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Autore: White Spins    01/03/2015    1 recensioni
Greer Danville ha 16 anni, ha vissuto tutta la sua vita in Inghilterra, ma un giorno decide di trasferirsi negli Stati Uniti per proseguire lì i suoi studi. Ma soprattutto, Greer è l'erede al trono britannico.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il primo giorno a Boston per Greer Danville fu un disastro.
Era elettrizzata da questo cambiamento audace, era incantata da questa città.
Ma era anche esausta.
Colpa ovviamente del jetlag e di quelle sette ore di volo. E aver smarrito una valigia non aveva certo aiutato. Le ritornarono in mente le parole di suo padre, l’espressione turbata sul suo volto quando Greer gli aveva detto senza mezzi termini che voleva prendere un volo normale, come fanno tutte le persone normali del resto, e non volare con uno dei tanti jet privati di famiglia. E suo padre non aveva perso occasione per ricordarle che dopotutto lei non è come il resto del mondo, e Greer avrebbe voluto alzare gli occhi al cielo e gli avrebbe voluto dire che è solo una persona come le altre, se solo questo non fosse vero. Perché poteva esistere solo una principessa d’Inghilterra, figlia di William Danville, e questa persona era Greer. Un aneddoto piuttosto importante che non avrebbe mai potuto dimenticare per un secondo, poiché nessuno glielo avrebbe mai concesso.
 
C’erano voluti giorni per convincere suo padre a farle prendere l’aereo per Boston, settimane per convincerlo che desiderava proseguire i suoi studi negli Stati Uniti. Ovviamente, Will aveva le sue condizioni: scuola privata, una guardia del corpo che avrebbe fatto anche da autista, volo di prima classe e un appartamento che Greer avrebbe arredato a suo piacimento. Greer non esitò nemmeno un secondo e accettò.
Will era tuttavia curioso e triste per la decisione presa da sua figlia, chiedendole se non le piaceva più la vita a Buckingham Palace, se per caso i paparazzi la importunavano troppo, giurando che avrebbe risolto la situazione immediatamente se era questo il problema. Ma Greer lo rassicurò subito dicendogli che aveva solo bisogno di un cambiamento temporaneo, di qualcosa di nuovo, promettendogli di tornare il più presto possibile in Inghilterra. E allora vide suo padre sorridere con orgoglio, prima di abbracciarla e dirle che avrebbe sentito la sua mancanza, ma che capiva perfettamente.
 
Greer arrivò al suo appartamento, e dopo aver fatto un giro veloce per le stanze, sentendosi non molto pulita dopo l’esperienza sull’aereo, decise che una lunga doccia calda aveva la priorità sul resto. E sarebbe rimasta lì per ore, se non avesse avuto cose importanti da fare e poco tempo a sua disposizione.
Così, nonostante la stanchezza e l’emicrania che sentiva peggiorare minuto dopo minuto, si ritrovò in un bar e ordinò il bicchiere di caffè macchiato più grande possibile.
Dopo pochi minuti un ragazzo la chiamò per nome, e quando Greer si avvicinò, inizialmente apparve confuso, come se stesse pensando intensamente a qualcosa, continuando a fissarla per qualche istante. Greer si schiarì la gola, la mano tesa per prendere il bicchiere di caffè che il barista aveva ancora in mano. Scuotendo la testa, il ragazzo si scusò.
“Sai, mi sembra di averti già vista da qualche parte.”
“Mi sa che ti sbagli” rispose Greer prendendo il caffè e sorridendogli educatamente.
Senza aspettare una risposta, Greer prese una bustina di zucchero, togliendo il coperchio dal bicchiere. Dopo aver finito di mettere tutto lo zucchero nel caffè, buttò via la bustina vuota, voltandosi e cercando di rimettere il coperchio di plastica.
 
E proprio in quel momento una ragazza le venne addosso, facendole rovesciare gran parte del caffè sul maglione. Il maglione bianco che adorava.
Restò senza fiato per un attimo, prima di accorgersi che la ragazza davanti a lei stava parlando freneticamente.
“Oh, merda. Mi dispiace un casino, non l’ho fatto apposta!”
Greer alzò gli occhi dal maglione, ormai completamente rovinato, guardando incredula l’altra ragazza. Per un attimo rimase a bocca aperta, fissando gli occhi color ghiaccio della sconosciuta, scuotendo poi la testa mentalmente.
“Ti dispiace? Ti dispiace?! Hai rovinato  uno dei miei maglioni preferiti!” esclamò Greer indicando l’indumento, “Se avessi guardato dove andavi questo non sarebbe successo!”
“Certo, perché te non ti sei girata all’improvviso senza darmi tempo così di evitare di scontrarci” replicò sarcasticamente la ragazza, alzando gli occhi al cielo.
Greer le lanciò un’occhiataccia, rimettendo il coperchio a posto prima di incrociare le braccia.
“Beh, se tu avessi evitato di camminare così velocemente, magari ti avrei vista e il mio maglione non ne avrebbe pagato le conseguenze!”
La ragazza ridacchiò, “Seriamente? Parli del tuo stupido maglione quasi come se fosse un essere vivente.”
“Mi piaceva molto, era un regalo di compleanno da parte di una persona a me cara. Ma forse tu non puoi capirle certe cose, si vede che sei una menefreghista.”
“Ok, sai cosa? Ti ho chiesto scusa, ma non mi hai dato retta perché evidentemente sei troppo presa da quel cavolo di maglione, che tra l’altro è orrendo, quindi dovresti ringraziarmi, invece che mangiarmi viva” sbottò la misteriosa ragazza, sospirando, “Dio, sembri proprio una principessa viziata.”
Greer la scrutò per qualche secondo, scuotendo la testa.
“Almeno una cosa l’hai capita di me” disse prima di andarsene, lasciando l’altra ragazza confusa.
 
 
Dopo aver passato il fine settimana a svuotare le valigie e a sistemare il suo appartamento, Greer si sentiva più che pronta per il suo primo giorno di scuola. Certo, aveva un po’ paura, visto che per dieci anni aveva solo studiato tra le mura di Buckingham Palace, con insegnanti privati severi e intransigenti. Ma non era questo che la preoccupava.
Dopo essere scesa dalla macchina, senza aver aspettato che l’autista scendesse per aprirle lo sportello, guardò l’edificio di fronte a lei per qualche istante, prendendo un respiro profondo. Poteva farcela. Sebbene non avesse la minima idea di cosa aspettarsi.
Si incamminò verso gli scalini, lo sguardo rivolto in avanti, a testa alta, come suo padre le aveva insegnato. Quando passò accanto a un gruppo di ragazze, notò come cessarono immediatamente di parlare, decidendo invece di fissarla stupite, come se Greer avesse tre teste.
Greer affrettò il passo, osservando come alcune persone che incrociava la guardavano ammutolite, mentre altre la indicavano e mormoravano tra di loro come se lei non le potesse vedere.
 
Una volta entrata nella scuola, si guardò intorno, spaesata. La sua prima lezione era storia americana, ma non avendo la minima idea di dove fosse l’aula, lo chiese a un ragazzo, che gentilmente le indicò dove andare.
Quando finalmente arrivò in classe, fortunatamente prima che la campanella suonasse, Greer cercò subito un posto a sedere. Decise di sedersi nella seconda fila, e quando posò lo zaino sopra il banco si voltò, incontrando gli sguardi curiosi dei suoi compagni di classe, che parlavano sottovoce tra di loro.
Intimidita, Greer cercò di non pensarci, ma il brusio nell’aula la stava mettendo un po’ in ansia. Non le era mai piaciuto essere al centro dell’attenzione.
Si guardò intorno, cercando di apparire disinvolta, quando i suoi occhi caddero su una persona in particolare. Era una ragazza, ed essendo di spalle, Greer poteva vedere solo i suoi capelli lisci castani. Ma pur non vedendola davvero, Greer per qualche motivo non riusciva a guardare altrove.
 
Improvvisamente, come se potesse sentire lo sguardo di Greer su di sé, la ragazza si voltò.
Greer smise di respirare per un secondo quando vide occhi color ghiaccio.
L’altra ragazza sembrava sorpresa quanto lei, ma anche confusa.
Greer, sentendosi arrossire, staccò lo sguardo dal suo, guardando in avanti, cercando di ignorare il peso che sentiva di due occhi in particolare. Voleva mettersi le mani tra i capelli, voleva essere in qualsiasi posto tranne che lì in quel momento.
Com’era possibile che tra tutte le persone doveva avere proprio lei nella sua stessa classe?
Doveva aver fatto qualcosa di terribile in qualche vita precedente, perché incontrare la ragazza del bar che le aveva fatto rovesciare il caffè addosso non era certo nei suoi piani.
  

Il resto della mattinata fortunatamente fu tranquillo per Greer.
Dopo la prima lezione, passata per la maggior parte a guardare la misteriosa ragazza del bar, orientarsi per la scuola non era stato così difficile come credeva, grazie anche all’aiuto di persone gentili. Certo, erano anche curiose, non poteva biasimarle, ma erano anche troppo timorose per pensare solo di avvicinarsi; Greer sarebbe rimasta dispiaciuta di questo, se in realtà non si sentisse così sollevata, essendo abituata ad avere persone che le stanno troppo addosso. Forse Boston era davvero ciò di cui aveva bisogno.
 
Stava giocando a Candy Crush mentre aspettava il suo autista davanti scuola, quando si accorse che una persona si stava avvicinando a lei.
Alzò lo sguardo dal telefono, e sospirò pesantemente quando vide che si trattava della ragazza del bar.
“Perché ho l’impressione che tu non sia così tanto felice di vedermi?” le chiese divertita la ragazza, avvicinandosi.
Alzando un sopracciglio, Greer distolse lo sguardo, interessandosi completamente al telefono.
“Forse perché non lo sono” le rispose seccata, continuando a giocare col cellulare.
“Sei ancora incazzata per l’altro giorno? Cavolo, tu sì che sai come serbare rancore, eh?”
Greer alzò nuovamente lo sguardo. Osservò l’altra ragazza avvicinarsi sempre di più finché non si sedette accanto a lei. Greer le lanciò un’occhiataccia, e la ragazza alzò gli occhi al cielo.
“Oh, ma dai. Posso sedermi, no? E’ un paese libero, lo dovresti sapere anche se sei inglese” scherzò posando la borsa accanto a sé, “E poi sei la principessa d’Inghilterra, non dovresti essere sempre sorridente e paziente o qualcosa del genere?”
Greer rise incredula, mettendo il cellulare in borsa.
“Non so come mai, ma mi è difficile sorridere quando sei nei paraggi. E penso che faresti perdere la pazienza pure a un santo.”
“Esagerata. Ma davvero, ce l’hai ancora con me per quella storia del maglione? Ti devo per caso chiedere scusa con un accento inglese, magari così comprendi meglio?” replicò scherzando la ragazza.
 
Greer, con sua grande sorpresa, sorrise senza volerlo.
“Beh, a dire il vero mi ha dato più fastidio il tuo comportamento.”
“Davvero? Perché a me sembrava che fossi più incazzata per il maglione.”
Sbuffando, Greer incrociò le braccia, guardando in avanti.
“Ok, anche per quello, è vero. E comunque ero molto stanca e stressata, quindi ammetto che potrei aver esagerato.”
“Potresti?”
“Non insistere.”
“Ok, non lo farò” la ragazza la rassicurò ridendo, “Mi chiamo Brenna, comunque” aggiunse tendendo la mano verso Greer.
“Sì, lo so” rispose Greer stringendole la mano, “Io sono Greer.”
“Sì, lo so” la imitò Brenna, sorridendole, “E come fai a sapere il mio nome?”
“L’appello a lezione di storia.”
“Beh, hai una buona memoria allora” osservò Brenna lasciando la mano di Greer che stava ancora stringendo.
 
Greer distolse lo sguardo, sistemandosi una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio.
“No, è solo…il tuo nome viene prima del mio.”
“Certo” disse Brenna, per niente convinta, “Quindi ti ricordi anche tutti i nomi delle altre persone delle altre classi?”
Greer arrossì, “No no, credo di ricordarmi solo il tuo perché mi hai fatto una prima impressione non proprio eccellente, tutto qui.”
“Allora spero che la seconda impressione sia stata di gran lunga migliore.”
“Sono ancora qui, no?”
Brenna rise, scuotendo la testa, “Sei qui perché stai aspettando che qualcuno ti venga a prendere, o sbaglio?”
Greer guardò l’altra ragazza, notando come i suoi occhi erano ancor più chiari alla luce del sole.
“Sto aspettando il mio autista, sì” ammise annuendo, “Ma sarei potuta andarmene e lasciarti qui, e invece non l’ho fatto.”
“Già, non l’hai fatto” Brenna disse con un piccolo sorriso compiaciuto.
Greer ricambiò il sorriso, iniziando a sentirsi sempre più a suo agio attorno all’altra ragazza. Praticamente non la conosceva, e la sua prima impressione non era certo stata una delle migliori, ma la negatività che aveva percepito dal loro primo incontro stava sparendo velocemente. Forse aveva giudicato male Brenna. Forse l’aveva giudicata troppo in fretta.
 
“Cosa non darei per sapere cosa stai pensando in questo momento, principessa” disse Brenna interrompendo i pensieri di Greer.
“A dire il vero, mi stavo chiedendo se già sapevi chi ero quando ci siamo incontrate in quel bar” mentì Greer.
Brenna scosse la testa, “No, sinceramente non avevo idea di chi fossi. L’ho scoperto solo stamani, me l’ha detto Ford.”
“E chi è Ford?”
“La mia migliore amica.”
“Ah…”
“Me l’ha detto nel momento in cui sei entrata in classe, e immagina la mia sorpresa quando mi sono girata e ho visto te.”
Greer rise imbarazzata, “Già. Ma non sei l’unica che è rimasta sorpresa, sai?”
“Ah, davvero?” chiese Brenna incuriosita.
Non sapendo cosa dire, Greer annuì e basta, guardando Brenna con un sorriso.
 
Rimasero per qualche momento in silenzio, ma Greer moriva dalla voglia di farle un’altra domanda.
“Mi avresti trattata diversamente?” chiese mordendosi il labbro. Ma notando la faccia confusa dell’altra ragazza, chiarificò, “Se avessi saputo chi sono in realtà, mi avresti trattata diversamente?”
“Sinceramente? No” rispose Brenna con schiettezza, sorridendo maliziosamente, “Per me eri già la principessa del bar.”
Greer scoppiò a ridere.
“La principessa del bar, eh? Carino, devo ammetterlo. Quasi preferisco questo appellativo a quello ufficiale.”
Brenna la guardò compiaciuta, dandole una piccola spallata.
“Sono contenta che ti piaccia.”
“Sai, non sei l’unica ad essersi inventata un soprannome” ammise Greer con occhi divertiti.
“Ah sì? Me lo vuoi dire?”
 
Prima che Greer le potesse rispondere, una Mercedes nera si fermò a pochi metri da loro.
Un uomo alto e muscoloso, sulla quarantina, scese dalla macchina, che era ancora accesa.
Andò ad aprire lo sportello posteriore dell’auto, prima di avvicinarsi alle ragazze.
“Ciao, James” disse Greer con un sorriso cordiale, alzandosi e dandogli lo zaino, “Potresti aspettare un attimo? Non ci vorrà molto.”
“Ma certo, Vostra Altezza.”
Greer sbuffò, “Seriamente, James. Quante volte ti ho detto di non chiamarmi in quel modo?”
“Chiedo scusa, principessa Greer” rispose l’uomo con un piccolo sorriso imbarazzato.
Ritornò alla macchina, posando lo zaino di Greer sui sedili posteriori, rimanendo poi fuori con una mano sullo sportello.
Greer lo guardò, scuotendo la testa. Sospirò e si voltò verso Brenna, che stava guardando tutta la scena completamente affascinata.
“Tipa carina ma stronza che ha rovinato uno dei miei maglioni preferiti” disse Greer incamminandosi verso la macchina, lasciando l’altra ragazza completamente confusa.
“Come?”
Greer si voltò, “Il soprannome che ho inventato per te” le disse con un sorriso, prima di salire in macchina. Senza rendersene conto lasciò Brenna piacevolmente sorpresa.
 


Se il primo giorno di scuola per Greer non era stato niente di che, salvo qualche eccezione (non era disposta ad ammettere che questa eccezione fosse Brenna), il secondo giorno fu l’esatto opposto.
Quando arrivò a scuola si sentiva molto più tranquilla e rilassata rispetto al giorno prima. Certo, la maggior parte dei suoi compagni la guardava sempre con la stessa incredulità, e Greer si domandava se sarebbe stato così per il resto dell’anno scolastico. Sperava davvero di no, ma avrebbe cercato semplicemente di ignorare tutti quegli occhi curiosi e si sarebbe concentrata solo sulla scuola, nient’altro.
Più facile a dirsi che a farsi.
 
Stava pranzando da sola nel cortile della scuola, quando fu avvicinata da un gruppo di quattro ragazze.
Non si accorse neanche della loro presenza, finché una di loro non iniziò a parlare.
“Ciao! Tu sei Greer, giusto? La principessa d’Inghilterra?”
Greer, non volendo sembrare maleducata, annuì.
“Sì, sono io. E voi come vi chiamate?” chiese educatamente.
“Io sono Shelby” rispose la stessa ragazza, indicando poi le sue amiche, “Loro sono Mary, Rachel e Jane.”
“Piacere di conoscervi” disse Greer con un piccolo sorriso, tornando a mangiare.
Le ragazze la guardarono per qualche istante, poi una di loro diede una piccola spallata a Shelby, che le lanciò un’occhiataccia, prima di voltarsi verso Greer con un sorriso forzato.
 
Greer alzò lo sguardo quando vide che il gruppo di ragazze era ancora lì.
“Scusatemi, non vorrei sembrarvi scortese, ma avete bisogno di qualcosa?”
“Beh, a dire il vero volevamo farti qualche domanda, se non ti dispiace” Shelby rispose lanciando uno sguardo alle sue amiche, che annuirono e basta.
Prima che Greer potesse rispondere, una delle ragazze la interruppe.
“Come mai sei venuta a Boston?”
E Greer le avrebbe risposto, se un’altra ragazza non l’avesse anticipata, anche lei curiosa.
“Com’è Londra? Ho sempre sognato di andarci!”
Greer rise imbarazzata, e guardandosi attorno si rese conto che altre persone si erano avvicinate senza che lei se ne accorgesse fino a quel momento.
“Scusatemi, ma dovrei andare” disse chiudendo il contenitore di plastica con dentro il cibo, mettendolo dentro lo zaino.
Si alzò con l’intenzione di andarsene in un posto più tranquillo, ma riuscì a fare pochi metri prima che altre persone le si avvicinassero facendole diverse domande.
“Per quanto tempo resterai a Boston?”
“Sei single?”
“E’ vero che sei lesbica?”
“Ce l’hai una ragazza?”
 
Greer sentiva la testa girare, sentendosi quasi soffocata dalle persone che la circondavano e dalle loro domande troppo personali. Stava cercando un modo per fuggire dalla situazione spiacevole, ma sentiva il panico crescere, respirare stava diventando sempre più difficile e l’ansia la stava completamente invadendo, troppo velocemente.
Stava cercando di calmarsi, di pensare a respirare regolarmente, quando sentì una voce familiare.
“Che cavolo state facendo, branco di idioti?”
Turbata, Greer si voltò nella direzione da cui proveniva quella voce.
Era Brenna.
Ed era visibilmente arrabbiata. Parecchio.
Stava camminando velocemente, riuscendo ad avvicinarsi abbastanza da prendere Greer per il polso. Greer la guardò intontita, ma Brenna si voltò un’ultima volta verso la piccola folla.
“Cristo santo, non avete un briciolo di tatto, eh?! Fatevi una vita, invece che impicciarvi in quella degli altri, cretini” sbottò la ragazza prima di trascinare via Greer.
 
Dopo aver trovato un posto tranquillo dove non c’era nessuno, Brenna si fermò, voltandosi verso Greer.
“Stai bene? Scusa se ti sono sembrata un po’ avventata, ma i cretini che frequentano questa scuola mi fanno veramente incazzare a volte” disse sbuffando, osservando preoccupata l’altra ragazza, “Più che altro direi spesso. Ma sul serio, stai bene?”
Greer guardò Brenna con stupore, sentendo il calore della sua mano che ancora la teneva per il polso. Scosse la testa mentalmente, realizzando cos’era appena successo, sentendosi davvero riconoscente verso Brenna in quel momento.  Era stato un gesto inaspettato, e Greer era colpita più che positivamente.
“Sì, sto bene” rispose con un sorriso grato, “Grazie.”
Brenna scosse la testa, “Non ho fatto niente di che. Dovevo salvare la principessa in difficoltà, no?” scherzò accarezzando con il pollice il dorso della mano di Greer.
Greer alzò gli occhi al cielo, “Solitamente non ho bisogno di essere salvata, non montarti la testa” replicò con una piccola risata. Ripensò poi alle parole di Brenna.
“Aspetta, quindi non mi avresti salvata se non fossi una principessa?” le chiese guardandola di sottecchi, un tono scherzoso evidente nella sua voce.
“Chissà” rispose vagamente Brenna, facendole l’occhiolino.
 
Rimasero a guardarsi per qualche istante, entrambe sorridenti, la mano rassicurante di Brenna che teneva quella di Greer e non più il suo polso, accarezzandola inconsciamente.
Ma Greer se n’era accorta, sentendo il cuore battere più forte, una sensazione simile al panico provato prima, ma di gran lunga migliore. Cercò di non pensarci troppo, ma sentiva tremare leggermente la mano, e il peso degli occhi di Brenna fissi sui suoi non aiutava per niente.
E poi fu salvata prevedibilmente dalla campanella.
Brenna lasciò andare subito la sua mano, ridendo nervosamente.
“Mi sa che dobbiamo proprio andare.”
Greer annuì, “Mi sa proprio di sì.”
Per il resto della giornata, Greer cercò inutilmente di non pensare alla sensazione che ancora sentiva della mano di Brenna.
 
 
La prima settimana di Greer a Boston era quasi finita, con grande sollievo della ragazza.
Sebbene non fosse stata una settimana molto tranquilla come sperava, colpa perlopiù dei compagni di scuola invadenti, Greer si trovava bene in quella città, si sentiva sempre più a suo agio giorno dopo giorno. Abituarsi ai ritmi di una scuola non era stato così difficile come pensava, anzi, trovava che fosse di gran lunga meglio andare a scuola che avere insegnanti privati. Sentiva molta meno pressione addosso ora che era a Boston. Da molti punti di vista.
 
Entrò nella classe di scienze, era solo la seconda lezione della mattinata, ma Greer non vedeva l’ora che iniziasse. Adorava questa materia.
Guardandosi intorno, notò che la classe era semi-deserta. Mancavano ancora dieci minuti all’inizio della lezione, quindi Greer non era sorpresa.
Decise di sedersi in prima fila, appoggiando lo zaino sul banco per tirare fuori un quaderno ad anelli e una penna, posandoli davanti a sé.
Non sapendo cosa fare, prese il cellulare e aprì l’applicazione di Twitter. Ma non c’era niente d’interessante, e sentendo che la classe stava cominciando ad affollarsi, rimise il cellulare nello zaino.
Annoiata, aprì il quaderno, iniziando quindi a fare disegnini. Completamente assorta in quello che stava facendo, non fece caso al rumore di passi che si stava facendo sempre più vicino.
 
“Dobbiamo smetterla d’incontrarci così spesso.”
Greer si voltò immediatamente, una mano sul cuore.
“Dio mio, mi vuoi far prendere un colpo? Non puoi sbucare così all’improvviso dal nulla.”
“Non è mica colpa mia. Eri te quella assorta nei tuoi pensieri” Brenna replicò ridendo, appoggiando il suo zaino sullo stesso banco di Greer, “Non ti dispiace se mi siedo accanto a te, vero?”
“No, certo che no.”
“Bene, ti sono debitrice” Brenna sospirò, “Non ci tengo proprio a stare accanto a qualsiasi imbecille di questa classe per tutto l’anno.”
“E la tua amica? Ford, se non sbaglio?”
Ridendo, Brenna si mise a sedere, “Ford odia scienze. Non credo neanche che sia iscritta a questa classe, ora che ci penso.”
Greer la osservò per un secondo.
“Peggio per lei. Io trovo invece che sia una materia molto affascinante.”
“Non so perché, ma la cosa non mi sorprende. Hai proprio l’aria di una nerd” Brenna le sorrise ammiccando.
Greer ricambiò il sorriso, distogliendo lo sguardo. Chiuse il quaderno posando la penna sopra.
“Se devo essere sincera, sono contenta di averti anche in questa classe” ammise timidamente.
“Ah, sì? Beh, dopotutto frequentiamo la stessa scuola, è inevitabile avere qualche lezione insieme.”
“No, certo” Greer scosse la testa, ridendo, “Ma non conoscendo ancora nessuno, mi rassicura avere qualcuno che conosco.”
“Puoi dire davvero di conoscermi?” chiese con un’espressione enigmatica Brenna, lasciando perplessa l’altra ragazza, che non sapeva come risponderle.
“Oh, dai, rilassati. E poi ormai sono un passo più vicino dall’essere la tua nuova guardia del corpo, no, principessa?”
“Fidati, ci vuole molto più di un singolo piccolo gesto per convincermi che saresti una brava guardia del corpo” Greer ribatté scherzando, lo sguardo pieno di ilarità.
 
La verità era che Greer stranamente si sentiva al sicuro ora che aveva Brenna lì. Certo, sapeva benissimo come difendersi, non era così ingenua e sprovveduta come forse poteva sembrare. Ma un cambiamento così radicale avrebbe spaventato chiunque, e lei di certo non era un’eccezione.
Quindi sì, era contenta di aver conosciuto una persona come Brenna, una persona che sembrava non le importasse del fatto che fosse di sangue reale, trattandola normalmente e non come se fosse fatta di vetro o come l’attrazione principale di un parco divertimenti.
Non le sarebbe affatto dispiaciuto conoscere meglio Brenna.
 
“E poi non credo che sembreresti molto minacciosa, sei pure molto più bassa di me” continuò Greer, “Seriamente, la gente penserebbe che sia io la guardia del corpo.”
Brenna la guardò male, fingendo di essere seccata.
“Cavolo, sei simpaticissima, principessa del caffè.”
“Come, non ero la principessa del bar?” Greer ribatté.
Ignorandola, Brenna sbuffò, “E comunque non è certo colpa mia se in Inghilterra ti hanno allevato a pane e steroidi. La mia statura è perfettamente nella norma.”
“Certo, certo.”
 
Brenna non fece in tempo a rispondere, poiché il loro insegnante entrò in classe proprio in quel momento. Lanciò un’occhiata piena d’indignazione all’altra ragazza, prima di prestare attenzione a quello che stava dicendo il professore.
“Buongiorno a tutti. Prima di tutto, voglio avvertirvi che i posti in cui siete seduti ora saranno definitivi, non cambierò nulla” appoggiandosi alla cattedra, l’insegnante sospirò, “Detto questo, vi annuncio che dovrete tutti lavorare a un progetto, a coppie. Guardate la persona accanto a voi, perché sarà la persona con cui collaborerete per tutta la durata di esso, cioè un mese.”
Voltandosi verso Greer, Brenna la spiazzò con un sorriso sincero.
“Sembra che dovremo passare un bel po’ di tempo insieme, principessa.”
Ma Greer non rispose, e abbassando la testa, cercò di nascondere il sorriso incontrollabile che stava  nascendo sul suo volto.
 

Greer sentiva davvero la mancanza del suo paese, di casa sua.
Le mancava camera sua, le mancava fare colazione tutte le mattine insieme a suo padre, le mancavano le passeggiate tranquille intorno a Buckingham Palace, camminare sotto la pioggia nei meravigliosi parchi di Londra.
Ma soprattutto, le mancava suo padre.
Le mancavano le sue battute che solo lui trovava divertenti, quel sorriso caloroso che riservava solo per lei, il bacio sulla fronte che le dava ogni sera prima di andare a dormire.
Perciò era a dir poco contenta in quel momento di vedere il suo volto sorridente sullo schermo del pc.
 
“Dunque, raccontami, tesoro. Come vanno le cose? Ti trovi bene?”
“Non mi lamento. Mi sto gradualmente abituando a tutto quanto, sai?”
Will annuì, “Certo. Se hai bisogno di qualcosa lo sai che basta chiedere, ok?”
“Lo so, papà. Ma per ora sto bene, non ho bisogno di niente, davvero” Greer lo rassicurò.
“Sono solo molto preoccupato, hai sempre vissuto qui e hai preso una decisione molto audace. Il mondo là fuori è molto più difficile di quel che possa sembrare.”
“No, certo, lo so” disse Greer sospirando, “Ne ho avuto un piccolo assaggio qualche giorno fa a scuola.”
Will apparve subito allarmato, “Cos’è successo? Stai bene?”
“Sto benissimo, non preoccuparti, davvero” Greer rispose cercando di calmarlo, “E’ stato solo un piccolo incidente isolato, tutto qui.”
“Spiegati meglio, Greer.”
“Beh…” iniziò a dire, abbassando lo sguardo, “Questi ragazzi mi stavano troppo addosso, probabilmente non se ne rendevano neanche conto. Ma tranquillo, me la sono cavata.”
“Davvero?” chiese dubbioso suo padre.
“Davvero. A dire il vero, una mia compagna di scuola è venuta in mio aiuto.”
“Ah.”
 
Ci fu un breve istante in cui non dissero niente, ma Greer si aspettava che suo padre continuasse con le domande, sapendo benissimo quanto fosse curioso di natura.
E non rimase delusa.
“E com’è, è carina?” chiese l’uomo con un sorriso complice.
Greer alzò gli occhi al cielo, ridendo imbarazzata.
“Papà…”
“Cosa? Non ti ho mica domandato se ti ha chiesto la mano” ribatté, lanciandole uno sguardo serio, “Ti ha chiesto la mano?”
“Oddio, papà, no!” Greer rispose mettendosi le mani sul viso.
“Rilassati, tesoro, sto scherzando. Però dovrai avvertirmi se lo farà, organizzare un matrimonio reale è una cosa lunga ed estenuante.”
“Papà? Smettila. Non sai neanche come si chiama.”
“Allora dimmi, come si chiama questa fanciulla americana dall’armatura scintillante?” Will domandò incrociando le braccia.
“Brenna. E non ho accennato minimamente al fatto che è americana.”
“Ho tirato a indovinare. Non credo che ci siano tanti studenti che vengono da altri paesi in quella scuola, no?”
Greer lo guardò con aria seccata, “Papà, il tuo ragionamento non ha molto senso. E credo sia anche un po’ razzista.”
“Non cambiare discorso. E comunque ha un bel nome. Ma immagino che tu ci trova molto altro di bello in questa ragazza” Will disse punzecchiandola.
Occhi color ghiaccio sono la prima cosa a cui Greer pensò, la seconda un sorriso malizioso ormai diventato familiare.
Greer sorrise timidamente, annuendo con la testa senza rendersene conto.
 

La prima settimana a Boston era passata in fretta, tra la scuola e arredare l’appartamento, ma Greer, nonostante avesse sempre molto da fare, non si sentiva per niente stanca.
Era a lezione di scienze, l’ultima della giornata, ed era completamente assorta nelle spiegazioni del professore, prendendo appunti velocemente sul suo quaderno, quando suonò la campanella.
“Ok, prima che scappiate tutti quanti, vorrei ricordarvi di ripassare il capitolo che ho spiegato oggi, e vi consiglio vivamente di iniziare il progetto assegnatovi venerdì scorso, se non l’aveste già iniziato” disse il professore sedendosi dietro la cattedra, “E’ tutto, potete andare.”
I ragazzi uscirono dall’aula a passo veloce, parlando e scherzando tra di loro.
 
Greer stava rimettendo le sue cose nello zaino, quando Brenna si alzò, sistemando il suo zaino sulle spalle.
“Ci vediamo domani.”
“Brenna! Aspetta” Greer la fermò chiudendo lo zaino e alzandosi, camminando finché non si trovò accanto a Brenna.
“Che c’è?”
“Stavo pensando…che ne dici se oggi c’incontrassimo per iniziare il progetto? Non abbiamo così tanto tempo a disposizione dopotutto.”
“Oggi proprio non posso, mi spiace” Brenna rispose camminando verso il corridoio.
Ma Greer non voleva demordere, “Ok, domani allora?”
“Neanche domani posso, scusami.”
Esasperata, Greer fermò Brenna mettendosi davanti a lei.
“Brenna, abbiamo a malapena un mese di tempo. Con o senza te, ci terrei davvero a iniziare.”
Brenna alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
“Va bene, ho capito. Domani pomeriggio alle sei al Charles va bene? Il bar in cui ci siamo conosciute?”
“Certo” Greer rispose subito, sentendo per qualche motivo a lei sconosciuto una sensazione strana nello stomaco. Cercò di non pensarci.
“Mi puoi dare il tuo numero? E io ti lascio il mio.”
Brenna mostrò quel sorriso malizioso a cui Greer era ormai abituata.
“Non c’è bisogno di usare il progetto come scusa per avere il mio numero, sai?”
Greer arrossì, sentendo quell’insolita sensazione nello stomaco crescere alle parole sfacciate dell’altra ragazza.
“Fidati, questo è un caso eccezionale, altrimenti neanche sotto tortura te l’avrei chiesto” le disse sorridendo per farle capire che stava scherzando.
“Cavolo, hai ferito profondamente i miei sentimenti, principessa” replicò Brenna mettendosi una mano sul cuore.
Greer ridacchiò, “Perché, hai dei sentimenti?”
 
Brenna non le rispose, dandole il suo cellulare. Greer le diede il suo, e si scambiarono quindi i propri numeri di telefono.
Quando si diedero indietro i cellulari, Greer cercò di non pensare troppo a come le dita di Brenna avevano sfiorato le sue, convincendosi che era stato involontario.
“Tanto per curiosità, lasci spesso il tuo numero alle persone?” domandò Brenna, cercando di chiarire quando vide l’espressione smarrita sul volto di Greer, “Sai, visto che sei così conosciuta, per così dire.”
Greer scosse la testa, “No, poche persone hanno il mio numero. Non sono una che si fida facilmente.”
“E di me ti fidi?”
“Forse...forse sto solo iniziando a fidarmi di te” rispose vagamente Greer prima di andarsene, sentendo gli occhi di Brenna addosso per tutto il tempo.
 
 
Il giorno dopo Greer era seduta a un tavolino al Charles, stava bevendo del caffè mentre faceva dei compiti. Guardò l’orologio sul suo polso. Erano le sei e mezzo, Brenna era in ritardo.
Non volendo saltare a conclusioni affrettate, Greer posò la penna con cui stava scrivendo, prendendo il cellulare dalla borsa. Compose un breve messaggio chiedendo a Brenna dove fosse, sperando in una risposta veloce.
Ma non ricevette nessun messaggio di risposta.
Mancavano venti minuti alle sette, e Greer, oltre che esasperata, si sentiva anche affamata.
 
Sbuffando, decise di provare a chiamare Brenna.
“Ciao, sono Brenna, lasciate un messaggio o lasciatemi in pace.”
Greer alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa.
“Brenna, dove sei? Sono quasi le sette e mi sto stufando di aspettare. Se non ti fai viva entro dieci minuti, potrai scordarti di avermi come partner, perché penso che a questo punto me la caverei meglio da sola. Dico sul serio. Ciao.”
Posò violentemente il cellulare sul tavolo, cercando di tornare quindi a svolgere i compiti che stava facendo. Ma era inutile, visto che non riusciva a smettere di pensare a Brenna.
La verità era che era preoccupata per la ragazza. Per quel che Greer ne sapeva, poteva anche esserle successo qualcosa di brutto.
 
Tuttavia, qualcosa le diceva che a Brenna non importava così tanto delle cose in generale; eppure, sentiva che c’era molto di più dietro l’immagine della ragazza sarcastica e misteriosa.
Ma Greer, per quanto Brenna la incuriosisse, non ci teneva a rincorrere una persona che le avrebbe dato solo delusioni. Non la conosceva, ma non aveva un buon presentimento dopo la delusione appena subita.
E sentiva già così tanto per questa ragazza, così tante emozioni, e questo turbava Greer. Nonostante conoscesse tante persone, pochissime erano riuscite ad avere un impatto importante su di lei. Troppi erano i rapporti superficiali con la maggior parte di esse.
Brenna rientrava chiaramente nella prima categoria, ma Greer temeva che per Brenna lei fosse nella seconda.
Diede di nuovo uno sguardo all’orologio, vedendo che mancavano pochi minuti alle sette.
Con un insolito peso sullo stomaco, finì il suo caffè e mise le sue cose nello zaino. Controllò un’ultima volta il cellulare, sperando di vedere un messaggio da parte di Brenna. Ma rimase delusa e arrabbiata quando non vide niente del genere.
Così si alzò e uscì dal bar, chiamando il suo autista, ignorando la tristezza che sentiva chiaramente nel tono della sua stessa voce.
   
 
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