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Autore: Sincro    14/03/2015    0 recensioni
Una storia ambientata in Francia in un imprecisato periodo temporale.
Personaggi custodi di un destino scritto per loro da un'entità celata da una maschera.
Questo destino sarà loro gabbia o salvezza? Chi mai si spingerebbe in qualcosa del genere e perché?
Genere: Horror, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 16 - Il tavolo in mogano
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Gli occhi di Devon cominciarono a farsi pesanti. La lettera era ancora tra le sue mani ma il capo era già sprofondato nel soffice guanciale. Al di fuori della porta non si avvertivano particolari movimenti, sembrava un complesso abbandonato.
Il tempo scorse velocemente e Devon si svegliò da un riposo rigeneratore. Notò di avere il corpo pieno di medicamenti e bende sparse. Ripose la lettera e il flacone delle pillole nelle tasche e si apprestò ad oltrepassare la porta sulla destra, rivelatosi un bagno. La stanza non era molto grande ma aveva un’atmosfera accogliente. Sulle pareti, invece del parato ad orsetti, c’era un enorme mosaico raffigurante figure geometriche quadriformi. Alla destra di Devon si innalzava un muro separatore adibito a doccia, mentre sulla sinistra due lavabi e i relativi sanitari. Il ragazzo subito si avvicinò alla specchiera scoprendo un viso stanco ed abbattuto. Aprì l’acqua ma avvertì un flebile susseguirsi di bip provenire dalla porta camera da letto; bip sostituito poi dal rumore di un carrellino e di una voce che richiamava il suo nome con una certa tensione.
Devon chiuse l’acqua per non svelar la sua locazione e si nascose nella doccia. La donna lanciò uno sguardo rapido alla stanza da bagno per poi uscire e andar via con passo rapido lasciando la porta aperta. Il tempo di tranquillizzar le acque e il ragazzo decise di uscire dal suo nascondiglio.
La donna lasciò in camera un carrellino pieno di attrezzi chirurgici sul primo ripiano, mentre in quelli sottostanti c’erano garze e alcune flebo vuote. Devon afferrò, per poi nascondere nelle tasche, un bisturi in ossidiana. Si avvicinò allo stipite della porta per osservar l’esterno: un lunghissimo corridoio costellato da numerose porte, il tutto illuminato da luci particolarmente gialle. Il pavimento era in PVC, mentre le pareti erano in mattoni. Arrivò a metà del corridoio quando una donna in camice verde avanzò verso di lui. Impaurito sfoderò il bisturi.
«Calma! Devon calmati!» disse la donna.
«Chi è lei? Dove mi trovo? Dov’è mio padre?» chiese Devon, ma la donna lo ignorò e sussurrò qualcosa ad un auricolare.
Le luci da gialle passarono ad un rosso molto intenso, gli occhi di Devon cominciarono a lacrimare per poi lasciar ricadere l’arma sul pavimento. Avvicinò le mani agli occhi, quasi volesse proteggerli da quella luce.
«È inutile. Cerca solo di star calmo.» pronunciò la donna.
«Cosa mi ha fatto? Perché non riesco a veder nulla?»
«Merito della luce con spettro alterato.»
«Allora perché lei ci vede?»
«Semplice, io non sono un essere da tener sotto controllo.»
A queste parole Devon, anche se cieco, corse irato verso la donna, che non esitò colpirlo a per poi abbatterlo. Un atroce dolore all’altezza del petto invase il ragazzo che si accasciò sul pavimento per poi svenire.
 
Una grande sala con al centro un lungo tavolo in mogano era accerchiato da molti uomini in camice bianco. Al centro di questo enorme tavolo si ergeva un ologramma raffigurante alcuni grafici. A differenza delle altre sale, questa era invasa dalla luce del sole proveniente da tante finestre. Al capo di questo tavolo sedeva il Dottor Duval con ai lati, Mason e il Dottor Misaka. Sembravano immersi in un’agitata conversazione. Mason era assorto nei suoi pensieri mentre osservava quegli schemi scorrere davanti i suoi occhi con fare disinteressato. I restanti posti del tavolo erano riempiti da altre 5 persone, alcune impegnate nel compilare alcune scartoffie mentre altre ascoltavano le parole del Dottor Duval.
«Vorrei capire chi ha dato l’autorizzazione nel somministrargli i miei composti.» disse il Dottor Duval con tono composto ma trasudante ira.
«Sono stato io, James.» disse una donna dall’altro capo del tavolo.
«Per quale motivo ti sei permessa?»
«James modera i termini, la dottoressa Klein è pur sempre un tuo superiore.» disse un altro uomo sedente alla destra della suddetta dottoressa.
«Sebastian sta zitto, è un affare che non ti riguarda.» sbraitò il Dottor Duval «Kate potresti rispondere celermente alla mia domanda, non ho molto tempo da dedicare a questo tavolo.»
«James devi capire che sono stata costretta.» disse la Dottoressa Klein.
«Chi ti ha costretta? Potrei saperlo?» chiese con tono sarcastico il Dottor Duval.
«Puoi benissimamente immaginarlo James.» rispose il Dottor Misaka.
Il viso del Dottor Duval impallidì subito dopo queste parole per poi sprofondare nel silenzio. Mason fece notare l’ora, tutti si alzarono per poi dividersi all’uscita della sala.
 
«Quindi è stato un ordine provenuto direttamente da lui, Tomomi?» disse il Dottor Duval.
«Purtroppo sì. Sai benissimo che non possiamo ignorare un suo diretto ordine.» disse il dottor Misaka con un tono tendente al nostalgico.
«È davvero incredibile. Dobbiamo sottostare agli ordini di un simile essere. Ricordami il perché.» disse il Dottor Duval.
«Perché ci ha salvati tutti, non ricordi? Gli saremo eternamente debitori.»
Con il termine della conversazione, i due si divisero ad un bivio. Il Dottor Duval era affranto e con passi pesanti raggiunse l’inizio di un lungo corridoio. Si avvicinò alla prima porta sulla destra e, dopo aver digitato dei numeri su un piccolo tastierino, scoprì una piccola stanzetta piena di orsacchiotti e peluche vari. Al centro c’era un lettino con all’interno una graziosissima bambina dai crini color oro. Affissi alle pareti della stanza c’erano tanti schermi e alcuni macchinari pieni di spie luminose. Il Dottor Duval si avvicinò con discrezione e silenzio al lettino della bambina. Quest’ultima alzò le palpebre svelando due occhioni azzurri che lo iniziarono a fissare.
«Come ti senti Adele?» chiese il Dottor Duval quasi sussurrando.
«Adele si sente un pochino meglio oggi. Adele vorrebbe bere, però. Adele sente la sua bocca molto secca.»
«Adele sai che non puoi bere per un po’.» disse il Dottor Duval per poi avvicinarsi e premere alcuni tasti di una tastiera. «Ora va meglio?»
«Adele non ha più sete ma desidera ancora provare a mandar giù qualcosa. Adele lo desidera tanto.»
Il Dottor Duval ignorò le parole della piccola bambina e riprese a digitare qualcosa sulla tastiera. Adele chiuse gli occhi per poi addormentarsi profondamente.
James uscì dalla porta non prima di averla ribloccata usando il tastierino. Proseguì il suo cammino fermandosi davanti ad un’altra porta, digitò un diverso codice per poi entrare. Al suo interno non c’era molto mobilio tranne per una cassettiera ed un letto al lato della stanza. All’interno di esso una giovane donna addormentata ricoperta soltanto da un sottile lenzuolo bianco. Il Dottor Duval non si avvinò ad essa ma, dopo aver controllato l’ora dal suo orologio da polso, chiuse la porta e uscì.
Arrivò al centro del corridoio per poi esser prossimo ad inserire un ennesimo codice.
«James ti ho trovato, finalmente, dov’eri?» chiese Sebastian.
«Ero andato a monitorare le due donne.» disse il Dottor Duval «Non potremo tenere la bambina in questo posto ancora per molto, immagino tu l’abbia già capito.»
«Certo, lo so. Ah James scusami per la scenata alla riunione prima. Ma sai…»
«Sempre invaghito della Dottoressa Klein, noto!» disse il Dottor Duval «Ti ripeterò fino alla nausea che questa non è la tattica giusta per far breccia nel suo cuore. Ma torniamo seri, in questa stanza c’è mio figlio. Ti prego di prenderti cura di lui fino al mio ritorno, ti lascio questa lettera e questo flacone, poggiaglieli sul tavolino. »
«Sarà fatto James, ma dove stai andando?» chiese Sebastian con una vena d’ansia.
«Devo incontrare una persona. Devo chiarirmi con una persona. A presto Sebastian.»
 
Devon aprì gli occhi scoprendosi seduto ad una sedia. In sua compagnia vide un uomo di spalle intento a macchineggiare su di un palmare. L’uomo era molto magro e con una lunga, ma curata, barba.
«Ti sei svegliato, finalmente. Alla buon’ora, direi!» disse Sebastian.
«Lei è Sebastian, immagino. L’amico di mio padre.»
«Esattamente, tra non molto saranno le 21. Preparati per la cena. Ti lascio tranquillo.»
«Dove va? Perché nessuno vuol soddisfare le mie domande?!» urlò Devon.
«Tranquillo, scoprirai tutto tra non molto. Ora rivestiti e sistemati un po’.» disse Sebastian «Verrò a prenderti tra 20 minuti.»
 
Sebastian uscì dalla stanza per poi bloccare la porta alle sue spalle lasciando solo Devon.
(Le 21? Sono le 21? Dovevo prendere la pillola, maledizione!)
Subito Devon aprì il flacone per poi cercar di ingoiare una pillola. Questa era molto grande e dal colore tendente al giallo, molto amara ma appena arrivò nello stomaco del ragazzo questo sentì un gusto dolciastro risalirgli fino alla gola. Notò dei vestiti, molto eleganti, piegati e riposti su un tavolo. Si spogliò ed iniziò la preparazione in vista della cena.
   
 
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