one day you'll be the man you always knew you could be
Quel
giorno hai deciso che potevo farne parte. Hai aperto la porta, mi hai
lasciato entrare e l’hai richiusa. Mi sentivo bene. Facevo
parte di qualcosa. Di qualcuno. Lo stesso giorno hai deciso di aprirti
con me. Non parlavi mai di cose personali, ti stavi aprendo con me e
solo con me. Mi sembrava una cosa giusta. Sempre quel giorno, hai
deciso di strapparmi la pelle. Te l’ho lasciato fare, magari
avevi freddo, comprensibile. Ti eri appena spogliato di tutto quel peso, delle tue paure. Piú tardi hai deciso di
portarmi via le ossa. Ti ho lasciato fare anche quello, ti serviva
stabilità, dicevi e lo pensavo anche io. Ma pensavo anche
“come può volere stabilità da me? dove
la trova?”. Tu hai detto che l’unico modo di avere
stabilità da me era portarmi via le fondamenta e costruirle
sotto di te. Che tanto io non so che farmene. Riesco a stare in piedi
anche senza. Ma non ne ero tanto sicura. Infine hai deciso di
portarmi via l’anima. E te l’ho lasciato fare. Ti
ho lasciato fare tutto. Mi hai distrutto. Sento ancora le tue mani che
mi strappano la pelle e io che non urlo, mi fidavo. Che mi portano via
le ossa, una ad una. Non urlavo neanche lì, continuavo a
fidarmi. E mi fido ancora oggi quando ti vedo stringere una mano che
non è la mia, ma è grazie a me se riesci a farlo.
Le fondamenta sono le mie. Le ossa che ti permettono di stringere
quella mano sono mie. È solo grazie a me se non senti
più freddo. E penso che non potresti più
stringere la mia mano, sarebbe come schiuma tra le dita. Non
c’è stabilità. Non più.