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Autore: MissMizuki    15/03/2015    3 recensioni
ATTENZIONE! Spoiler su "Il Futuro Perduto"
Un piano è stato sventato, le vite di tutta Londra sono state salvate, il futuro di tutti è ormai sicuro.
Però... Alcuni potrebbero avere un po' di rimpianto.
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Dal testo:
«Mamma» sussurro sull'orlo delle lacrime come un innocente bambino mentre il mio sguardo è ancora posato su quell'imponente macchinario che si staglia di fronte alla luna. Che ho fatto di male? Perchè mi puniscono?
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Clive Dove
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Sospiro... Non riesco proprio a descrivere ció che provo. Provo dispiacere per non aver realizzato il mio piano, ma gli sono eternamente grato. Qual'è la differenza tra me e il professore? Anche lui avrebbe potuto fare come me, ma invece è riuscito ad andare avanti, credo si questa il motivo per cui è un gentiluomo.

Sorrido, consapevole. Ho passato quasi dieci anni della mia vita a pianificare questa giustizia vendetta, forse era questo il mio destino.
«Grazie» sussurro mentre entro nella volante. «Ci rivedremo, Clive» mormorate.

Guardo fuori dal finestrino, ormai arreso, ma in qualche modo felice.
La ringrazio, professore, per avermi fermato quella volta, dieci anni fa.
Se fossi entrato nel palazzo? Che sarebbe successo? Be', forse non avrei provocato tutto questo, forse non l'avrei fatta piangere, forse... Non avrei mai capito il mio errore, forse la mia rabbia non si sarebbe attenuata.

Guardo il cielo notturno, credo non lo rivedró per un po'. Sospiro.

«Povero giovanotto, per colpa di un errore umano hai perso la tua famiglia e sei cresciuto solo con la vendetta...» sento mormorare il poliziotto alla guida, mi si stringe il cuore: la mia famiglia, i miei genitori... Mi viene da piangere, ma rispondo neutro guardando sempre quella luna piena e confortante «Perchè rivangare il passato? Ormai riceveró la mia punizione e sono stato salvato, ancora» concludo in un sussurro volgendo lo sguardo verso l'autista. Mi guarda dallo specchietto per un poco e io ricambio lo sguardo. 
«E poi...» sorrido «Il professore è la mia famiglia...». Il poliziotto non risponde. Il silenzio domina per circa dieci minuti, sovrastato solo dal rumore del motore.
Nel frattempo penso.
Nel frattempo ricordo. 
Nel frattempo singhiozzo.
«Vuoi un fazzoletto, figliolo?» rompe il silenzio il poliziotto accanto all'autista, girandosi verso di me e porgendomi un fazzoletto. Rifiuto cordialmente, come un gentiluomo.

C'è traffico. E l'auto rimane imbottigliata. Intanto guardo fuori dal finestrino. In lontanaza si staglia ancora la fortezza mobile, così scura e pietosa. Appoggio il gomito sul bordo della portiera e la mia mano regge il capo che inizia ad appesantirsi.
E' davvero tanto lavoro sprecato quello?
Rifletto mentre scruto quell'imponente macchinario, avrebbe fatto perdere il futuro a molte persone, come... Come a loro. 
Come a me.
Scende una lacrima dalla mia guancia appoggiata sulla mano. Un pianto nascosto.
Anche il professore ha perso una persona a lui cara, forse la differenza tra me e lui è semplicemente l'etá. Anche a lui avrebbe fatto piacere una giustizia vendetta. L'ha solo nascosto.
Peró... Perchè mi puniscono? 
«Forse erano validi motivi, i nostri» mormora qualcuno accanto a me: Dimitri. «Piú che validi, direi. É solo che nessuno li capisce» rispondo guardando il riflesso dello scienziato senza non incontro il suo sguardo. Lui guarda in basso, la frangia gli copre un occhio, vorrei tanto sapere la sua espressione, probabilmente è arreso, tsk.
«Mi dispiace essere stato una pedina» confessa alzando lo sguardo verso il traffico, «Che ti aspettavi, dopotutto... Era solo vendetta» mi giro verso di lui, sorrido malizioso.
Dieci minuti di silenzio. Il traffico procede lento. L'autista picchietta le dita a ritmo sul volante mentre l'altro canticchia una canzone in voga tempo fa. 
«Dovremo stare a lungo qui in mezzo?» chiede Dimitri, nervoso; «Puoi sempre aprire la portiera e scappare» suggerisco ironico. 

Altro silenzio...

Ci saremo spostati di neanche venti metri in dieci minuti. Sospiro, ancora.

Inizio a canticchiare la melodia che mi cantava mia madre quando ero piccolo, mi consola.
E mi fa piangere.
«Mamma» sussurro sull'orlo delle lacrime come un innocente bambino mentre il mio sguardo è ancora posato su quell'imponente macchinario che si staglia di fronte alla luna. Che ho fatto di male? Perchè mi puniscono?
 Era...
... 
Solo vendetta.
   
 
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