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Autore: Tabheta    05/03/2015    3 recensioni
AU!/SoMa (più altre coppie di contorno)
I nostri ragazzi saranno alle prese con la gestione di un bar. Tra incidenti, disastri e concorrenza, troveranno anche il tempo per divertirsi e perché no, innamorarsi. Dal testo:
|“Mi scusi, ma i clienti non possono toccare il pianoforte” gli disse, negli occhi una scintilla di curiosità per quel ragazzo albino che sembrava più a suo agio con uno strumento che con le persone.
“Io non sono un semplice cliente” si sentì rispondere, un ghigno dipinto su quella faccia da schiaffi che aveva appena inquadrato ma già sentiva di detestare.
“Io sono Soul Eater.”|
-Momentaneamente sospesa a causa ottusità dell'autrice, che sembra interessata a tutto tranne che a continuare la long, singh-
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Soul/Maka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sapeva che rimanere da sola al locale e lasciare che i suoi amici smontassero prima il turno non era stata una buona idea, ma quando Tsubaki le aveva detto che quel pomeriggio aveva probabilmente scacciato a male parole proprio il ragazzo che, secondo l’amica, li avrebbe aiutati a tirare su il locale, se ne era definitivamente convinta.
Non era riuscita a trattenersi, nel momento in cui l’albino le aveva risposto tanto sfrontatamente gli aveva intimato di andarsene, che poteva macinarselo da solo, il suo fottuto caffè, e gli aveva lanciato dietro un libro preso da chissà dove. Inizialmente non aveva provato nessun senso di colpa, anzi, si riteneva soddisfatta di aver ripagato quel maleducato con la sua stessa moneta, si era sentita una stupida quando aveva raccontato a Tsubaki l’accaduto, che le aveva svelato la vera identità di quello zotico.
Probabilmente avrebbe dovuto capirlo da sola quando si era arrogantemente presentato, visto che l’amica le aveva accennato un paio di volte il suo nome, ma l’ira del momento le aveva offuscato i sensi, come un toro che vede rosso, e non era riuscita a pensare razionalmente. Maka riconosceva di avere un problema nel controllo della rabbia, ma si era anche resa conto che quel Soul riusciva a smuoverle il nervoso più di qualsiasi persona avesse mai incontrato – più di suo padre perfino. Casualmente, quando pensava al genitore, se lo ritrovava sempre tra i piedi e così era stato quella sera stessa, tornando a casa. Lo aveva visto mentre usciva dall’odiato Chupa Cabras, in faccia un sorrisetto soddisfatto, che cercò di nascondere non appena vide Maka che lo coglieva sul fatto, e arpionata al braccio una delle discinte accompagnatrici del locale che lo allietava con i suoi urletti striduli, più acuti di una sirena rotta.
Per evitare che avvenisse il peggio decise di ignorare per il momento l’idiota – avrebbero fatto i conti a casa beninteso, ma Spirit sembrava fosse di ben altro avviso.
“Maaaaaka-chan!” urlò l’uomo correndole incontro, rifiutando stoltamente la possibilità offertagli da Maka di evitare momentaneamente la guerra. Provò a persistere con l’ignorarlo, ma aveva cominciato a chiamarla sempre più forte e la stava facendo vergognare.
“Che vuoi?” gli rispose freddamente.
“Non essere così fredda col tuo papino Maka-chan! Il papà, il papà ti ama!” esclamò singhiozzando l’ultima parte, in una piroetta perfettamente calcolata. Vedendo che non lo ascoltava, ma che Maka continuava a fissare con insistenza l’accompagnatrice del Maid Café che li seguiva, Spirit Albarn colse l’occasione.
“Maka ti presento Blair, lavora al Chupa Cabras, l’hanno sfrattata dal suo appartamento e non ha un posto dove andare, così pensavo avremmo potuto ospitarla a casa nostra per un po’...” buttò fuori quelle parole tutto d’un fiato e talmente in fretta, che era innegabile che sperasse che Maka non capisse e acconsentisse così al soggiorno a casa Albarn della ragazza.
A volte Maka si chiedeva chi fosse realmente il genitore tra loro due, Spirit le si era rivolto come un bambino che chiedeva il permesso alla mamma di poter adottare un animaletto –il primo randagio trovato per strada, con la sola differenza che lui voleva portarsi a casa una persona, non un dannato animale.
“Cosa?” emise in un fiato, se non altro il suo stupore era giustificabile.
“Io sono Blair, piacere di conoscerti Maka-chan, nya” le disse la donna, stringendole la mano che aveva mollemente sollevato in aria con l’idea di scuotere suo padre fino a farlo rinsavire. L’unica cosa che riuscì a fare fu stringerle a sua volta la mano dicendole un incolore ‘piacere’.
“Meno male che hai detto di sì, Spirit era molto preoccupato sai, dice che da quando se ne è andata sua moglie tu sei diventata indifferente nei confronti del papà e che…” Blair continuò a parlare a raffica per cinque minuti buoni. Il buffo cappello a punta che portava in testa, marchio delle streghe, le oscillava con frequenza, mentre portava le mani ad abbassarsi il corto vestitino che rischiava di alzarsi e lasciarla nuda ogni minuto che passava. Non potè fare a meno di notare lo sguardo affamato di suo padre quando la ragazza si allisciò le pieghe del vestito sul petto prosperoso, semplicemente disgustoso.
Di tutto quel discorso, che la ragazza le aveva propinato, non era riuscita a cogliere quasi nulla, se non parole come ‘violazione di domicilio’ e ‘nuda’. Quando aveva acconsentito esattamente alla sua permanenza a casa loro? Ormai era inevitabile, si sarebbe ritrovata il nemico persino in casa.
 
~
 
Il giorno successivo si prospettarono per Maka due grandi problemi. Il primo, il minore dei due, che avrebbe risolto semplicemente uscendo di casa per andare al lavoro, era evitare quella scocciatrice di Blair, che aveva scoperto essere più pedante di quanto avrebbe mai potuto immaginare, a cominciare dal risveglio a tette in faccia che le aveva riservato. Il secondo, assai più arduo da risolvere, poteva essere diviso grossomodo in due fasi: quella in cui spiegava ai suoi amici il casino che aveva combinato il giorno prima e lo scusarsi per il suddetto casino con loro e con l’albino. Sarebbe stata una giornata impegnativa.
Aspirò l’aria fresca del mattino a pieni polmoni. Il sole era sempre al suo posto, ghignante sulle teste degli abitanti di Death City. Durante la traversata da casa sua al Death Café non potette far altro che studiare articolati discorsi da propinare ai suoi amici e sperare che avrebbero capito che il suo era stato un madornale errore, che non aveva né tirato addosso volontariamente il libro a quel tizio, né l’aveva volontariamente mandato a quel paese.
Ad attenderla trovò il locale chiuso, sulla porta un semplice cartello che recava la scritta ”Chiuso per riunione del personale”. Quella mattina non era suo il turno d’apertura, quindi non aveva le chiavi per entrare, che avessero programmato una riunione esplicitamente senza di lei? Maka avrebbe buttato giù la porta a spallate, se solo la figura ricurva di Chrona non le fosse venuta a aprire.
“Buongiorno Ma-Maka-san…”
Non gli diede neanche il tempo di terminare la frase che Maka si era già catapultata dentro al locale nella speranza di cogliere in flagrante un qualsiasi complotto ai suoi – senza dubbio colpevoli, danni.
Quello che trovò la fece agitare decisamente di più, i suoi compagni seduti a tavolino a prendere tranquillamente il tea con quello stesso ragazzo che meno di ventiquattro ore prima aveva non tanto gentilmente scacciato dal locale.
“Oh, Maka, siediti pure, scusa se non ti abbiamo chiamata prima, ma questa riunione non è stata esattamente programmata” Kid parlò con il suo solito tono pacato, sembrava non sapesse niente delle sue prodezze del giorno prima. La faccenda era poco chiara e non c’era neanche la presenza rassicurante di Tsubaki a cui chiedere delucidazioni.
“Maka questo è Soul Evans e da oggi lavorerà con noi al locale.”
Maka poteva giurare di aver sentito le campane dell’apocalisse accompagnare quella frase.
Il ragazzo, che aveva indossato un sorriso sornione per tutto il tempo, alzò una mano verso di lei, allentando per un attimo l’aura di tensione che si era andata a creare. Maka non sapeva se accettare quel gesto come un segno di pace, o come una presa in giro nei suoi confronti. Nel dubbio gli riservo una stretta di mano spacca-ossa.
Mentre Soul e Kid si mettevano d’accordo riguardo a non sapeva dire cosa, probabilmente alla paga e ai turni, i ragazzi si stavano prendendo una pausa: Liz le parlava di quanto le sembrasse interessante il nuovo arrivato e Patty, presa in una partita a braccio di ferro all’ultimo sangue contro Black*Star, le urlava di rimando le più sconnesse frasi d’assenso.
Non riusciva a concentrarsi su nessuno dei loro discorsi – per quanto potessero essere sconclusionati, l’unica cosa che aveva in mente era quel Soul. Perché Evans non aveva raccontato agli altri del loro incontro/scontro del giorno prima? Perché Evans sembrava volesse stipulare una tregua tra di loro? Ma soprattutto, perché Evans diceva di chiamarsi Evans quando la sera prima le si era presentato come Eater? Questi ed altri interrogativi affollavano la mente confusa di Maka Albarn.
La riunione terminò esattamente otto minuti dopo quelle riflessioni, che ci fosse sotto lo zampino della precisione maniacale di Kid? Dopo di che furono illustrati i nuovi orari dei turni. La fortuna non era decisamente a suo vantaggio, nei giorni dispari i turni di chiusura erano stati assegnati rispettivamente a lei e a Soul Eater Evans o quale diamine era il suo vero nome. Non sapeva come prendere la situazione, se da un lato voleva evitarlo più che poteva, dall’altro non le sarebbe neanche dispiaciuto parlarci e chiarire l’ambigua situazione, così decise di fingere di non vedere il problema fino a quando non ci sarebbe sbattuta contro.
Si ignorarono buona parte della giornata, finché non giunse il turno della chiusura, in cui tutti gli altri dipendenti smontavano. Furono lasciati nuovamente soli al locale, in un’atmosfera che sapeva immancabilmente di dejà vu.
Stranamente a cominciare quello spinoso discorso non fu Maka.
“Certo che sei brava a fingere, eh” gli si rivolse Soul con tono irriverente, mentre le si andava a sedere vicino, su uno dei sedioloni che circondavano il bancone.
“Che vorresti dire! Sei tu quello che ha fatto finta di niente!” ed eccoli che tornavano nuovamente a litigare, ma non era quello, il punto a cui voleva arrivare Maka.
“Pensavo non volessi che i tuoi amici sapessero del tuo maleducato comportamento con i clienti” disse l'albino, sul volto un sorrisetto aguzzo che avrebbe volentieri fracassato.
“Non credere che con i clienti mi comporti così di solito” gli rispose mettendo su il broncio. Si stava giustificando, perché sentiva di doversi giustificare con lui? Che si sentisse ancora in colpa per il suo brusco comportamento?
“In fondo non mi sono comportato molto bene con te, non è vero…”
Sbagliava o quello era un magro tentativo di scusarsi? Non che potesse esserne soddisfatta, ma almeno sapeva di poter deporre l’ascia di guerra.
“… senzatette?” aggiunse poi sorridendo ironico.
Il Maka-chop che sferrò quel giorno fu uno dei più forti della sua carriera. Ora le cose potevano dirsi davvero a posto tra loro.
 
~
 
 Note: Ciao ragazzi, come ve la passate? In questo capitolo Soul e Maka finalmente mettono in chiaro le cose tra di loro, ma la faccenda è ancora oscura: riuscirà il nostro Evans a sopravvivere ai colpi di Maka? E Maka sopravvivrà alla convivenza con Blair? Questo e molto altro nella prossima puntata di Beautiful nel prossimo capitolo! Grazie mille per i vostri pareri e i vostri complimenti, mi scuso per non aver risposto alle recensioni dello scorso capitolo ma non ho avuto molto tempo :C
Se avete interrogativi vari o volete semplicemente prendermi a parole, potete rivolgervi al mio ask (link nella bio autore), per ora è tutto biscottini <3
  
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