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Autore: megatempest    25/02/2015    1 recensioni
Tempest è una ragazza di 17 anni, che si diletta a suonare il basso elettrico.
Proprio grazie alla sua passione e ad uno strano incontro, fatto alla fine della scuola, entrerà del mondo della musica Metal, conoscendo i più grandi pilastri del Thrash, vivendo da vicino gli avvenimenti, i litigi e i traguardi di due grandi band: i Metallica e i Megadeth.
Protagonisti assieme a lei sono l'estroverso Dave Mustaine e il solare Cliff Burton.
Ringrazio tutte quelle persone che leggeranno la mia Fan Fiction, ma soprattutto ringrazio loro, i miei idoli, per avermi insegnato che ognuno di noi è unico nel suo genere e ha le potenzialità per diventare qualcuno di grande.
Stay thrash metalheads ♥
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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School's Out
Capitolo I
 
Tempest's POV
Come tutti i giorni la sveglia suonò, con quel rumoraccio metallico che tutte le mattine mi faceva fare un salto nel letto. Con un calcio tolsi le coperte e mi alzai, ancora visibilmente assonnata. Mi trascinai fino alla finestra, coperta da delle tende pesanti e polverose. Con un immenso sforzo le tirai e i raggi del sole colpirono i miei occhi con violenta potenza.
<< Ahi! Diamine, perché a Giugno deve esserci sempre questo odioso sole? >> borbottai.
Mi diressi verso il mio armadio, tappezzato di adesivi e poster delle band che andavano di voga in quel periodo: Iron Maiden, Black Sabbath e Mötör Head. Spalancai le ante e mi chinai a cercare fra i cassetti una maglietta decente. In quel momento… BANG! La paletta del mio basso elettrico mi colpì violentemente in testa, facendomi imprecare nel più peggiore dei modi.
<< Sbrigati Tempest! O farai tardi a scuola! >>. Questa era mamma, che mi ricordava tutte le mattine il luogo odioso che accoglieva fiumi di ragazzine urlanti e di ragazzi trasandati.
Mi vestii in fretta, presi il mio zaino, pieno di toppe hard rock, e corsi giù dalle scale.
7.58! Mancavano due minuti all’arrivo dell’autobus! E io come al solito ero in ritardo. Presi la tazza colma di latte che era sul tavolo e cercai di berla più veloce che potevo ma… purtroppo, come mio solito, mi ingozzai e tossii cosi forte che metà del contenuto della tazza si riversò sul pavimento, facendo andare su tutte le furie mia madre.
<< Corri e ‘va a scuola! Veloce! >> urlò lei. Io mi precipitai fuori dalla casa, in tempo per vedere l’autobus giallo che si allontanava dalla fermata.
<< Aspetti! La prego!! >> urlai io, mentre cercavo in qualche modo di raggiungere il mezzo.
Troppo tardi… aveva già svoltato dietro al grande palazzo rosso mattone che stava alla fine della mia via.
Rassegnata, mi sistemai lo zaino in spalla e mi incamminai.
Stavo attraversando la strada, quando un furgoncino tutto scassato per poco non mi investii. Mi spostai di scatto e urlai al guidatore: << ma che cazzo fa? Stia attento mentre guida! >>.
Il furgoncino si fermò. Per un momento pensai di scappare; forse ero stata un po’ troppo volgare…
La portiera si aprì e, invece di vedere un grasso uomo calvo sudaticcio, uscì un ragazzo abbastanza magro e alto, con una chioma riccia color biondo rame che gli arrivava quasi fino al petto, che mi fissò per pochi secondi.
<< La prossima volta stia più attento a dove va! Potevo rimanerci secca! >> brontolai io. Il ragazzo rise, poi tornò serio e mi porse le sue scuse. Dal furgoncino spuntò la testa di un altro ragazzo. Questo aveva una faccia più o meno triangolare, degli occhietti vispi verdi e dei capelli castano chiaro, un po’ più lunghi di quelli del suo compare, ma che parevano abbastanza lerci.
<< Hey Dave! Sbrigati, non abbiamo mica tempo da perdere con le ragazzine che girano per strada! >> urlò.
<< Ragazze? >> borbottò una terza voce, che suonava bassa e leggermente impastata.
Spuntò sopra la testa del ragazzo con i capelli castano chiaro un altro tipo. Stavolta questo aveva i capelli biondi, ricci e lunghi (oramai avevo capito che mi trovavo di fronte a dei nascenti metalheads, come li si chiamava in California), degli occhi azzurro cielo e una faccia simile a quella di un cucciolotto. Indubbiamente quelli erano tipi molto interessanti.
<< Uh che bella tipa! >> disse il biondo. Era visibilmente ubriaco. Evidentemente quella era una di quelle giovani band che nascevano qui a Los Angeles, destinate ad una vita poco breve.
<< Sali Dave! Rimorchierai tipe un altro giorno cazzo! >> esclamò il ragazzo dagli occhi verdi, che doveva essere il più piccolo del gruppo, considerata la sua faccia ancora da ragazzino.
<< Cazzo Lars, mi stavo scusando con la ragazza! >> gli rispose Dave, che si stava visibilmente scocciando.
<< Mi scusi ancora, bella signorina >> concluse infine. Fece una specie di inchino e salì di nuovo sul furgone. Pochi istanti dopo quello si stava allontanando.
Diamine! La scuola! Presi a correre a per di fiato. Erano ormai le 8.25 e io non ero ancora entrata in classe.
Aprii la porta che conduceva all’atrio con non poca violenza e lo attraversai a passo svelto, cercando di prendere fiato. Quando entrai in classe, la professoressa di Matematica mi fissò con disprezzo.
<< Ancora in ritardo eh Jackson? >> sbraitò lei.
<< Scusi signora Fisher, ma oggi mentre venivo a scuola a piedi, avendo perso l’autobus, un furgoncino di metallari mi ha quasi investita… >> dissi giustificandomi.
<< E domani che scusa mi racconterà? Insomma signorina, lei ha 17 anni, che pretende di fare con queste ignobili giustificazioni? Lei sa che fra un anno sarà m-a-g-g-i-o-r-e-n-n-e? >>.
Stetti zitta; sapevo che avrei dovuto rispondere a quella vecchia insolente, e ricordarle che…
<< Ma per fortuna non ci sarà un domani! >> aggiunse sollevata la Fisher << oggi è l’ultimo giorno di scuola per voi, piccole canaglie! >>.
Andai a sedermi al mio posto. Meraviglioso. Visto la recente discussione, la mia migliore amica Alex si era spostata vicino al figo della scuola, un certo Saul Hudson. Era un tipo carino, capelli neri a cespuglio, pelle scura (probabilmente era afro-americano, non sapevo quasi nulla di lui) e un bel faccino.
Invece, vicino a me, era seduto Ellefson. Era un ragazzino non molto alto, capelli ramati e… un’odiosa passione per il Glam.
Mi sedetti vicino a lui, un po’ riluttante.
Avrebbe cominciato a parlarmi dei KISS, la sua band preferita.
Infatti così fece.
Dopo un quarto d’ora di operazioni condite da racconti su Ace Frehley e compagnia, gli intimai: << cazzo, smettila. Non me ne frega una beata minchia dei tuoi KISS e delle stupide band che senti. Ora lasciami dormire >>.
Detto questo buttai la penna nell’astuccio e mi misi con la testa sul banco. Avvertii gli occhi della professoressa fissarmi, ma me ne fottei altamente.
Quella giornata era già abbastanza schifosa.

Dave's POV
Quella mattina mi svegliai piuttosto presto per i miei standard. Alle 7 del mattino mi strascinavo stanco nella cucina di quella topaia che era il mio appartamento. Spalancai il frigorifero e il poco latte che era rimasto nel cartone che la sera prima avevo scolato per quasi tre quarti finì in terra. Guardai inebetito la chiazza biancastra che brillava in controluce; poi preferii rimediarmi un’altra colazione.
Afferrai due birre Heineken che stavano nel fondo del frigorifero. Quando le aprii, sprizzarono lievemente: sembrava stessero ad aspettare solo me.
Dopo avermele scolate e aver buttato giù qualche porcata presa a caso nel frigorifero, mi diressi in bagno. Mi lavai e mi sistemai un poco la mia massa informe di capelli rosso rame.
Mi infilai dei jeans a vita alta, una t-shirt e le mie All Star bianche con una stella rossa.
Pigliai dal divano la mia B.C. Rich e l’amplificatore, che avevo sistemato con poca cura in un angolo, e uscii di casa.
In strada, mi aspettava un furgoncino in pessime condizioni, con a bordo Lars e James: il batterista e il chitarrista/cantante della mia band, i Metallica.
Attraversai la strada e aprii lo sportello del retro per depositare gli “attrezzi del mestiere”. Ero felice di vedere i ragazzi, se non altro ci saremo divertiti a suonare assieme.
<< Ciao fratello Mustaine >> borbottò James, che stava sdraiato a pancia all’aria fra i grossi amplificatori e i rullanti della batteria di Lars. Evidentemente si era ubriacato già di prima mattina.
<< Ciao Dave, come butta? >> mi disse allegramente Lars.
Raccontai un po’ della mia serata, mentre saltavo sul sedile del guidatore.
Accesi il furgone e partii, mentre con gli altri mi scambiavo qualche battuta.
Stavo tagliando la strada, quando una ragazza, che sembrava spuntata all’ultimo minuto, attraversò, rischiando di finire contro il parabrezza. Girai di colpo, mettendo il furgone in obliquo in mezzo alla carreggiata, e frenai.
Sentii la ragazza urlarmi degli insulti. Non mi feci molti problemi, se non altro era viva, solo un po’ spaventata.
<< Dio santo che cazzo è successo?! >> urlò James, che era finito fra le due chitarre e i piatti della batteria.
<< Dave guarda se non è morta! >> mugolò Lars. Non capivo perché facessero tanto i cagasotto.
Non stetti a discutere; aprii la portiera e scesi.
<< La prossima volta stia più attento a dove va! Potevo rimanerci secca! >> brontolò una ragazza piuttosto alta, che indossava dei jeans stracciati, uno smanicato in pelle e degli stivali che parevano essere di un pessimo cuoio.
I lunghi capelli castani con qualche sfumatura rosso-rame ondeggiavano di tanto in tanto, mossi dal vento. Doveva essere una studentessa, a giudicare dallo zaino.
<< Hey Dave! Sbrigati, non abbiamo mica tempo da perdere con le ragazzine che girano per strada! >> mi sbraitò Lars da dietro. Aveva cacciato fuori la testa dalla vettura, non tanto per chiamarmi ma, a parer mio, per guardare la tipa. Non era male, dovevo ammetterlo.
<< Ragazze? >> borbottò James, che ogni qualvolta sentiva quella parola diventava fottutamente curioso. Infatti anche lui sbirciò fuori.
<< Uh che bella tipa! >> disse poi. La ragazza sembrava visibilmente sconcertata. Forse non aveva mai visto così tanti “metalheads” (così ci chiamavano in California). Doveva esserlo anche lei, anche se era evidente dal suo vestiario una vena hard rock e forse anche un po’ punk.
<< Sali Dave! Rimorchierai tipe un altro giorno cazzo! >> esclamò Lars, che doveva aver finito di lustrarsi gli occhi.
<< Cazzo Lars, mi stavo scusando con la ragazza! >> sbottai io, anche se non avevo ancora spiaccicato parola.
<< Mi scusi ancora, bella signorina >> conclusi io, facendo una sottospecie di inchino per fare un po’ lo scemo.
Salii sul furgone e misi in moto, raccomandandomi di stare più attento per il resto del tragitto.
Più avanti vidi la ragazza correre a lunghe falcate per entrare in un vecchio edificio. Che tipa, pensai. Io avevo mollato la scuola già da un po’, me ne fotteva poco di quello schifoso posto, a parte per racimolare dell’erba.
Facevo uso di sostanze stupefacenti già da quando ero un ragazzo. In breve mi ero trasformato in un ottimo pusher. Ora quello, oltre che a fare musica, era il mio lavoro.
Mentre parcheggiavo il furgone davanti alla casa del nostro bassista, Ron McGovney, ripensai alla ragazza: al suo viso smarrito, ai suoi lunghi capelli e ai suoi occhi opale, tanto sconcertati quanto ribelli.
Avrei voluto rivedere quella ragazza, se non altro pareva avere un bel davanzale e anche un culetto elegante. Ma, stranamente, non erano le qualità fisiche ad attirarmi, di lei. Forse era il modo, forse il contrasto fra l’apparenza e il carattere: sembrava una ragazzina di 18 anni, forse un poco più giovane, visto che andava ancora a scuola; appariva piuttosto fragile, anche se non del tutto. Aveva delle belle gambe, di sicuro era abituata a correre, magari proprio per non arrivare tardi a scuola, pensai ridacchiando. Aveva un carattere molto ribelle però. Solitamente le ragazze che conoscevo erano piuttosto educate, mentre lei non si era fatta molti problemi a insultarmi a gran voce. Questa cosa mi piaceva. Le donne con un certo caratterino mi erano sempre piaciute.
Lars mi riportò alla realtà con una delle sue frasi poco simpatiche: << ma cosa fai? Ti sei innamorato? Forza, muovi il culo che i soldi non crescono mica sugli alberi! >>.
Scaricai gli amplificatori da solo, anche se James avrebbe dovuto aiutarmi. Crollò a metà strada lamentandosi di avere una forte nausea. Gli rimasi perciò a debita distanza, non avevo certo voglia di assistere a spettacoli poco gradevoli.
Accordai la mia chitarra e la collegai all’amplificatore. Appena cominciai a suonarla tutti i pensieri martellanti, i problemi e le paranoie svanirono. Amavo suonare, soprattutto per quel motivo: potevo dimenticarmi tutto e sentirmi me stesso, almeno finché Lars o qualcun altro non avrebbe cominciato a rompere il cazzo, come di solito succedeva.
   
 
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