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Autore: AlexisRose    02/03/2015    1 recensioni
" Cosa succede quando ad un certo punto della tua vita, ti accorgi che le scelte che hai fatto non ti porteranno mai ad essere felice?
E cosa succederebbe se improvvisamente ti rendessi conto che tu, quelle scelte, non le hai fatte di tua spontanea volontá, ma che in realtá qualcuno ti ha condizionato?
Cosa succederebbe?
Io sono scappata. Non da un passato difficile, ma da scelte difficili che qualcuno ha preso al posto mio.
Sono scappata lasciando alle spalle tutti i "se", i "ma" e i "forse". "
La storia di una ragazza che cerca di ritrovare se stessa, lasciandosi tutto alle spalle.
Ma dopotutto, ricominciare tutto da capo, in una città come Helsinki, non sarà poi così facile...
o forse no.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Ville Valo
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 4
 

L'aria di mare che mi accarezzava i capelli, il profumo di salsedine che pervadeva l'aria e il lieve vociare degli ultimi bagnanti che si ritiravano per la sera...

Eccolo qua, il mio momento preferito della giornata. Quello in cui tutti tornavano a casa lasciandomi sola in quel piccolo angolo di paradiso che mi faceva tanto star bene.

La sabbia sotto i piedi e le dolci onde che mi bagnavano le punte delle dita, mentre attendevo con ansia che il sole calasse.

Il colori del tramonto si confondevano e si riflettevano sui miei capelli ribelli, spostati dal vento. 

Una mano che mi cinge la vita, accarezzandomi gelosamente il ventre non ancora pronunciato. 

E poi quella voce, così piena d'amore, che mi sussurra parole rassicuranti.

- andrá tutto bene, Chiara. Saremo dei bravi genitori -

Ma io non ero preoccupata. Nonostante avessi 20 anni, diventare madre era sempre stato uno dei miei sogni. Ero elettrizzata, totalmente assorbita dalla piccola vita che stava crescendo dentro di me. Quella vacanza, doveva essere l'ultima per quest'anno. 

Tra un anno saremmo stati alle prese con pannolini, biberon e piccoli vagiti.

- non ho paura, Fabio. Non vedo l'ora... -  gli dissi appoggiandomi al suo petto.

- sarai una brava mamma, Amore mio... - disse baciandomi il capo.

Le onde del mare si infrangevano sulla sabbia e sugli scogli, mentre io e lui rimanevamo li, abbracciati e cullati dal rumore del mare, accarezzati dal vento e dall'ultimo sole del giorno.

Percepii l'ultimo raggio di sole allontanarsi dalla mia pelle finendo per estinguersi nell'acqua cristallina.

Ero felice.

Percepii un movimento dietro di me, poco prima che lui si staccasse da me.

Mi voltai, interpretando quel distacco come un invito a tornare a casa. 

Invece eccolo li, fermo e sorridente. 

Uno di quei sorrisi che ti scaldano il cuore, che riservi solo alla persona che ami e che è tutta la tua vita.

Lo guardai piena d'amore mentre si inginocchiava sulla sabbia, tirando fuori una piccola scatolina blu.

Le lacrime mi appannarono la vista appena realizzai cosa stesse facendo.

- Chiara Lucia Villa, vuoi sposarmi? -

L'emozione mi mozzò il fiato e mi inginocchiai davanti a lui, priva di forze.

Lo guardai negli occhi e vi lessi tutto quello che dovevo sapere.

Amore. Felicitá. Futuro.

- si, Fabio Fossati. Lo voglio -  

 

Mi svegliai di soprassalto, tutta sudata. Le immagini del sogno ancora vivide nella mia mente.

Scoppiai a piangere, in balia del dolore. Mi strinsi le ginocchia al petto, cercando di tranquillizzarmi inutilmente. Iniziai a tremare e a vedere nero.

Un attacco di panico.

Era ormai tanto tempo che non mi capitava e mi aveva colta impreparata.

Cercai di respirare lentamente e focalizzare la mia attenzione su un evento positivo, un momento felice della mia vita, cosí come mi aveva insegnato la psicologa.

L'unico momento felice alla quale riuscivo a pensare era però proprio quello. Il sogno.

Sforzandomi di pensare ad altro, presi il tablet e cercai una foto di Sara.

Cercai di farmi domande da sola, cercando di tranquillizzarmi e pensando ad altro.

Chissá com'era andata la verifica di matematica. 

Speriamo che non abbia preso un'altra nota per mancanza di disciplina. 

Chissá com'è andato il pigiama party che doveva fare venerdì sera.

Piano piano, pensando a mia nipote, riuscii a calmarmi.

Quando i tremori cessarono, mi alzai ed andai a farmi una doccia.

Dovevo lavare via il ricordo.

Lentamente, uscii dalla doccia trovandomi davanti allo specchio.


 

Non é colpa tua. Sono cose che capitano, Chiara. C'è sempre l'adozione."


 

"Non puoi lasciarti andare, hai solo vent'anni. Hai una vita davanti a te. Stai per sposarti. Cerca di focalizzarti sul futuro. Lascia andare i ricordi..."


 

Le parole della psicologa mi tornarono alla mente, rievocando periodi ormai passati.


 

"Puoi provare a scappare il più lontano possibile, ma questo non vuol dire che ogni giorno il tuo passato non sará li a bussare alla tua porta."

 

E poi quella voce, la voce di Fabio. Il mio fidanzato.

Quella frase pronunciata dopo mesi di sofferenze, cercando di farmi reagire. Una frase pronunciata con le migliori intenzioni, ma che inevitabilmente ha finito per creare la prima crepa nel nostro rapporto.

Su una cosa aveva ragione Fabio: dal passato non si scappa.

 

Distolsi lo sguardo dallo specchio, schifata dall'immagine della vecchia me stessa.

Uscii dal bagno ed iniziai a vestirmi.

Avevo una vita da vivere, come aveva detto Nicholas.

 

Avevo appena finito di cercare di tradurre la mail di risposta dell'agenzia, quando un messaggio mi avvisò dell'arrivo di Martha.

La mail... Ieri, troppo presa dagli eventi l'avevo dimenticata.

Armandomi di Google Translate, ero riuscita a mettere insieme un puzzle di parole che iniziavano ad avere un senso, usando un po' di immaginazione.

Il Valo mi aveva lasciato il suo numero, ma mi rifiutavo di usarlo.

Ora che ci penso, penso di averlo perso. 

Avevo ficcato il fogliettino di carta nella tasca del giubbotto, ma come avevo appena constatato mentre cercavo le chiavi della stanza, la tasca era vuota.

Trovai le chiavi appoggiate sul ripiano della cucina e armata di cappotto, borsa e ipad, scesi nella hall per incontrare Martha. 

- ciao tesoro! - le dissi baciandole una guancia

- ciao Honey, mio dio! Che faccia smorta che hai! - disse lei squadrandomi allibita

- non ho dormito benissimo, nulla di che. Allora, andiamo su da me o da qualche altra parte? - chiesi cambiando argomento e cercando di sorriderle il più naturalmente possibile.

Lei mi guardò circospetta per qualche secondo, poi mi prese a braccetto e mi trascinò fuori dall'albergo.

Capii immediatamente che non l'avevo convinta al 100% con la mia affermazione, ma non ci badai troppo.

- allora, io direi di andare direttamente a cercare un'agenzia immobiliare, almeno non perdiamo tempo. D'altronde è il loro lavoro, è inutile che cerchiamo su internet quando possiamo avere la pappa pronta servita su un piatto d'argento.- disse mentre ci avviavamo verso il centro.

Concordai con lei e le riferii della mail dell'agenzia. Avendo l'indirizzo e constatando che era abbastanza vicina, prendemmo un tram e andammo direttamente li.

Durante il tragitto cercammo di conoscerci meglio come coinquiline, iniziando a capire cosa dava fastidio a ciascuna di noi. Definemmo anche il budget, che essendo in due, era decisamente più alto. 

Constatata la sua fissa per lo yogurt, il suo schifo per i calzini sporchi e la mia fissa per l'ordine e la pulizia, entrammo nell'ufficio piene di speranza.

 

La ragazza che ci seguì fu molto gentile e disponibile.

La mattinata la passammo a visitare qualche casa, trovando sempre qualcosa che non andava. Da quelle visite appurammo che sia io che lei odiavamo la moquette, tutto ciò che era marrone e ultima cosa ma non meno importante: odiavamo la carta da parati.

Quando una di noi storceva il naso, l'altra liquidava direttamente la ragazza dell'agenzia.

L'agente immobiliare ormai era alla frutta, aveva perso tutto l'entusiasmo che ci aveva riservato la mattina ed ora pareva più rassegnata di me e Martha.

L'ultima casa che avevano disponibile era un po' al di sopra dei nostro standard, come ci fece notare l'agente.

Ormai scoraggiate, avevamo deciso di dare comunque un occhio solo per il fatto che si trovava in un bel quartiere.

Quando la ragazza aprì la porta dell'appartamento, rimanemmo a bocca aperta.

Dotato di due camere da letto, una cucina, un soggiorno e due bagni, era l'appartamento più bello di tutti quello che avevo visto nella mia vita. Non era nè troppo grande,nè troppo piccolo. Era semplicemente perfetto.

Il pavimento di laminato grigio, abbinato ai mobili bianchi e neri creava un contrasto positivo rispetto alla parete rossa del soggiorno.

Io e la mia amica ci guardammo ed annuimmo, chiudendoci in bagno.

- ok. L'affitto è alto, ma cacchio: è una figata! - sussurrai entusiasta

 - hai ragione. Non posso nemmeno prendere in considerazione l'idea di accontentarmi di uno di quei buchi che abbiamo visto, avendo scoperto questo posto! E poi siamo in una zona residenziale!  Guarda! Da qua si vede anche il parco! - esclamò Martha.

- e dalla sala possiamo vedere anche il mare! - le ricordai

Uscimmo dalla stanza mano per mano come una vecchia coppia di sposini.

 - lo prendiamo!- esclamammo  contemporaneamente


 

Per formalizzare il contratto d'acquisto avremmo dovuto aspettare martedì, perchè al momento non disponevo ancora di un contratto di lavoro.

Versando una caparra di 5000€, pari a 5 affitti, riuscimmo a convincere l'agente a fermare l'appartamento.

Per festeggiare, decidemmo di andare al mercato del pesce e cucinare qualcosa nella mia camera d'albergo.

Mentre passeggiavamo nelle vie del mercato sul lungo mare, l'episodio di quella mattina sembrava mai un lontano ricordo.

Acquistammo il pesce direttamente da un pescatore e completammo il menú acquistando una bottiglia di vino, giusto per festeggiare. Spensierate, ci avviammo verso l'albergo.


 

- che turno fai oggi? - chiesi alla mia amica mentre mi ficcavo in bocca l'ennesimo boccone di  orata gratinata.

- inizio con te alle 20:30 e finisco alle 4:00. Andiamo insieme? - chiese lei finendo di masticare e portandosi il bicchiere di chardonnay alle labbra

- certo. Dovevo vedermi con Nicholas, ma ho disdetto. Ha detto che forse verrá questa sera a sentirmi cantare. Inoltre devo fare un salto in centro. Devo fare assolutamente shopping - le spiegai

- hai pronunciato la parola magica! Shopping! Sei decisamente la donna della mia vita! - disse Martha brindando.

Risi e seguii il suo gesto.

 

- questo devi assolutamente provarlo! - esclamai indicandole il vestito corto che avevo appena visto indosso ad un manichino

- il rosso! Scherzi? - domandò scettica

- certo che no! Tu provalo e poi mi dici! - dissi facendole l'occhiolino

- ok, ma solo se tu provi questo trionfo verde smeraldo! - 

Acconsentii e mi infilai nel camerino insieme a lei.

Una volta indossati i vestiti, aiutandoci a vicenda con le zip, constatammo che ci stavano davvero bene. L'unico dubbio che avevo sul vestito era che non sapevo quando avrei potuto indossarlo. Il verde non è esattamente un colore da locale rock.

Dopo un po' di reticenze da parte mia, Martha mi convinse ad acquistarlo, dicendo che "non si sa mai".

Ignorando l'ultimo commento, raccolsi gli altri capi che avevamo scelto e andammo a pagare.

Il nostro pomeriggio di shopping sfrenato mi stava costando una barca di soldi, ma ero tranquilla: ormai avevo un lavoro!

In totale avevo comprato dieci abiti da usare al Tavastia, quattro maglie/vestiti lunghi da indossare con stivali e calze pesanti, due paia di jeans per comoditá e qualche maglietta.

Odiavo i pantaloni, ma appena Martha posò gli occhi su un paio di pantaloni di pelle a sigaretta, mi minacciò di farmela pagare per almeno un mese se non li avessi comprati.

Dopo averli provati ed avendo avuto la certezza che mi stavano bene e non mi facevano sembrare una battona, comprai anche quelli.

Non vi dico cosa cercò di rifilarmi la mia amica quando ci inoltrammo nel reparto di biancheria intima! Spiegandole che tanto nessuno avrebbe visto quello che avevo sotto i vestiti, comprai una serie di mutandine antistupro nere e qualche reggiseno dello stesso colore.

Martha mi lasciò fare, senza però evitare di esprimere il suo disappunto, mormorando qualcosa tipo "ben ti sta se quando meno te lo aspetti ti troverai a fare sesso con quella roba addosso e il tizio scapperá  a gambe levate".

Risi al suo borbottare continuo, decidendo di porre fine a quella giornata proponendo la ciliegina sulla torta. La malattia di tutte le donne, giovani o vecchie che siano: le scarpe!

Condividendo il mio entusiasmo, svaligiammo la pelletteria comprando tacchi a destra e a manca. Io decisi di contenermi. 

Comprare scarpe era in assoluto la cosa che preferivo fare di più al mondo, quindi decidetti di acquistarne solo due paia e pian piano comprarne di nuove mese per mese, godendomi gli acquisti.

Tornammo a casa verso le sette di sera. Eravamo state costrette a chiamare un taxi, consce che non avremmo mai potuto raggiungere il mio albergo a piedi con tutti quei sacchetti e scatole.

Erano così tanti che il tassista si offrì di aiutarci a portarle su in camera, ma ovviamente rifiutammo, facendoci aiutare da Pennti.

- buonasera Chiara! Vedo che anche oggi hai fatto shopping! - disse ridendo ed prendendo qualche scatola prima che mi cadesse dalle mani.

- grazie Pennti. Sei sempre gentilissimo .- 

- figurati, cara é il mio lavoro.-

 

Dopo aver buttato gli acquisti sul letto, ci preparammo velocemente per la serata.

Martha insistette per farmi indossare i fantomatici pantaloni di pelle abbinandoci una maglia rossa che lasciava la schiena scoperta e le decolletè di vernice rossa che avevo comprato pomeriggio. 

- quanto ti invidio! Almeno tu puoi indossare ciò che vuoi, mentre io sono costretta ad indossare la solita canottiera ogni santa sera. - sbuffò lei mentre mi aggiustava il trucco

- beh, anche se indossi la divisa questo non vuol dire che non puoi fare null'altro. Ci sono sempre i capelli ed il trucco. Forza, facciamo cambio, ora é il mio turno di giocare! - esclamai alzandomi e spingendola sulla sedia.

Iniziai ad applicarle l'eyeliner sulle palpebre, completando il trucco con matita nera, ombretto nero e perlato. I suoi occhi color ghiaccio erano meravigliosi.

- ehi! Ma tu non sei Inglese! Hai il ghiaccio della Finlandia negli occhi...- la accusai scherzando

Lei abbassò lo sguardo sorridendo timidamente

- eh no! Alza quello sguardo! Devi mettere in mostra gli occhi meravigliosi che hai! - dissi mentre le sistemavo l'ultima forcina nei dread.

Ora il suo era diventato uno chignon voluminoso e molto raffinato.

La feci alzare e la misi davanti allo specchio, cingendole una spalla

- ora tutti gli uomini cadranno i tuoi piedi! - esclamai sorridente

- non sembro nemmeno io...- disse sorridente

 - invece sei tu!  Ora forza, il lavoro ci aspetta! - esclamai entusiasta

- vediamo se tra un mese sarai ancora così felice di andare a lavorare! Ti consiglio di conservare l'entusiasmo...- disse ridendo la mia amica mentre uscivamo dalla stanza.

 

- buonasera ragazzi, anche questa sera vi terrò compagnia con un po' di musica. Hope you enoy this one...-

Attaccai la serata con Letter to Dana dei Sonata Arctica, eseguendo dopo alcune canzoni dell'altro giorno. 

Prima di iniziare, avevo spiegato a Viktor che un mio amico di New York forse sarebbe venuto, pertanto gli avevo chiesto il permesso di eseguire New York New York di Liza Minelli.

Lui aveva borbottato qualcosa tipo " osa stonare e non ti pago la serata" ma poi aveva acconsentito. Ormai avevo capito come prenderlo, anche grazie ai consigli di Martha.

Bastava sorridergli dolcemente, sbattere un po' le palpebre e non lasciarsi intimidire.

Provammo la scenetta in macchina, continuando a ridere.

Quando ero arrivata davanti a lui, avevo un sorriso a trentadue denti stampato in faccia.

Se Viktor avesse guardato bene, avrebbe notato però che le mie gambe tremavano dalla paura.

Tutto sommato però, Martha aveva avuto ragione.

Sorrisi spensierata ed alzai lo sguardo sulla folla mantenendo il sorriso, cercando il mio amico.

Quando i miei occhi incontrarono il suo sguardo, il sorriso si spense subito.

Ville era qua.

Ville era qui e mi stava ascoltando.

Spostai lo sguardo sulla tastiera del pianoforte e decisi di prolungare l'assolo.

In quel momento non sarei stata in grado di cantare.

Quando ritrovai la calma, attaccai con l'acuto di Nemo dei Nightwish.

Conclusa la canzone, mi fermai un attimo per bere un bicchier d'acqua.

Quando Posai di nuovo lo sguardo sul pubblico lo trovai. Nicholas era arrivato. Gli sorrisi felice e presentai la canzone.

- questa canzone la voglio dedicare a un mio amico... Nick,nonostante tutto, casa è sempre casa - dissi guardandolo e strizzandogli l'occhio.


 

Start spreading the news, I'm leaving today 

I wanna be a part of it, New York, New York. 

These vagabond shoes are longing to stray 

and step around the heart of it, New York, New York 

I wanna wake up in the city, that doesn't sleep, 

to find I'm king of the hill, top of the heap. 

My little town blues are melting away 

I'll make a brand new start of it, in old New York 

if I can make it there, I'd make it anywhere 

it's up to you, New York, New York 

 

Quando arrivai all'acuto finale, lasciai sfumare le note del piano e poi attaccai con tutta la potenza che avevo nella voce.

Gli applausi non si fecero attendere a lungo. Come l'altra sera mi ritrovai davanti a diverse persone in piedi che applaudivano.

Ringraziai e proseguii con la serata. Ovviamente tutta di nuovo in chiave rock-acustica.

Viktor mi aveva chiesto di preparare alcuni pezzi per le prossime serate, e siccome avevo voglia di cambiare un attimino, cantai quelle che conoscevo, chiudendo la serata sempre con Everdream.   

Finita la canzone, stavo per ringraziare il pubblico, quando Viktor mi fece cenno di aspettare.

Pochi secondi dopo mi raggiunse sul palco.

- ho un cliente davvero importante che mi chiede se puoi fare Cyanide Sun degli HIM. La sai? - chiese gentilmente per la prima volta

Ovviamente quel ragazzo era davvero antisgamo! Tanto vale che fosse venuto qua a chiedermelo di persona. Lasciai perdere ed assentii.

Iniziai a suonare l'intro e lo cercai tra la folla, sperando di incontrare i suoi occhi.

Dapprima non lo vidi, fu quando attaccai con l'ultima frase che lo scorsi.

Era esattamente sotto il palco, davanti a me.

 

Underneath the Cyenide Sun...

 

Come avevo fatto a non vederlo?

Vederlo li davanti mi sconvolse dentro. Sará stata la cotta adolescenziale che avevo avuto tanti anni fa, oppure sará stato il vedere le sue labbra muoversi insieme alle mie mimando le parole della sua stessa canzone, fatto sta che avvertii un fastidiosissimo dolore alla pancia.

Quasi un pugno. No, non un pugno, piuttosto dei fastidiosissimi pizzicotti.

Quando finii la canzone, ringraziai il pubblico dandogli appuntamento a domani e defilandomi abbastanza velocemente.

La prima cosa che feci fu correre in bagno.


 

Ok, lo so che queste cose non dovrebbero essere scritte, ma cavolo! Anch'io vado in bagno come tutti voi!

Cercai di capire se quell'improvviso malessere fosse causato da un colpo di freddo che aveva giocato un brutto tiro al mio intestino, oppure da un'indisposizione momentanea, ma tutto ora sembrava regolare. Diedi la colpa al pesce e uscii, dirigendomi verso il bar.

Incontrai Nicholas al bancone e gli sorrisi.

- ciao Chiara! Sei meravigliosa sul palco! - disse lui baciandomi una guancia

- grazie Nick... Cerco di fare del mio meglio - risposi timidamente

- e ci riesci! Grazie per la canzone, era fantastica! - 

- una sciocchezza, era per fare due risate. - mi giustificai pensando che quell'idea era stata pessima. Ora me ne vergognavo tremendamente.

- a dir la veritá, mi é venuta la pelle d'oca quando hai tirato quell'acuto! Altro che risate, ero ammaliato- 

- beh, grazie mille. Cosa ti offro da bere? - chiesi lasciando cadere l'argomento.

Non ero molto brava a ricevere complimenti, soprattutto in ambito musicale.  

Non fraintendetemi, sono conscia della mia bravura, solo che mi imbarazzo tremendamente a sentir dire certe cose.

- prenderó un martini dry, grazie. - chiese lui gentilmente

Ordinai il drink e optai per rimanere leggera, visto il malore momentaneo di prima, scegliendo un analcolico alla frutta senza ghiaccio.

-Allora, quando ci vediamo per la nostra sessione di psicologia letteraria? - chiese lui

- domani mattina alle 9 al bar? - risposi io ridendo

- benissimo. Incontriamoci al bar, facciamo colazione e magari facciamo anche una passeggiata, che ne dici? -

- se non fa troppo freddo, volentieri - risposi scettica

- cara, siamo ad Helsinki ed è Gennaio! È ovvio che fará freddo! - rispose lui ridendo

- vorrá dire che prima della passeggiata ingurgiterò almeno due tazze di cioccolata. Magari me ne porto una dietro per scalarmi le mani - dissi iniziando a sentire giá freddo

- ragazza mia, tu ha sbagliato cittá! - esclamò scuotendo la testa divertito

- mi sa di si... Quanti gradi hai detto che avete ad Agosto? - chiesi preoccupata

- tesoro, noi non misuriamo la temperatura in gradi. Noi andiamo a ghiaccioli! Devi capire che la filosofia del perfetto finlandese, é così: se sui tetti ci sono le stalattiti, allora fa freddo e non puoi fare il bagno. Se invece non ci sono le stalattiti, allora é tempo di mettere il costume e buttarsi in acqua! - disse lui seriamente 

- io il bagno in quel freezer non lo faccio! - esclamai impaurita. Giá potevo vedere i titoli di testa del giornale " ragazza Italiana morta assiderata tra i ghiacci di Helsinki. Forse non aveva capito che solo i finnici hanno la pelle così spessa da non percepire il freddo"

Risi dei miei stessi pensieri, scuotendo la testa.

- beh, prima o poi ti ci abituerai. Scherzi a parte, abbiamo circa 15 gradi di media - mi spiegò

- cooooooosa?! - esclamai sbarrando gli occhi

- tesoro, ma dove pensi di essere finita? Siamo più vicini a Babbo Natale che al resto del mondo... - disse lui ridendo

- cambiamo argomento, sennò va a finire che scappo anche da qua - dissi ridendo

- va bene! L'altro giorno avevamo iniziato a parlare della tua famiglia.Mi dicevi di avere un fratello, giusto? - chiese lui toccando l'ultimo argomento della quale avrei voluto parlare. 

Piuttosto il bagno in mare, adesso! 

Mi irrigidii, cercando un modo per fargli capire che non mi andava di parlare di lui.

Né ora né mai. Era un argomento off limits. 

- si, ho un fratello maggiore. Nick, senza offesa, ma mio fratello rimane fuori da questa storia. Non mi chiedere di lui, per favore - cercai di spiegargli senza riuscire ad avere tatto

- oh! Si, nessun problema. Era giusto per chiedere - disse lui quasi offeso

- non te la prendere Nicholas, nessuno sa nulla di lui. Solo non posso parlarne. Comunque, io ti ho raccontato un sacco di cose della mia vita, ma tu non mi hai detto nulla! - esclamai sorridendogi

- beh, ovviamente perchè le informazioni le puoi trovare anche su internet - disse lui dandomi una lieve spintarella di scherno

- guarda che non sono il tipo di persona che si fa gli affari degli altri. Non so nulla di te! Fammi da wikipedia - dissi scherzando

- allora, ho una moglie meravigliosa, Cathy, che ha dato alla luce i nostri meravigliosi cinque figli: Miles, Ryan, Landon e le gemelle Lexie e Savannah.

Sono uno scrittore e un padre orgoglioso dei miei ragazzi. Ti sembrerò molto "vecchio stampo"  ma credo fermamente in Dio e sono un cristiano praticante a tutti gli effetti. Anche se a dirti la veritá, ho ancora qualche problema a capire i sermoni in finnico - disse facendomi ridere.

Mi raccontó un po' della sua vita, della sua famiglia e dei suoi libri.

Rimasi affascinata dalla sua storia, realizzando che sarei potuta rimanere li ad ascoltarlo ore ed ore. Non solo era un ottimo scrittore, ma anche un bravo narratore.

Quando scoccò la mezzanotte, si congedò, spiegandomi che doveva tornare a casa dalla sua famiglia. Comprensiva, annuii e lo salutai.

Decidetti di rimanere ad ascoltare ancora un po' di musica, visto che i ragazzi che stavano suonando questa sera erano davvero bravi. Era una cover band dei Children of Bodom.

Martha stava lavorando, quindi attualmente mi trovavo da sola appoggiata al bancone del bar.

Non sono mai stata una di quelle persone che si sentono a disagio nella solitudine, anzi, quasi quasi la prediligevo. Non capisco nemmeno come facciano certe ragazze a non riuscire ad andare nemmeno in bagno se non sono accompagnate dalla fedele amica.

Cos'é, devono aiutarle a tenere su la gonna?

Fare pipí da sole è davvero così deprimente?

Forse il fatto che apprezzassi la solitudine era dovuta al fatto che avevo passato gli ultimi cinque anni della mia vita attaccata al mio ex, quindi riservarmi un po' di spazio per me stessa era davvero bello.

Fatto sta che iniziavo ad apprezzare il silenzio, il non dover per forza intrattenere una conversazione con qualcuno, il non dover rendere conto a nessuno, il non dover cercare di dare voce ad ogni mio pensiero, era rilassante. 

Stare da sola era un toccasana per la mia mente.

Ascoltai la band, fino a quando non staccarono per fare una pausa.

Decisi di approfittare della situazione ed andare a fumare una sigaretta nel retro, la seconda che fumavo da quando ero arrivata ad Helsinki.

Non fumavo molto quando stavo in Italia, ma nell'ultimo periodo, a causa dello stress, avevo aumentato il numero di sigarette a quattro al giorno ed iniziavo a sentire i tentacoli del vizio aderire sempre più profondamente dentro di me.

Stavo facendo progressi, questo era certo. 

Accesi la sigaretta e mi appoggiai al muro esterno.

La stradina era silenziosa a quell'ora della notte. Piccoli fiocchi di neve iniziarono a cadere, iniziando a ricoprire i comignoli dei tetti con una soffice coltre candida.

Non essendo abituata a vedere la neve, avendo abitato per anni nella piovosa e nebbiosa Milano, rimasi affascinata a guardare quello spettacolo.

Ovviamente ogni tanto nevicava, ma pochi giorni all'anno e poi la neve finiva per sciogliersi quasi subito.

Mi scappò una risata quando ricordai l'ultima grande nevicata che avevo visto.

A quell'epoca ero ragazzina di dodicenne alle prese con l'adolescenza. Nonostante fossi in un'etá caratterizzata dall'estraniazione e dal rifiuto generale, nulla mi trattenne dall'uscire a giocare a palle di neve con i miei vicini di casa, vecchi amici con la quale avevo passato l'infanzia.

Erano tutti dei ragazzi più grandi di me di qualche anno, eppure per un pomeriggio tornammo bambini. Quando Alex, più grande di me di quattro anni, suonò alla mia porta proponendomi una lotta all'ultimo sangue, mi armai subito di guanti e tuta da sci, entusiasta.

Ovviamente persi. 

Alex era riuscito non solo a colpirmi innumerevoli volte, ma anche a sotterrarmi completamente sotto la neve, aiutato da Daniele e Marco. 

Sorrisi al ricordo, chiedendomi se mai sarei riuscita a giocare ancora a palle di neve e sentirmi bambina ancora una volta.

 

- vedo che hai sempre una doppia personalitá, Jeckill. - disse una calda foce alla mia sinistra, ridendo. Sobbalzai per la sorpresa e cercai di capire chi avesse parlato.

La figura si avvicinò e grazie alla luce del lampione, scorsi finalmente il suo viso.

Ville.

Il fastidio alla bocca dello stomaco tornò immediatamente.

"Quest'uomo ti fará venire un'ulcera" pensai.

- ciao Ville. Cosa intendi? - chiesi confusa

- intendo che la mia teoria della tua presunta doppia personalitá sia appena stata provata - disse lui appoggiandosi al muro di fianco a me

- perchè dovrei avere una doppia personalitá, scusa? - chiesi irritata

- perché quando sono uscito, ti ho sentito borbottare la parola "neve" con espressione sognante, hai sorriso per due minuti e poi ti sei intristita - spiegò lui

- scusa ma da quanto sei qui? - chiesi allarmata

- abbastanza da aver notato che hai fatto solo due tiri alla sigaretta. È finita, buttala. - esclamò indicandola.

Guardai la mia mano e realizzai che avevo ormai solo in mano il mozzicone, buttandolo nel posacenere.

- vuoi? - chiese lui offrendomene un'altra

- no, sto cercando di smettere definitivamente - risposi scuotendo la testa

- beh, per smettere dovresti buttare il pacchetto - 

- hai ragione - assentii

Rimanemmo un attimo in silenzio e poi mi staccai dal muro, pronta a rientrare.

"Per quale cavolo di motivo ero rimasta fuori?

Ti aspettavi forse che ti avrebbe parlato?

Idiota! "

Pensai, mentre mettevo la mano sulla maniglia.

- non mi hai richiamato - disse improvvisamente lui

Mi girai e optai per una mezza veritá.

- ho perso il tuo numero, mi spiace -

Non avevo nemmeno avuto intenzione di usarlo, ma questo non lo dissi.

- capisco. Beh, te lo lascio di nuovo, allora - disse prendendo in mano il cellulare

- non ce nè bisogno - mi affrettai a dire, forse con troppo entusiasmo

- wow! Come non detto, allora - esclamò scuotendo la testa

- scusa, non volevo essere sgarbata. Intendevo che ho giá risolto per la casa, quindi niente. Grazie per l'aiuto, comunque - gli dissi cercando di rimediare

- hai giá trovato casa? - chiese curioso

- si, questo pomeriggio - 

- dove lo hai trovato? - 

Indecisa tra il dire la veritá e mentire, optai per rimanere vaga.

- non so come si chiama il quartiere. L'unica cosa che so è che abbiamo un panorama bellissimo - esclamai sorridendo entusiasta al ricordo dell'appartamento

- mare? - 

- non solo! Sia il mare che il parco! - risposi troppo presa dall'entusiasmo per rendermi conto di avergli rivelato troppe cose.

Lui rimase in silenzio, buttò la sigaretta a terra e si girò verso di me, avvicinandosi.

Era troppo vicino.

Il mio spazio vitale era appena stato invaso.

Ora mi ritrovavo a respirare la condensa formata dal suo respiro.

"Ehi! Ma questa è caipiroska alla fragola!" Pensò la parte malata del mio cervello.

"Chiara, Ville Valo ti sta respirando in faccia e l'unica cosa alla quale riesci a pensare é la caipiroska alla fragola? SEI PAZZA!?" 

Cercai di darmi un contegno, spostando gli occhi dalla sua bocca ed incontrando il suo sguardo.

ALLARME ROSSO!!" Urlò la voce nella mia testa. Subito spostai lo sguardo altrove, focalizzandomi sul muro.

"Tò! Va che bel mattone..."

- ok, adesso basta! - esclamò lui facendomi sobbalzare. Lo guardai interrogativo ed aspettai che si spiegasse meglio. Lui fece un respiro, si calmò e poi riprese a parlare.

- il quartiere dove hai trovato casa è Munkiniemi, dove abito io. Ti da fastidio che sappia dove abiti? E poi che cosa ti ha fatto di male il mio numero di cellulare? Sei una ragazza in terra sconosciuta, per giunta da sola... Possibile che non ti è rimasto un briciolo di raziocinio? Se dovessi avere qualche problema, almeno avresti il mio contatto. Io parlo finnico, tu no. Io conosco il posto, tu no. Quindi, per favore, segnati il mio cavolo di numero di telefono! Fallo per la mia coscienza almeno - spiegò esasperato lui.

Sembrava che stesse parlando con una bambina di due anni, spiegandogli che i sassi non si toccano perché sono sporchi. Mi sentii un'idiota. In effetti le uniche persone che conoscevo erano straniere come me, anche se abitavano qui da anni.

Gli porsi silenziosamente il cellulare e glielo passai.

Lui digitò il numerò e me lo ripassò.

- brava ragazza, vedo che ci siamo capiti - disse sorridendo

Gli feci uno squillo, per lasciargli il mio. 

- mica avevi detto che non davi il numero a degli sconosciuti? - rispose lui sorridendo

- diciamo che mi hai ricordato il mio papá e mio papá il mio numero ce l'ha - risposi prendendolo in giro.

- ehi! Avró quasi quarant'anni ma non sono così vecchio! - esclamò lui inorridito

- scherzo, Ville. Diciamo che mi hai convinta - gli sorrisi

- vedo che il numero é finlandese. Hai buttato quello italiano? - chiese curioso

- no, ce l'ho ancora. Sai, per i miei genitori. - cercai di spiegargli

- scusa, non gli puoi dare il nuovo numero? - mi chiese.

Non risposi. Non che non volessi, solo che per la prima volta mi vergognavo di dire che i miei non sapevano esattamente dove fossi. Lui sembrò capire e si rispose da solo.

- non dirmi che i tuoi non sanno che sei qua! - disse allarmato

Non risposi, limitandomi a stare in silenzio

- Chiara, ma sei pazza?! - urlò lui.

 

"Uh che bello si ricorda il mio nome!" 

Zitta, vocina malefica. Non é il momento di sciogliersi.


- é complicato. Sanno che me ne sono andata, ma non sono dove credono che sia.- cercai vagamente di spiegargli.

- e dove pensano che tu sia? - chiese

- è una storia lunga... - risposi vaga, cercando di lasciar cadere l'argomento.

- ho tempo, rientriamo - disse lui

- in realtá, devo tornare in albergo. È giá la una e mezza e alle due chiudono la hall...- gli spiegai, ovviamente mentendo. Pennti mi aveva dato la chiave. Decisi che però questo ragazzo non doveva saperlo. Doveva assolutamente starmi lontano. 

- ah, ok. Vorrá dire che riprenderemo il discorso un'altra volta - disse lui aprendomi la porta e lasciandomi passare per prima.

Sentivo il suo sguardo puntato su di me, mentre ci muovevamo in mezzo alla folla del locale. Arrivai all'entrata principale e mi girai per salutarlo, non trovandolo.

Scrollai le spalle e mi rigirai, pronta ad uscire, quando lo vidi materializzarsi davanti a me, mentre si infilava una giacca di pelle nera.

Lo guardai confusa.

- che fai? - chiesi

- ti accompagno, ovvio no? - rispose spingendomi fuori dalla porta.

- no Ville, grazie lo stesso ma prendo un taxi - cercai di dirgli inutilmente.

- ed infatti anch'io sono in taxi - disse mentre apriva la portiera e mi faceva entrare nell'abitacolo. Sbuffai e rimasi zitta.

- il nome dell'hotel?- chiese alzando un sopracciglio

Senatiintori andrá benissimo! - risposi sgarbata

- il nome, Chiara! - mi incalzò lui

- e va bene! Hotelli Finn, kiitos - risposi rivolgendomi direttamente al tassista.

Rimasi in silenzio, incrociando le braccia al petto come una bambina.

- ma tutte le italiane sono così? - chiese lui rompendo il silenzio

- cosí come? -

- cocciute! - rispose lui ridendo

- naaa... Sono abbastanza remissive, tutte "si marito", "subito marito". - mimai prendendo la cosa sul ridere

- essere come loro,  no? - chiese lui ridendo

- lo sono stata per troppo tempo...- risposi incupendomi

Per tutto il resto del viaggio ci chiudemmo in un silenzio tranquillo,privo di tensione. Probabilmente Mr. Voglio farmi i fatti tuoi aveva capito che di domande ne aveva fatte anche fin troppe e che forse proseguire con l'interrogatorio sarebbe stato indiscreto. 

Oppure molto più semplicemente non gliene fregava nulla. 

Lasciai perdere la cosa e guardai la cittá scorrere fuori da finestrino.

Qualche minuto dopo, il taxi si fermò davanti all'Hotel. Salutai Ville senza riuscire a restituirgli i soldi della corsa.

- buonanotte Hyde - mi salutò il finnico sorridendo.

 

Rientrai nella camera d'albergo tirando un sospiro di sollievo. Finalmente il mio stomaco stava meglio. Quel ragazzo doveva sicuramente avere qualcosa di tossico, possibile che mi sentissi male solo quando lui era nei paraggi?

Mi spogliai velocemente e mi misi in pigiama, addormentandomi profondamente.

Mi svegliai una mezzoretta dopo udendo la suoneria del cellulare.

Sbloccai l'affare tecnologico impaziente e vi trovai un messaggio in finnico e poi in inglese.


 

 "Siamo felici di darle il benvenuto nel mondo di Sonera!

Per venire a conoscenza del suo credito residuo, digitare #3344

Per scoprire le nostre ultime offerte, digitare #3322

Se invece vuole contattare il nostro servizio clienti, digitare #3300"


 

Sbuffai irritata, lanciai il telefono sul letto e mi girai dall'altra parte, riprendendo sonno.

 

N.D.A.
ECCOCI QUI CON IL NUOVO CAPITOLO CHILOMETRICO APPENA SFORNATO...
CHE DIRE? NON SONO MORTA! NE' TANTO MENO MI SONO DIMENTICATA DEI NOSTRI DUE PROTAGONISTI... AL CONTRARIO!
IL PROBLEMA E' CHE TRA ESAMI UNIVERSITARI, LAVORO, PALESTRA, DUE PROGETTI MUSICALI DA PORTARE AVANTI E LA VITA CONIUGALE...
NON HO AVUTO NEMMENO IL TEMPO DI FARE COPIA-INCOLLA!
DETTO QUESTO, MI SCUSO PER L'ATTESA E ASPETTO CON ANSIA LE VOSTRE RECENSIONI!

MILLEMILA GRAZIE A

youaremyheaventonight85
CHE HA RECENSITO LO SCORSO CAPITOLO! <3

 

  
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