Main concept and characters: The Pokémon Company
Beta reading and de-stubbing: 🍦
Seguiteci su instagram: @esg_official_ig
Early
Summer Girls
Capitolo 1
Speranze, sogni, scoperte
Estate.
Stagione
di amore, stagione di caldo, ma soprattutto stagione
di lotte Pokémon.
E
Iris non vedeva l'ora di affrontarle tutte.
I
raggi del sole penetravano nella sua stanza e la
illuminavano piacevolmente, fasci di luce sfioravano delicatamente il
viso
color cacao della ragazzina, la quale si era appena svegliata.
Considerò l’essere
riuscita a sciogliere le membra e scacciare lo spettro del sonno senza
nemmeno scagionarlo
con l’acqua gelida una vittoria personale.
«Buongiorno
Unima!
-
avrebbe voluto urlare dalla finestra - Sono l'unica che oggi
ha voglia di
uscire oggi? Non voglio stare a casa con il tempo così
bello...»
Mentre
si pettinava i capelli viola in due codini, osservava
la città di Boreduopoli, ritrovando i suoi palazzi antichi
in armonia con gli
edifici di architettura moderna che avevano fatto innamorare la
ragazzina della
regione di Unima esattamente al loro posto; edifici naturali,
incantevoli e
dalla replicazione inarrestabile come la digitale purpurea, senza che
la mano
dell’architetto sbuchi da dietro lo stelo.
Prima
che potesse scendere le scale per dirigersi a fare
colazione il suo Axew, che la seguiva fedelmente ormai da cinque anni,
le saltò
in braccio, facendole un leggero solletico.
«Mi
chiedo se... Il sole che sorge a Boreduopoli è
lo stesso sole che sorge nelle altre città di Unima? -
Gli
domandò la ragazzina. E quando le pupille del piccolo drago
si dilatarono a tal
punto da farle quasi rimangiare la poeticità di tale
aforismo mattutino – Sì,
okay, vabbè. Ho voglia di succo di Baccamela.
Ah,
e le batterie del Pokédex! Dovevano scaricarsi
proprio all’inizio della stagione…»
La
vita per una giovane Allenatrice di quindici anni è
un'avventura che si viveva ogni giorno, triste o felice che fosse,
proprio come
un viaggio alla scoperta di se stessi. Solo che una volta in cammino
c’è altro
sulla strada, oltre al viaggiare. E quando questi pensieri le passavano
per la
mente era solita condividerli con il suo più caro amico: con
altri si sarebbe
vergognata, ma ai Pokémon si può dire tutto.
Così
il Capopalestra Aristide, suo "nonno", le aveva
insegnato. Poteva averle mica insegnato qualcosa di falso? Impossibile.
Allora,
Iris schioccò le dita senza fare rumore, qual era il suo
ultimo vero bisogno
incombente? Succo.
L'uomo
di mezza età sedeva, come al solito, davanti alla tazza
di caffè fumante. La barba bianca trasmetteva sempre un
atteggiamento severo e
autoritario. Aveva un'aria preoccupata e nello stesso tempo seccata.
Tra le
mani callose stringeva saldamente una lettera con tanto di timbro
ufficiale, aveva
già sviscerato la busta senza pietà.
«Nonno,
stamattina sei tutto il tempo in palestra? Puoi darmi
uno strappo fino ai…» Cercò di
intervenire la ragazzina, ma appena le iridi
gialle dell’uomo le si piantarono addosso con sguardo
inquisitorio, prima le
scivolò dalla mente il resto della sua richiesta, poi si
mise a stilare la
lista delle cose più o meno inerentemente scorrette che
potuto commettere in
quei circa dieci minuti da quando si era alzata.
Ad
allentare la tensione e a concedere alla ragazzina di
prendersi finalmente il suo agognato bicchiere di succo prima che i
sensi di
colpa per chissacché le incenerissero la gola, sua
“nonna”, l’unico essere vivente
immune alle occhiatacce di Aristide, la salutò dolcemente.
«…buongiorno.»
Inspirò dal naso e provò a concentrarsi sul
sapore della bevanda.
«È
sconcertante. Davvero.» Quelle furono le uniche parole che
uscirono dalla bocca del vecchio Capopalestra.
Ad
Iris sembrava che il sole di Unima stesse per spegnersi.
Ma
più che un'ansia di paura, le sembrava che sotto ci fosse
un retrogusto positivo da assaporare. Lo dedusse dal leggero
cambiamento
dell’espressione dell’uomo. Le stava sorridendo,
dietro la barba e dietro
quella severa facciata.
Aristide
passò la lettera alla ragazza, che per non
sovraccaricare ancora di più la sua mente ferma alla
schermata di caricamento,
evitò i paragrafi più lunghi e
più
tronfi.
Stagione
competitiva
201x/201y – 42simo mandato del Campione Nardo
Con
l’approvazione
non-governativa e apolitica dell’Illustre Lega
Pokémon della regione di Unima
Si
avvisa i gentili Allenatori della regione che il ritiro definitivo
di Nardo dal ruolo di Campione della regione di Unima, sarà
imminente.
In
ricorso alla sua sostituzione, sono stati scelti cinque
Allenatori specializzati di sesso femminile che concorreranno in una
serie di
lotte Pokémon per il posto di Campione ufficiale della Lega
Pokémon.
Il
Campione, Nardo.
Iris
non poté fare a meno di sgranare gli occhi leggendo la
lista delle candidate. Le cadde l'annuncio per terra e lo raccolse solo
per
rileggere per la terza volta il suo nome.
Quel
giorno di sole estivo non poteva essere normale. Quegli
interi mesi afosi e intrisi di novità non sarebbero stati
come quelli passati.
«Eh...
Io? Campionessa? Ora?! Ma soprattutto, come fa il
Campione a conoscermi?!»
❁
«Non
ci credo! Non ci credo! Non ci crederai! Dimmi che non
sto sognando!»
Urlava
la ragazza dai capelli rossi che si precipitava lungo
il corridoio di casa.
La
giovane sbatté la lettera firmata dalla Lega
Pokémon sul
tavolo, davanti agli occhi di suo nonno. Il viso di lei dimostrava
sempre un
essere di buonumore, ma quella mattina aveva un’espressione
quasi euforica.
Il
suo Swanna volava libero sopra la sua testa, circondandole
i capelli color rosso fuoco con le sue bianche piume: i suoi occhi
azzurri
esprimevano la stessa felicità della sua Allenatrice che era
ormai al settimo
cielo.
Fino
a quel momento era sempre stata una semplice
Capopalestra. Ricevendo quel pezzo di carta però, le si era
aperta la porta
verso una possibilità che avrebbe potuto cambiarle la vita,
che si prospettava
diventare sempre più ardua.
L'anziano
signore cercava di focalizzare le scritte stampate
sulla carta. Non badò di leggere tutta la lettera, gli
bastarono poche parole:
l'obiettivo, Lega Unima. Il nome di colei che lo avrebbe forse
raggiunto:
Anemone Reyez, Capopalestra di Ponentopoli, sua nipote.
«Nipotina
mia...» Non fece in tempo a terminare la frase che
la ragazza subito lo interruppe.
«È
fantastico. Finalmente l'opportunità che aspettavo, volevo
dire, aspettavamo, è arrivata! Dovrò impegnarmi
un sacco, allenarmi giorno e
notte se voglio vincere il titolo di Campionessa!» Continuava
a ripetere
Anemone, sempre più entusiasta del traguardo raggiunto.
Il
vecchio signore non poté fare a meno di notare che gli
occhi azzurro cielo di sua nipote brillavano come piccole perle.
Riusciva a
vedere nei suoi occhi tutti i sentimenti che in quel momento
assediavano la
mente della sua adorata nipote.
D'un
tratto, smettendo di sorridere, lei si fece seria. Scese
dalle punte dei piedi e piombò con i talloni sul pavimento,
parlando con lo
sguardo basso.
«Se
divento Campionessa... Guadagnerò molti soldi... E forse
ci libereremo dai debiti, finalmente... Dopo, come prima cosa,
rinnoverò tutti
i nostri apparecchi.»
L’uomo
le andò vicino, appoggiandole una mano sulla schiena,
sentendo il tessuto non stirato della t-shirt.
«Certo,
tesoro.»
«Potremmo
acquistare altri A300 più grandi e cominciare a
spedire componenti oversize. O sostituire tutti i motori e le ventole
per fare
tratte più lunghe, anche fuori dalla regione. –
deglutì e la sua voce si
impastò con tremori – E-E… Uh, un
giorno tu potrai andare in pensione… e, oh,
sto piangendo? Ahah.»
Avrebbe
voluto dilungarsi, ma ormai i singhiozzi avevano
soffocato le sue parole e le lacrime già irrigavano il viso
color caramello.
Non
avrebbe partecipato e forse vinto solo per se stessa. Lei
non era nulla senza la sua famiglia, lo sapeva benissimo. Anche se
aveva già
diciassette anni non sentiva alcun desiderio di ribellione, non aveva
senso.
Non si diventa adulti compiendo sciocchezze: per crescere bisogna
assumersi le
proprie responsabilità, che siano leggere o pesanti, e
portarle a termine con
impegno e serietà.
Così
doveva fare una Capopalestra e anche una Campionessa. E
chiunque altro voglia fregiarsi del titolo di “brava
ragazza”.
Le
lacrime si mescolavano sulle guance, un acquerello di
commozione, ansia, felicità, dolore... Ogni goccia salata
sul suo viso
rappresentava una delle mille emozioni che provava in quel momento.
Essere
“brava” è difficile, se non riesci a
fare a meno di
scoppiare a piangere fra le braccia di tuo nonno. Anemone lo aveva
già stretto
fra le sue braccia. Ogni volta che lo faceva si sentiva un po'
più forte, più
pronta ad affrontare le imminenti sfide che la attendevano.
Ormai
non aveva più scelta.
«Vincerò
io, te lo prometto!» Gli disse, con un pianto di
sfogo in sottofondo.
Ora
che lo aveva promesso alla persona a cui era più legata,
Anemone non poteva assolutamente permettersi di perdere. Avrebbe vinto
e basta,
senza alcuna distrazione, senza permettersi neanche un singolo atto di
egoismo.
La
vittoria non apparteneva a lei, dopotutto.
Fra
le concorrenti ne spiccava una sia per la sua bellezza e
soprattutto per il sarcasmo.
La
giovane modella, quando ricevette la lettera non poté
trattenersi una risata che suonava quasi maligna.
«Patetico,
letteralmente! - commentava mentre si rigirava i
capelli nero lucido fra le dita - Davvero Nardo ha esaurito tutta la
sua inventiva?
Scegliere quattro sfigate che si trucidino fino allo stremo solo per
ottenere
un titolo che vale meno di zero?! Povero vecchio idiota...»
Continuava
a fissare la lettera quasi con aria schifata.
Poteva quasi immaginarsele: quattro Allenatrici totalmente incognite
che si
comportavano come dive di un reality, sabotandosi, alleandosi e
pugnalandosi
alle spalle solo per ottenere un minimo di attenzione.
«Non
dovresti parlare così di Nardo. - le disse severamente
Corrado, mentre le accarezzava il viso dalla pelle bianca e perfetta -
Ti
ricordo che lui ti ha...»
«Non
mi interessa. - lo interruppe bruscamente la ragazza, per
evitare che le ricordasse ancora ciò che ormai considerava
"passato"
- L'idea di questo torneo è stupida. Basta.»
Corrado
le si avvicinò ulteriormente. Erano distesi l'una
sopra l'altro, davvero vicini.
Nulla
di speciale, lo aveva fatto un sacco di volte; e in più
si sentiva stressata: tutta colpa del suo lavoro da modella, era solo
una sfida
quotidiana in cui un giorno senza il viso illuminato da un flash
ristagnava
nella sua memoria come un giorno di assoluta e deprimente
oscurità per la
stanchezza e la fatica.
Il
prezzo della fama era quello, alla fine.
«Ti
sbagli. Primo: Nardo non è un idiota. Secondo: le
Allenatrici sono cinque e non...»
Si
ritrovò ad essere nuovamente interrotto mentre cercava di
far ragionare la modella viziata che era distesa sopra di lui.
«Chi
è la quinta?» Gli chiese con disinteresse, alzando
un
sopracciglio nascosto sotto la frangetta.
La
lettera le cadde dalla mano leggendo il nome della
fortunata. Stava per cacciare un urlo dall'umiliazione che si era
procurata
criticando le altre concorrenti, lo soppresse fra i denti e le
uscì solo un
mugolio di discontento. Avrebbe voluto imprecare, ma avrebbe dimostrato
al suo
ragazzo di non avere una delle qualità necessarie per una
modella del suo
calibro: l'autocontrollo.
O
la repressione. Alla fine, si trattava di due nomi diversi
per indicare essenzialmente la stessa cosa, no?
«Calmati,
amore...» Le disse lui, dandole un bacio sulle
labbra. Sopportare le crisi nervose della sua tanto bella quanto
isterica
ragazza per lui era diventata una stressante abitudine.
«Non
desideri diventare una Campionessa, invece che essere solo
una semplice Capopalestra?» Aggiunse con voce calma.
«Semplice?!
- replicò lei seccamente - Sono la top model e la
Capopalestra più famosa di Unima: ho fama, soldi, una vita
sociale e
un'abbondante taglia di reggiseno: non posso desiderare di
più!»
La
risposta della fidanzata lasciò Corrado senza parole. Non
l'aveva mai vista così scettica e stressata da qualcosa che
riguardasse le
lotte Pokémon.
Intanto
lei continuava a tormentarsi nervosamente le unghie
finte coperte di smalto.
Ogni
tanto guardava con i suoi occhi azzurro chiaro quelli di
Corrado, perdendosi nelle sue fantasie erotiche momentanee. Anche lui
sembrava
ricambiare, forse anche lui la amava.
La
modella accennava un sorriso con le sue fini labbra e lui
le accarezzava con il dito i lineamenti perfetti del suo viso
prolungando quel
tocco protraendolo fino alle spalle e al busto.
A
rompere l'atmosfera che si stava scaldando ci pensò la sua
piccola Emolga che si appoggiò sul petto della ragazza,
distraendola dai suoi
pensieri precedenti. Corrado la guardava, seccato dalla sua
disattenzione.
«Forse...
- si convinse lei, mentre coccolava dolcemente il
suo Pokémon - dovrei partecipare. Anzi, devo. Voglio
mostrare io a quelle
perdenti chi comanda e chi si merita quel titolo davvero. Un buon PR
non mi fa
male di certo.»
Intanto
Emolga era atterrata elegantemente sulla sua spalla;
lei, alzandosi, immaginando di fissare il suo pubblico di fans
sfegatati.
«Del
resto, io sono io. – Aggiunse - Io sono la stella
più
brillante di Unima. Elettrizzare chi mi ama è mio
dovere.»
La
modella se ne andò con elegante portamento, pensando e
ripensando alla frase appena detta.
❁
La
notizia della dimissione del Campione aveva sconvolto tutta
Unima, ma quattro persone in particolare ne avrebbero risentito
particolarmente.
La
Lega di Unima in quegli ultimi tempi era in completo
subbuglio: sempre più Allenatori volevano sfidare il
Campione e l'istituzione
più importante della regione ne aveva promesso uno nuovo,
forte e deciso. O
almeno, i tabloid avevano riposto questa aspettativa
nell’istituzione, quindi i
membri stessi l’avevano a loro volta trasferita sulle spalle
di Nardo per non
addossarsi nessuna delusione.
Niente
e nessuno avrebbe distolto i Superquattro dal loro
lavoro di assistenti della personalità più
importante nel circuito pro nella
regione, tre su quattro dei membri si erano accomodati per tempo di
fronte a
bicchieri riciclabili di caffè annacquato e portatili in
bilico fra lo stand-by
e le dieci schede aperte nel browser.
Seduti
ad un tavolo, tre dei quattro Allenatori si passavano
tra le mani la tanto attesa lettera.
«Apri
quella lettera! - ordinò Antemia, la ragazza dai capelli
viola che mordicchiava nervosamente una penna. - Nardo avrà
di certo scelto te.
Sei il suo preferito.» Aggiunse guardando verso il muscoloso
uomo seduto di
fronte a lei.
«Basta
con le tue cavolo di presunzioni!» Disse Marzio,
battendo un pugno sul tavolo.
«Chi
ha contribuito al successo di Nardo? Tu e i tuoi stupidi
libri, genio!»
«Parla
l'allievo, il cocco del maestro...»
«Brutta
stupida...» Marzio non riuscì a finire l'insulto
che
fu interrotto dalle parole pacate e calme di colui che sedeva alla sua
destra.
Era davvero umiliante che la sua collega lo interrompesse, facendolo
passare
sempre per uno scemo.
«Davvero,
siete proprio immaturi. Datemi quel pezzo di carta.
Vi ricordo che non siete solo voi due a concorrere per il posto di
Campione.»
Era la voce calma e pacata dell'affascinante e misterioso Mirton,
membro dei
Superquattro di Unima, specialista di tipo Buio.
Era
abituato ad essere etichettato con quel titolo che
deteneva con disinvoltura.
Non
gli importava nulla dei titoli, ancor meno degli onorifici
e dei fans. Il suo era un lavoro, veniva pagato per vincere.
Nient'altro.
Voleva lottare e diventare forte. Nelle lotte non c'era spazio per le
cose
superflue.
«Ci
siamo anche io e.…» Cercò di
continuare, venendo però
interrotto dalla voce squillante di Antemia.
«Tu?!
Ma se sei diventato Superquattro solo per stare con
lei!»
Ora
i suoi colleghi avevano davvero superato il limite. Non si
consideravano più amici, ma rivali per il posto di Campione,
in modo che il
vincitore avesse la soddisfazione di comandare a bacchetta i suoi
futuri
dipendenti. Ma ciò era comunque superfluo al concetto di
"lotta".
Mirton
aprì la busta, sotto gli occhi dei colleghi che
continuavano a spintonarsi per conoscere il nome del fortunato scelto
proprio
dal loro capo, Nardo.
Un
attimo dopo Antemia mormorava imprecazioni fra i denti
mentre Marzio si scrocchiava frustrato le dita delle mani. Solo Mirton
sembrava
aver accettato con sportività la propria sconfitta.
«Vado
ad avvisare Catlina della sua vittoria. Ne sarà
contenta. O magari le darà così fastidio che non
si presenterà nemmeno
all’incontro. – Si guadagnò
insofferenza, come se quella di rifiutare ed
oltraggiare il buon nome dello staff potesse essere per lei
un’opzione – Ad
ogni modo, è in ritardo per la riunione.»
Alzandosi
con fare rilassato dal tavolo, il giovane uomo si
diresse nella stanza dove la giovane Allenatrice dormiva, come al
solito, persa
nel suo mondo.
Per
Catlina, la più giovane fra i Superquattro (anche se la
differenza di età fra questi era quasi nulla), dormire era
molto più di una
semplice funzione vitale: le bastava chiudere gli occhi per qualche
secondo e
lasciare che la sua mente si obliasse dal mondo terreno, il mondo delle
cose
superflue.
Se
chiudeva gli occhi il suo subconscio, quella parte del
cervello che c'è ma non si fa sentire perché
coperta dalla ragione, le mostrava
le immagini, i ricordi e le sensazioni che credeva aver perduto per
sempre nei
labirinti del tempo: i sogni che le attraversavano la psiche per lei
rappresentavano tutto.
Inutile
dire che Mirton la trovò addormentata quando
entrò per
avvisarla della sua vittoria sugli insopportabili colleghi. Non voleva
svegliarla bruscamente: ci teneva a lei, nonostante le sue manie
disinteressate, ma non poteva dimostrarglielo perché lei
doveva restare solo
un'amica.
Un’amica
che non poteva disfarsi di una delle uniche fonti di
socialità che possedeva in una regione a lei straniera, su
cui quindi aveva
carta bianca per cercare di farla arrossire e protestare come solo un
fiore delicato
privo di più nobili attenzioni sa fare.
Mirton
le infilò una mano nella scollatura del pigiama: Catlina
dormiva di schiena, con i lunghi capelli biondi che le incorniciavano
il viso.
Non aspettava altro per tormentarla, come si fa tra amici, con quei
piccoli
gesti fatti per infastidire l'altro e magari poter ricevere una
risposta.
Le
accarezzava delicatamente il seno, stringendolo leggermente
fra i polpastrelli delle dita, in cerca delle parti più
morbide e sensuali
della giovane addormentata.
Catlina
sfiorava con le labbra il polso di lui, inconscia di
ciò che era intorno a lei. Sentiva solo una dolce sensazione
di solletico e
qualcosa di caldo sul petto.
Ma
le parole di quel principe immaginario spezzarono quel
momento di ipotetico erotismo.
«Svegliati!
Devi svegliarti e vivere
quest'occasione. Sarai Campionessa se ti sveglierai, non puoi vivere
per sempre
di sogni.»
Catlina
aprì gli occhi di colpo.
Con
la fronte sudata, sentiva il suo cervello ripeterle
"Svegliati!" come un forte colpo in testa. Aveva sempre avuto paura
di quella parola, ora più di prima. Ma non ebbe neppure il
tempo di rendersi conto
di ciò, che cacciò un urlo di imbarazzo.
«Ben
svegliata, principessa.» La sbeffeggiò lui.
«Mmh...
– La notizia mancò del tutto il suo entusiasmo, i
capelli avevano preso lo stampo del cuscino e anche la testa
– eh…?»
«Da
oggi sarai la nuova Campionessa della regione.
Complimenti, ce ne vuole per raggiungere il top dei top senza fare
nemmeno la
fatica di alzarsi in tempo per il lavoro.»
«Davvero?
Sono io la Campionessa ora?»
«No.»
«Okay,
allora posso stare a letto almeno altri trenta minuti. Arrivederci
e a dopo.»
Mirton
quasi rise immaginandosi lei a rivestire quel ruolo.
❁
«Unima...
È così piccola vista dall'alto. Anche in mezzo a
una
foresta di grattacieli, prendiamo ad esempio Austropoli, se prendi
l’ascensore
per salire al centesimo piano, ti sembrerà di poter dire
“sembra una
miniatura”. Una grande scacchiera, con i pezzi neri e bianchi
che dalla prima
vila paiono immobili, ma in realtà ci sono delle mani che da
bordocampo
decideranno le sorti del re, della regina, dell’intera
partita.
molte
persone la considerano ancora un impero vasto e
incontaminato. Persone che mirano solo alla grandezza, al desiderio di
arricchirsi, di diventare importanti, non importa se per la via del
bene o del
male.
Porsi
davanti a sé un obiettivo è bene, ma essere
disposti ad
usare qualsiasi metodo, anche il più crudele per portarlo a
termine... Mi
sembra una sciocchezza.
Nessuna
motivazione può mettere in ombra il senso di
responsabilità che un Allenatore ha davanti a
sé... Nessuna. Nemmeno un
desiderio che...»
«Camilla?»
Il richiamo di Nardo riportò la giovane Campionessa
della regione di Sinnoh sulla terra, facendola cadere dalle nuvole e
lasciandola un po' stordita. Le sarebbe servito un bel respiro profondo.
Era
solita fantasticare, ragionare ad alta voce sulle
questioni importanti ma non urgenti per chiarire i suoi pensieri; non
desiderava assolutamente che nessuno, neppure un Campione tanto
rispettato come
lui osasse commentare o giudicare strana questa sua azione insolita.
«Non
parlavo da sola. Stavo solo...» Si scusò, in preda
all'imbarazzo.
«Sembri
agitata. Non è da te.» Cercò di
cambiare argomento
l'uomo, comprendendo il suo disagio.
«Lo
sono. – Controllò l’ora dal cellulare -
Solo un poco
però.» Camilla continuava a fissare lo splendido
panorama che dalla terrazza
più alta della Lega
Unima si apriva.
Infinito.
Era tutto quello che di fronte a lei e alle altre
quattro ragazze restava da vivere.
«Essere
agitati vuol dire essere pronti. Se tu avessi
sottovalutato le tue future avversarie o se avessi rinunciato senza
prima
combattere, ora non saresti pronta.»
«Concordo.»
Rispose ella, pensierosa come sempre.
Un'altra
volta Camilla osservò la regione di Unima che si
estendeva grande e prospera sotto i suoi occhi color platino, dilatati
per
catturare al meglio ogni particolare di quel panorama.
Non
vedeva l'ora di incontrare le sue avversarie, di
combattere contro di loro fino allo stremo delle forze e di stringerci
amicizia
allo stesso tempo.
❁
«Toglimi una curiosità Nardo: come mai le concorrenti sono tutte femmine di età compresa fra i quindici e i vent'anni?»
«Mi pare ovvio, Camilla.»
«Giusto. Era una giusta cosa dare una possibilità ad Allenatrici dotate di così tanto talento...»
«Scherzi!? Dovrò andare in pensione, ma prima voglio vedere combattere delle giovani ragazze prosperose, no?!»
«La vecchiaia non ti giustifica questa visione maschilista...»
«E la tua giovinezza non giustifica la tua timidezza e la tua mancanza di voglia di esporti, cara Camilla!»
«Non cambierà mai questo maniaco...»
❁
Behind the Summery Scenery #1
1. Questa rubrica è Behind the Summery Scenery, la versione (brutta) degli angoli autore. Qui ci sono curiosità, riferimenti, spiegazioni ed easter eggs dell'autrice, abbagliata dalla propria vanità incommensurabile per accorgersi che NO ONE CARES.
2. La stesura della fan-fiction direttamente su computer è cominciata nell'agosto 2013, anche se il concept e la trama generale erano stati ideati già nell'aprile di quello stesso anno. Entro il 2015 erano già stati scritti i primi 12 capitoli e pubblicati insieme, gli altri sono stati scritti e pubblicati uno dopo l'altro, con in media 6 mesi di distanza l'uno dall'altro.
3. Le
aspiranti Campionesse in origine dovevano essere sei: le ragazze che ci
sono ora a cui si sarebbe dovuta aggiungere Antemia, membro dei
Superquattro di Unima. Avrebbe dovuto avere la stessa età di
Catlina (19 anni) ed indossare uno yukata viola, dato che il colore
iniziale di Iris doveva essere il rosso.
Ho
dovuto
eliminare Antemia dalla storia perché mi sono resa conto di
non
essere in grado di gestire troppi filoni narrativi e perché
lei
non ha molte relazioni canoniche con le altre ragazze (non
fraintendetemi, come personaggio la adoro lo stesso).
4. La storia era inizialmente pianificata per durare solo 12 capitoli ed avere un sequel (che avrei voluto chiamare ES2, letto に "ni" come in giapponese). Idea anch'essa scartata.
5. Questo capitolo è decisamente il più corto di tutta la long. Tutta colpa della mia pigrizia.
6. Nonostante
volessi trasmettere un senso di crescita e di leggero cambiamento in
tutte le ragazze, non sono mi sono mai decisa a cambiare la
capigliatura che Iris tiene per tutto il primo videogioco e l'anime:
era una cosa troppo carina da gettare via.
Però ogni tanto le ragazze cambiano pettinatura, lo
specificherò sempre. Mica siamo come nei videogiochi in cui
i
capelli sono di plastica, oh.
7. Il titolo del capitolo è cambiato: in precedenza era "Destini, sogni, obiettivi". Rigiocando a Pokémon Bianco di recente, ho rivisto la intro che recita, secondo la stessa fomula del tricolon, appunto "Speranze, sogni, scoperte".
8. Ogni anno la grafica della storia cambia. L'anno scorso il tema era il colore fucsia, e la scritta del titolo era in font Eggs proveniente da Fontgenerator. Questo perché io e la mia beta abbiamo un inside joke basato sul fatto che l'anagramma(?) di ESG sia EGGS e quindi nelle nostre chat la storia è chiamata con l'emoji dell'uovo.
Ora la grafica è tutta nera, rosso sangue, è assolutamente perfetta per tagliarsi le vene sulle note dei MCR e dei Good Charlotte, assolutamente GOFFIC! Io ovviamente sono Tara Gillersby e Daisuke è Raven (fangz 4 da help, daiskeyy! E preps stahp flaming)
9. Anche il divisore dei paragrafi è cambiato; prima erano due ondine e un fiore. Adesso è il simbolo delle palestre in Nero e Bianco.
Update: il sito di hosting di immagini che usavo ha chiuso. Quindi il simbolo è stato sostituito con questo altro fiore. Credo sia... un girasole?
10. Questo punto è importante. Sto revisionando tutti i capitoli estensivamente. I capitoli revisionati, ripuliti da vecchi refusi, tell don't show, aberranti paragoni che sfondano il meta e altre schifezze accumulate negli anni, sono quelli con un checkmark verde. Siccome sono al corrente dell'importanza storica e filologica dietro ad ogni aspetto della internet culture, la "versione brutta"di ESG non è scomparsa nel nulla: tutti i capitoli con i veecchi errori sono stati diligentemente archiviati nella Wayback Machine. Basta che copia-incolliate gli stessi URL ed avrete uno snapshot di come appariva il capitolo prima della grande riforma dell'inizio del 2021.