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Autore: Arial    25/02/2015    4 recensioni
La sanguinosa lotta è terminata. Accanto al cadavere del suo avversario, Dean è ancora in piedi. Ma il trionfo sa di sconfitta, di condanna, di discesa verso un inesorabile baratro. Le mani che afferrano il maggiore dei Winchester e vogliono testardamente impedirgli di cadere non potranno resistere a lungo, eppure lasciarsi stringere da esse è ancora un balsamo, ancora una consolazione, ancora per un po'.
Spoiler sull'episodio 10x14.
Genere: Angst, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Crowley, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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“Come undone, surrender is stronger,
I don’t need to be the hero tonight.
 
Fall on my knees, fall on my pride
I’m trippin’ over all the times I’ve lied.
I’m askin’ please but I can see in your eyes
you don’t need tears for alibis.
 
It’s true what they say, love must be blind
that’s why your still standing by the sinner’s side.
You’re still by my side when all the things I’ve done have left you bleedin’.
 
I don’t think I can drive it home tonight.
I don’t think I wanna be alone tonight.”
(Undone – FFH)
 
 
 
 
Il corpo scivola a terra senza rumore: le orecchie sono piene del rombo del sangue, sorde.
Dean è costretto a distogliere lo sguardo.
L’adrenalina gli lascia un gusto amaro dentro la bocca. Ma forse è solo rimpianto per quel corpo che avrebbe potuto essere il suo. Si immagina così, Dean: la gola tagliata, il petto immobile, il cuore vuoto. E trema.
Un tuono scuote il fienile. Il legno si riassesta con un lungo lamento, il cielo si squarcia e piange il primo dei figli di Eva.
«E chiunque ucciderà Caino sarà punito sette volte più di lui.»
Le parole sono appena un sussurro, ma lo scuotono come se fosse stato un altro a pronunciarle. Dean si piega sul cadavere, scoprendosi stanco. Le gambe sono molli, il respiro pesante. Quando gli si offusca la vista, capisce che non potrà occuparsi del corpo. Non da solo.
Muove allora verso la porta coi passi lenti e misurati di un vecchio che ne ha affrontate troppe. In fondo, non è così lontano dal vero.
Incespica, cade, si rialza. Infine, comprende. Non è la stanchezza ad averlo fermato, ma il disegno ai suoi piedi: fra l’uomo che l’ha tracciato e il demone ucciso non vi è ormai differenza alcuna.
Dean chiude gli occhi; una voce si è insinuata fra i suoi pensieri, calda, fremente. La voce di suo fratello. «Dean, usare la Lama contro Caino in persona… Che tu vinca o che tu perda, potresti non fare ritorno da questo scontro» aveva detto Sam.
Il maggiore lo sapeva, e per questo ha esitato. Temendo di perdersi, ha lasciato che fosse Caino a dirigere la lotta. Si è quasi fatto ammazzare, ma poi qualcosa dentro di lui è scattato: si è scoperto incapace di lasciarsi andare. Ha combattuto, ha vinto. E dopo aver vibrato il colpo mortale, ha sorriso per il dolore che gli squassava il petto. Era spezzato, disperato, sfinito, ma umano.
Adesso scopre di essersi raccontato solo l’ennesima menzogna. E fa male, un male d’inferno.
In un attimo è di nuovo in ginocchio, su quel pavimento dove l’odore del fieno si mischia a quello più dolce del sangue. Fra le sue mani, la Lama non brucia più. Forse perché sazia della vita di Caino, più probabilmente perché non è di dolore che si nutre.
Dean se ne libera.
Il pugnale ha un peso diverso, terreno. Quando lo solleva, il suo filo insanguinato rifulge di riflessi purpurei.
Il primo colpo scheggia il legno e solleva polvere, fieno e sporcizia in un’aria già soffocante; il secondo squarcia l’asse malmesso, cancellando uno dei simboli della trappola. Dean è libero, ma non gli basta. Getta via l’arma e continua coi pugni quanto cominciato col ferro.
Il sudore gli gronda sulla fronte e ai lati del viso, le mani – rosse, rigide, scorticate – rassomigliano a pezzi di carne esposti nella vetrina di un macellaio. Dean sente la bile risalirgli in gola, e si ferma il tempo necessario a sputarla. Poi ricomincia.
Non è il marchio con la sua sete irrefrenabile a spingerlo, ma la paura. Non può fermarsi: deve cancellare ogni traccia del mostro in cui si è trasformato.
È la tosse a mettere fine alla sua opera di distruzione. Un accesso improvviso che gli trafigge il petto come una coltellata e che tinge per un istante il mondo di grigio. Con dita tremanti, Dean si terge il sudore dagli occhi e il sangue dalle labbra.
In cima alle scale è preda di una vertigine che non ha niente a che vedere con l’altezza. Gli si rivolta lo stomaco, la gola si serra, la mano che impugna la Lama viene scossa da un tremito.
La paura si è trasformata nel terrore di quello che potrebbe fare. A Sam e Cas, e sì, persino a Crowley. Dean si concentra sul proprio respiro, sui passi che lo portano disotto. Sono entrambi pesanti. Tutto è amplificato. Le orecchie rimbombano, il cuore sembra sul punto di esplodere.
Forse farà una strage. Li ucciderà tutti e resterà lì, in quel fienile, fin quando non sarà diventato un demone e del sangue sulle sue mani non gli importerà un cazzo. Per un istante, gli sembra un piano buono come un altro. Poi Sam pronuncia il suo nome con la stessa – folle, anacronistica, disperata – fiducia che aveva da bambino, e tutta la rabbia sembra scivolargli dal petto.
«Dean, la Lama.»
Il tono di Crowley è urgente, perentorio. Quasi convincente, non fosse per la paura che gli ha incrinato la voce.
Dean vorrebbe ridergli in faccia, ma si trattiene. È un momento che aspetta da troppo tempo per gettarlo al vento.
Si avvicina al demone con lentezza, godendosi la tensione che sale. Osservando il terrore nei suoi occhi trasformarsi nel sorriso compiaciuto che lui tanto detesta e che intende cancellargli per sempre dalla faccia, Dean avvicina la Lama alla mano protesa di Crowley. E la consegna a Castiel.
Le dita dell’angelo si chiudono esitanti sull’elsa, i suoi occhi restano bassi: Crowley avrebbe voluto la Lama per impedire a Dean di usarla contro di lui, Cas vorrebbe rifiutarla nel timore di sottrargli l’unica arma che potrebbe tenerlo al sicuro da qualsiasi nemico, incluso se stesso.
«Mi hai mentito» sibila il demone, suonando più tradito di quanto gli sarebbe permesso.
E Dean lo guarda, negli occhi un’esausta rivalsa. Non incolpa Crowley della situazione in cui si trova, non è uno sciocco. Sa che a trascinarlo a fondo sono stati l’odio che prova per se stesso e i sensi di colpa, il bisogno di sublimare nel martirio tutta la merda che si porta dietro. Sa benissimo di essersi scavato la fossa da sé, ma non perdona al demone di avergli venduto la pala, né di aver tenuto il ritmo del lavoro.
«Non è neanche la prima volta, oggi» risponde. «La lista di Caino? Il tuo nome non c’era lì sopra.»
Lo sguardo di Crowley è glaciale, ma le sue labbra restano mute. In un istante, il demone scompare.
Dissipatasi l’adrenalina che l’ha tenuto in piedi fino a quel momento, le gambe di Dean cedono. Scivola in avanti, la testa leggera, il corpo pesante più di un macigno. Sono le braccia del fratello a fermare la sua caduta.
«Ehi, ehi, ehi» mormora Sam, ancorandolo a sé. «Ce l’hai fatta. Dean, ce l’hai fatta.»
Gli batte più volte la mano sulla spalla, orgoglioso come il padre di un giovane olimpionico. Eppure il suo tocco è leggero, la voce poco più di un sussurro. Sembra quasi che abbia paura di spezzarlo.
Mi tratta come un fottuto vaso Ming, pensa Dean. Come qualcosa di fragile e prezioso. Inestimabile.
La realizzazione lo nausea: prova ad allontanare Sam.
Il minore scuote la testa, la sua presa si stringe. «Cas, occupati di Caino» dice. «Io porto Dean all’Impala.»
Lo sguardo dell’angelo passa dall’uno all’altro, in silenzio. Sembra insicuro sul da farsi, Castiel. Non si fida di lui.
Dean non si sente di biasimarlo.
Con un ultimo cenno, Castiel li lascia.
Per un momento, Dean pensa di confessare al fratello quanto accaduto: la predizione di Caino, la trappola del Diavolo. Ma non riesce, non può.
Dare voce alla cosa significa darle potere. E i rapporti di forza sono già abbastanza sbilanciati così come sono.
«Riesco a camminare» assicura Dean, con molta più convinzione di quanta ne senta. «Ce la faccio. Ho solo bisogno di aria.»
«Rimettiti in piedi senza sbandare e smetterò di fare la chioccia, promesso.»
Dean scuote la testa, accettando la sconfitta. «Solo fino all’Impala» gli intima. «E tieni giù le mani dalla mercanzia.»
Sam gli passa le braccia intorno alla vita, tirandolo su in un unico movimento. Il cambio d’altezza gli dà le vertigini, costringendolo a poggiare la fronte contro il petto del fratello.
Il corpo di Sam è caldo, una fottuta fornace. Dean vi affonda con gratitudine, sentendo il gelo dissiparsi dalle ossa.
Si fanno strada fuori dal fienile. Lentamente, un faticoso passo dopo l’altro. È Sam a sostenere gran parte del suo peso, Dean lo sa bene. Come sa che potrebbero archiviare molto prima la questione se lui mettesse da parte l’orgoglio e permettesse al fratello di sollevarlo fino all’auto. Ma non può.
C’è un tacito accordo fra gli uomini della famiglia Winchester: trascinarsi a destinazione con le proprie gambe, a meno che queste non siano rotte. O quelle di un cadavere.
Un sudore gelido gli scivola lungo la schiena, la vista si offusca. Le gambe cedono ancora. E ancora una volta è Sam a impedirgli di rovinare a terra.
«Dean» sussurra, contro il suo orecchio. Lascia che ti aiuti, lascia che per una volta sia io a prendermi cura di te.
Il maggiore cede. «Se finisco col culo per terra, te la farò pagare» minaccia, giusto per principio. E il sorriso di Sam gli sfiora la guancia.
«Come vuoi.»
La presa del fratello è sicura, le sue braccia forti. Arrivano all’Impala senza che quel nerd abbia neppure il fiatone.
Dean mette in discussione le proprie scelte alimentari: che una dieta da principessa possa avere dei vantaggi? Poi i suoi piedi toccano terra, e il dolore minaccia di soffocarlo. Non lo ammetterebbe neppure sotto tortura, ma nei pochi minuti impiegati ad arrivare alla macchina si è sentito nuovamente se stesso. Il cuore contro il suo orecchio era il rassicurante suono che tante volte da piccoli l’aveva cullato; il profumo in qualche modo rassomigliava a quello del bimbo a cui lui stesso aveva fatto il bagno. Fra le braccia di Sam, Dean si è sentito al sicuro. Normale, come non accade da mesi. Da quando ha accettato il marchio.
Con un sospiro, il cacciatore passa dal calore di Sam alla carrozzeria dell’Impala. Gelida sì, ma altrettanto di conforto. Altrettanto cara.
Suo fratello si schiarisce la voce, costringendolo a spostare lo sguardo su di lui.
Le ciglia di Sam sono umide, i suoi occhi lucidi. Eppure brillano di una risoluzione che in qualche modo riesce a trasmettergli forza.
«Sai cos’è il kintsugi?» chiede.
Dean, a corto di parole, deve limitarsi a scuotere la testa.
«È una tecnica giapponese di riparazione» riprende Sam. «Quando un oggetto va in frantumi, utilizzano dell’oro per rimetterlo insieme. È una pratica che richiede tempo, oltre che soldi. Ma è qualcosa che loro continuano a fare da secoli. Vuoi sapere perché?»
Il maggiore gli sorride: «Credo che non ci sia modo di evitare una risposta, Sammy. Non sono mai riuscito a fermare i tuoi deliri da secchione.»
Dean prova ad alleggerire la tensione, ma le labbra del fratello non si curvano. Il suo sguardo resta risoluto. «Lo fanno perché credono che le crepe non diminuiscano il valore dell’oggetto» dice. «Lo fanno perché credono che siano proprio quelle a renderlo unico, splendido.» Sam abbassa gli occhi, un’emozione profonda gli incrina la voce. «Non posso dirti in che condizioni usciremo da questa storia, Dean. Ma posso assicurarti che lo faremo. E più forti, più uniti di prima.»
E Dean non vorrebbe altro che urlargli che no, non ce la faranno, non questa volta. Ma annuisce, sorride. Asseconda il fratello. «Puoi scommetterci» dice.
Ormai non può donare che menzogne.
 
 
 
Note: Storia scritta per festeggiare il primo esame magistrale di Ary, e cosa dice festa come un Dean debole, sanguinante e carried? Niente, ragazze mie. Niente!
Ringrazio Alice per avermi betata: vi giuro che questa storia, prima del suo intervento, faceva orrore ai pidocchi.
Un ringraziamento speciale va a Enrica, che scrive con me quasi ogni giorno e il cui esempio non fa che migliorarmi. Ti voglio bene, tesoro.
E se non credete che siano le sue storie a migliorarmi, vi consiglio di dare un’occhiata alla sua pagina. In fondo, The Avengers è in uscita, non vorrete mica perdervi l’opportunità di dire ad amici e parenti di aver cominciato a shippare i gemelli Maximoff prima di loro?
Spero che la fic vi sia piaciuta, fatemi sapere =)
   
 
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