Per colpa di quella dannata avevo dovuto rinviare l’appuntamento con Kentin e i gemelli. Sperai perciò che ne valesse la pena, altrimenti, giurai a me stessa, avrei preso Ambra a testate sulle gengive, fino a che i suoi denti non mi fossero rimasti incastonati nella fronte, a mo’ di grottesco diadema dell’orrore. Non era un’immagine molto gradevole, lo ammetto, ma ero fuori di me. Quella strega mi aveva dato appuntamento davanti alla scuola e poi non si era presentata. Come potevo essere calma e ragionare con lucidità? Soprattutto perché mi stavo dando tanto da fare per aiutare suo fratello – e anche perché mi rodeva fin nelle viscere aver dovuto dare buca a Kentin, maledizione.
   Ero già sulla via per tornare a casa, quando ad un tratto sentii abbaiare con forza. Mi girai e vidi un grosso cane nero che mi correva incontro. A prima vista, forse, avrei dovuto trovarlo spaventoso, e invece la mia mente si vuotò di ogni sentimento negativo e mi venne istintivo spalancare la bocca in un sorriso gioioso, precipitandomi ad accarezzare a due mani quel meraviglioso pulcione che aveva iniziato a farmi le feste con foga.
   «Allora non mentivi, quando dicevi che ti piacciono i cani.» Quell’osservazione mi indusse ad alzare lo sguardo e a rimanere stupita davanti alla figura di Castiel che, braccia conserte, mi scrutava dall’alto in basso con una certa soddisfazione.
   «Non l’ho mica detto per impressionarti», ribattei, facendolo ridere. «Piuttosto, che ci fai qui?»
   «Una regata intorno al mondo», mi prese in giro, visto quanto fosse palese che stava portando Demon a spasso. «E tu?»
   «Abito qui vicino.»
   Sollevò un sopracciglio, come se fosse sorpreso da quella rivelazione. «Dove te ne vai con quell’enorme borsa?» mi chiese poi. Per essere uno che non mi sopportava, ne faceva di domande…
   Non avevo voglia di spiegargli che avevo progettato di andare a dormire a casa dei gemelli – Ambra e Nathaniel, non Armin e Alexy – per capire come stessero le cose fra Nathaniel e i suoi genitori. Dal momento che Castiel ed io non eravamo in buoni rapporti, e che lui e il mio amico delegato erano ai ferri corti, non era davvero il caso di farlo impicciare troppo in tutta quella faccenda.
   «Avrei dovuto vedermi con quell’arpia di Ambra, ma non s’è presentata all’appuntamento», spiegai tra i denti, tornando a coccolare Demon che, nonostante il suo aspetto imponente e minaccioso, si rotolò sulla schiena come un cucciolone e lasciò perfettamente intendere cosa desiderasse più di ogni altra cosa. Lo accontentai e, ritrovando il buonumore, presi a fargli degli energici grattini sulla pancia, mentre lui cominciava d’istinto a muovere una zampa per il solletico.
   «Da quando sei diventata sua amica?»
   Questa nuova curiosità era del tutto giustificabile, persino da qualcuno che sembrava non interessarsi a me più di tanto. Ambra mi considerava una sfigata e mi detestava perché suo fratello mi adorava e, soprattutto, perché era convinta che anch’io mirassi a Castiel. Doveva essere sempre distratta nei momenti in cui io e lui non ci nascondevamo la reciproca insofferenza… O, più semplicemente, era troppo impegnata a odiare me e ad amare lui. Ma poi, lo amava davvero? Mi era venuto spontaneo chiedermelo, quando l’avevo vista baciare Kentin. A ripensarci, mi si rimescolò lo stomaco. Anche se Kentin non andava fiero di ciò che aveva fatto, era pur sempre stato lui ad affascinarla per prendersi la sua vendetta su colei che lo aveva sempre tiranneggiato e reputato il più grosso sfigato del mondo – al pari di me, insomma… che bella coppia, dovevamo sembrarle.
   L’idea di spaccarle i denti a testate tornò prepotentemente a stuzzicare la mia fantasia. E mi resi conto che, dopotutto, non era poi così strana, la sua gelosia. Anch’io, in fondo, ero ancora infastidita da quell’episodio, benché sapessi che Ambra e Kentin si odiassero cordialmente.
   Scrollai le spalle ed evitai di guardare Castiel negli occhi. «Stiamo cercando di fare la pace.» Scoppiò a ridere. «Davvero», insistetti.
   «Sei credibile come Boris vestito da principessa.»
   «Che bel bocconcino», commentai, non potendo fare a meno di sorridere.
   «Ad ogni modo, cerca di stare attenta.»
   Gli lanciai uno sguardo da sopra la spalla, fissandolo da sotto in su con fare scettico. «Sei preoccupato per me?»
   «No, per Ambra», ribatté lui con uno dei suoi soliti sorrisi da schiaffi. Ruotai le pupille verso l’alto, ma non nascosi il divertimento che quel disgraziato era riuscito a provocarmi. Fischiò e, senza neanche salutarmi, si avviò per proseguire la sua passeggiata. «Andiamo, Demon!»
   Le orecchie del cane saettarono verso l’alto e subito lui si rimise ritto sulle zampe, scattando in direzione del padrone. Rimasi seduta sui talloni per alcuni istanti, seguendoli con lo sguardo mentre si allontanavano. Quindi, sospirando, mi alzai e, ancora incredula, mi ritrovai a ringraziare mentalmente quella testa calda per essere riuscito a placare, almeno in parte, i miei istinti omicidi.