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Autore: Nata dalla Tempesta    10/03/2015    1 recensioni
[Dark Hunters ]
[Dark Hunters ]Aveline, giovane prosituta del quartiere francese di New Orleans, è convinta che niente nella sua vita potrà mai cambiare, e già da tempo si è rassegnata all'idea di un mondo crudele e violento.
Zarek, cacciatore di demoni al servizio di Artemide, ormai disilluso e pieno di rabbia verso tutto e tutti, è da sempre in cerca di un modo per alleviare il dolore di un amore perduto.
Tra le luci soffuse del Red Velvet, i loro destini si incroceranno e riporteranno alla luce memorie di un antico passato non del tutto dimenticato.
[Ispirato alla serie dei "Dark Hunters" di S. Kenyon]
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Des yeux qui font baiser les miens,
Un rire qui se perd sur sa bouche,
Voila le portrait sans retouche
De l’homme auquel j’appartiens…



Qualcuno la stava chiamando al cellulare, riusciva a sentire la suoneria, ma stava facendo un bellissimo sogno e non voleva aprire gli occhi. “Solo un altro po’”, pensò mentre si rigirava nelle coperte.


Quand il me prend dans ses bras
Il me parle tout bas,
Je vois la vie en rose.



Sbuffò e nascose la testa sotto al cuscino, cercando di recuperare gli ultimi frammenti del sogno.
C’era un uomo dagli occhi blu che le sorrideva, una grande fontana con una statua al centro e immensi giardini.


Il me dit des mots d’amour,
Des mots de tous les jours,
Et ca me fait quelque chose.



Il telefono continuava a squillare senza sosta, e alla fine decise di rispondere.

-Pronto?- disse con la voce impastata dal sonno.

-Aveline, cazzo, rispondi immediatamente quando ti chiamo!- rispose una voce maschile dall’altro capo del telefono.

-Ehi, Frank…- iniziò lei.

-“Ehi Frank” un paio di palle, Aveline.- sbuffò, e sembrava davvero arrabbiato –Ti voglio stasera alle dieci al Red Velvet, se ritardi o fai la stupida te ne farò pentire.-

Non ebbe neanche il tempo per replicare che la comunicazione venne bruscamente interrotta. Aveline sospirò e guardò l’orario sul display del cellulare, constatando che mancavano circa tre ore all’appuntamento. Fece un sorriso triste, desiderando davvero che fosse un appuntamento. Si alzò dal letto sbadigliando e andò a fare una doccia, imponendosi di non volere e non desiderare nulla, perché una come lei non ne aveva il diritto. Si asciugò per bene, mise una crema profumata agli agrumi sulle braccia e le gambe, e scelse con cura la biancheria intima, optando per un completo color avorio di raso e pizzo. A quel punto mancavano solo due ore, e doveva fare in fretta. Passò la piastra sui lunghi capelli neri per renderli lucidi e setosi come ali di corvo, e poi passò al make up. Ombretto scuro e tanto mascara per incorniciare i grandi occhi verdi, e rossetto rosso da pin up a lunga tenuta. Non si piaceva per niente con tutto quel trucco sulla faccia, ma erano ordini di Frank e doveva obbedire. Prese dall’armadio un tubino nero di pelle cortissimo e aderente, mise ai piedi un paio di stivali neri dal tacco vertiginoso e controllò che nella borsetta ci fosse tutto l’occorrente.
Una volta appurato che ogni cosa fosse al proprio posto, prese il cappotto e uscì in fretta dal piccolo appartamento alla periferia del Vieux Carré, il quartiere francese di New Orleans, dirigendosi verso il Red Velvet.
Quella sera la temperatura era scesa parecchio, e Aveline non riusciva a non tremare mentre camminava per le vie del quartiere. Per fortuna casa sua non era molto distante, e circa venti minuti dopo si ritrovò davanti all’insegna rossa e lampeggiante del Red Velvet, un locale che vantava ottimi cocktail, musica sempre dal vivo e un discreto giro di escort. E quella sera, Aveline non era li per un drink né per i musicisti. Prese un bel respiro e si avvicinò all’energumeno vestito di nero che faceva il buttafuori.

-Ehi amico, sono qui per Frank.- gli disse, iniziando la recita.

Il buttafuori annuì e la fece passare, non prima di averla squadrata dalla testa ai piedi con un sorrisetto compiaciuto. Le pareti del locale erano tinte di rosso scuro, le luci erano basse, il bancone e i tavoli di legno nero e lucido, e le poltroncine e i divanetti erano di pelle nera. Aveline si tolse il cappotto e andò al bancone dove Barbie, la formosa e biondissima barista, stava servendo un Manhattan a un cliente. Non appena la vide, le rivolse un sorriso amichevole.

-Ehi tesoro, come te la passi?- le chiese Barbie.

-Come sempre, potrebbe andare meglio.- rispose Aveline poggiandosi coi gomiti sulla superficie dura e liscia –Frank è già qui?-

-Si, ti aspetta nel privé. Lascia qui il cappotto, lo tengo d’occhio per te.-

-Grazie Barbie, sei un tesoro!- sorrise Aveline, e le passò l’indumento.

Prese un bel respiro, si passò una mano tra i capelli per sistemarli e raggiunse il privé. Seduto su un divanetto, c’era un uomo in sovrappeso vestito di bianco, con la barba curata, occhiali da vista dalla montatura grande e squadrata, e un sigaro non ancora acceso tra le dita.

-Ciao Frank.- disse Aveline andando a sedersi accanto a lui e baciandolo su una guancia, come piaceva a lui.

-Mi piace quando le mie ragazze sono puntuali a lavoro.- rispose Frank, mettendo una mano sulla coscia di lei –Stammi a sentire, adesso vai in sala e fai quello che devi fare. Non fare cazzate, intesi?-

Aveline annuì e ritornò nella sala principale, seguita poco dopo da Frank che si mise al suo solito tavolino a fumare il sigaro. Si mise dritta sullo sgabello, con le gambe accavallate, e un sorriso accattivante stampato in viso.
Solo Dio sapeva quanto quella vita le faceva schifo, e quanto avrebbe voluto mollare tutto e ricominciare da capo, lontana da quel mondo in cui gli uomini non si facevano scrupoli a fare di lei quello che volevano, dove i soprusi e la violenza erano all’ordine del giorno.
Ricacciò indietro le lacrime, prese un bel respiro e attese.

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Mentre camminava per il quartiere francese, Zarek continuava a rimuginare sul perché Acheron l’avesse mandato a New Orlens, in mezzo a tutta quella gente poi! Lui non era fatto per stare con gli altri, ed era per questo che viveva a Fairbanks, in Alaska, dove la popolazione non era eccessivamente numerosa, e quindi relativamente al sicuro. Serrò la mascella, riconfermando a se stesso la rabbia che covava da anni. Troppo preso dai suoi tormenti, non si accorse delle ragazze che lo guardavano con aria sognante né degli uomini che si scansavano al suo passaggio, intimoriti dal suo aspetto, che di certo non era dei più rassicuranti. Capelli neri lunghi fino alle spalle, pizzetto da cattivo del cinema, pantaloni e giacca di pelle neri, stivali da motociclista, e portava al dito medio di entrambe le mani un anello argentato che ricopriva tutto il dito e terminava a forma di artiglio. Emanava un’aura minacciosa e poco amichevole, e nessuno sano di mente avrebbe mai osato attaccare briga con lui.
Quella sera, però, Zareknon era incazzato come al solito, forse perché in fondo New Orleans gli piaceva. Di rado entrava a contatto con le persone, e camminare li in mezzo senza essere ricoperto di insulti era davvero piacevole. E poi quella città era il regno delle stramberie, con tutti i suoi artisti di strada e i cartomanti, uno come lui in fondo non avrebbe fatto tanto scalpore. Con l’intento di andare a bere qualcosa per festeggiare quella serata non ancora andata storta, si infilò nel primo locale che gli capitò davanti. Non si premurò di guardare l’insegna né degnò di uno sguardo il buttafuori che, dal canto suo, lo fece passare senza fare storie.
I colori scuri del locale lo facevano sentire a suo agio e non gli davano fastidio agli occhi, cosa che migliorò il suo istante. Un uomo al pianoforte si stava esibendo in una canzone francese dal ritmo lento e lascivo, i divanetti erano occupati da uomini e donne mezzi ubriachi. Sembrava il posto perfetto, constatò. Quindi andò al bancone, dove una barista prosperosa e bionda aspettava di ricevere un’ordinazione.

-Cosa prendi?- gli chiese quando Zarek si sedette su uno sgabello.

-Un whiskey.- rispose –E non pensare di rifilarmi quella merda di Jack Daniels.- aggiunse.

Barbie annuì, e qualche secondo dopo Zarek ebbe il suo whiskey. Pagò la barista e bevve qualche sorso, lasciando che il sapore secco della bevanda gli scorresse sulla lingua, e nel frattempo iniziò a guardarsi attorno. Uomini viscidi che cercavano di abbordare ragazze troppo furbe per cascarci, un tizio vestito di bianco che se ne stava in disparte con una bella donna dai capelli rossi sulle gambe a fumare un sigaro. E poi, dalla parte opposta del bancone, una ragazza vestita di pelle che sorseggiava un cocktail rosa. Molti uomini le lanciavano lunghe occhiate languide alle quali lei rispondeva con sorrisi non troppo interessati. E quando la ragazza si girò verso di lui, Zarek sentì il cuore iniziare a battere all’impazzata nel petto. Era la più bella creatura su cui uno come lui avesse mai posato lo sguardo, con quei suoi capelli nerissimi e gli occhi verdi come smeraldi, il corpo fasciato da un tubino di pelle e le belle gambe toniche accavallate. E poi assomigliava incredibilmente a lei…
Mentre il suo cervello era in preda alla confusione, la ragazza scese dal suo sgabello e si avvicinò a lui con andatura lenta e ancheggiante, e poggiò un gomito sul bancone.

-Ciao.- gli disse sorridendo –Posso sedermi vicino a te?- chiese.

Zarek annuì senza dire una parola, e la ragazza si sedette con un unico movimento fluido.

-Mi chiamo Aveline, ma puoi chiamarmi Ali.- gli porse la mano –Qual è il tuo nome?-

-Zarek.- rispose lui, premurandosi di sfilarsi un anello prima di ricambiare la stretta di mano.

Per gli dei, la sua mano era così liscia e morbida che non avrebbe voluto lasciarla più! Ma a fare i sentimentali non ci si ricavava nulla, lui lo sapeva bene, quindi si rimise l’anello e finì con un unico sorso quello che restava del whiskey.

-Ti va di offrirmi da bere?- fece Ali.

-Ehi, tu.- disse Zarek alla barista –Un altro whiskey per me, e per la signorina...beh, quello che vuole.-

Barbie fece l’occhiolino ad Aveline e le servì un Tequila Sunrise, seguito dal whiskey per Zarek.

-E’ la prima volta che vieni al Red Velvet?- chiese lei, sorseggiando il cocktail dalla cannuccia.

-E’ la mia prima notte a New Orleans.- rispose lui, scolandosi il whiskey in un colpo solo.

-Capisco.- sorrise e si spostò i capelli su una spalla –Sei qui per divertirti?-

-Immagino di si.-

-E…- Aveline scese dallo sgabello per poggiarsi contro Zarek -…vorresti per caso divertirti con me?-

-Beh, sarebbe interessante.- rispose lui, lasciando perdere il bicchiere e passando una mano sulla schiena di lei.

-Prendo 1200$ all’ora, dunque.-

Per un attimo, Zarek non capì. Poi, quando la verità iniziò a farsi largo nella sua testa, contrasse i muscoli e si fece cupo. –Sei una escort?-

-Che c’è, non l’avevi capito?- rispose Ali incrociando le braccia al petto –Quindi che fai, concludiamo oppure no?-

Oh, no, Zarek non avrebbe mai pagato una donna per fare sesso! Proprio lui che conosceva il sapore amaro di una vita infame, non avrebbe mai accettato di fare sesso a pagamento, specie con una donna che gli ricordava tanto il suo passato.

-Chi è il tuo protettore?- le chiese, cupo.

Aveline gli indicò l’uomo vestito di bianco in fondo al locale, e Zarek non perse tempo a raggiungerlo. L’uomo, che era intento a finire il suo sigaro, sussultò quando si trovò di fronte quell’omaccione vestito di pelle dalla testa ai piedi.

-La prendo per un paio di giorni.- sibilò Zarek, sbattendo sul tavolo una serie di banconote di grosso taglio.

L’uomo era esterrefatto, nessuno chiedeva mai le sue ragazze per così tanto tempo! Di solito era una botta e via, ma quel tizio aveva messo sul tavolo più soldi di quanti ne avrebbe visti in una settimana, e di certo non si sarebbe lasciato sfuggire un cliente del genere.

-Prego, è tutta tua. Ma non me la rovinare.- disse mentre raccoglieva i soldi e se li infilava nella tasca interna della giacca.

Zarek non si disturbò nemmeno a salutare, girò i tacchi e tornò al bancone da Aveline.

-Prendi le tue cose.- le disse mentre pagava il conto.

-Va bene, ma guarda che il servizio dura un’ora, non di più.- rispose Ali mentre raccoglieva la borsetta e il cappotto.

-Ho pagato per due giorni.- le disse sbuffando.

Aveline rimase interdetta per un attimo. Nessuno dei clienti del Red Velvet aveva mai pagato una cifra simile per stare con lei! Ricordando le parole di Frank, si ripromise di accontentare ogni richiesta di quell’uomo.
Dal canto suo, Zarek sembrava avere una certa fretta di uscire dal locale, e il suo umore era peggiorato all’improvviso. Non poteva fare niente per evitarle di ritornare dal suo protettore, e questo lo faceva incazzare da morire. E poi, perché proprio lei doveva assomigliare in quel modo a Sophia? Se quello era uno scherzo degli dei, era davvero crudele. Ancora una volta il destino lo stava mettendo a dura prova.
Uscì dal Red Velvet assicurandosi che Ali fosse dietro di lui, e una volta fuori la prese per un braccio. Aveline sussultò, aspettandosi una presa rude, e invece fu sorpresa nel constatare che era gentile.

-Dove andiamo?- gli chiese.

-A casa mia.- rispose lui continuando a camminare –Purtroppo non è vicino, e io sono venuto a piedi.-

-Non importa, sono abituata a stare sui tacchi.- disse Ali, facendo spallucce.

Ma dopo mezz’ora, i piedi di Aveline stavano invocando pietà, e fu costretta a fermarsi un attimo per togliersi gli stivali.

-Ti fanno male?- chiese Zarek, un po’ preoccupato.

-Un po’. Scusami, se ti da fastidio non mi fermerò più.-

Per tutta risposta, Zarek la prese in braccio, raccolse gli stivali e si rimise a camminare. Ali era disorientata da quell’inaspettata gentilezza, e la situazione le sembrava davvero surreale. Arrivati al lato opposto del quartiere, Zarek si fermò davanti ad un edificio di un paio di piani e mise Ali per terra. Prese un paio di chiavi dalla tasca dei pantaloni e aprì il portone e la fece entrare. Salirono le scale fino all’ultimo piano, e lui aprì la porta di un appartamento che, a prima vista, sembrava molto spartano. Una porta scorrevole separava la cucina da un salotto/sala da pranzo che comprendeva un tavolo di legno scuro, un divano di pelle, un tavolino di vetro e un televisore a schermo piatto. In fondo al salotto, una scala a chiocciola conduceva al piano superiore, dove probabilmente c’era la camera da letto.

-Vuoi farlo adesso o prima beviamo qualcosa?- chiese Ali, decisa a fare la sua parte.

-Cazzo, smettila con queste domande.- sbottò Zarek mentre si toglieva la giacca di pelle e la poggiava sul divano –Non voglio scopare con te, ok?-

-Scusa, ma allora perché hai pagato?- fece Aveline, incredula.

-Che ne so, volevo…al diavolo, fai come ti pare.- rispose lui, dirigendosi verso la scala a chiocciola.

-Ehi, aspetta!- Ali lo raggiunse –Vuoi spiegarmi perché sono qui?-

Zarek sospirò, esasperato. –Odio lo sfruttamento, pensavo di farti un piacere togliendoti da li per un po’. Ma se ti piace così tanto farti scopare sei libera di tornare indietro, non sono affari miei. E dì a quell’idiota col sigaro che i soldi se li può tenere.- detto questo, sparì oltre le scale e Ali sentì una porta che si chiudeva.

Aveline impiegò qualche minuto per comprendere quello che stava succedendo. Quell’uomo che apparentemente era stato così rozzo e volgare, in realtà voleva solo essere gentile con lei. Sorrise, pensando che avrebbe dovuto godersi quella semi libertà. Dopo tutto la gentilezza era l’ultima cosa che si aspettava dai clienti, e quello era un giorno davvero memorabile. Speranzosa e insolitamente allegra, salì i gradini della scala a chiocciola e si ritrovò a mettere i piedi su una morbida moquette scura. Una grande finestra panoramica si affacciava sulla strada, e c’erano un armadio scuro e un grande letto matrimoniale che sembrava davvero comodo. C’era solo un’altra porta che probabilmente conduceva al bagno, e sembrava ben chiusa. Non sapendo che altro fare, Ali si sedette sul letto. Forse per l’alcol o per la stanchezza, si ritrovò a distendersi sulle lenzuola fresche e, poco dopo, si addormentò profondamente.
Quando Zarek uscì dal bagno e vide la ragazza addormentata sul suo letto, fu assalito da un’insolita tenerezza. Si avvicinò a lei senza fare rumore e, dopo qualche esitazione, le carezzò una guancia col dorso della mano, scoprendo che era calda e morbida. Chiuse gli occhi, godendosi quel contatto, e poi si allontanò con un sospiro. Scese al piano di sotto per non disturbarla e si distese sul divano, a pancia in su.

-Sophia…- mormorò, pronunciando il nome della donna che aveva tanto amato quando ancora era un essere umano.

Si impose di non pensarci, perché anche dopo tutto quel tempo il suo ricordo gli lacerava l’anima, ma quella ragazza aveva risvegliato in lui i ricordi della sua vita passata, ricordi che lui credeva di aver sigillato, e che adesso erano tornati per tormentarlo.
Imprecando, si girò su un fianco e chiuse gli occhi, maledicendo se stesso per la sua debolezza.


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Ciao a tutti, sono Nata dalla Tempesta! Come forse qualcuno di voi noterà, sono una grande appassionata della serie dei Cacciatori Oscuri di Sherrylin Kenyon, per cui ho voluto prendere in prestito Zarek, uno dei miei personaggi preferiti, e provare a costruire una trama alternativa. Sarò felice se vorrete leggere, recensire ed eventualmente darmi qualche consiglio! :)
   
 
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