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Autore: The_Rake    04/03/2015    2 recensioni
Haise Sasaki è un cliente abituale del re, e Touka è ossessionata dalla sua somiglianza con Kaneki. Ma se veramente è lui, non dà segno di ricordarsi il suo passato. La comparsa di un nuovo personaggio cambierà la situazione?
Attenzione: spoiler da Tokyo ghoul e Tokyo ghoul: re;
Presenti un OC e libertà nell'inventare particolari di momenti della vita dei personaggi non narrati dall'autore dell'opera principale.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kaneki Ken, Kirishima Tōka, Nuovo personaggio, Takatsuki Sen/Eto
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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“Vediamo. Ieyasu Kamui, trent’anni. Laureato all’estero in filosofia occidentale, ha fatto l’aiuto cuoco in un ristorante prima di venire qui al RE a chiedere di fare il cameriere. Cosa ne pensi, Touka?”
“Non odorava di umano. Era molto esotico.” La ragazza guardò l’uomo all’altra parte della stanza. “Con questo affare dei quinx non mi fido. Le colombe stanno diventando sempre più dei falchi. E non voglio un novellino fra i piedi.” aggiunse.
“Siamo a corto di personale, e il RE non può andare avanti solo con me, te e pochi altri. E mi sembra sappia qualcosa. Se fosse stato una colomba non pensi che ci avrebbero già attaccati? Voglio assumerlo e scoprire se veramente sa - o ha il sospetto - che siamo ghoul. Mi sono accorto anch’io che non è umano, non del tutto almeno, quando è venuto a consegnare il curriculum. Non dovrebbe essere difficile farlo sparire se dovesse diventare un problema… e, Touka. Voglio che tu stia lontana da quell’investigatore quinx.”
“Yomo.” Touka rivolse all’altro ghoul uno sguardo di fuoco. “Non dirmi cosa posso o non posso fare. So che è lui. Deve essere lui.”
“E sia. Non mi ritengo responsabile di ciò che potrebbe succederti. D’altronde non ci sono mai stati problemi da quando abbiamo aperto, nonostante siamo molto vicini alla CCG. Solo, stai attenta.” Lo sguardo severo dell’uomo si addolcì un poco. “Non voglio perdere persone che mi stanno a cuore.”
“Certo che starò attenta. Non vado certo in giro a urlare chi io sia. Non c’è bisogno che tu ti comporti come se fossi mio padre.” Replicò la ragazza, pentendosi subito di ciò che aveva detto. Yomo l’aveva aiutata più volte, e le era stata vicino nei momenti di crisi quando aveva saputo che Kaneki poteva essere morto e quando quell’investigatore così simile al mezzo ghoul era entrato per la prima volta nel bar. Era quanto più simile ad un padre lei avesse avuto da molto, molto tempo. “Scusa. È solo che… assomiglia in un modo pazzesco a lui. La voce è la stessa, e quella faccia è dannatamente simile alla sua.” Si alzò. “Va bene, comunque. Assumiamolo. Se è una colomba lo ammazzo. Non mi interessa se avrò un plotone d’esecuzione alle costole.” Ciò detto, andò nella sua stanza al piano di sopra, lasciando Yomo da solo.
Il ghoul guardò fuori dalla finestra; il sole tramontava lentamente, tingendo di rosso l’orizzonte. “Ieyasu Kamui… cosa sei? Sono veramente curioso di scoprirlo. Magari te lo chiederò. E forse sarò costretto ad ucciderti. Anche se il tuo curriculum è molto promettente.” Sorrise impercettibilmente. “Come anche il fatto che quel quinx venga qui spesso. Haise Sasaki, mi interessi anche tu. O forse dovrei chiamarti Kaneki?”
 
Touka si girò per l’ennesima volta sotto le coperte. Cosa non avrebbe dato per non essere sola, per avere lui al suo fianco, perché non l’avesse lasciata, perché si ricordasse di lei, dell’Anteiku, di tutto… dei suoi primi vent’anni di vita, che corrispondevano a fino a due anni prima di quella notte. Cosa non avrebbe dato per avergli confessato tutto prima che se andasse… si sorprese a pensare a quanto dovevano essere soffrici e profumati quei capelli bianchi e neri. Scacciò il pensiero, o meglio, cercò di scacciarlo, perché ogni volta la sua mente ritornava lì, ai dettagli della mascella, alle spalle larghe. E insieme a quei pensieri, vennero anche i ricordi. Ricordi di tempi felici. Quando c’era ancora lui all’Anteiku. Quando tutto andava bene. Le lacrime bagnarono il cuscino.
La porta del RE si aprì, il giorno dopo, per lasciar entrare il primo cliente della giornata; solo che non era affatto un cliente.
Ancora lui? Pensò Touka, ma lo salutò cordialmente.
“Oh, buongiorno, signorina Yomo. C’è il proprietario?”
Touka sorrise forzatamente. Lo odiava già e il suo odore in parte umano le faceva venire voglia di ucciderlo e mangiarlo. Ma forse era solo un’impressione dettata dal fatto che le stava pesantemente antipatico. “È di sopra. Prego, vada pure, signor Kamui.”
“Non mi chiami ‘Signor Kamui’. Mi chiami semplicemente Ieyasu.” Rispose lui, rigirandosi fra le dita una piastrina militare vuota che portava al collo e abbozzando un sorriso.
Touka soffocò l’impulso di strozzarlo. Come si permetteva di ostentare tanta confidenza con lei? Come osava? Ma si forzò ugualmente a sorridere. “Va bene, Ieyasu.” Per poco non dette l’espressione di averlo sputato quel nome, come se fosse del cibo umano, e non detto. Ma era brava a dissimulare le proprie emozioni. “Vada, ora.”
Mentre Kamui le passava accanto, Touka ebbe la netta sensazione di averlo sentito sussurrare – e con un certo compiacimento, anche - “Certo, signorina Kirishima.”
Quando Kamui entrò nello studio del proprietario del bar, ebbe modo di constatare quanto ne fosse scarno l’arredamento: era fondamentalmente vuoto, eccezion fatta per uno scaffale in legno chiaro (ciliegio, molto probabilmente, pensò) pieno di libri – ed ebbe il piacere di notare che molti erano di autori occidentali: Nietzsche, Kafka, vide persino un volume della Metafisica aristotelica – addossato ad un muro e la scrivania squadrata al centro, dietro il quale c’era una porta finestra comunicante con una piccola terrazza. In mezzo alla scrivania e alla porta finestra, su una sedia, mentre armeggiava con i registri delle ricevute, il proprietario. Kamui pensò ancora una volta che quell’uomo nascondesse qualcosa; le spalle erano contratte, e la freddezza ostentata era un po’ troppo esagerata. Solo dopo qualche secondo il proprietario alzò lo sguardo verso il ragazzo e fece cenno di avvicinarsi e di sedersi su una delle due sedie di fronte alla scrivania.
“Buongiorno, signor Yomo.” salutò il ragazzo, sempre giochicchiando con la piastrina.
“Salve, Kamui. Ti ho chiamato perché il tuo curriculum mi ha colpito in modo particolare. Perché mai qualcuno che si sia laureato in filosofia, e all’estero, dovrebbe voler fare il cameriere in un bar? E soprattutto, perché proprio qui? Saprà che non è sicuro stare in questa circoscrizione da quando quel ghoul si è scontrato con gli ispettori della CCG.” Voleva metterlo alla prova. Voleva capire subito se era un ghoul, un meticcio, una colomba, qualsiasi cosa fosse, l’avrebbe scoperto; se non subito, presto. Ma nulla l’aveva preparato alla risposta di Kamui.
“Perché è in luoghi come questi che le persone si riuniscono e si mostrano per come realmente sono. L’anima degli uomini risplende di preoccupazioni, di desideri, di rimpianti, e soprattutto di colpa. Come pensa si possano definire gli ispettori, che uccidono ogni giorno? Pensa che siano degli eroi, come vengono presentati a tutti noi, o solo dei volgari assassini che si nascondono dietro la scusa del proteggere la gente? Vorrei scoprire se hanno dei rimorsi per tutte le vite che hanno stroncato.” Disse tutto ciò con un sorriso talmente genuino e innocente che Yomo faticava a crederci. Nonostante ciò, non lo diede a vedere.
“Interessante. Penso di poterti capire.”
“Certo che mi capisce. In fondo, come potrebbero piacerle le colombe?”
“Mi scusi?” Non andava bene. Per nulla. Come sapeva tutte queste cose? E se fosse stato…
“No, si sbaglia.” Kamui guardò il proprietario negli occhi. Ora non sorrideva più. Lo sguardo era penetrante. “Non sono uno di loro. Vorrei solo lavorare qui. Mi scusi se l’ho turbata.”
L’aveva messo alle strette. Ora come ora, pensò Yomo, posso solo assumerlo e vedere come vanno le cose.
Per un attimo il silenzio calò sullo studio. Poi, nemmeno lui seppe come, mise in fila delle parole. “Benissimo. Domani inizierai a lavorare qui. Presentati qui alle sei e mezza, apriamo alle sette. Touka ti insegnerà a fare un caffè come si deve per i clienti. Puoi andare.”
Kamui ritorno al suo solito sorriso sereno. “Grazie mille. A domani.” Mentre usciva dal bar, salutò Touka e le indirizzò un sorriso che la inviperì non poco. Ma la ragazza non gli urlò contro. Ci sarebbe stato tempo per quello. Sorrise di rimando, guardandolo uscire dalla porta del RE.
Yomo si ritrovò a tirare fuori da un cassetto della scrivania la sua maschera e a fissarla. Scrutò la sua immagine riflessa nelle lenti del suo secondo volto. Quanto brilli, anima mia?
Nel frattempo, nella mente dell’ispettore di primo grado della CCG Haise Sasaki, balenò un nome. Fu solo un attimo. Si fermò, disorientato. Un attimo dopo, era andato. Sasaki tentò di tenergli dietro, ma era corso via troppo in fretta per lui. Decise che non aveva importanza. Entrò nel suo ufficio alla CCG e diede un’occhiata alla colonna di pratiche da sbrigare. Scartò all’istante qualsiasi proposito di continuare a inseguirlo. Il lavoro lo chiamava. Era così, era la sua vita che era fatta in quel modo. Casa, lavoro, RE. Casa, lavoro, RE. Gli piaceva quella routine. Ma perché? Perché non ricordava ancora nulla della sua vecchia vita? E poi, voleva veramente sapere chi era? Convivere con se stesso? Non aveva una risposta. Prese la prima pratica. Sarebbe stata una lunga giornata.
   
 
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