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Autore: Nimel17    27/02/2015    0 recensioni
Una scrittrice deve ritrovare la sua ispirazione, ma per riaverla deve stringere un patto con chi gliel'ha data in primo luogo.
Quarta classificata al contest "Dalla mela avvelenata nascono farfalle"
Genere: Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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“Questo racconto è veramente buono, tesoro. Tuo padre non era poi così fuori strada quando decantava i tuoi talenti.”
Jillian si sforzò di mascherare il sollievo che l’aveva invasa, tanto che le gambe le avrebbero ceduto se non fosse stata seduta.
“Se vuoi che gli altri lo siano altrettanto, Ryan, dovrai darmi più tempo.”
“Ah, no, cara! Devi rispettare le scadenze. Passerò domani a quest’ora per il secondo racconto, altrimenti sai cosa succederà.”
Lei lo guardò andarsene, amareggiata. Era stata solo una stupida, come aveva potuto credere che avrebbe fatto cambiare idea a quel mostro assassino? Iniziò a pettinarsi i capelli, senza disturbarsi a frenare le lacrime o la rabbia diretta contro se stessa… e suo padre.
Era stato lui a metterla in quel pasticcio: era solito dire a tutti, al bar, che sua figlia scriveva le storie più belle e agghiaccianti del mondo e Ryan, che all’epoca gli aveva prestato una grossa somma di denaro, gliene aveva chiesto prova. Jillian, allora, aveva messo per iscritto i suoi incubi, incoraggiata dalla presenza oscura che non l’abbandonava mai e aveva salvato il padre dall’arresto, se non da qualcosa di più drastico.
Ora si trovava nella stessa situazione, solo che il tempo era esiguo e la posta in gioco più alta.
Nascose la testa tra le braccia, la fronte appoggiata contro il tavolino.
“Ti prego…”
“Due volte in due giorni. Dev’essere la mia settimana fortunata.”
Una mano gelida le si posò sui capelli, accarezzandoli lentamente.
“Su, su, Jillian. Hai bisogno di un altro racconto, suppongo. Cos’hai da darmi in cambio?”
Lei alzò il capo e si asciugò le lacrime che erano uscite contro il suo volere.
“È inutile. Se non mi ucciderà domani, lo farà dopodomani, o quando gli avrò dato tutti e dodici i racconti.”
Lui s’inginocchiò fino a raggiungere il suo livello e le sollevò il mento con un sorriso crudele.
“E io che pensavo ti affrettassi per compiacerlo o anticipare le nozze. Credevo mi avessi detto che volevi vivere, cara.”
Jillian gli rivolse la sua migliore occhiataccia, che non fece altro che divertirlo maggiormente.
“Ci sguazzi in questo guaio, vero? Che trionfo vedermi costretta a chiederti aiuto, disperata e senza vie di fuga.”
Scacciò via la sua mano con un leggero schiaffo, piena di sdegno e rabbia, mentre si alzava e apriva un cassetto della scrivania, tirandone fuori una vecchia stilografica.
“Ecco. Era la penna preferita di mia madre.”
Lui la prese, senza dire nulla. Freddo e impassibile, la stava mettendo a disagio. Forse, con quello scatto d’ira, si era preclusa la possibilità di chiamarlo il giorno dopo.
“Incubi d’oro, Jillian. Farai meglio a pensare a cosa offrirmi domani.”
Se anche avesse voluto riflettere sulla proposta, venne interrotta dallo squillo del telefono. Fissò l’apparecchio come se volesse assalirla, nauseata al pensiero di dover sentire ancora la voce di Ryan.
“Non rispondi, cara?”
Lei si riscosse e si obbligò a tirare su la cornetta, pallida per l’ansia.
“P-pronto?”
“Jilly! Sembra di sentire un personaggio dei tuoi libri! Tutto bene?”
Jillian sospirò di sollievo e il suo viso riprese un po’ di colore. Riuscì persino a sorridere.
“Peter! Deformazione professionale, fratellone. Come stai?”
“Alla grande. Tu, piuttosto, non mi sembri una fidanzatina felice.”
“Ci… sono dei problemi tra me e Ryan, ma vedrai che si risolverà tutto.”
“Non posso dire che mi dispiaccia. Non mi è simpatico, ma lo sopporto per amor tuo. Senti, sorellina, tra qualche giorno ho un periodo di licenza. Se non ti sto tra i piedi…”
“Certo che no! Mi fa piacere incontrarti, non sai quanto sia contenta del tuo ritorno.”
Dio solo sapeva quanti dei suoi incubi avevano riguardato Peter ucciso in Afghanistan. Questa volta, però, era lei che probabilmente sarebbe stata già morta per quando fosse arrivato.
“Ci sentiamo, Pete. Ho da fare.”
“Devi scrivere qualcosa? Figo, mi farai leggere tutto in anteprima, vero?”
“Sei un bambinone.”
“Mi ferisci!”
“Stai attento, piuttosto.”
“Lo sono sempre. A presto, sorellina.”
Con un grosso groppo in gola, Jillian interruppe la chiamata, gli occhi umidi per la consapevolezza che forse non lo avrebbe sentito mai più.
“Perché quella faccia triste, cara?”
“Ho appena detto addio a Peter e lui non lo sa.”
“Cosa ti fa pensare…”
“Domani non avrò più nulla da darti. Non ho più ricordi importanti.”
Lo osservò prendersi il mento tra le mani e sedersi sul divano, gli occhi socchiusi fissi su di lei. Il suo strano abito nero sembrava fatto di fumo all’estremità, facendole distogliere lo sguardo: le ricordava il fumo che usciva dall’auto in fiamme, dov’era imprigionata la sorella.
“Ci penseremo domani, cara. Sai cosa fare, intanto.”
Jill chiuse gli occhi e si abbandonò al sonno; si trovò presto a casa di Ryan, la chiave proibita stretta contro il palmo della mano al punto da lasciarvi la sua sagoma dentellata e il puzzo di sangue denso, opprimente come vapore.
“Interessante.”
Lei sobbalzò, sentendo la voce dell’Uomo Nero.
“Cosa ci fai nel mio sogno? Non ci sei mai venuto.”
“Oh, solo una breve visita, cara. Sono passato a dirti che, se domani troverai qualcosa da offrirmi, sono disposto a lasciarti la tua ispirazione, ma a due condizioni.”
“Cioè?”
“Che tu mi permetta di tornare, se lo desidero… e che indovini il mio vero nome entro la mezzanotte , sempre di domani.”
La giovane donna sbirciò verso la porta chiusa. I suoi incubi sarebbero stati pochi, normali, avrebbe potuto scrivere senza condizionamenti…
“Ci sto.”
  
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