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Autore: Mary P_Stark    06/03/2015    2 recensioni
Stheta mac Lir è il principe ereditario della casata dei mac Lir, prossimo re di Mag Mell e valente condottiero fomoriano. Il suo essere primogenito è stato spesso fonte di drammi interiori, così come di conflitti con il padre e la madre. L'aver tradito, seppur inconsapevole, il fratello minore Rohnyn, ha causato in lui ulteriori dubbi e ulteriori sofferenze, portandolo a rivalutare concretamente tutta la sua esistenza. E' giusto che il suo popolo sia così chiuso in se stesso, che i sentimenti vengano banditi dalla vita quotidiana? Perché, l'essere come gli umani, è visto come un difetto, quando la vita sulla terraferma pare, ai suoi occhi curiosi, piena di meraviglie? Ciara, suo capitano delle guardie e fidata amica di una vita, è preoccupata dalla svolta pericolosa presa dai pensieri del suo principe, soprattutto quando scorge in lui un interesse sempre crescente per l'umana Eithe, amica di Sheridan. In questo triangolo di interessi sovrapposti, Stheta scopre anche una nuova realtà, creature ancor più mistiche di quanto già loro non siano e che, per ironia della sorte, lo aiuteranno a scoprire le verità che cercava. - 2° RACCONTO SERIE "SAGA DEI FOMORIANI"- Riferimenti presenti nel racconto precedente. Crossover con ALL'OMBRA DELL'ECLISSI
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga dei Fomoriani'
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If you understand or if you don't
If you believe or if you doubt
There's a universal justice
And the eyes of truth
Are always watching you.

-Enigma-
 
1.
 
 
 
 
 
«Vostro figlio si sposa, padre.»

La mia voce giunse roca e seccata persino alle mie orecchie, addirittura piccata, ma ne avevo ben d'onde.

Non a causa della notizia da me proferita, appena condotta alle orecchie del mio augusto genitore, quanto per la sua scontata reazione.

Già mesi addietro, con la decisione perentoria e inderogabile di Rohnyn di rinunciare al suo lascito per amore di un'umana, lui era stato irremovibile.

L'aveva imprigionato – anche per mia stolta ingenuità – per riportarlo a più miti consigli, ma nulla era servito.

Nostra madre Muath aveva dato ragione al marito, giungendo persino a ferire il figlio, ma neppure questo aveva fatto desistere Rohnyn dall’amare Sheridan.

Alla fine, non avevo potuto far altro che cercare di liberarlo, pur se questo aveva richiesto svariati, quanto infruttosi, tentativi di fuga.

Il pensiero di sapere perso per sempre mio fratello, non smetteva di assillarmi.

Lui sarebbe vissuto e morto da umano, e io avrei dovuto accettare di perderlo in un tempo, per me, fin troppo breve.

Ma era stata una sua scelta e, pur dolente, l’avevo accettata. L’amore per Sheridan era così forte da far passare in secondo piano ogni cosa, anche l’amore per il mio fratello minore.

Non era valso a nulla spiegare a nostro padre della luminescenza, la parvhein, lo stadio di riconoscimento con cui i fomoriani riconoscono le Prescelte.

I figli di Rohnyn sarebbero stati a pieno titolo dei mac Lir, dei figli del mare, e avrebbero potuto, un giorno, essere ammessi a Mag Mell.

Il fatto che Rohnyn avesse bruciato – letteralmente – il suo status di principe, non significava che i suoi figli non avrebbero potuto fare richiesta di vivere sotto il mare.

Non ero sicuro che Sheridan, l'indomita e futura moglie di mio fratello, avrebbe accettato, comunque.

Il nostro primo incontro mi aveva fruttato – a ragione – un pugno in faccia e, quando ci eravamo rivisti, lei mi era parsa ancora piuttosto guardinga.

Non gliene facevo una colpa. Aveva tutte le ragioni del mondo per avercela con me, con mio padre, con noi tutti.

Avevamo tentato di strapparle Rohnyn. E lui era rimasto per mesi imprigionato nelle segrete di palazzo.

Abbastanza per esaurire anche la pazienza di un santo.

Il fatto che ora Rohnyn fosse impossibilitato, a tutti gli effetti,  a rientrare in patria, non piaceva né al re né alla regina, ma ormai il danno era fatto.

Almeno, ai loro occhi.

«Nessuno dei miei figli si sposa, Stheta. Tu, Krilash e Lithar non mi avete presentato nessun compagno degno di tale titolo, che io sappia.»

Il suo tono burbero fece fremere le mie mani, desiderose di sfoderare la spada che portavo al fianco.

Non aveva nominato Rohnyn, e questo mi diede una chiara indicazione di come sarebbero andate le cose, da lì in avanti.

Reclinai perciò il capo e, rigido, mormorai: «Non vi chiederò licenza di uscire dal regno, poiché sono libero di farlo senza il vostro benestare. Ma vorrei ripensaste alla vostra decisione.»

«E' stata presa. Non vi tornerò mai sopra. E' già tanto che non intenda punire anche te, per averlo fatto evadere.»

Ciò detto, mi fece segno di allontanarmi dal suo alto scranno di corallo levigato.

Sdegnato, uscii con un gran svolazzare del mio mantello, simbolo primo del mio retaggio.

Non sbattei comunque le porte della Sala del Trono, no, non gli avrei mai dato quella soddisfazione.

Ma, quando mi trovai nel corridoio che conduceva al pronao del palazzo reale, fremetti di giusta ira.

Era assolutamente inconcepibile che nostro padre voltasse le spalle a uno dei suoi figli, che stava solo portando avanti il suo desiderio di una vita felice.

Certo, questo gli sarebbe costato la sua lunga vita, ma non era il primo, e non sarebbe stato neppure l'ultimo fomoriano a prendere tale decisione.

La nostra storia millenaria era zeppa di esempi simili.

Camminai spedito, rispondendo ai saluti dei soldati di ronda, ma la mia rabbia balzò così evidente agli occhi di tutti, che nessuno tentò di fermarmi.

Sapevano bene che tentare di chetarmi, in momenti simili, era pari a follia.

Dovevo sbollire l’ira in solitudine, e lasciare che le onde del mare dessero requie al mio cuore in tumulto.

Uscii perciò da palazzo e, oltrepassata la barriera, scivolai nell'acqua con la grazia tipica dei fomoriani e mi andai a sistemare sul ciglio di un crepaccio.

Da quel posto privilegiato, potevo sì e no scorgere la faglia sottomarina in movimento, oltre alle infinite fumarole dei vulcanelli sottomarini.

Mag Mell era immune dai sommovimenti della crosta terrestre, e nessun terremoto o eruzione vulcanica sottomarina avrebbe potuto incrinare il suo splendore.

Millenni addietro, più di quanti io stesso ricordassi, i primi fomoriani scelsero queste lande per vivere, dopo essersi lasciati alle spalle la morente patria natia.

Memori di un passato ancor più lontano in cui, in un altro mondo, le nostre genti erano nate e cresciute, avevano invaso pacificamente le acque di questa nuova casa.

A volte, io stesso trovavo impensabile immaginare la mia esistenza al di fuori della Terra.

Eppure, sapevo bene da chi discendessimo, e quando e come il nostro pianeta d’origine avesse trovato la morte.

Una stella morente ci aveva spinti a quel viaggio tra le galassie, e i superstiti di quel regno in agonia si erano ritrovati sulla Terra, unico luogo adatto da dove ripartire.

Un regno condiviso con coloro che ci avevano aperto le porte su Manaheimr, sulla Terra.

I Tuatha de Danann, gli dèi figli di Dana, erano stati solerti con noi, quanto avidi di ciò che, tra le loro genti, era ormai divenuta merce rara.

Donne di origine in parte divina con cui perpetrare la specie.

Pur se accoppiarsi con la giovane razza umana  era diventato comune, il loro stato di divinità accettava mal volentieri i frutti di simili unioni.

Il nobile sangue fomoriano, che discendeva dagli dèi Vani e dalle prime genti di Vanaheimr, possedeva ciò che loro bramavano.

Purezza e forza.

Se, per i primi secoli, la convivenza era stata pacifica e molte unioni erano state benedette da entrambi i clan, la guerra era stata altresì inevitabile.

Due entità così forti non avrebbero mai potuto convivere pacificamente,  avendo, come fondamento della propria cultura, l’arte guerriera.

Le guerre tra fomoíre e figli di Dana erano state epiche, e narrate persino dalle genti umane che, indifese spettatrici, avevano dato lustro a quegli scontri.

Sul finire delle battaglie tra i nostri popoli, anch’io e i miei fratelli avevamo partecipato al massacro, contribuendo all’estinzione della razza.

Così, il nostro occhio curioso si era allungato sul genere umano.

Non più disturbati dalla presenza dei figli di Dana, avremmo potuto prosperare … e asservire a noi le genti umane, se necessario.

Reclinai il capo pensando a quanto, del nostro mondo natio, avessimo perso e a quanto, la vicinanza con la giovane razza umana, ci avesse dato.

Certo, gli umani si erano dimostrati ancora troppo acerbi, per gli interessi di mio padre, ma mia madre li aveva trovati interessanti. Malleabili.

E il suo contributo per istruirli era ancora evidente a tutt’oggi.

Il medesimo interesse era fiorito, man mano, anche in molti fomoriani, e questo aveva portato alle prime mescolanze tra le genti.

Nei secoli, molti di noi si erano spinti fuori dal mare per vivere assieme a loro, in armonia, generando stirpi meticce e non più legate all’oceano.

Rohnyn non era che l'ultimo della lista. Il guaio era uno, e uno soltanto.

Lui era un principe di stirpe reale.

E comunque avessimo presentato l'argomento a nostro padre, lui non avrebbe mai accettato la mescolanza del suo sangue purissimo con una mortale qualunque.

«Avete pensieri tristi, principe, se vi rintanate qui, ai bordi dell'abisso, e terrorizzate le guardie col vostro umor nero.»

La voce a me familiare di Ciara1 mi portò a volgere lo sguardo alle mie spalle, i chiari occhi color acquamarina – retaggio di noi mac Lir – pronti a fulminarla irritati.

Non vi riuscirono. Come sempre, del resto.

Se c'era una persona immune ai miei attacchi di rabbia, era Ciara.

Capitano della guardia di palazzo, era al servizio di mio padre da quasi mille anni.

Alta e statuaria come molte fomoriane, portava le lunghe chiome rosso fuoco strette in una trina di trecce, raccolte da un intricato fermaglio in oro bianco.

Erano poche le persone che potevano dire di averla vista con i capelli sciolti. E io non ero tra questi, malauguratamente.

Lithar, gemella di Rohnyn, ne era stata spettatrice, e ne aveva decantato la bellezza – con un pizzico di gelosia a condirne il tono – per mesi interi.

I suoi occhi, blu come il mare che ci circondava, mi studiarono pacifici e io, con un lento sospiro, mi alzai in piedi, sovrastandola solo a fatica.

Ciara non era capitano delle guardie solo per diritto di nascita, ma anche per merito.

Pochi uomini l’avevano sopraffatta in combattimento, nel corso degli anni, e rare volte ero riuscito ad averne ragione, nel corpo a corpo.

Eccelleva in tutte le arti guerriere, anche se prediligeva le armi lunghe come le alabarde o le spade a due mani.

La rihall a forma di manta, retaggio della sua famiglia, vibrò sulla sua mano, segno che non era così tranquilla come voleva far credere.

Ciascuno di noi, nasceva con il simbolo della propria famiglia sul corpo.

In quanto figli di stirpe reale, io e i miei fratelli portavamo sulla pelle il simbolo di una stella a cinque punte ricurve.

Lithar, curiosamente, era nata con una stella a punte di freccia, che spiccava sul suo lungo collo sinuoso.

Io, Rohnyn e Krilash, invece, avevamo le nostre stelle sugli avambracci.

Per un attimo, mi domandai se, sotto i bracciali dell'armatura leggera che indossava Ciara, vi fossero altre mante, o disegni altrettanto belli e intricati.

In molti, negli ultimi secoli, erano saliti sulla terraferma perché i mastri tatuatori umani dipingessero loro sulla pelle disegni che ben si abbinassero alle rihall.

Non credevo possibile che Ciara appartenesse a quel gruppo, ma tutto poteva essere. Non ero così addentro alla vita del mio capitano della guardia, per poterlo asserire con certezza.

Questo mi portò a sorridere divertito e lei, per tutta risposta, mi guardò dubbiosa.

«Chi ti ha incaricato di venirmi a salvare dal mio caratteraccio, Ciara? Mia madre, quel codardo di mio fratello, o la mia incantevole sorellina?»

Lo dissi con tono irriverente, ma lei non vi fece caso. Sapeva da millenni, ormai, che carattere avevo e quanto mi piacesse punzecchiarla.

«Nessuno di loro, Altezza. Vi ho solo scorto a palazzo, intento ad allontanarvi col volto adombrato dalla collera, così ho preferito conoscerne i motivi, prima di far intervenire i vostri familiari.»

Assentii, lo sguardo ora più amichevole, e asserii stancamente: «Il problema è sempre e solo uno, Ciara. Mio padre odia mio fratello Rohnyn a cagione della sua scelta, e niente di quello che dirò, o farò, gli farà cambiare idea. Questo mi addolora e, al tempo stesso, mi fa fremere d’ira. So che dovrei controllarmi, ma… mi riesce molto difficile, in questo caso.»

«L'umana nel cuore del principe deve essere degna di nota, se l'ha spinto a rinunciare alla sua genia» sottolineò Ciara, chiaramente sorpresa da una simile eventualità.

Ridacchiando, mi passai una mano tra le folte onde bruno rossicce, rilasciate in quel momento sulle spalle, e replicai: «Sheridan lo ha quasi ammazzato, quando ha saputo cosa aveva intenzione di fare. Lei non voleva affatto che lui vi rinunciasse.»

Ora, la confusione di Ciara si fece totale.

«Scommetto che tu e Sheridan andreste d'accordo.»

Mi parve scettica.

«Con tutto dovuto il rispetto, principe, non ho mai messo piede sulla terraferma, e resto dell’idea che fondere i nostri due mondi non sia necessario. Io sto bene quaggiù e, immagino, loro stanno bene lassù.»

«Quindi, devo supporre che non verrai con me al matrimonio di Rohnyn per proteggermi» la irrisi bonariamente, sapendo di metterla a disagio.

Provavo una sorta di divertimento subdolo nel prenderla in giro, perché sapevo che Ciara era tutto tranne che una persona propensa alle spiritosaggini.

Come avevo sperato, aggrottò la fronte e si fece pensierosa, persino turbata.

«Il mio compito primario è difendere i confini del palazzo ma, se credete che possa esserci pericolo, posso affidarvi nelle mani sapienti di uno dei miei uomini e...»

La interruppi con un gesto della mano, rendendomi conto di quanto avesse preso sul serio il mio dire.

L'idea di farla sorridere era fallita in pieno. Come ogni volta.

Era davvero difficile riuscire a scalfire la sua scorza dura e, per me, era ormai divenuto un punto d’onore riuscirvi.

E un piacere davvero subdolo lanciarmi in simili imprese.

«Ciara, ti stavo prendendo in giro. Pensi davvero che qualcuno potrebbe aggredirmi a un matrimonio?»

«Siete il principe ereditario, e...»

«Ciara.»

«Loro non lo sanno, vero?» borbottò a quel punto lei, pur restando accigliata.

Forse non avrei dovuto metterle la pulce nell'orecchio. Ora, si stava veramente preoccupando.

Sbuffai, maledicendomi per la mia idiozia.

«Dimentica quel che ho detto, Ciara. Non succederà nulla. E Krilash e Lithar saranno con me. Sarò ben protetto.»

«Non credo che, se facessero del male alle loro Altezze Krilash e Lithar, potrei dire di sentirmi meglio» sottolineò con un certo puntiglio Ciara, aggrottando le sopracciglia bionde.

«Cosa ti farebbe stare tranquilla?» le chiesi a quel punto, non sapendo come risolvere quel pasticcio.

E dire che la conoscevo...

«Verrò con voi, e vi terrò d'occhio. Metterò a guardia del palazzo il mio secondo, così il controllo del perimetro verrà mantenuto da una persona di mia fiducia, mentre io mi occuperò della vostra incolumità.»

Il suo tono fu così lapidario che non potei dissentire. Mi preoccupava solo una cosa, a quel punto.
«Cosa hai intenzione di indossare?»

«Come, prego?»

Mi squadrò quasi inorridita, come se il mio accenno agli abiti la disturbasse. E in effetti…

Non era decisamente argomento da trattarsi con il mio capitano della guardia ma, vista la situazione così singolare, non potei esimermi dal ficcare il naso.

«Chiedi lumi a Lithar. Ti dirà lei cosa indossare o, eventualmente, ti procurerà degli abiti adatti allo scopo.»

«So già che sarà un disastro» brontolò, scuotendo il capo.

Io mi limitai a sorriderle contrito, sperando non avesse ragione come, spesso e volentieri, invece accadeva.

Ma sapevo già che, per una fomoriana mai salita sulla terraferma, un matrimonio non era il luogo ideale per assaporare la vita libera e spensierata degli umani.

Sì, sarebbe stato un disastro.
***

La spiaggia appariva deserta, ai nostri occhi, eppure dubitavo fortemente che Rohnyn si fosse dimenticato di venire a prenderci.

Qualche attimo dopo aver formulato quel pensiero, riconobbi in lontananza la figura slanciata e magra di Sheridan.

Munita di torcia elettrica, si stava avventurando su quel tratto di costa deserta per raggiungerci a grandi passi.

Di Rohnyn, nessuna traccia.

Quando ci vide, arrestò il suo incedere, si fece guardinga e infine disse: «Stheta... quasi non ti riconoscevo, in jeans e maglietta. Lithar la riconosco, ma gli altri… Se sono i tuoi sgherri, non provare ad avvicinarti, sennò ti farò un occhio nero. Anzi... due.»

Risi di quella minaccia, ma Ciara non fece altrettanto.

Mosse un passo in direzione di Sheridan, che si mise subito in posizione di attacco ma io, levando un braccio, bloccai il mio capitano delle guardie e mormorai: «Cheta la tua ira, Ciara. Ti ho già detto anzitempo che Sheridan ha tutti i motivi per essere un po' prevenuta, nei miei confronti.»

«Già il fatto che vi abbia toccato non depone a suo favore, principe.»

Il suo brontolio sommesso mi fece sorridere.

Quello che disse in risposta Sheridan, un po' meno.

«Chi è? Il tuo cane da guardia? Non pensavo ne avessi bisogno, Stheta.»

Ecco, appunto. Il caratteraccio di Sheridan veniva fuori in tutto il suo splendore... e nel momento peggiore.

Ciara digrignò i denti mentre Krilash scoppiava a ridere, e Lithar fissava la sua futura cognata con espressione a dir poco affascinata.

Niente che non mi fossi aspettato.

Per questo, avevo sottolineato con Ciara che, solo ed esclusivamente su mio ordine, sarebbe intervenuta in mia difesa. Non un attimo prima.

Battendo le mani con aria deliziata, Krilash si esibì in un elaborato inchino e, con voce tonante, esclamò: «Lascia che mi presenti, cognata. Io sono Krilash, secondogenito dei mac Lir e tuo nuovo fratello.»

Sheridan lo fissò con aria divertita e guardinga assieme ma, ligia al suo carattere solare, gli allungò una mano in segno di benvenuto.

Krilash, un po’ sorpreso, la accettò dopo un attimo di titubanza e, con una sonora stretta a quella di Sheridan, allargò il suo sorriso e disse: «E’ un piacere conoscere la donna che ha preso a pugni mio fratello.»

«Almeno uno che non cerca di farmi fuori, e si presenta in modo cordiale.»

Mio fratello scoppiò nuovamente a ridere di gusto e Lithar, sorniona, mi fissò divertita, asserendo: «Questa parte me l'ero persa. Mio fratello non aveva fatto alcun cenno al vostro alterco.»

Tossicchiai imbarazzato, non sentendomi di sicuro orgoglioso del mio primo incontro con Sheridan.

Avrei dovuto essere più accorto, e fidarmi molto meno di nostra madre Muath. Presentarmi da lei a difese completamente abbassate era stato sciocco, fin troppo sciocco.

E dire che la conoscevo!

Ma ormai era fatta e, nel bene e nel male, avevamo risolto il problema causato proprio di mia mano.
Sheridan si pose infine dinanzi a me e, con un sorriso sinceramente grato sul viso bellissimo, mi allungò una mano con fare amichevole.

«Sono contenta che siate potuti venire tutti, indipendentemente da quel che è successo tra noi due.»

Strinsi quella mano esile, ma che sapevo essere forte, e replicai: «Rohnyn è, e resta, nostro fratello. Non avremmo potuto mancare all'evento.»

Il suo sguardo di cristallo si puntò quindi su Ciara, che ancora stava al mio fianco, silenziosa e letale e, più cortese, allungò la mano anche a lei.

«Devo supporre tu sia la sua guardia del corpo, o qualcosa di simile. Non volevo offenderti, prima, o offendere veramente lui. Stando in mia compagnia, scoprirai ben presto che tendo a essere molto diretta. E, se posso, faccio battutacce di pessimo gusto. Mi scuso fin d'ora. Immagino che l’abito che mi ha commissionato Lithar fosse per te.»

«Mi reputo avvisata» asserì a quel punto Ciara, stringendo la mano protesa di Sheridan con aria piuttosto insicura. «Sì, infatti. Spero che questo cambiamento dell’ultimo minuto non abbia creato troppi disagi a te o al principe.»

Non era ad uso, tra i fomoriani, scambiarsi strette di mano, soprattutto tra persone sconosciute, ma Ciara accetto ugualmente la sfida.

Si valutarono con gli occhi, allungando fino all'infinito quell’incontro fisico ma, quando si sciolsero, parvero aver raggiunto un tacito accordo.

I loro occhi sorridevano.

Sheridan scrollò le spalle e, con un tocco di ironia, replicò: «Se mi faccio fermare dall’acquisto di un abito, allora sparatemi. Il vestito è in casa mia, e dovrebbe andarti benissimo. Spero solo di aver azzeccato il modello. Lithar mi ha parlato di stile greco.»

Ciara assentì. «Non so quanto sia in auge, presso di voi, ma i nostri abiti da cerimonia rassomigliano massivamente ai peplum greci.»

«Allora andrà bene. Per i matrimoni ci si può vestire eleganti finché si vuole» dichiarò Sheridan, reputando chiusa la faccenda.

Più sollevato – Ciara pareva più tranquilla, in quel momento – domandai: «Rohnyn non è venuto?»

«Ci aspetta sul van che abbiamo affittato per venirvi a prendere. Non mi fidavo a farlo venire sulla spiaggia, lo ammetto.»

Lo disse con tono ironico, ma percepii anche un vago sentore di scuse nella sua voce.

Scossi il capo, comprendendola più che bene.

Lithar, comunque, parlò per me.

«Non devi avere timore che la nostra venuta sia un evento infausto, cognata. Siamo qui solo per gioire con te e Rohnyn. E il fatto che tu abbia voluto inserirmi tra le tue damigelle d’onore è fonte di estrema gioia, per me.»

Ciò detto, le sorrise cordiale e Sheridan, sollevando a sorpresa una mano, attese che Lithar battesse la mano contro la sua.

Un attimo dopo, mia sorella la accontentò, ridacchiando divertita quanto imbarazzata. Erano gesti davvero molto inconsueti, per non dire praticamente inusitati, tra noi fomoriani.

Sapevo, però, quanto Lithar ammirasse, più o meno segretamente, il modo di vivere disinibito degli umani.

Sheridan, ghignante, ammiccò al nostro indirizzo, mormorando: «Me l'ha detto Ronan che avresti capito, e apprezzato, il gesto. E credimi, fa piacere anche a me averti al mio fianco.»

«E' questo il nome del principe, tra i mortali?» si interessò a quel punto Ciara, guardandoci con aria dubbiosa.

«Sì, e vi pregherei di ricordarvi che qui nessuno sa che ha discendenza nobile, né tanto meno... beh...»

Indicò il cielo, dove le stelle splendevano serene e tranquille, e tutti noi annuimmo.

Non era proprio il caso di parlare di certe cose.

Sfregandosi soddisfatta le mani, Sheridan annuì a noi tutti e ci indicò uno stretto sentiero presente sulla spiaggia.

Indirizzando il fascio di luce in quella direzione, si incamminò per farci strada.

Subito, Ciara si pose al mio fianco, mentre Lithar e Krilash chiudevano la fila.

Non impiegammo molto a raggiungere una piccola e deserta stradina di campagna, dove Rohnyn ci attendeva con il van.

Se per Krilash e Lithar non fu una sorpresa – loro erano saliti in superficie piuttosto spesso, nel corso dei secoli – per Ciara fu quasi uno shock vedere un’automobile.

Turbata, mormorò al mio indirizzo: «Possiamo stare tranquilli? Non è che ci divorerà?»

Sheridan scoppiò a ridere e, affiancatala, la allontanò da me per condurla vicino al van, dove mio fratello attendeva appoggiato alla portiera.

Salutò con un sorriso e una stretta di mano Ciara, che rispose ampollosamente con un inchino mentre Sheridan, alle prese con il cofano, lo sollevò con aria esperta.

«Ecco, guarda, Ciara. Solo metallo, gomma e olii vari. Nessun mostro, anche se, una volta in moto, potrà darti questa impressione» le spiegò con assoluta semplicità. «Ronan mi ha detto che non avete nulla del genere, a Mag Mell, e che le uniche cose che usate per spostarvi, oltre a voi stessi in forma di delfini, sono le mante e le orche.»

Lei annuì, vagamente sorpresa che sapesse così tanto del nostro mondo.

Il sorriso di Sheridan si allargò ancora e, nel richiudere il cofano, la prese per mano per farla salire – sgomentandola un po’, lo ammetto – dicendo ancora: «Questi sono i sedili, mentre quello è il posto del guidatore, dove si sistemerà Ronan. Io starò accanto a te e ti spiegherò tutto quello che ti verrà in mente di chiedermi, così ti sentirai più a tuo agio.»

«Oh, ma non c'è veramente bisogno che io... sì, insomma, dovrei...»

Si irrigidì, chiaramente combattuta tra il desiderio di non scontentare Sheridan e il suo obbligo morale di difendermi.

Sentendomi a disagio per averla messa in una situazione del genere, desiderai quasi rimandarla a casa.

Le avevo fatto un torto non da poco, portandola lì.

Krilash e Lithar si sedettero sul retro del van, lasciando che a me spettasse quello accanto a Rohnyn.

Sheridan, battendo una mano su quella di Ciara, che ancora tratteneva con forza, asserì: «Stheta lo sa per cosa certa. Non permetterei mai a nessuno che facessero del male a coloro che amo e, visto che in quest'auto c'è la famiglia del mio futuro marito, farò il tutto e per tutto, per loro. Così come so che lo farai tu. Ma posso assicurarti fin d'ora che non corriamo pericoli.»

Poi, lanciata un'occhiata a Rohnyn, che sogghignò, aggiunse: «Certo, se Ronan fosse così sbadato da finire in un fosso, potremmo avere dei problemi. Ma è bravo, a guidare.»

«Grazie, cara. Troppo gentile.»

«Figurati, tesoro.»

Non si parlarono in modo smielato, ma come una coppia affiatata, e io li invidiai.

Non era da tutti, avere un simile rapporto con la propria compagna.

Quando il motore prese vita, scorsi nello specchietto retrovisivo la tensione sul volto di Ciara, e ancora una volta mi sentii in colpa nei suoi confronti.

Anche in quel caso, però, fu Sheridan ad appianare i problemi.

Sorrise a Ciara e le disse: «Sai che il tuo nome assomiglia davvero molto a uno usato da queste parti?»

«Davvero?»

«Oh, sì. Significa 'lancia', e penso che sia appropriato, per te. Essendo una guerriera, ti si addice.»

«E' la mia arma preferita» si sbottonò appena Ciara, accennando un sorriso.

Sheridan ne approfittò subito ed esclamò: «Oh, wow! Ma allora è perfetto. Nessun nome sarebbe stato migliore, per te.»

«Anche il tuo nome ha un significato?»

Il fatto che Ciara ricambiasse le domande, fu un passo avanti.

Forse, non sarebbe ammattita, e io non avrei dovuto sentirmi un emerito idiota per averla costretta a seguirci.

Sheridan ridacchiò divertita e, annuendo, disse: «Eccome se ce l'ha. Vero, Ronan?»

«Significa 'selvaggia', e devo dire che è perfetto, per lei.»

«Taci, 'piccola foca'.» Poi, ammiccando a una sconcertata – ma incuriosita – Ciara, aggiunse: «E’ il significato del nome Ronan.»

Sheridan poi ridacchiò, e così pure Ronan, con tono complice.

Ciara parve conquistata dalla parlantina della nostra futura cognata.

A quel punto, iniziò a farle domande su domande, sfiorando le superfici del van con aria meditabonda, o curiosando fuori dal finestrino quando raggiungemmo la città.

Quelle luci, e le costruzioni che salivano verso il cielo scuro come immense montagne, la lasciarono di stucco.

Mentre Sheridan le spiegava ogni cosa con dovizia di particolari, io la ringraziai silenziosamente con lo sguardo.

Se non ci fosse stata lei, quel primo assaggio del mondo dei mortali sarebbe stato traumatico, per Ciara.

Quando infine raggiungemmo un palazzo in particolare, il van discese un corto scivolo, raggiungendo un locale sotterraneo, dove si trovavano altre auto ferme in sosta.

«E' il parcheggio del nostro condominio. Come avrai visto, i posti all'esterno scarseggiano» disse ancora Sheridan, accompagnando fuori Ciara, sempre tenendola per mano.

Ormai, quel contatto tra loro non pareva più disturbare il nostro capitano delle guardie.

Le indicò le uscite di sicurezza, l'ascensore – spiegandole cosa fossero – e, sempre tenendole la mano, si rivolse a Ronan, dicendo: «Pensi tu ai tuoi fratelli, vero? Io faccio fare un giretto a Ciara. Scommetto che vorrà conoscere il perimetro della zona, giusto per stare tranquilla.»

«Vai pure. A loro bado io.»

Rohnyn la guardò con amore mentre salivano sull'ascensore e, quando fummo infine soli, ci sorrise divertito.

«Beh, questa è Sheridan.»

«Un'ottima scelta, se me lo concedi. Non che non apprezzassi Mairie, ma...» mormorò Krilash, tossicchiando. «Insomma... almeno, lei ce l'hai presentata. Con Mairie, abbiamo dovuto ricorrere ai trucchi più beceri, per vederla.»

«Me ne scuso, ma all’epoca pensai che fosse meglio per voi tenervi alla larga, così da evitare le ire dei nostri genitori» ci disse Rohnyn, prima di farsi serio e fissarmi dubbioso: «Era proprio il caso di portare Ciara? La poverina è spaesata.»

«Non avrebbe dormito sonni tranquilli, diversamente. Era in pensiero; pensava potesse succederci qualcosa» replicai piccato, pur sapendo che aveva ragione da vendere.

«Forse, perché tu le hai messo la pulce nell'orecchio, punzecchiandola come fai di solito?» brontolò a quel punto Rohnyn, colpendo nel segno.

Lithar ridacchiò e, affiancatomi, si avviò verso l'ascensore trascinandomi con sé. «Non vorrete discutere proprio alla vigilia di un evento così importante? Siamo qui, insieme, e Sheridan si sta prendendo buona cura di Ciara. Andrà tutto bene.»

Risalimmo i piani in silenzio, mentre i numeri in rosso evolvevano sullo schermo, come per magia.

Rohnyn me ne aveva spiegato il funzionamento, ma in quel momento non lo rammentavo.

Quando infine giungemmo all'ultimo piano, entrammo nell'appartamento e lì, basiti, ci bloccammo.

Ciara e Sheridan sembravano impegnate in un combattimento.

Con una mossa rapida e precisa, il nostro capitano delle guardie afferrò la padrona di casa a un braccio, torcendolo contro di sé per poi stringerle un avambraccio al collo.

«Oh... wow! Alla faccia della manovra evasiva! Un vero portento!» esplose a ridere all'improvviso Sheridan, mentre Ciara mollava la presa.

Un attimo dopo, sorpresa dai nostri sguardi sicuramente sconvolti, ci guardò divertita ed esalò: «Che facce! Dovreste vedervi!»

Lei e Ciara scoppiarono a ridere un attimo dopo, sguaiata la prima, contenuta e appena accennata la seconda e Lithar, dandomi di gomito, mormorò: «Oserei dire che Ciara ha appena trovato la sua prima amica del cuore.»

Vedendole ridere, gli sguardi complici e sinceri, lo ritenni possibile a mia volta.

Ciara era rispettata e temuta dalle guardie, che la seguivano fedeli da ormai più di mille anni.

Ma era indubbio quanto, la sua carica, fosse anche fonte di disagio, e non solo di onore, per lei.

Molte donne la invidiavano e, più di una volta, guerriere titolate e appartenenti a clan più potenti dei mac Airt, di cui Ciara faceva parte, avevano tentato di scalzarne il ruolo.

Lei aveva sempre accettato i duelli all'arma bianca che, di volta in volta, le erano stati proposti, vincendoli tutti.

Ma sospettavo che quell'ostracismo continuo le pesasse, nonostante all'apparenza sembrasse inattaccabile.

Osservai entrambe le donne, ancora impegnate a parlare di tattiche di difesa e attacco, mentre Lithar si univa alla conversazione e Rohnyn e Krilash sorridevano divertiti.

Forse, dopotutto, non sarebbe stato un week-end disastroso.
 
 
 
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1 Ciara: leggasi ‘Kira’.



Note: Ebbene, eccoci qui, con l'avventura di Stheta e dei fratelli mac Lir. Come anticipatovi, questa storia sarà un crossover, ma i nuovi protagonisti entreranno in scena più tardi, perciò per ora nessun problema.
  
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