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Autore: Lady Vardakas    11/03/2015    2 recensioni
Nereide è una ragazza orfana in una cittadina di pescatori, che si vedràsconvolgere la sua tanto odiata routine dall'arrivo dell'esercito a caccia di pirati e dai pirati stessi.Esistono buoni e cattivi?
Nereide partirà per un'avventira alla ricerca della veritàsulle sue origini.
In questo primo capitolo vedremo una veloce introduzione alla storia e ad alcuni personagg, senza ancora particolari colpi di scena.
Ho preso spunto da una storia che scrissi parecchio tempo fa con un'amica, mai pubblicata. Spero di renderle onore.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Guardai il panorama dal muretto su cui stavo seduta. Il mare era calmo, in piena bonaccia, i gabbiani volavano sul pelo dell’acqua limpida e azzurra, a caccia di qualche sfortunato pesce
Osservavo con il sole negli occhi. Sotto di me la cittadella, arroccata sul colle che scendeva fino alla spiaggia, iniziava a sentire della calura pomeridiana, i negozianti attiravano clienti, la zona del mercato come al solito era chiassosa e nell’aria risuonavano le grida delle trattative sul pesce e sugli alimenti più o meno freschi.
I pochi nobili che ormai erano rimasti in questa cittadella di pescatori si facevano accompagnare dai loro servi che portavano i loro effetti e li proteggevano dal sole con ampi ombrelli colorati, che stridevano con i toni neutri dei vestiti che erano soliti portare i pescatori.
<< Nereide! >> Della, una ragazzina dai ricci castani e le lentiggini, mi raggiunse correndo lungo le scale che portavano alla zona alta della cittadella e, riprendendo fiato dopo lo sforzo, mi guardò preoccupata. << Sono arrivate delle navi enormi! >>.
<< Esageri sempre >> Ridacchiai.
<< No, no! Giuro che sono enormi davvero! Sono scesi uomini dell’esercito della capitale! >>.
Balzai velocemente in piedi. La capitale non mandava mai grandi truppe per controllare la nostra città, che vantava un discreto mercato di pesce e niente più.
In quella città o si diveniva pescatori, rischiando la vita ogni giorno in mare aperto, oppure si trovava lavoro in qualche locanda, a servire da bere a marinai ubriachi che inventavano storie su pesci giganteschi e navi fantasma.
Quindi perché la capitale mandava soldati qui?
Seguii Della oltre il mercato, spingendo qualche marinaio per passare e attardandomi a derubare qualche nobile distratto (ormai era così facile) e arrivai all’Agorà della Cittadella.
Diversamente dalla vita di tutti i giorni, la folla era ai lati della piazza circolare e tutti fissavano un plotone di uomini in armatura completa marciare verso il palazzo del Reggente della cittadella.
In mezzo agli uomini bardati camminavano tre individui distinti, senza elmo, e dalle rifiniture delle loro armature e dallo sguardo altezzoso dei due più giovani, capii che dovevano essere comandanti o comunque figure autoritarie per l’esercito appena sbarcato.
Il più maturo dei tre si fermò al centro e, con lui, anche tutto l’esercito.
Fece passare lo sguardo su tutta la folla, poi si schiarì la voce.
 << Popolo di Utrech, so che non siamo ben accetti qui. Vedete le imposizioni della mia città come minacce al vostro commercio e le tasse che pagate dalla fine della Lunga Guerra vi stremano. Ma tutto questo lo avete in cambio di protezione dagli assalti dei pirati. Mai dopo la Guerra ho visto la vostra splendida cittadina così florida e vivace – sorrise, amabile. Non mi fregava quel nobile farabutto – ma abbiamo fallito. Non abbiamo saputo vedere quanto il pericolo fosse vicino alla vostra fiorente città e alcuni pirati si sono nascosti qui, tra i vostri amici, vicini, cari, tra i pochi turisti che decidono di venire ad ammirare questo luogo favoloso. Siamo qui per rimediare, per questo vi chiediamo solidarietà e aiuto, durante la nostra permanenza ci sarà rispetto reciproco e collaborazione. Il mio esercito nulla avrà senza pagare da voi. Pagheremo e vivremo cose fossimo concittadini, aiutandoci l’un l’altro noi nel vostro commercio e voi nel nostro lavoro. Grazie >>. Si chinò leggermente.
La folla rimase in silenzio tombale per qualche minuto. Tante belle parole quelle dei nobili della Capitale. E avevano persino permesso che i Pirati penetrassero nella nostra innocua città.
A dispetto dei miei pensieri la folla scoppiò in grida di gioia. Sbuffai. Questi cafoni di locandieri e mercanti sarebbero stati capaci di baciare i piedi di ogni singolo soldato pur di convincerli ad andare nella loro locanda o a comprare la loro merce.
Certo, un centinaio di soldati stanziati lì a tempo indeterminato portava certamente soldi.
“Che luridume” pensai rattristata. E come se avesse sentito il mio pensiero quell’uomo dagli occhi color ambra mi fissò intensamente dal centro della piazza.
In mezzo a centinaia di persone non so come facessi a sapere che fissava proprio me, ma così era.
Lo sentivo nelle viscere.
<< Nereide! >> Della mi tirò un braccio.
<< Dovremo andare a dare una mano alla locanda con tutti questi soldati! >>.
E corse via, precedendomi verso la locanda della “Schiuma di conchiglia”, dove il nostro tutore ci aveva faticosamente trovato un lavoro, che io non apprezzavo per nulla.
Sorpassai agilmente Della e mi presentai per prima di fronte alla tozza donna che già reggeva in mano il mio grembiule.
<< Sempre con comodo Nereide! >> sbraitò.
Di lì a poco, in effetti, la locanda si riempì di soldati. Servii birra e liquori di ogni tipo, portai i piatti dalla cucina ai tavoli, ignorai qualche commento sarcastico sul mio “bel sederino”.
Quando pensai che la giornata non potesse andare peggio (lavorare e per di più farlo per servire e riverire quei buoni a nulla della capitale) dalla porta principale fecero il loro ingresso le tre figure autoritarie, prendendo uno dei tavoli a me assegnato. Mi avvicinai per prendere le ordinazioni, sfoderando il sorriso migliore del mio repertorio, cercando di smascherare il mio disgusto.
<< Ehi piccola, sei compresa nel prezzo tu? >> Mi chiese il giovane biondo, mettendo il suo braccio intorno al mio bacino.
Al momento fui tentata di schiaffeggiarlo ma la mia mano fu bloccata da quella dell’uomo più anziano, che fece un baciamano da manuale, sottraendomi dalla presa del suo compagno.
<< Perdonate la stupidaggine dei miei sottoposti, sono ancora  parecchio giovani e fin troppo briosi con le fanciulle belle come voi >>.
Beh… innanzi tutto nessuno mi aveva mai baciato la mano. E secondo nessuno mi aveva mai dato del voi. E terzo… rimasi interdetta, non riuscii a pensare a nulla fuorché quello sguardo inquisitorio con cui l’uomo mi osservava. Mi disarmava e mi faceva sentire a disagio, come se avessi qualcosa da nascondere.
Nulla di concreto ovviamente ma il mio disgusto per lui venne meno, un po’ per infondato timore che sentisse i miei pensieri, un po’ perché era il primo viso gentile da mesi.
<< Il mio nome è Caius Poseidon e per qualsiasi problema arrecato a voi perpetrato dai miei uomini, non esitate a rivolgervi a me >> Sorrise.
Sorrisi anch’io. Come una stupida.
<< Sì... sarà fatto signore >> affermai meccanicamente.
Rimase in attesa, probabilmente della mia presentazione, poiché lui si era ben presentato.
<< Oh! – Mi accorsi della mia sbadatezza e feci un inchino decisamente sgraziato – io sono Nereide >>.
<< Nereide e...? >> chiese il biondo.
<< Nereide e basta signore. Sono orfana e gli orfani non hanno un secondo nome >> Risposi un po’ acida, poi mi rivolsi a Poseidon. << Sarò a vostra disposizione per ogni vostra ordinazione >>.
<< Nereide. Magnifico nome. Ah Nereide, sai come si riconosce un pirata? >>.
Scossi la testa. Non ne avevo mai visto uno. 
<< Hanno almeno un tatuaggio sul corpo >> sorrise.
Presi le loro ordinazioni e mi allontanai. Caius Poseidon sembrava diverso dagli altri, ma ancora non potevo cadere così nelle mani dei generali inviati dalla capitale.
Nel mio ciclo di pensieri finii contro un’ospite della locanda.
Una donna alta e dai lunghi capelli neri, un impermeabile bianco e lo sguardo di ghiaccio.
<< Attenta a dove metti i piedi ragazzina. E portami una birra! >> Disse mettendosi al bancone.
La ragazza che la seguiva si sedette accanto a lei ed entrambe, appoggiandosi al bancone con i gomiti scoprirono vagamente i polsi, sui quali vi era un tatuaggio, una piovra che affondava una nave.
Le guardai allarmata mentre servivo loro la birra. Erano senza dubbio pirati.
   
 
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