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Autore: margotwilson    12/03/2015    3 recensioni
Questa storia tratta della famosa "Girl I Know", assolutamente tratta dalla mia fantasia ed ambientata al liceo dove i nostri cari Sevenfold avranno il piacere di conoscere Alex, la nostra ragazza. Spero di non annoiarvi con queste vicende a tratti demenziali, anzi spero vi appassioni quanto hanno appassionato me che le scrivevo. Vi prego di lasciare un commento per farmi sapere se vi piace oppure se vi piacerebbe leggere qualcosa in particolare. La storia si adatterà a me così come a voi, così come ai protagonisti.
xx Margot.
Genere: Comico, Erotico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Pleasuring Feelings.

Chapter one.


Stava comodamente seduta dietro all'ormai battezzato come suo banco di scuola, con un piede appoggiato sul vecchio e bruciacchiato portaoggetti in legno incorporato al tavolo, che si dava spinte abbastanza forti e regolari per riuscire a far dondolare la sedia sulle gambe di ferro battuto posteriori. Era uno spettacolo davvero molto piacevole per lui che la guardava, che guardava il lembo scoperto di pelle del suo fianco dovuto alla canottiera troppo corta per gli standard delle altre ragazze della scuola. 

Lei con una mano, quella sinistra, giocherellava con una piccola ciocca di capelli rossicci -residuo quasi sicuramente di una tinta fatta ormai troppo tempo addietro ma che si amalgamava perfettamente al suo colore naturale- mentre in quella destra teneva una matita che si picchiettava sul labbro inferiore, carnoso e roseo, mentre quasi sicuramente stava ascoltando attentamente la lezione del professore di biologia. Probabilmente era l'unica della classe a farlo.

Lui l'aveva notata all'inizio della scuola, qualche settimana prima, forse perché era nuova o forse perché era sexy, cosa abbastanza normale e comune per un adolescente maschio. O forse l'aveva notata perché non gli aveva dedicato alcuna attenzione, così come non l'aveva dedicata a nessuno se non rare eccezioni.

Lei non indossava abiti firmati, anzi, alcune delle sue compagne di scuola avevano riconosciuto vestiti che loro stesse avevano donato alla raccolta per i poveri e per questo l'avevano schernita pesantemente, eppure a lei non importava. Lei camminava come se niente la disturbasse, occhiate languide o di disprezzo che fossero, perché sapeva che gli altri le avrebbero portato rispetto se si fosse fatta rispettare. E così è stato. Il suo ignorare le persone l'aveva resa un polo d'attrazione a causa del velo di misteriosità che le aleggiava attorno.

Le ragazze la avevano etichettata come una poco di buono basandosi su leggende metropolitane tratte da faccende realmente accadute che ragazzi più grandi in piena crisi ormonale raccontavano in giro spacciandole per avventure da una notte. Erano semplicemente film mentali che loro si costruivano su un sorriso di lei oppure storie vere? Forse erano entrambe le cose. A lui forse piaceva anche quell'aspetto di lei.

Lui l'aveva vista più volte a mensa in compagnia di due ragazzi che il suo migliore amico conosceva e lui stesso aveva sentito suonare svariate volte durante una delle solite feste a base di birre rubate improvvisate negli scantinati di case troppo costose adibiti a sala prove per musica dei generi più svariati. Robert Frank e Matthew Sanders, quelli dei "Successful Failure". Si salutavano, e di tanto in tanto si scambiavano pure qualche parola: pensava fossero apposto.

"Te la stai mangiando ancora?" gli chiese il suo amico, Jimmy, lasciandogli una gomitata sul braccio per attirare la sua attenzione, palesemente concentrata verso alla ragazza che ancora dondolava con la sedia.

Lui non rispose.

"Girano voci su di lei, lo sai." 

Lui sbuffò una risata. "Jim, ne girano pure su di noi, se è per questo."

"Forse dovresti controllare se sono vere oppure no, quelle su di lei." continuò Jimmy, lasciandogli un'altra gomitata sul braccio, stavolta con malizia e con una risata abbastanza eloquente aggiunta.

"Forse dovrei." rispose Brian a bassa voce, ricambiando la sua gomitata e la sua risata per poi iniziare con lui stesso una piccola lotta fatta da colpi mediamente forti e vari rumori dovuti agli oggetti che venivano messi in mezzo e così coinvolti nello scontro.

Lei si voltò a guardarli e rivolse loro uno sguardo fatto di disprezzo condito con una smorfia disgustata delle labbra, infastidita dal casino che stavano facendo dall'altra parte dell'aula.

"Scimmioni." mormorò a bassa voce per poi voltarsi nuovamente verso al professore.
   
 
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