Storie originali > Giallo
Ricorda la storia  |      
Autore: Rallienbow_    13/03/2015    1 recensioni
{ Nomi tratti dal gioco del Cluedo. Scritta in occasione del Cluedo Contest sul forum di EFP. Contest annullato. }
Eleanor annuì. Si alzò sulle punte dei piedi per arrivare alle sue labbra e lasciargli un bacio dolce, che lui ricambiò volentieri. Le carezzò la guancia, regalandole un ultimo sguardo d’amore prima di allontanarsi da lei.
Per sempre.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Eleanor si guardò allo specchio: non aveva mai avuto una grande autostima, ma doveva ammettere che quell’acconciatura le era riuscita parecchio bene. Non credeva sarebbe stata in grado di agghindare i capelli a quel modo tutta sola, ma grazie all’aiuto di un paio di specchi in più e tante forcine era riuscita ad ottenere davvero un buon risultato. Applicò del rossetto rosa antico, un colore pastello, delicato, sulle labbra; poi tamponò leggermente le guance con un blush, e infine accentuò la lunghezza delle ciglia con un semplice mascara nero, ma di effetto.
Tutto era pronto per la festa. Gli inviti erano stati mandati ai partecipanti due settimane prima: al loro interno era compresa la spiegazione del gioco, le regole, e le solite faq. In poche parole, ad ognuno sarebbe stato assegnato un personaggio del Cluedo classico e il ruolo che esso avrebbe avuto durante la serata, che non dovevano ovviamente rivelare a nessun altro giocatore; in più, loro compito era quello di personalizzare il carattere del personaggio, in modo tale da renderlo più vivo. Durante la festa non era permesso usare i loro nomi reali. Lei, quella sera, era Eleanor Peacock, e suo marito sarebbe stato il master del gioco, a cui tutti avevano inviato il modulo del proprio personaggio compilato in modo completo.
Era, tutto sommato, contenta di come si era conclusa l’organizzazione della festa.
Osservò il suo vestito: essendo il tutto ambientato nel 1800, aveva affittato un capo per l’occasione. Era di un arancione pesca molto delicato, con qualche abbellimento in bianco e un paio di grandi balze, pieno di merletti e pizzi – che, ammise a se stessa, in alcuni punti erano particolarmente fastidiosi e scomodi. Fece una piroetta, per controllare che fosse tutto in ordine, e quando guardò di nuovo il suo riflesso nello specchio sobbalzò: Chris era dietro di lei, sorridente. Improvvisamente arrossì, ma senza abbassare lo sguardo.
- Sei particolarmente bella questa sera, non che tu di solito non lo sia, mogliettina. O dovrei chiamarti signorina Peacock? – il suo tono era sempre stato dolce e carezzevole, le piaceva sentirlo parlare, l’aveva incantata dal primo istante. Si lasciò sfuggire una risata, per poi fissarlo.
- E tu sei in giacca e cravatta. Che peccato, e io che volevo vederti con un vestito d’epoca addosso! – Eleanor sorrise, fissando la sua immagine riflessa ma percependo le mani di lui sui suoi fianchi.
- Sarà per la prossima volta. Ma questa non può più aspettare. – e come se niente fosse, Chris tirò fuori (senza che lei capisse bene da dove) una collana in perfetto stile ottocentesco, con un ciondolo ovale, nero opaco, raffigurante la silhouette bianca di una donna, e il cordino in raso nero, che metteva in risalto la pelle pallida di Eleanor. Chris gliela fece indossare, e lei non seppe far altro che assecondarlo. Era rimasta completamente scioccata da quel gesto, mai si sarebbe aspettata una sorpresa simile. – Santo cielo, Chris, ma è splendida. – si girò quindi verso il marito, gli mise le braccia intorno al collo e lo guardò con quell’espressione piena di amore che riservava solo a lui.
- Nah, tu lo sei di più. – le lasciò un bacio sul naso, senza mai smettere di sorridere. – Sei pronta, vero? Vai ad accogliere gli ospiti, che dovrebbero essere qui a momenti. Io... Beh, io vado a fare il morto! Così poi prendo in mano il gioco. -
Eleanor annuì. Si alzò sulle punte dei piedi per arrivare alle sue labbra e lasciargli un bacio dolce, che lui ricambiò volentieri. Le carezzò la guancia, regalandole un ultimo sguardo d’amore prima di allontanarsi da lei.
Per sempre.


Era come se quel gioco non fosse mai finito.
- Signorina Peacock, credo di aver risolto il caso. Come le ho detto, l’assassino di suo marito... -
Lo sguardo di Eleanor, vacuo, si posò sulla figura del detective. Era seduto davanti a lei, era andato a casa sua per informarla degli sviluppi del “caso”. Il caso Cavendish. Il caso che riguardava la morte di suo marito Chris. Quella vera, non quella del gioco. Dopo quella notte, avevano tutti deciso di cambiare i loro cognomi con quelli del Cluedo, in sua memoria.* Eleanor non riusciva ad accettare l’idea che Chris fosse stato ucciso. Aveva sempre pensato che l’avesse colto un malore, che fosse caduto e avesse sbattuto la testa su quel dannato candelabro. La sua fragile mente non riusciva ad associare la parola “assassino” con l’immagine di uno dei suoi amici. Né a Kassandra, né a Victor, né a Jack, o Diana, o Jacob. Si volevano bene, facevano tutti parte di una grande famiglia. Era impossibile che fra di loro ci fosse l’omicida del suo Chris. Era sicura che nessuno dei suoi amici avrebbe voluto vederla soffrire come negli ultimi tempi era accaduto, e nessuno di loro ne avrebbe tratto beneficio in qualche maniera. Non erano ricchi, non avevano debiti; la loro passione più grande era il teatro, e sebbene ne possedessero uno, non organizzavano serate da cinquanta sterline a poltrona, non erano così famosi. Eleanor aveva un ordinario lavoro come maestra, e Chris era un professore di letteratura inglese all’università. Erano una coppia normalissima.
- Mio marito è stato vittima di un tragico incidente. Nessuno dei presenti quella sera lo ha ucciso. L’ho ripetuto al detective prima di lei, e lo ripeto ora. Niente riuscirà a farmi cambiare idea, mi dispiace. -
Quando diceva quella frase, il detective precedente emetteva un grande sbuffo di rassegnazione, prendeva il suo cappello e diceva “D’accordo signorina Peacock, se ci saranno altri sviluppi la terremo informata.” e se ne andava, come se fosse la cosa più normale del mondo. Ma negli occhi dell’uomo che vedeva ora non c’era niente di tutto questo.
- Io posso provarle il contrario. Mi aveva detto di non giungere a conclusioni affrettate e di pensare bene a quello che le avrei detto una volta scoperta la verità, perché lei mi avrebbe dato una possibilità sola per dimostrarla, dato che secondo lei troppe verità si mescolano insieme e poi non si è più in grado di distinguere il vero dal falso, giusto? Io le dico che sono sei mesi che lavoro e nonostante mi abbiano messo a capo delle indagini solo da un mese, sono sicuro di me stesso. Le ho provate tutte, e questa è l’unica rimasta. Mi concede il beneficio del dubbio? -
Eleanor dovette ammetterlo: quel ragazzo era pieno di forza. – E va bene, un solo tentativo. E se non andrà a buon fine, lei archivierà questo caso e non ne sentirò mai più parlare. Abbiamo un accordo? -
Il detective sorrise. – Sì, signorina Peacock, abbiamo un accordo. –

                                                                ***
Eleanor si trovava ancora una volta alla stazione di polizia.
Avevano chiamato di nuovo tutti quanti per l’ennesimo interrogatorio. Eleanor credeva che quella tortura non sarebbe mai finita. Erano sei mesi che andavano avanti, lei non ne poteva più di raccontare quello che era accaduto. Non era mai stata una donna forte, aveva sempre avuto bisogno di qualcuno che le tenesse la mano in ogni situazione, aveva sempre avuto bisogno di sostegno, di una bella parola, aveva sempre avuto bisogno di aiuto. Non avrebbe mai potuto affrontare la vita da sola, lei. E questo era uno dei tanti motivi per i quali aveva sposato Chris: fin da quando si erano incontrati la prima volta, aveva subito capito che non l’avrebbe mai abbandonata, che sarebbe sempre rimasto al suo fianco, che ogni volta sarebbe stato pronto a sostenerla. Le faceva trovare i piatti caldi in tavola quando tornava dal lavoro, puliva casa se lei era troppo stanca, la portava nelle spa più suggestive quando aveva bisogno di staccare la spina e non pensare ai problemi di tutti i giorni; spalava la neve dalla salita del garage così che lei potesse uscire con l’auto senza fatica, teneva il giardino ben potato e i gatti puliti. Non aveva mai permesso che lei si preoccupasse di qualcosa. L’unico compito di Eleanor era stato sempre e solo quello di amarlo con tutta se stessa, di tenergli compagnia, di organizzare viaggi e serate con amici. Dopo quella sera, avevano persino cominciato a pensare di volere un bambino.
– Kassandra Scarlett? – un agente di polizia, sulla soglia dell’ufficio, fece il nome di una degli indagati. Kassandra si alzò con quei suoi movimenti eleganti, quasi snob se non l’avesse conosciuta bene. Lo sguardo cristallino si fermò sulla figura del poliziotto, squadrandolo dalla testa ai piedi, con un’espressione in viso tutt’altro che felice. – Per essere qui in tempo, ho dovuto abbandonare di fretta e furia un cocktail party che poteva valermi una promozione. Spero abbiate motivi più che validi per avermi convocata, o rimpiangerete il momento in cui avete composto il mio numero. –  Sì, Kassandra poteva essere davvero una spina nel fianco quando lo desiderava, ed Eleanor aveva come l’impressione che le piacesse esserlo. A volte l’aveva invidiata. Kassandra faceva parte di quella categoria di donne sicure di sé, che non aveva mai paura di niente e di nessuno e rideva in faccia al pericolo. Non era intimorita da quello che sarebbe potuto accadere. In fondo, perché avrebbe dovuto esserlo? Per quanto potesse essere ritenuta da qualsiasi altra donna come possibile rivale in amore, Eleanor sapeva bene che Kassandra non avrebbe mai messo gli occhi su Christian; fra di loro si rispettavano, non sarebbe mai potuta accadere una cosa del genere. L’agente, che probabilmente non aveva avuto a che fare con lei prima, biascicò un misero “Certamente” e si fece da parte, mentre il lungo vestito rosso che indossava toccava quasi per terra, e le gambe, chiare e toniche, messe in mostra fino alla coscia grazie ai profondi spacchi della gonna, portavano avanti tutto il peso di Kassandra sui vertiginosi tacchi a spillo neri, in vernice, coordinati alla fascia del vestito posizionata in vita. Le braccia, magre, ricadevano lungo i fianchi, e in una mano teneva stretta la sua pochette nera tempestata di rubini. Sull’unica spallina del vestito, quella di sinistra, era fissata una grande ed elaborata spilla che reggeva il peso di una pelliccia folta. Eleanor vide sparire la figura di Kassandra una volta che la porta degli interrogatori si chiuse, e lei rimase ai suoi ricordi.

- Kassandra! Puntualissima come al solito, non mi aspettavo altro! – Eleanor aprì la porta in legno massiccio e sorrise dolcemente, facendo accomodare l’amica.
- Avete proprio trovato un’ottima location. Peccato per quel pantano che c’è fuori, su cui è impossibile camminare anche con scarpe da ginnastica! Potevate dirlo nell’invito! – la ragazza aveva un’aria abbastanza contrariata, ma Eleanor sapeva bene come prenderla.
- Hai ragione e mi dispiace, non mi è proprio venuto in mente. Vorresti un bicchiere di rosato? O preferisci un rosso? Intanto dimmi, com’è andata la settimana? Il lavoro? -
Kassandra si rallegrò immediatamente. – Rosso, grazie. So che Chris ha gusti meravigliosi in fatto di vini, quindi mi fido. Ah, guarda, non parlarmi di lavoro! Quegli imbecilli del reparto stampa hanno combinato una tragedia! Insomma, Eleanor, se ti dico che in prima pagina ci va il Valentino pervinca, mi spieghi perché loro devono mettere lo Zuhair Murad fiordaliso? Insomma, sono così diversi! – Eleanor dovette davvero trattenersi dal ridere. – Per di più, non contenti, hanno anche sbagliato l’ordine di presentazione dei capi dell’ultima sfilata Elie Saab. Ti rendi conto? Sono degli incompetenti. Se fossi il loro capo, e sta certa che prima o poi lo sarò, li licenzierei tutti. Mi hanno fatto correre come una pazza. Mi sono dovuta addirittura preparare il caffè da sola perché la mia assistente è influenzata! Roba da matti! – Kassandra accavallò le gambe in quel modo sexy che era solito usare con nonchalance, era un qualcosa che faceva parte di lei da sempre. – E tu invece? Di cos’è già che ti occupi? -
Eleanor rimase piacevolmente colpita da quella domanda; sebbene ritenesse Kassandra, in fin dei conti, una brava persona, non poteva dire che fosse altruista o che spendesse la sua vita prodigandosi per gli altri. – Lavoro come maestra d’asilo e va tutto molto bene! Ci sono sempre un sacco di bambini di cui prendersi cura, insegnare giochi nuovi, e vederli correre nel giardino è una sensazione incredibile... – un piccolo sorriso era andato disegnandosi sul volto della giovane. Sperava molto di poter avere un figlio da Chris. Kassandra alzò un sopracciglio, dubbiosa.
- Ti piacciono così tanto i bambini? Io non li sopporto. Sono veramente fastidiosi. Non credo sarò mai in grado di averne miei. Ma guardando te e Chris, in effetti... Oh, Eleanor, sai mantenere un segreto? –
Eleanor annuì piano, avvicinando di poco l’orecchio alle labbra scarlatte di Kassandra. –Ho dei legami con uno dei ragazzi. –


La porta dell’ufficio si aprì all’improvviso, interrompendo il ricordo di Eleanor, che fu rigettata nella realtà senza preavviso. Non sapeva quanto fosse durato l’interrogatorio, ma quando si guardò intorno notò che tutti i suoi amici erano lì, seduti accanto a lei, impazienti di sapere come fosse andata la “chiacchierata” fra i due. Quando la porta si aprì, Eleanor ebbe un fremito provocato dai brividi alla vista dell’amica. Il volto di Kassandra era segnato dallo sgomento, gli occhi azzurri erano sbarrati, pieni di paura. Non l’aveva mai vista  con quell’espressione di terrore in viso. Si alzò di scatto e le andò incontro, preoccupata, decisamente preoccupata, ma Kassandra si spostò, evitando il contatto con Eleanor. Le riservò uno sguardo pieno di disgusto, per poi dirigersi a passi veloci dentro l’ascensore e scomparire. Eleanor si girò verso il detective, che era ora appoggiato con la spalla allo stipite della porta, conscio di ciò che aveva appena fatto. – Cosa avete detto a Kassandra? – Eleanor detestava vedere le persone che amava soffrire.
Lui la guardò come se volesse entrare nella sua mente.  – Solo la verità, signorina Peacock, solo la verità. – 

Il professor Victor Plum era conosciuto per la sua grande pacatezza e tranquillità. Come Chris, anche lui era insegnante di letteratura inglese all’università. I suoi movimenti erano sempre ben calcolati, non lasciava mai nulla al caso. Da alcune persone era ritenuto un soggetto alquanto misterioso, un personaggio con mille sfaccettature, cui era impossibile prevederne le mosse. I capelli bianchi, dovuti a una canizie prematura, coprivano sempre il suo occhio destro, che aveva perso da bambino – a nessuno però era mai stata raccontata la vera storia.
Quella sera fu il secondo ad arrivare, e non ci fu bisogno di aspettare che bussasse alla porta: avevano entrambe visto l’ombra di una persona con una terza gamba, e nel loro gruppo solamente Victor aveva un bastone da passeggio. Eleanor andò ad aprirgli con un grande sorriso.
- Victor! Sono davvero molto contenta che tu sia qui! Prego, entra! -
- Sei sempre molto gentile, Eleanor cara. È già arrivato anche qualcun altro oppure ho l’onore di essere il primo? – Victor porse alla padrona di casa il cappotto pesante, che lei lasciò sull’appendiabiti.
- Oh, il primo posto ti è stato rubato da Kassandra! – Eleanor lo guidò fino al salone, dove Kassandra era seduta con il bicchiere di vino fra le dita, facendo oscillare il liquido da una parte all’altra.
- Ciao, Victor. – Kassandra sfoggiò il suo miglior sorriso sarcastico; si sapeva che fra i due non scorresse buon sangue, per colpa di una causa che la famiglia di lei perse contro quella di lui. Da allora cercavano di convivere senza ammazzarsi, ma Eleanor aveva sempre pensato che sotto ci fosse di più. A volte le era anche balenata in mente l’idea che Kassandra potesse essere innamorata di Victor, ma non aveva mai trovato delle vere prove.
- Ciao, Kassandra. Ti trovo bene. Spero tu non ti sia dimenticata della nostra scommessa, sarebbe un vero peccato! – un sorriso quasi inquietante apparve sul volto di Victor, e la mascella di Kassandra si contrasse; no, non l’aveva dimenticata. – Tutto ciò mi rallegra! Non vedo l’ora di poter assaggiare la mia ricompensa! –
Kassandra si alzò in piedi, puntandogli contro il dito con un impeto da duello, quasi volesse sfidarlo a qualcosa. - Ehi, pagliaccio, non è ancora detto che tu vinca! Se fossi in te non canterei vittoria così facilmente! –
Eleanor li aveva sempre trovati un po’ buffi: lei che lo chiamava pagliaccio, perché spesso Victor aiutava a studiare i bambini, e lui che rispondeva come se lei fosse la sua migliore amica da sempre, mandandole baci con la mano e facendole grandi sorrisi innocenti. Questa volta, però, li guardò con un’aria molto confusa. – Ma di cosa diavolo state parlando...? –
Victor si girò verso di lei e si portò un dito alle labbra, sorridendole e facendole l’occhiolino. – Shhh, è un segreto! –


- Forse un dolcetto ti tirerà su di morale, Eleanor cara. -
Victor si sedette vicino a lei, porgendole una caramellino dall’incarto lilla, accompagnata da un sorriso gentile. – Dimenticavo che tu vai in giro con le scorte di caramelle in tasca. – Eleanor non poté far a meno di accettare quel piccolo gesto e di ricambiare il sorriso. Ricordava bene quanto Victor le fosse stato accanto durante e subito dopo la morte di Chris. Lei non era forte. Forse, se Victor non le fosse rimasto a fianco, si sarebbe suicidata molto tempo prima. Adesso Eleanor stava tremando per la paura.
- Cosa pensi abbia detto il detective a Kassandra per suscitarle quella reazione? –
Victor si prese qualche istante per pensarci su, poi sospirò e rispose: - Non ne ho idea, ma è quello che voglio scoprire. – Si diresse verso il detective con passo deciso, sempre aiutato dal suo fedele bastone da passeggio. – Voglio essere il prossimo interrogato. –
Il detective alzò un sopracciglio, stupito: non si aspettava affatto che uno dei sospettati volesse sottoporsi alle sue domande di spontanea volontà. Probabilmente non gli sarebbe mai più capitato durante la sua carriera un’occasione del genere, così prese la palla al balzo. – Ma certo, si accomodi pure nella sala interrogatori. –
Victor si girò verso Eleanor e le sorrise. – Scopriremo la verità, Eleanor cara, non dubitarne. –  e detto ciò, sparì anche lui come aveva fatto Kassandra.
Passò una mezz’ora abbondante prima che Victor uscisse dalla stanza; nel mentre Eleanor aveva finito per mangiarsi tutte le pellicine delle dita, a causa dell’ansia. Questa volta non gli andò incontro; aveva paura che anche lui avesse la stessa reazione dell’amica. Lo seguì con lo sguardo, mentre le si avvicinava. Le sembrava che qualcosa fosse cambiato in lui. – Eleanor cara, ci vediamo domani mattina verso le dieci alla casa di quella sera. D’accordo? – Eleanor frullò le ciglia. Tutto lì? Non poteva essere vero, eppure dietro il suo classico sorriso c’era qualcosa di più. Forse voleva dirle quello che l’ispettore gli aveva detto? – D’accordo. –  quindi annuì solamente, e Victor le lasciò un’altra caramellina in grembo, di color arancione pesca.
Poi, se ne andò.

Quando bussarono alla porta per la terza volta, quella sera, Eleanor aveva quasi avuto l’impulso di non andare: adorava guardare Victor e Kassandra battibeccare, trovava in loro una chimica quasi pazzesca. Dovette però convincersi ad aprire la porta, e fu piacevolmente sorpresa dall’arrivo in coppia del colonnello Jack Mustard e del dottor Jacob Green. Due personalità e due lavori molto differenti, che però si completavano a vicenda. Erano tutti e due della stessa altezza, anche se Jack era leggermente più basso. Aveva un viso tondo, i capelli, di un castano molto scuro, piatti, e gli ricadevano un poco sulla fronte, dato che l’esercito lo obbligava a tenerli corti; gli occhi erano di un marrone intenso, che sotto una certa luce sfumavano quasi sul rosso. Il suo fisico non era esattamente scolpito, anzi, per essere un membro dell’esercito non sembrava molto atletico. Che il lavoro d’ufficio lo avesse sopraffatto, nonostante la ribellione? Jacob, in compenso, era parecchio muscoloso, specie sulla braccia; i capelli neri erano invece sparati in aria e tenuti a posto con una buona quantità di gel, e gli occhiali rettangolari gli cadevano sul naso ogni volta che si muoveva.  Nel momento in cui fecero la loro comparsa, Victor e Kassandra si zittirono all’istante: dare spettacolo solo con Eleanor era un conto, farlo davanti a quasi tutti i loro amici sarebbe diventato patetico e imbarazzante. Kassandra si voltò dall’altra lato della stanza dopo aver accennato un saluto; Victor invece andò loro incontro, senza mai abbandonare quel suo sorriso strano.
- Jack e Jacob! Era proprio da un pezzo che non vi si vedeva qui in giro. Dove siete stati di bello? – tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un leccalecca e se lo ficcò in bocca, continuando a puntar loro addosso il suo sguardo.
- Ci sono parecchi problemi al confine est, stanno mandando molti soldati per calmare la ribellione. La mia truppa è tornata giusto una settimana fa da quei luoghi. Stiamo avendo complicazioni con la popolazione locale, fanno resistenza contro l’esercito, quei maledetti. – il colonnello lanciò un’occhiata al dottore. – Siamo messi talmente male che stanno reclutando semplici medici per rattoppare ciò che rimane dei nostri soldati. -
- Altri, invece, come me, sezionano i corpi dei ribelli già morti. Tu li bruci e io li seziono, eh, Mustard? – l’espressione del dottore fece salire una grande pena ad Eleanor; quei due dovevano averne viste di tutti i colori laggiù. Aveva sentito parlare delle popolazioni dell’est, praticavano un credo abbastanza differente dal loro. Non sapeva per quale motivo si stessero ribellando, ma doveva essere sicuramente qualcosa di importante. Eppure Victor sembrava nutrire una sorta di interesse per i loro racconti.
- Ma davvero? Stanno opponendo resistenza contro plotoni interi di militari? Molto... Coraggiosi. Come mai sei stato rimandato indietro, Jack? E Jacob? -
Jacob alzò solo le spalle. – A quanto pare vogliono solo farli tutti fuori, non interessano più alla nazione. -
Jack non era un uomo di molte parole, preferiva intendersi con gli sguardi. – Mi hanno colpito. – si alzò la camicia, mostrando parte del fianco coperta da bende bianche con qualche macchiolina rossa. Doveva essere stata una bella botta sul momento. – Oh, caspita, mi dispiace, Jack! Vuoi sederti? Credo che sia quasi tutto pronto. Manca solo più Diana. Voi per caso avete sue notizie? – Eleanor si alzò in piedi per lasciare il posto all’amico, che la ringraziò con un cenno e si sedette con qualche smorfia di dolore. – Ah, sì, ci ha chiamati prima dicendo che sarebbe arrivata più tardi, e di cominciare a mangiare senza di lei, se necessario. Ha detto che è caduta parecchia neve dalle sue parti, ed è quindi bloccata. – Eleanor si dispiacque molto nel sentire le parole di Jacob; Diana era sicuramente la sua migliore amica da tempo, ci teneva particolarmente alla sua presenza quella sera. In ogni caso, venne rassicurata. – Comunque, le abbiamo detto che se i problemi dovessero persistere, di chiamarci che saremmo andati ad aiutarla. Dato che non sappiamo molto di come tu e quella mente diabolica di tuo marito abbiate organizzato il gioco, per quanto mi riguarda potrebbe anche essere l’assassina! – Eleanor alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, ridendo appena. – Ragionamento che non fa una piega, devo ammetterlo. – Jacob le sorrise: era un ragazzo particolarmente divertente e loquace, e se c’era qualcosa a cui teneva tantissimo era la sua famiglia. Si era sposato molto giovane, aveva solo diciassette anni (ovvero sette anni fa! Il tempo passava davvero in fretta!), per via di un matrimonio combinato dalla sua gente, contro la sua volontà, ma era finita nel migliore dei modi. Sua moglie, Eliade, era una ragazza tenerissima e molto affabile, e lui presto se ne era innamorato. Avevano anche avuto una figlia l’anno prima, Miranda, e Jacob la adorava. Era il suo fiore prezioso, la ragione della sua felicità. Del tutto inseparabili. Era facile trovarlo in giro a mostrare la foto della sua famiglia a chiunque lo incontrasse, e si dilungava in frasi dolcissime come “Non trovi che la mia bambina sia così graziosa?” che la facevano sempre ridere.
A Eleanor non scappò il fatto che Jack stesse guardandosi intorno: quel ragazzo era sempre stato un grande osservatore, probabilmente era al momento perso in uno di quei suoi pensieri elaborati, che lei avrebbe tanto voluto ascoltare, ma lui non aveva l’abitudine di condividerli con qualcuno, preferiva tenerseli per sé. Aveva sempre una certa aria malinconica, come se gli mancasse un pezzo dentro. Come se gliel’avessero portato via con la forza. Non conosceva molto del passato di Jack, anche se le sarebbe piaciuto.
–  Bene, vedo che siamo quasi al completo! –  in quel momento apparve Chris, raggiante, con i lunghi capelli oro raccolti nella sua solita treccia, e gli occhi verdi che sprizzavano di felicità; a braccia aperte andò verso i suoi amici. Jacob lo abbracciò e gli diede qualche pacca sulla spalla, “come fanno i veri uomini”, così lui soleva dire, e si scambiarono qualche sorriso incoraggiante. Sembrava davvero passata una vita da quando si erano visti tutti insieme per una serata di giochi. Poi toccò a Jack, a cui Chris fece il favore di rimanere seduto, e gli spettinò i capelli in maniera scherzosa; Jack quasi gli ringhiò contro, rimettendoli a posto subito dopo, con una smorfia di disapprovazione in viso. Infine salutò Victor, e i due si fecero un piccolo inchino a vicenda: erano due burloni, e a loro piaceva rendere ogni loro incontro il più bizzarro possibile.
– Tesoro, hai visto Kassandra? Un attimo fa era qui... –
– Ah, sì, è di sotto che sta scegliendo i vini con lo chef! –


Jack uscì in quel momento dalla sala interrogatori, mentre Jacob ci entrava. Il suo volto non faceva trasparire nessuna emozione, se non il solito strato di malinconia che lo permeava e gli conferiva quell’aria da cane bastonato. Si sedette accanto ad Eleanor per un attimo, poi la abbracciò. Le mancò il respiro per un paio di istanti, più che altro perché non si sarebbe davvero mai aspettata un gesto del genere da parte di Jack. Dopo un momento di esitazione, ricambiò l’abbraccio dell’amico. Non seppe esattamente per quanto durò, ma quando Jack si scostò le disse semplicemente: Mi dispiace per tutta questa storia, El. Vorrei tanto che Chris fosse ancora qui.
El.
Nessuno la chiamava così da tanto tempo. Sospirò leggermente, con gli occhi lucidi per via di tutti i ricordi che le stavano tornando in mente. Lo vorrei tanto anche io, Jack. Com’è andata lì dentro? chiese, con un cenno alla sala.
Jack alzò soltanto le spalle. Niente di così spaventoso. Allora ci vediamo domattina alla casa, vero? 
Eleanor rimase spiazzata da quelle parole. Pensava che fosse un invito riservato a lei, invece Victor aveva, a quanto pareva, invitato anche Jack. Ma com’era possibile? Frullò leggermente le ciglia, per poi annuire piano. Sì, ma certo.
Con un cenno della mano Jack la salutò, e anche lui sparì dallo stabile. Diana ancora non si faceva vedere, quindi l’ultima rimaneva lei. Forse non l’avevano convocata. In effetti, non sarebbe servito a molto: non avrebbe comunque avuto il tempo di uccidere Chris, perché appena arrivò alla casa si sedettero per cenare, e poi... Beh, il resto era storia pubblica.

Quando anche Diana fu finalmente arrivata, e senza l’aiuto di nessuno, si sedettero tutti a tavola. Lei era di una bellezza raffinata come sempre: il fisico magrissimo, le forme poco pronunciate e le gambe lunghe le conferivano quell’aria da donna anni Trenta che aveva affascinato una moltitudine di uomini, pochi dei quali avevano però avuto l’onore di finire a letto con lei. I capelli neri erano in parte raccolti e in parti lasciati cadere lungo il viso, e le toccavano a malapena le spalle; gli occhi neri erano ricoperti di ombretto bianco, le labbra colorate di un rosa confetto, e il mascara le allungava di parecchio le ciglia. Il vestito che aveva scelto per l’occasione le stava davvero molto bene, e tutte le volte che si metteva al fianco di Kassandra era incredibile come nessuna delle due sfigurasse in maniera alcuna, perché rappresentavano, secondo lei, due bellezze diverse.
Chris si alzò mentre gli antipasti venivano serviti. – Tesoro, vado un attimo in cucina. Ho una sorpresa per i nostri invitati. –  Le sorrise dolcemente, le lasciò un bacio sulla tempia e scomparve dal salone.


Quando Jacob mise piede nella “hall” della stazione di polizia, dopo l’interrogatorio, era bianco come un cencio. Eleanor non sapeva più cosa pensare. Si alzò per andare dal ragazzo, ma quando lei gli posò la mano sul braccio, lui non ebbe reazioni. –  Eleanor. Il suo nome suonò sbagliato fra le labbra di lui. Non sembrava il posto giusto per esso. Dovresti dire la verità quando entrerai. Ne abbiamo tutti abbastanza di questa storia. La sofferenza che continuiamo a provare ogni volta che veniamo qui non è ancora sufficiente? Metti un punto a tutto questo. Per favore. Jacob sembrava veramente provato dagli eventi. In quel momento si sentì terribilmente in colpa. Era andata a piangere da Victor e aveva pretesto che Kassandra e Diana le stessero accanto, aveva voluto che tutti quanti le dessero delle attenzioni e che la supportassero durante il lutto, perché da sola non ci sarebbe mai, mai riuscita; ma non aveva pensato al fatto che anche loro stessero soffrendo, che anche loro avrebbero magari voluto il suo aiuto. Una lacrima solitaria scivolò lungo la guancia, e Jacob sospirò. Ci proverò. Disse semplicemente lei. Lui le asciugò quella lacrima con il pollice e le accarezzò appena i capelli castano chiaro, poi le disse in un sussurro leggero –  Ci vediamo. e se ne andò, lasciandola da sola.
Eleanor prese tutto il suo poco coraggio ed entrò, sapendo che il detective la stava aspettando.
Signorina Peacock, è pronta?
– Sì. – rispose lei, facendo scivolare lentamente da sotto il tavolo la sedia semplice, fin troppo per i suoi gusti. Comunicava proprio che quell’oggetto era lì perché serviva, perché era destinato a uno scopo e uno soltanto; non sembrava comoda, non invitava a sedersi, a chiedere una tazza di tè, o fare una chiacchierata. Quell’oggetto indicava chiaramente che quello che stava per fare sarebbe stato spiacevole. Eleanor piegò il vestito sotto le gambe, in modo che la pelle non andasse a contatto con il sedile freddo, in metallo, della sedia, e pose le mani in grembo. Il detective aprì sul tavolo il fascicolo del caso. Eleanor non aveva mai visto le foto che erano state scattate in quella casa, “sulla scena del delitto”, nessuno gliele aveva mai mostrate, per via del trauma aveva sempre e solo esposto a voce la vicenda.
– Può descrivermi cosa successe quella sera dalla cena? – il tono del detective sembrava più distaccato del solito, forse perché erano in quel posto e non a casa sua; comunque, lei annuì.
– Chris si è alzato dicendomi che doveva prendere una sorpresa per i nostri ospiti in cucina mentre stavano cominciando a servire sulla tavola il primo antipasto, un’ottima crema fredda di formaggio, o almeno, l’odore era ottimo. Non toccai il piatto, volevo aspettare mio marito, ma siccome sono incredibilmente curiosa l’ho raggiunto nel suo studio. –
– Mi scusi, ha appena detto che suo marito le comunicò che stava andando in cucina. Perché è andata nel suo studio, invece? – il detective la osservò attentamente, cercando di capire se stesse mentendo, o se avesse per caso detto qualcosa che non avrebbe voluto. Eppure la ragazza che aveva di fronte non si scompose di un millimetro.
– Oh, perché io conosc- ehm, conoscevo, mio marito molto bene, signor detective. Sapevo che quella della cucina era una scusa. Non avrebbe mai nascosto un regalo in un posto unto e sporco come quello. Dato che solo io e lui eravamo in possesso di tutte le chiavi della casa, una proprietà di una mia vecchia zia, e dato che non avevo l’abitudine di entrare nel suo studio per forma di rispetto, presupponevo che il luogo migliore per nascondere qualcosa fosse proprio quello, ma quando sono entrata... – la voce le si spezzò in quel punto. Eleanor si portò una mano al cuore, stringendo nel pugno la stoffa morbida della camicetta bianca.
– Certo, sappiamo tutti cosa ci ha trovato. – entrambi tacquero. La lancetta dell’orologio scandiva i secondi dentro quella stanza. Il detective si aspettava che lei aggiungesse altro alla sua versione, ma non lo fece. – Ho bisogno di qualche dettaglio in più su quella scena. Me la descriva, per favore. – 
Silenzio.
Eleanor stava trattenendo il respiro. Non poteva descriverla. Non l’aveva mai fatto. Avevano le foto, perché doveva farlo? Però glielo stava chiedendo. Non poteva rifiutarsi. Certo, avrebbe potuto chiamare il suo avvocato. Ma a quale scopo? Non la stavano mica accusando di qualcosa. Poi le vennero in mente le parole di Jacob. “Dovresti dire la verità.” Doveva dirla. Per tutti loro. – Mio marito era a terra, la posizione era... Diciamo che se fosse stato in piedi, mi avrebbe dato le spalle. All’inizio pensai che gli fosse preso un malore, che fosse svenuto, nell’ultimo periodo gli capitava, a volte. Così mi spostai velocemente accanto a lui, o meglio, il suo viso. E in quel momento mi accorsi della ferita che aveva sulla tempia. Una ferita che perdeva sangue. A giudicarla così, non pensavo fosse grave, ma quando vidi i suoi occhi... Erano aperti. I suoi occhi verdi erano aperti, sbarrati, e pieni di dolore. Il candelabro era accanto a me. – Eleanor stava piangendo. Non poteva sopportare il peso di quei momenti strazianti, sperava che ciò che aveva detto fosse sufficiente.
–  Signorina Peacock, suo marito è stato ucciso. E ora ne sono sicuro. –
Eleanor alzò il viso, puntando gli occhi castani pieni di stupore e angoscia, dentro quelli di lui. – La invito domattina alle dieci alla casa di quella notte. Ci saranno anche tutti gli altri sospettati. Può andare. –
Eleanor si asciugò velocemente le lacrime e lasciò la sala interrogatori con mille domande.

                                                             ***

Il detective James Basker non aveva mai visto un caso così strano. Il suo predecessore gliel’aveva passato quando era ormai già arrivato all’esasperazione, perché non riusciva a trovarvi soluzioni plausibili. Ma questo l’avrebbe spiegato meglio di lì a poco. Era nel salotto di quella casa immensa, e poté immaginare perfettamente le persone che aveva conosciuto, o meglio, sulle quali aveva indagato, in abiti d’epoca, pronti per spendere una delle più belle serate della loro vita, trasformatasi poi in tragedia.
Una tragedia che aveva un colpevole, un nome, un cognome, una faccia. I suoi occhi gli avevano fatto moltissima pena quando li aveva incontrati il giorno precedente durante l’interrogatorio, ma non aveva dubbi. Lo psichiatra stesso, che era rimasto dietro il “famoso” vetro degli interrogatori per tutto il tempo di tutti gli incontri, aveva confermato la sua versione.
Erano finalmente tutti lì, seduti, in trepida attesa del verdetto. A qualcuno aveva dato degli indizi piuttosto inequivocabili, ma preferiva che il tutto avvenisse di fronte a tutti, con spiegazioni chiare e tonde, in modo che non rimanessero dubbi. Avevano tutti il diritto di sapere la verità. C’era anche Diana: non l’aveva convocata il giorno prima perché aveva avuto modo di interrogarla in un momento precedente, e la sua versione si sposava perfettamente con il quadro che aveva in mente.
– Signori – disse, per poi girarsi verso le tre ragazze – e signore, vi ho riuniti qui oggi per dirvi, come immaginerete, che ho risolto il caso. Ognuno di voi mi ha detto di chi sospettasse, ma devo essere sincero, nessuno ci ha indovinato. Se prendessimo questa situazione come il vostro gioco, nessuno di voi avrebbe vinto. Nemmeno il detective prima di me è stato in grado di individuare il colpevole, per quanto bene si è nascosto. Diciamoci la verità: ognuno di voi, tranne uno –  e qui gli sguardi si posarono tutti su Eleanor –   aveva un motivo valido per uccidere il signor Cavendish: lei, signorina Scarlett, avrebbe ereditato un bel gruzzoletto se Cavendish fosse morto, in quanto sorellastra e persona di cui si fidava, tanto da lasciarle questa cospicua somma, con la quale probabilmente non avrebbe più avuto bisogno di lavorare per il resto della sua vita; lei, professor Plum, avrebbe potuto mettere le mani su quei documenti, su quelle ricerche che tanto la intrigavano, dato che vi occupavate della stessa materia, ma lui invece li custodiva gelosamente e, sapendo del suo interesse verso il loro teatro, non aveva intenzione di cedergliele, perché sapeva che avrebbe cercato in qualche maniera di rubargli prima le ricerche, e poi il teatro; lei, dottor Green, avrebbe voluto mettergli le mani addosso dal primo istante in cui è venuto a sapere del suo sporco segreto, non è così? Quello che tutti ignoravano, quello che... –  Tutti gli occhi erano puntati su di lui. – Christopher Cavendish tradiva la moglie. Per di più, con la donna che lei ama. Oh certo, lei è sposato ed è felice con la sua famiglia ora, ma il suo amore adolescenziale non l’ha mai dimenticato. La signorina Diana White. La quale, in questa stanza, è l’unica che non aveva motivo di uccidere Cavendish, poiché lo amava. Lei, colonnello Mustard, avrebbe voluto uccidere Cavendish perché, a differenza di quanto credeva il signor Green, anche lei sapeva dei tradimenti, e dato che ama la signorina Peacock, non sopportava il modo falso in cui veniva trattata. –
Se solo avesse potuto scattare una foto in quel momento. Tutti si guardavano l’un l’altro. Le loro facce erano impagabili. Quella di Eleanor Peacock in particolare. Lo shock era evidente. – Durante gli interrogatori di ieri, uno psichiatra vi ha seguiti, lo stesso da cui siete andati per la terapia del lutto. Mi aveva precedentemente informato dei gravi danni che il cervello della signorina Peacock ha riscontrato, del fatto che la sua mente rigetti del tutto anche solo l’idea che nel gruppo dei suoi preziosi e fidati amici potessero succedere cose del genere, potessero esserci sentimenti così sporchi, e di come la sua mente abbia del tutto rimosso ciò che accadde veramente quella sera. Perché lei lo sapeva che Cavendish la stava tradendo, non è vero? – A giudicare dall’espressione che la ragazza aveva in quell’istante, i ricordi le stavano riaffiorando tutti in una volta. – Lei sapeva perfettamente che la sua migliore amica e suo marito avevano una relazione che andava ben oltre l’amicizia. Mi dica, li ha colti sul fatto? Oppure ha trovato del rossetto evidentemente non suo su una delle sue camice? La sua sopportazione quella sera aveva raggiunto il culmine. Aveva visto come la sua amica era arrivata tardi, e non credeva affatto che fosse a causa della neve. Sulla scena del delitto abbiamo trovato tracce di sperma di suo marito, il che significa che pochi momenti prima in quel luogo si era consumato un rapporto sessuale e di sicuro non l’aveva avuto con lei, signorina Peacock, bensì con la signorina White. Un comportamento davvero disdicevole. Ma ancora più disdicevole, è il fatto che quando lei entrò nella stanza e disse a suo marito un qualcosa come “Potresti avere la decenza di non scopartela in casa mia”, lui negò tutto quanto, non è così? Perché sono sicuro che una donna come lei, signorina Peacock, per amore, lo avrebbe perdonato, se fosse stato sincero. Se lui le avesse detto la verità lo avrebbe perdonato. E invece negò tutto quanto. Così lei perse la testa, e colpì quella di suo marito con il candelabro. Poi si rese conto di ciò che aveva appena fatto, e il disgusto la pervase, e da donna debole quale è, non poteva sopportare un disgusto tale. Così il suo cervello rimosse tutto e sostituì quanto accadde con altri fatti. Per questo il mio predecessore non ha mai capito. Perché lui non crede nella psichiatria, non ha mai chiesto il suo parere, e chi avrebbe mai potuto dubitare di lei? Sui guanti e sul vestito che indossava quella sera sono state trovate tracce di sangue di suo marito, e alcuni suoi capelli erano impigliati nel candelabro. Eleanor Peacock, è in arresto per il delitto di suo marito Cristopher Adam Cavendish. –

--------------------------------------
*In realtà, nessuno cambiò davvero il nome, ma dato che la sua mente fu così traumatizzata dalla morte di Chris, Eleanor continuò insistentemente ad associare i nomi degli amici e il proprio con quelli dei personaggi da loro interpretati quella sera.
Vestiti:
Eleanor: http://www.dressedupgirl.com/wp-content/uploads/2014/12/Victorian-Dresses-for-Women.jpg
Kassandra: https://s-media-cache-ak0.pinimg.com/originals/ec/7e/27/ec7e277441de708322be45f4e99c81d4.jpg
Diana: http://indulgy.ccio.co/NR/WF/6U/49539664620556971PMzrRaw1c.jpg
Victor: http://29.media.tumblr.com/tumblr_lkb21dSuy21qcv9zpo1_500.jpg
Jack: http://www.gentlemansemporium.com/store/media/vict_mens_44_full.jpg
Jacob: https://s-media-cache-ak0.pinimg.com/originals/34/b2/8f/34b28f9f4d76b31312164e7b94d8cea8.jpg

 
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Giallo / Vai alla pagina dell'autore: Rallienbow_