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Autore: Josephine_    13/12/2008    6 recensioni
Salve a tutti! Questa è la mia prima fic, quindi vi prego, siate comprensivi... l' ho scritta durante un' ora di epica particolarmente pesante e racconta di come io immagino la morte di Ettore, figlio di Priamo e personaggio di rilievo nell' Iliade. Spero che leggiate e recensiate^^
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!! Allora, questa è la mia prima fic... Parla di quello che secondo me ha pensato Ettore prima di morire. Premetto che, come invece c' è nell' iliade, qua non ho messo l' ideale eroico, la morte coraggiosa etc... Ho cercato semplicemente di "umanizzare" un po' il personaggio di Ettore, che è anche il mio preferito. Spero che vi piaccia^^

Ettore


Sono davanti alla morte. Il momento tanto agognato alla fine è giunto. Strano, non è come me lo immaginavo... Insomma, pensavo che sarebbe stata una cosa gloriosa, che mi sarei sentito pieno di orgoglio, ma l' unico sentimento che sono in grado di provare adesso è semplice e banale vergogna. Per non aver saputo difendere il mio popolo, per non aver saputo tener testa ad un solo nemico quando i battaglia ne ho uccisi a migliaia ma, soprattutto, per non essere stato più tempo accanto a mia moglie e a mio figlio. Non è colpa di Elena, no, lei non c' entra, nonostante si senta sempre responsabile di tutto ciò; non attribuisco nemmeno a quel codardo di mio fratello Paride ciò che sto per subire, nè a mio padre, che in questo momento starà pregando gli dei perchè mi risparmino, nè di Achille, irto su di me come una fiera che sta per uccidere la sua preda. Sapevo fin dalla nascita che questo sarebbe stato il mio destino, come anche mio padre prima di me sapeva quale sarebbe stato il suo. Sono cose che tu sai perchè gli dei vogliono che tu le sappia, così da non illuderti e da seguire beatamente la strada che loro hanno tracciato per te. Me le immagino in questo momento le tre Parche, regine della morte, mentre stanno per tagliare quel filo sottilissimo che è la mia vita, ghignanti e beate nel loro ruolo di potenza che ogni essere vivente teme. Mi vien voglia di rigngraziarle: almeno non vedrò mia moglie ridotta schiava e mio figlio ucciso da uno degli anchei. Mi concentro sulle mie emozioni, non credevo che se ne potessero provare così tante contemporaneamente. Intravedo speranza, dolore, orgoglio, amore, delusione, ma anche gioia per aver reso onore al mio nome, quello che per anni è stato il terrore degli achei e che per sempre renderà giustizia a Troia. Non esiste paura nel mio cuore. Non provo mai paura. Non nel senso vero e proprio. E, se c' è una cosa per cui vale la pena ringraziare gli dei, è che a loro non piace farti morire con la paura in corpo. E gliene sono grato. Dall' Ade non sopporterei il ricordo di un Ettore confuso e spaventato davanti ad una lama come ce ne sono tante, come mio figlio spaventato dal mio abbigliamento da battaglia. Oh, quanto mi mancheranno quei momenti. I migliori in assoluto. Andromaca. Astianatte, il piccolo re di Troia. Mi mancheranno entrambi, erano l' unica cosa per cui io continuassi a restare in prima fila nelle battaglie, per difendere loro, in un gesto di amore sconsiderato. Non capirò mai come abbia fatto Paride fin' ora a scappare dalla battaglia e a guardare ogni sera in faccia Elena senza provare un minimo di vergogna, di pentimento, di umiltà. E non capirò mai la scelta di Elena di non opporsi a lui, di restargli fedele pur sapendo che razza di vigliacco sia. Ancora un pensiero ad Astianatte, il mio piccolo, grande Re, e ad Andromaca, non solo mia sposa ma mio unico amore. Diceva sempre che io ero tutto per lei: padre, madre, fratello e sposo, perchè sotto le armi achee aveva visto morire la sua intera famiglia. E io l' ascoltavo, e la capivo, e cercavo di essere per lei tutto, per renderla felice, per renderla la degna sposa di Ettore. Non so se ci sono mai riuscito, a giudicare dai momenti felici trascorsi insieme direi di si. Non credevo di poter pensare così tante cose prima di morire, credevo fosse solo un attimo, invece mi ritrovo ad analizzare attentamente ogni attimo della mia vita, come fossi un aedo che canta una sua storia: quella della propria vita. Ora vedo la lama di Achille a pochi centimetri da me, ne osservo le venature e le decorazioni, il sangue che la macchia e il riflesso del sole che mi appanna la vista. Lo sento. Mi ha colpito. Il sangue prende a scorrere dalle mie mani. E' come sempre, denso e rosso scuro. Mi avvicino a lui e sento Apollo farsi largo tra i miei pensieri e farmi dire cose che non riesco a focalizzare bene. E di nuovo Apollo torna in cielo, lasciandomi debole e stremato. Ho solo la forza di chiedergli di riportare il mio corpo a Priamo, mio padre, ma lui scuote la testa, e mi rimprovera per ciò che ho fatto a Patroclo. Leggo cattiveria e odio nei suoi occhi, niente pena. Vedo già la mia fine, divorato dagli uccelli e dai cani. Prima di morire focalizzo bene un' immagine nella mia mente: io, Astianatte e Andromaca sulle mura di Ilio, con la nutrice in un angolo. Voglio morire pensando a loro, a quello che ho fatto per la mia famiglia e a quello che avrei potuto fare.


Spero vi sia piaciuto... è la prima fic che posto e mi farebbe piacere se voi poteste recensire, anche per dirmi se vi è piaciuto o se lo immaginavate diverso... Bacioni,
Gelb_augen
  
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