Teatro e Musical > Mozart L'Opèra Rock
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Autore: Seehl    03/03/2015    2 recensioni
Shot scritta con il prompt "I sold my soul to bring you back to life after your untimely death and I only have a month left with you so I’m trying to make it count.".
Salieri è legato a Mozart. In questo universo in cui vanno d'accordo, sono più che amici e hanno tutta una vita davanti, la notizia della malattia di Mozart lo distrugge- e io ho solo voluto evidenziare i suoi sentimenti, perché una narrazione non la si può chiedere ad un cuore spezzato.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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La Follia.

 

 

 

Quel giorno tenevo in tasca la scatola che mi avrebbe dovuto cambiare la vita, sai?, e un mazzo di gerbere in mano. Stavo tornando a casa, dopo un’estenuante giornata passata a valutare i lavori di tanti studenti com’eravamo io e te, senza trovare traccia di genialità o innovazione. Cosa potevo aspettarmi, però?, dopo aver conosciuto te, niente è più minimamente paragonabile alla decenza.

Ma divago.

Tornavo a casa, dicevo, dal mio fidanzato. Sarebbe stata una serata perfetta – una cena a lume di candela tutta per noi, una nottata a guardare le stelle e, dulcis in fundo, una dichiarazione. Saresti potuto essere il mio testimone. L’avrei desiderato con tutto me stesso. Pensavo, stolto!, di aver dimenticato il sentimento bruciante che provavo ogni volta che ti sentivo ridere, speravo di non sentirmi più il cuore scoppiare anche al più piccolo contatto con la tua pelle; ne ero davvero convinto.

E poi, dal nulla, dopo settimane intere che non ci sentivamo decentemente, proprio mentre mi accingevo a chiedergli di sposarmi, la tua chiamata. Un trillo, che con la musicalità della serata non aveva niente a che fare, un accordo stonato nella vita perfetta che mi stavo per creare. Avrei potuto ignorare la chiamata. Avrei potuto lasciarti al tuo destino e continuare per la mia strada.

Invece, cosa ho fatto?, ti ho risposto. E tu, tra un singhiozzo e l’altro, mi hai rivelato l’impossibile.

 

Antonio, mi hai detto, sto morendo.

 

Non ho esitato un secondo di più, sono volato a casa tua. Eri lì, rannicchiato tra le coperte, mingherlino, scosso da mille tremori; sul tuo volto, una maschera di lacrime, distorta in una smorfia disperata e terrificante. Hai alzato gli occhi su di me e io ho sentito il mio cuore spezzarsi. Ti ho preso tra le braccia, con gentilezza, spaventato all’idea di romperti. Eri così fragile.

Tu, maledetto. Ti amo, ti ho sempre amato, e in quel momento ho realizzato che ti avrei amato per sempre. Come dirtelo, però?, come dirtelo, con l’orologio della tua vita che, inarrestabile, ti strappava a me sempre di più, ogni secondo che passavo a stringerti?, non potevo. Mi sono limitato a starti accanto.

Poi, la tua malattia è peggiorata. Avevi bisogno di un donatore, dicevano i dottori, ma quello che non dicevano è che la cosa di cui più avevi bisogno era un miracolo. Il tuo gruppo sanguigno, incompatibile con tutti gli altri, ti precludeva ogni speranza. Eri allo sbaraglio, alla mercé di Dio, che però non sembrava minimamente interessato ad intervenire. Il tempo passava, tu stavi sempre peggio: mi ricordo, dopo le chemioterapie, la tua espressione, quando mi hai chiesto di tagliarti i capelli e di comprarti tutte le parrucche possibili. Mi ricordo la processione funerea davanti al tuo letto d’ospedale, famiglia e amici raccolti intorno a te a ricordarti la tua morte imminente attraverso mazzi di fiori e ricordi felici. Mi ricordo quando ho deciso di affidarmi alla follia più totale, pur di salvarti la vita.

 

Mi ricordo quando ho scambiato la mia vita con la tua, in un vicolo sporco e male illuminato.

 

Non credevo che avrebbe funzionato davvero. Lo scetticismo è sempre stato parte integrante di me – tu lo sai meglio di tutti. In Dio abbiamo sempre creduto poco, la nostra spiritualità uguale a quella imposta dalla decenza e dalla società. Eppure, neanche due giorni dopo il mio “patto”, hai cominciato a riprenderti.

Miracolosamente, dicevano i dottori, ora non più spaventati di usare la parola.

Sorridevi, riprendevi colore: le tue guance, rosse di voglia di vivere, erano piene, i tuoi occhi di nuovo splendenti. Antonio, mi dicevi, vivrò e potremo andare avanti con le nostre vite! Ma io non potevo crederti. Certo, sorridevo, annuivo, ero felice con te; cos’altro avrei dovuto fare?

Sono passati ventinove giorni da quando ti ho salvato. Vorrei non dover credere al fatto che non vedrò l’alba di domani, vorrei poterti dire che sarò vivo e che sì, ti confesserò il mio amore e vivremo le nostre vite come se non fosse successo niente. Vorrei poter credere al miracolo, o alla competenza dei dottori e credimi quando lo dico, perché l’ho fatto finora.

 

Ma so. So che morirò, e mi va bene così.

 

Ti sto scrivendo tutto questo perché non voglio morire. Chi lo vorrebbe? Tu stesso, il mese scorso, eri disperato, credendoti sul letto di morte: stai tranquillo, per il resto della tua vita, perché ho fatto in modo che gli anni che mi sono strappato potessero valerti qualcosa.  Continuerai a scrivere la musica più bella del mondo, regalando le stesse emozioni che hai sempre regalato a me a tutto il mondo, fino a tarda età. Non dovrai preoccuparti di niente, perché mi sono assicurato che tu potessi vivere.

E io voglio che tu viva alla grande, perché dovrai vivere anche per me.

 

Non perché mi sono sacrificato per te, non perché sono morto ed è giusto onorare la morte; io voglio che tu viva per me perché ti amo, e perché ti ho sempre amato, e perché tutto il mio mondo ha sempre girato intorno a te e te solo, e perché non so neanche più cosa sto scrivendo, so solo che non voglio andarmene.

 

Antonio, mi hai rivelato in una risata, le guance rosse d’esitazione, Antonio, io ti amo.

 

Anche io ti amo. E sentirtelo dire, sentirti pronunciare queste due parole – ti amo, ti amo, ti amo! – mi ha convinto che morire non è la cosa peggiore, se posso morire amato.

Perdonami, se ti ho dovuto rispondere che non ti ricambio. Perdonami se ti ho spezzato il cuore, su quel letto di ospedale. E’ per il tuo bene, però, è perché tu possa andare avanti. Ma qui, nel privato di una lettera che so che alla fine non leggerai, posso risponderti come vorrei.

 

Anche io ti amo, Wolfie. Ti amo da morire.

 

 

NdA.

Quindi. Devo delle spiegazioni al popolo, vi sono dovute(..)
La storia in sé nasce per colpa di una serie di prompts angst trovati su Tumblr per i quali ho deciso di scrivere modern!au e cose. E non ne vado fiera. Affatto.
Però vado fiera della mia au in cui Salieri e Mozart sono amici e, dannazione, Mozart muore di leucemia senza che Salieri possa fare nulla. Except that, in questa au dell'au, può fare qualcosa. Ed è vendere l'anima al diavolo, o così mi suggerisce il prompt.
Mi dispiace. Ma io purtroppo Salieri lo riesco a scrivere soltanto così, in una storia in cui stanno bene, sono uniti dalla musica e poi muoiono.
Non so manco perché sto postando, in realtà- spero che a qualcuno possa piacere. ;A;

 

Seehl~

   
 
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