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Autore: Zury Watson    07/03/2015    4 recensioni
Immersi ognuno nella propria vita, c'è chi rimugina sulle scelte fatte, chi prova a dare una svolta, chi si dice che in fondo va bene così. Tra tutti ci sono io che immagino una me stessa in un altrove non meglio specificato, non troppo diversa dalla me stessa reale: le passioni sono le stesse, il coraggio ha qualche punto in più.
In un simbolico universo parallelo, la mia passione per Sherlock Holmes mi porterà a vivere un'esperienza inaspettata e indimenticabile che porta il nome di Mark Gatiss.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mark Gatiss
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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7. Un computer, una connessione a internet e una webcam

Mi sono sempre chiesta perché alcune risposte, per la precisione quelle più azzeccate, vengano in mente ogni volta troppo tardi.
Mi sono sempre chiesta perché, a guardarla da lontano, l'angoscia di un momento sembra spesso esagerata.

Mi sono sentita una stupida per un'intera settimana dopo aver raccontato ad Emme della mia esperienza londinese.
Mi sono sentita ancora più stupida per aver raccontato l'episodio a Manuele, in occasione della nostra prima ed unica uscita a due. Effettivamente non so se mi sono sentita più idiota per avergli parlato dei fatti miei oppure per aver accettato il suo invito.

Mi sono sempre interrogata sullo scorrere del tempo. Su quale base un minuto conta sessanta secondi, un'ora sessanta minuti e un giorno ventiquattro ore? Chi ha definito il concetto di secondo, minuto, ora, giorno, mese, anno? E come? Qualsiasi siano le risposte ai miei interrogativi, sono trascorsi tre mesi da quando ho parlato per la prima volta con Emme.

Mi sono sempre domandata se quando qualcosa accade sia semplicemente per destino. Se ciò che accade, accade esclusivamente in base alle nostre scelte. Se il perché di un accadimento sta da qualche parte tra il destino e le scelte di ognuno.

Poco importano comunque, adesso, le mie domande esistenziali.
Ostento calma mentre trascino me stessa e il mio bagaglio leggero tentando di non perdermi tra decine e decine di persone e bagagli.
Ho preso un permesso al lavoro e ho avvisato i lettori della mia assenza a tempo indeterminato.
Trovo un posto a sedere, ma non un reale rimedio alla tensione e all'attesa. Senza neanche pensarci accendo il portatile e mi collego al blog con l'intento di ripercorrere le ultime settimane di conversazione con lui.
Sebbene io stessa fatichi a crederci, sono in aeroporto e stringo tra le dita un biglietto di sola andata per Londra.

Il messaggio che cerco è esattamente quello che ha dato il via a quella che considero la più grande avventura della mia vita.
Eccolo...

[...] Hai mai pensato che tra tutti i lettori del tuo blog potrebbe esserci qualcuno coinvolto in qualche modo nella serie? Qualcuno di importante... qualcuno del cast? Che so, magari Gatiss che in crisi viene a cercare qui ispirazione in compagnia di Moffat. Magari qualcuno di loro ti ha anche scritto senza che tu lo sappia. Ci hai mai pensato?
M.

Ricordo di aver riso per cinque minuti buoni prima che il dubbio riuscisse ad insinuarsi in me.
Il problema più grande di chi ama le storie è che se gli dai un input poi mica riesci a fermarle le rotelle della loro fantasia. E da quel preciso momento per le mie rotelle non c'è stata più pace.
Per quanto continuassi a ripetermi che Emme aveva soltanto voglia di scherzare o di verificare se e quanto mi fossi montata la testa, una parte di me iniziava a prendere in considerazione quell'idea senza etichettarla come assurda, anche se lo era. Lo era?
Brutta bestia il dubbio.
Il vantaggio di un confronto virtuale sta nella virtualità stessa: avvolta dalla confortante coperta dell'invisibilità offerta da questo tipo di conversazioni, sono stata capace di dare una risposta veritiera senza tradire il temporale di emozioni... Dirgli che secondo me il blog non ha mai raggiunto un tale livello di fama da attirare l'attenzione di gente famosa ed esprimergli i miei dubbi riguardo al fatto che qualcuno tra gli autori e gli attori abbia voglia di prendere in considerazione le deduzioni di una perfetta sconosciuta che per hobby gioca al detective non è stato affatto difficile. Il difficile è arrivato quando mi sono accorta, ovviamente in ritardo, di aver tralasciato completamente la prima parte del messaggio. Copertura saltata. Complimenti Zury, hai vinto un bel mongolino d'oro a grandezza naturale.
Ricordo anche la risposta arrivata in tempo reale, cosa che non era mai successa prima.

E se ti dicessi che io non sono un semplice ragazzo che ama giocare al detective con te? Se ti dicessi che sono Mark Gatiss?
M.

Perfino adesso, rileggendo, sento il panico scorrere in ogni parte del mio corpo. Panico perché non riuscivo più a capire dove volesse arrivare con quello scherzo. Panico perché non capivo cosa lo spingesse a dirmi quelle cose. Panico perché quella fastidiosissima parte di me continuava a credergli.
La velocità con cui ho digitato la risposta e l'esagerata pressione sugli innocenti tasti del mio pc non credo che li dimenticherò mai.
Tanto ovvio quanto lecito il mio:

Ti chiederei di dimostrarmelo.

Temo che le farfalle che hanno cominciato a svolazzarmi nello stomaco in quel momento abbiano deciso di stabilircisi in via definitiva. Le sento ancora, veloci, forti e completamente impazzite. La dimostrazione che ho chiesto è gelosamente custodita in una cartella di questo computer. Decido di aprirla.
Foto1: Uomo incredibilmente somigliante a Mark Gatiss, in un'abitazione. Mai vista prima.
Foto2: Uomo incredibilmente somigliante a Mark Gatiss sorride al fotografo. Mai vista prima.
Foto3: Uomo incredibilmente somigliante a Mark Gatiss, accanto a uomo incredibilmente somigliante a Ian Hallard. Mai vista prima

Chiudo gli occhi e non riesco a non sorridere se ripenso a come sono andate le cose. Gli ho detto che non gli credevo e lui, invece di perdere la pazienza, ha continuato ad arricchire la mia fortunata cartella.
Foto4: Mark Gatiss, davanti al solito computer, mi mostra la nostra conversazione.
Foto5: Mark Gatiss, di spalle. Nel fuoco dell'immagine il messaggio che sta per inviarmi.
Foto6: Mark Gatiss con un foglio in mano: Le tue deduzioni hanno quasi colto nel segno.

Questa sesta foto mi ha quasi ammazzata.
Foto7: Mark Gatiss e Ian Hallard insieme a Bunsen, il loro cane.
Foto8: Mark Gatiss, sorride e fa OK con la mano.

Non ci ho dormito per giorni.
Ho affrontato i peggiori mal di stomaco che abbia mai avuto.
Sono stata assalita dai dubbi più atroci e da un'insicurezza che mi ha mandata completamente in tilt. Insicurezza che lui ha colto nelle conversazioni successive all'invio delle fotografie.
Ancora adesso non ho ben capito il perché della sua ostinazione.
Chiudo la cartella e riapro la conversazione.

Ho in mano una carta che ti convincerà definitivamente. Ti serviranno un computer, una connessione a internet (e so per certo che hai entrambe le cose) e una webcam (non ci provare, non ti credo se mi dici che non ce l'hai). Una videochiamata chiarirà ogni cosa. E poi, con tutte le fotografie che mi sono fatto scattare, merito o no di poter finalmente associare un volto alle conversazioni di questi mesi?
Mark

Sono morta e resuscitata non so quante volte leggendo questa email.
Fatto sta che un'ora dopo indossavo una delle mie magliette preferite, mi ero rifatta il trucco più per distrarmi che per apparire affascinante, ed ero seduta davanti al computer, connessa ad internet e con la webcam pronta per essere avviata. Mi tremavano le mani, ero in anticipo di dodici minuti ed ero così fuori di testa da scrivergli che potevamo avviare la videochiamata quando voleva.
Chiudo gli occhi e rivivo il momento.

Neanche un minuto dopo, la videochiamata arriva.
Il cuore in gola.
Le mani che tremano.
Le farfalle nello stomaco.
Il panico negli occhi.
Accetto.
I secondi che occorrono al collegamento mi sembrano anni.
Luce intensa che lentamente lascia spazio ad una sagoma. Poi a un volto.
Un uomo.
Maglietta arancione. Auricolari neri sfiorano le spalle e il petto. Niente barba.
Sorride.
«Hi».
Il vuoto nello stomaco, neanche fossi sulle montagne rosse. È così che è iniziata.
Sollevo la mano senza riuscire ancora a parlare.
Prendo un profondo respiro. Spero di non avere la faccia da idiota.
«Somigli troppo a Mark Gatiss per non essere Mark Gatiss».
Non ho sbagliato sintassi e pronuncia, vero?
Ride.
Ora te lo chiedo. Smettila di sorridermi così però, ok?
«Scusami, parlare non è come scrivere».
Continua a sorridere e dice che non devo preoccuparmi di nulla. Va tutto bene.

La videochiamata più bella della mia vita.
Spengo il pc. È ora di prendere questo aereo.

È ora di scendere da questo aereo.
Deglutisco. I miei piedi vanno da soli verso la meta.
Impazzirò. Crollerò. Morirò.
Mi fermo.
Le farfalle nello stomaco non mi imitano. Peccato.
Ha detto che sarebbe venuto a prendermi e stavolta gli credo. Mi starà già aspettando.
Accendo il telefono. Ci siamo scambiati i numeri ieri sera. Mi arriva un sms.
"Lo so che sei arrivata :) Coraggio!"
Ho la netta sensazione che il mio inarrestabile sorriso sia dettato da una crisi isterica, la stessa che mi sta facendo venire voglia di saltellare e correre.
Torno a muovermi.
Cammino veloce. Più veloce. Quasi corro verso di lui.
Eccolo. Lo vedo. È lui. È Mark.
Ho il cuore in gola, nelle tempie, nello stomaco. Ovunque.
Sono davanti a lui.
«Hi», diciamo contemporaneamente.
Ridiamo.
Quando mi chiede come mi sento gli rispondo sincera.
«Felice».




N.d.A.
Ringrazio in anticipo quanti saranno riusciti ad arrivare fino in fondo a questa storia, la prima che ho deciso di pubblicare qui.
La storia di questo racconto ha radici nella mia ammirazione nei confronti di Mark Gatiss. Questi sette capitoli non hanno la pretesa di essere una grande storia, vogliono essere soltanto una storia. Forse un sogno nel cassetto.


   
 
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