione rigida e le stringeva la mano più per dare conforto a se stesso che a lei. «Mi hai fatto morire di paura».

«Mi dispiace».

Il marito le depositò un bacio sulla fronte ancora molto pallida. «Non preoccuparti di nulla. Posso fare qualcosa per te? Ti serve niente?».

«Mio nonno. Vorrei sapere come sta. Puoi andare ad informarti?».

Proprio in quel momento entrò l'ostetrica, che invitò sua Eccellenza ad accomodarsi fuori. Avrebbe fatto in un attimo. Doveva essere tra i prerequisiti minimi di ogni ostetrica: avere un bel sorriso confortante e una voce delicata, dal timbro dolce, pensò Roy mentre usciva dalla stanza rassicurando la moglie che sarebbe andato ad informarsi sulle condizioni di Grumman.

In realtà passò più tempo del dovuto a girovagare per i corridoi dell'ospedale, alla  ricerca della scala giusta da prendere per passare da un reparto all'altro. Non riusciva a concentrarsi. Dio! Ancora aveva l'immagine di Riza che sbiancava tutto d'un tratto, i suoi occhi giravano e lei cadeva tra le sue braccia fredda come la morte. L'aveva vista così bianca solo un'altra volta, il Giorno della Promessa, quando era quasi morta dissanguata. E all'epoca lei non era ancora una parte di lui. Erano il Tenente e il Colonnello, compagni inseparabili, ma non l'uno parte dell'altro. E il bambino... Il loro bambino che avevano aspettato e cercato così a lungo. Dio! Solo ripensarci gli faceva venire le vertigini.

Finalmente riuscì a trovare la strada per il reparto giusto. I sussurri concitati dei medici, i loro volti scuri non suggerivano nessuna buona notizia. Si avvicinò pronto al peggio.

«Ebbene?».

«Eccellenza, purtroppo non possiamo darle nessuna notizia confortante. Il Generale Grumman ha avuto un infarto, che ha debilitato molto il fisico. Adesso è in uno stato di coma, dovuto anche ai farmaci che gli abbiamo somministrato. Non vogliamo darle false speranze. È molto probabile che non si risvegli più. Deve quindi pensare a come vuole che procediamo. Possiamo provare a tenerlo in vita ancora, ma francamente, anche se si risvegliasse, passerebbe il resto della sua vita in un letto di ospedale».

Decisamente questo non era il peggio a cui Roy si era preparato. Come avrebbe fatto a dirlo a Riza? Come le avrebbe detto che il nonno, che tanto amava, con cui si era ricongiunta da poco, l'unico parente ancora vita, le era praticamente morto davanti agli occhi durante una partita di tarocco?

 

            Era passata un'ora. Roy era stato fuori parecchio. Troppo. Non avrebbe portato buone notizie. Riza aspettava paziente nel suo letto, accarezzandosi la pancia. Cercava di ricordare le carte che aveva in mano quando lei e il nonno avevano interrotto la partita. Non riusciva proprio a ricordare.

Sentì la porta aprirsi. Sapeva che era Roy senza nemmeno aver bisogno di guardare.  Si fissava il pancione come se riuscisse a guardarci attraverso. «Sembra che questo piccolino abbia ereditato il tuo pessimo senso dell'umorismo. Il dottore ha detto che preferisce che rimanga qui in osservazione per questa notte».

Roy si avvicinò al letto per sedersi sul bordo e afferrare una mano della moglie. Faticava a trovare le parole giuste. Che poi, potevano esistere parole giuste?

«Dillo e basta» disse Riza non appena alzò lo sguardo per guardare il marito negli occhi. Trovò solo un'espressione sconsolata.

Roy sospirò «È in coma, Riza. Non si sveglierà più. Mi dispiace tanto». L'abbracciò forte, nel tentativo, forse stupido, di darle un po' di conforto. Si stupì nello scoprire che il più bisognoso di consolazione era proprio lui. Riza era sempre stata la più forte. Salda nella sua calma equilibrata. Poteva contare sulle dita di una mano le volte in cui l'aveva vista vacillare. Lei sapeva sempre quel'era la cosa giusta da fare.

«Ha vissuto la sua vita. È stata una vita piena. Avrei solo voluto che avesse avuto la possibilità di tenere tra le braccia il nostro bambino. Anche solo per una volta». La voce le morì in gola mentre cominciava a piangere silenziosa.

Ora tutto appariva reale. Era come se si fosse svegliata da un sogno particolarmente agitato e avesse posato i piedi a terra sul pavimento gelato. Il freddo l'aveva risvegliata completamente. Suo nonno stava morendo e lei non poteva impedirlo.

Un dolore intenso al ventre la scosse completamente. S'irrigidì tra le braccia di Roy.

Non poteva essere. Non ora. Mancava ancora un mese...

No, non era assolutamente possibile.

Qualcuno si stava davvero prendendo gioco di lei. Quel dio cui si era rivolta di tanto tanto nella vita e che Roy continuava a dire che non esisteva si stava davvero comportando in maniera ingiusta.

 

            Erano già passati cinque giorni. Incredibile a dirsi. Le esequie dell'ex comandante supremo Grumman sarebbero state celebrate il giorno seguente. Ancora per qualche ora Riza poteva fingere che lui fosse lì con lei. Poteva chiudere gli occhi e immaginare che da un momento all'altro sarebbe entrato nella stanza, salutandola con il suo solito modo arzillo; avrebbero poi parlato dei piani di Roy, del bambino; lui si sarebbe lamentato del brutto tempo e dei dolori alle giunture dovuti all'eccessiva umidità; avrebbe infine buttato un occhio al giardino e commentato come stava crescendo bene l'albero di melograno.

Riza sorrise al pensiero, abbandonandosi allo schienale della poltrona. Ora tutto era diverso. Diverso, non brutto o infelice. La vita le riservava di sicuro tante sorprese. Una delle ultime cose che le aveva detto il nonno era stata: «Un mese passa veloce. Credi a me. Chiuderai gli occhi e quando li riaprirai ti ritroverai con il tuo bambino tra le braccia». Aveva proprio avuto ragione, come sempre.

Ripensò a tutti gli anni passati con Roy, quando era un soldato, quando dimenticava di essere una donna, nascosta sotto una divisa. Non si vedevano le curve del seno o dei fianchi sotto l'uniforme blu. Non le era mai piaciuto fare il soldato, ma le piaceva stare con Roy. Essere sua moglie, essere finalmente una donna. Si era sentita donna veramente per la prima volta quando aveva sentito il primo calcetto del figlio. Si era sentita una mamma. Ed aveva capito che non poteva più essere un soldato. Era finalmente giunto il momento di abbandonare le armi per imbracciare la dolcezza e la saggezza. Non le serviva una pistola per stare al fianco del suo uomo giusto, per difenderlo; bastava solo guidarlo con la sua salda moralità, con equilibrati consigli; spronarlo a dare il meglio, a cercare soluzioni invece di concentrarsi sui problemi. Finalmente era diventata la donna giusta per l'uomo giusto.

 

            Roy si fermò un attimo ad osservarla da lontano, prima di entrare nella stanza. Riza sembrava essersi riappacificata con se stessa: se ne stava seduta tranquilla e dritta sulla poltrona; il profilo severo si dissolveva nell'atmosfera serena.

«Qualcuno reclama la tua attenzione». Roy si fece avanti stringendo tra le braccia un fagottino avvolto in una copertina azzurra. Riza lo accolse tra le sue braccia. Avrebbe mai smesso di meravigliarsi della perfezione di suo figlio?

Era strano allattarlo, e allo stesso tempo la sensazione più naturale del mondo. Roy rimaneva incantato ad osservarli, sentendosi in parte un estraneo in quel mondo arcano, ma Riza conosceva il segreto per permettergli di entrare.

«Per fortuna che io e il papà eravamo d'accordo per il nome. Avevi davvero tanta fretta di arrivare, eh Maes?»

Roy sorrise, posò un bacio sui capelli corti della moglie e una carezza sulla testa spelacchiata del figlio. «Con una mamma così, anch’io avrei avuto fretta di conoscerla».

Tutto era in perfetto equilibrio.

 


 

UN TUFFO NELLA MIA PSICHE |ATTENTI A NON ANNEGARE!| : Siccome sono una persona complicata, così sono anche le mie storie. Partiamo dal titolo: equilibrio dal latino aequilibrium, composto di aequus «uguale» e libra«bilancia»; la bilancia è il simbolo per eccellenza della Giustizia. Il tarocco che ho scelto -la Giustizia- è il numero 8. Riza è incinta di 8 mesi, a 32 anni (8x4). 8 mesi Proserpina può passare sulla terra insieme alla madre. La figura di Proserpina è legata al melograno -una delle parole che mi era stata data. In Armenia il melograno è simbolo di fertilità, abbondanza e matrimonio. L'Armenia come Ishbar si trova ad est dell'Europa ed è tristemente nota per il "genocidio armeno" all'inizio del XX secolo (proprio come Ishbar). La secondo parola assegnatami -Moralità- era più difficile. Ho pensato a Riza come incarnazione della moralità, della donna giusta impegnata a proteggere e guidare il marito con i suoi saldi principi. Quale altro personaggio più di lei nell'universo di FMA è guidato da una morale di ferro? Sempre Riza è l'incarnazione dell'immagine della giustizia: prima soldato (quindi la spada tenuta dalla Giustizia), poi first lady (una sorta di regina sul trono). Infine l'equilibrio, rappresentato dalla bilancia, della vita-morte: muore Grumman, nasce il figlio di Roy e Riza, la generazione futura che sta tanto a cuore della donna. Se vi siete persi tra questi rimandi, simboli, giochi intricati, non temete! Vale lo stesso per me!

 

   
 
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