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Autore: _Briareos_    15/03/2015    0 recensioni
"I due combattono per difenderla, ma questo non vuol dire che sono completamente a proprio agio con quello che stanno difendendo."
Un uomo (o quasi) e una donna, guadagnandosi da vivere in un dopoguerra, affrontano un mondo distrutto e in ginocchio che ha visto la struttura del potere ridisegnata diverse volte e ora è senza dubbio agli sgoccioli. Quattro guerre mondiali sono trapelate cancellando gruppi di organizzazioni, l'ultimo Nuovo Ordine è costituito da un governo mondiale istituito nella città-Stato futuristica di Olympus, una delle poche metropoli sulla Terra ancora relativamente civilizzati e (molto) tecnologicamente avanzati. Un viaggio che inizia nel modo peggiore....
Genere: Avventura, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nuova fic, una specie di pre-alpha anche questa, solo raccontata in un altro modo. Si può dire che è anche una continuazione della fic "La ricerca di Olympus", che ancora non è finita ma spero di terminare presto. Spero vi piaccia.

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 22 ° secolo.
Deunan Knute e Briareos Ecatonchiri, due ex membri della polizia squadra SWAT di Los Angeles, prima del grande viaggio alla ricerca della propria vita e del loro paradiso, vvevano con il padre di lei in una base militare e successivamente al sicuro in un luogo segreto. E poi, la fuga per trovare la loro vita.

 
I primi mesi di Deunan e Briareos  dopo la nuova vita che avevano deciso di intraprendere, appena il cyborg uscì definitivamente dal centro riabilitazione, furono parecchio difficili. Anni prima,una guerra mondiale e nessuno aveva vinto, i governi avevano destabilizzato le città e ogni apparato di controllo oltre la civiltà per come era conosciuta erano caduti in rovina. La città di Olympus era la città invisibile di leggenda e di sogni, da cercare per essere il 'faro' nel buio. La Terra aveva sofferto la terza guerra mondiale prima e successive ancora più disastrose, le città erano distrutte, decimata la popolazione drasticamente. La gente nella loro forma originale erano rari in tutto mondo, la maggior parte eranoo arricchiti da impianti cibernetici e per questo odiati dagli 'umani interi' perchè non visti come uomini.  Deunan Knute e Briareos lavorano come mercenari, sognando una vita migliore, quel 'faro'. La città di New York era stata loro indicata come meta importante da visitare. Per il loro sogno, il loro desiderio, l'oggetto del loro cercare. La loro speranza.

 
I due combattevano per difenderla, ma questo non vuol dire che erano completamente a proprio agio con quello che stavano difendendo e come.

I cyborg erano classificati come ex umani che ancora mantenevano un corpo umano parziale (aumentato con macchinari nelle capacità e funzioni) o almeno un cervello umano e sistema nervoso. Erano esseri consapevoli che possedevano, in sostanza, una personalità umana nonostante il corpo artificiale. E di questo ne era convinta anche Deunan, sopratutto verso il suo compagno Briareos. Odiava con tutta se stessa ogni individuo che, scrutando con aria schifata, etichettava l'uomo al suo fianco con termini dispregiativi senza troppi complimenti, a voce alta. Sapeva bene che, nonostante la capacità di lui di nascondere il malumore, celava una tristezza che non meritava di provare. No, non era tristezza. Era qualcosa che lei non voleva considerare, ma le faceva male nel profondo il disagio e il tormento che lui provava ma non voleva esternare. NOn era colpa sua, non voleva perdere il suo corpo, non voleva perdere parte di se, non era  accaduto nulla per sua volontà. Eppure, la gente non riusciva a comprenderlo. Quanto lui aveva sofferto, sotto i suoi occhi, nel periodo della scelta per la conversione, poi nel lungo periodo di riabilitazione, Deunan lo sapeva bene. Lui era un uomo forte, determinato, temprato dalla vita, ma chiunque sotto il peso di quel macigno in grado di schiacciarti senza problemi, si sarebbe lasciato andare alla disperazione. CHiudere gli occhi e ritrovarsi, in un specchio in una sterile stanza bianca, con il corpo ricoperto di componenti e pelle artificiale. Con un sistema di un computer al posto della normale vista. Con il problema di doversi abituare alla nuova mole, al nuovo stile di vita e cosa ne conseguiva. Innanzitutto, il giudizio della gente.

"Non essere triste, ragazzone! A te basta cosa provo io..."

Lo ripeteva sempre nella sua testa, ogni volta che capitavo cose e sentiva che qualcosa turbava il suo cyborg. Lo diceva a se stessa come un mantra, come se quel semplice pensiero profondo potesse essere captato da lui, per rassicurarlo e ricordargli che ne gli sguardi della gente ne le loro parole dovessero turbarlo. Non erano importanti, ma in una certa parte sapeva che non poteva capire a fondo come dovesse sentirsi. Poteva solo restare al suo fianco.

Deunan cercò di scaldarsi le mani con il fiato mentre guidava la jeap nella desertica ex strada interstatale. Alternativamente, cambiava mano sul volante per trovare un pò di ristoro dalla morsa del gelo serale. I vetri rotti del posto guida erano il peggio che lei potesse trovare in quel periodo. Ma anche se fossero stati interi, non aveva un posto dove confortare se stessa e il suo corpo in quel periodo nero. Aveva messo una copertura di tessuto alla buona dietro, per coprire cosa trasportavano ma anche quello non era di aiuto più di tanto.  Il freddo pungente ma non troppo, non era mai stato così odiato dalla ragazza. Sospirò, mentre il cielo sanguigno si incupiva per far posto al velo nero che cercava di intrufolarsi lottando contro gli ultimi sprazzi di sole. Il brontolio del suo stomaco le ricordava continuamente che doveva nutrirsi se voleva restare in piedi per qualche altro giorno. Rallentò di poco, osservò l'oscurità che scendeva a coprire tutto e decise che era inutile continuare a cercare un posto adatto a passare la notte. Doveva assolutamente fermarsi e prepararsi per dormire. Accostò verso il ciglio della strada, però poi continuò per fermarsi definitivamente dietro a un enorme masso che non nascondeva l'auto ma la celava almeno in parte. Era il massimo che riuscì a trovare dopo sei ore. NOn potendo correre per via della jeap in parte guasta, non dimenticando il particolare carico nel retro, doveva accontentarsi. Si accasciò sullo schienale chiudendo gli occhi, cercando di rilassarsi prima di scendere. QUando fu pronta, aprì lo sportello e scese dal mezzo raggelando al venticello fresco che soffiava in quello spazio ampio e polveroso. Osservò intorno, non era nulla di diverso da qualsiasi strada interstatale che avevano visitato. Polvere, erbacce rinsecchite, massi o piccole zone montuose, desolazione. Il posto migliore per coltivare
afflizione, dolore, oppressione, angoscia. Bastavano poche ore, dopo giorni di viaggio in solitaria, per impazzire. Lo pensava seriamente. Sapeva che non era giunta a quel livello solo perchè anche lei era forte. Ma quanto sarebbe durata la sua forte fibra?

"Sembra che dobbiamo accontentarci di questo postaccio, Bri..."

Sospirò, strofinò le mani l'una contro l'altra per togliere il gelo sulla pelle e si avviò verso la zona posteriore del mezzo, abbassando il pianale. Si avvicinò agli oggetti conservati in varie scatole e ne scelse una, portandola di fianco la jeap. Poi tornò su e si avvicinò a un lenzuolo che copriva qualcosa di grande. Lo sollevò e rimase a fissare cosa l'aveva attratta da lasciarla muta e ferma, stringendo la stoffa fra le dita. Poi sorrise debolmente e disse a voce bassa e gentile qualcosa all'oggetto della sua attenzione.

"Adesso preparo la cena e poi a nanna, ragazzone."

La figura di Briareos, immobile e abbandonato con la schiena al metallo dell'abitacolo che divideva le due parti, iniziava a sparire alla vista della ragazza man mano che all'orizzonte si spevano gli ultimi vibranti raggi di sole. Il cyborg stava mimetizzandosi nella notte.

"Ormai è buio...accendo il fuoco e torno. Aspettami qui..."

Il sistema imperfetto di Briareos non riusciva ad avviarsi di nuovo senza crashare. Il tormento di Deunan ogni volta che si fermava per riposare, durante le ore di guida, quando doveva trovare il modo di sopravvivere, er alegato al fatto che per evitare problemi, lui doveva bloccare tutte le sue funzioni. Ma sentiva, percepiva, comprendeva le cose. Soltanto, non poteva muoversi.

 Mentre preparava la frugale cena sul pentolino, si accorse di non riuscire a celare un nodo alla gola che non le lasciava scampo. Acceso il fuoco e sistemato il pentolino con il cibo a riscaldare,  restò imbambolata a fissare le lingue di fuoco danzare sotto il metallo con il cibo.  INiziò a non gestire più la sua mente, che da sola vagava fra ricordi lontani.

La  storia sita in quei nebulosi ricordi, perchè lei non voleva farli riemergere ma era come se volessero farlo da soli, si svolgeva tra le rovine della città di Mize.

All'inizio doveva essere una cittadina di meno di mille abitanti, che provvedeva da sola al necessario senza importare nulla da fuori. POi, con le guerre, aveva visto tra le sue strade e all'interno dei suoi edifici, molte persone in fuga dalla guerra, in cerca di un posto della speranza ma poi stranamente l'avevano abbandonata. Al suo arrivo con Briareos, lei rimase fredda dinnanzi ai rimasugli di vita, abbandonati come si poteva trovare spazzatura in una discarica. Ma lei sapeva bene che rimanere impassibili era la miglior tattica per non lasciarsi sopraffare. NOn doveva lasciarsi catturare da nulla che riportasse alla mente le personea e tutto quello che si portavano dietro. Ispezionarono con calma una parte della cittadina, per trovare un posto dove sistemarsi.


Nessuno dei due si aspettava un agguato di nemici di qualunque tipo, considerando l'aspetto del posto. DA loro esperienza, sapevano che chiunque, anche se trovavano una città distrutta, facevano del loro meglio per renderla idonea alle loro esigenze. Si notava quando qualcuno sfruttava un luogo. Invece nella parte dove cercavano qualunque cosa potesse andar bene, vi era solo abbandono da anni.

"Pensi che troveremo qualcuno?"

Deunan camminava lentamente con la pistola in mano controllando gli edifici, spalleggiata da Briareos che, dietro di lei e armi in pugno, le copriva le spalle.

L'unica cosa, visto il posto sarebbe un agguato, spuntano all'improvviso pronti ad infilarci un bastone nel cranio..."

"Quanto sei realista..."

"Anche se sembra quello che crediamo, non posso giurarti di essere tranquillo. Stai in campana..."

Mentre Deunan stava per parlare, capitarono davanti una specie di sbarramento fatto di filo spinato intorcigliato a vecchi e arrugginiti sbarramenti in acciaio. Si divisero nascondendosi uno a un lato opposto, dietro di angoli, fissandosi e parlando in codice a gesti. Qualche minuto di controllo sporgendosi e tutto taceva. Decisero quindi di andare avanti si riunirono andando verso l'angolo di Deunan, costeggiando i muri e controllando intorno.Oltrepassarono il filo spinato e si ritrovarono una sezione delimitata della città, con un enorme edificio che faceva da centro ad altri intorno. C'erano sul tetto e nei muri dell'alto edificio,  delle zone aperte con delle passerelle che permettevano di passare dal primo piano al pian terreno degli edifici intorno, lontani da occhi indiscreti.

I muri dell'edificio al centro, bianco sporco con colonne, di forma davanti tonda, presentava una serie di scritte fatte con spray. QUella più grande diceva qualcosa non leggibile in parte a causa delle intemperie o altro.

 '...tutta l'eredità della specie, la volontà della seduzione e dell' agguato, la grazia del inganno, la bonta che cela un proposito crudele, tutto....'

"Deve essere abitato. Non è come la zona precedente" bisbigliò al compagno "cosa facciamo..."

"NOn lo so...da un lato vorrei evitare scontri. Possiamo scegliere se continuare e tentare la fortuna oppure tornare alla jeap e fare un giro largo..."

"Vuoi scappare lasciando roba che può servirci?"

"Non ho detto scappare...però non è normale questo posto. Quelle passerelle non sono lì per caso!"

"Allora che..."

 Briareos attaccò l' aggressore arrivato alle spalle con i gomiti e lo sbattè sul muro. L'uomo si era calato da sopra silenzioso, sperando di coglierli di sorpresa. Un altro arrivò da dietro da dove erano venuti, finendo come il precedente.  Briareos prese Deunan per il colletto del gilet e la trascinò nell'edificio dove erano nascosti, entrando dalla porta. Trovarono però un tizio nascosto dietro un tavolo rosciato. Il cyborg gli lanciò un coltello in una spalla e con una mossa svelta gli frantumò addosso un pezzo di vetro trovato a terra, portando l'aggressore a morire di emorragia dalla testa. Cercarono di bloccare le porte, per trovare un'altra uscita. Il tetto era sgretolato in un buco che portava al lato superiore, decisero di provare la sorte issandosi. Prima salì Deunan, sospinta da Briareos dal basso, poi lei controllò il piano in attesa del cyborg. Trovarono una finestra che fungeva da passerella che portava direttamente all'edificio centrale. Briareos la spinse verso la passerella e le urlò di attraversarla, nonostante le proteste di lei, cercando di centrare con la pistola chiunque li seguisse. Sembrava che non usassero armi, il che gli sembrò strano. In pochi secondi, giunsero al cornicione dell'edificio bianco ed entrarono nella finestra più vicina. Ai due sembrò esattamente quello che avevano immaginato, guardando le stanze dal corridoio dove si erano ritrovati.. Un rifugio. Poi, un rumore per i corridoi.

"Cazzo, saranno spazzini?"

"Cosa?"  chiese Deunan voltandosi verso di lui, non seguendo il suo discorso.

"Altri spazzini, così vengono chiamati coloro che cercano di raccogliere tutto ciò che si può trovare nelle zone abbandonate,credo che questi vivano così. Guarda questo posto, è pieno di roba ammucchiata in varie stanze. E poi..."

Briareos e Deunan si divisero cercando nuova copertura all'arrivo di altri uomini. Briareos estrasse la pistola e...
poi fu tutta una successione di eventi che Deunan rivedeva come frammenti di un fllm rovinato.
 

Stringendo forte gli occhi, serrandoli, non riusciva a vedere i frammenti perduti, soltanto quello che accadde dopo.

Il luogo era molto buio a parte qualche raggio di sole che trapassava dall'esterno. Uno di loro si avvicinò lentamente a Briareos, apparendo come una sagoma scura. Era un cyborg, uno di quelli che avevano visto tempi migliori per manutenzioni e sostituzioni delle placche di protezione esterne, e sembrava come uno dei capi. Briareos si alzò e gli sparò, poi mirò ad un altro ma l'arma si inceppò. Aveva finito i colpi? Non c'era tempo per capirlo. L'altro spazzino, stavolta umano  si fiondò addosso a Briareos permettendo al cyborg di rialzarsi e andare verso di lui con un balzo, da cui ne naque una colluttazione corpo a corpo.

Appena Briareos riuscì ad atterrarlo, prima che quello potesse ribaltare la situazione, prese il terminale di collegamento che teneva riposto al lato della testa e tirò il filo, srotolandolo. Inserì con ernome velocità, ma altrettanta precisione, l'attacco nell'apposito slot sul cyborg a terra e tentò una connessione diretta per hackerarlo e fermarlo. 

Era la cosa che faceva sempre quando non voleva eliminare il soggetto, ma voleva informazioni da lui. Deunan alzò gli occhi al cielo e sorrise a qualunque cosa ci fosse là sopra.Tornò ai ricordi.Rivide Briareos.

Il cyborg era collegato con l'altro ancora inerme a terra. Deunan si avvicinò controllando il perimentro. Non avevano contato i nemici eliminati, ma sperava di non averne dimenticato nessuno. Poi udì strani suoni, come quando un vecchio computer si connetteva alla linea per entrare in rete ma non riusciva. Si voltò verso di lui, chiese varie volte cosa non andasse. Lui però dopo un pò si portò le mani sulla testa, vomitando uno strozzato 'cazzo' e iniziò a tremare. Neanche il tempo per Deunan di capire e Briareos cadde a peso morto sulla schiena sul terreno polveroso, dinnanzi l'edificio bianco.  Il tremendo tonfo che il massiccio corpo di Briareos provocò, sembrò quasi un colpo di cannone a sentire l'eco echeggiare per la città deserta.

Corse a perdifiato verso di lui, urlò il suo nome con tutta la forza nei polmoni che aveva, si buttò sulle ginocchia senza badare al dolore. Nessun movimento, sia da lui che dal cyborg che aveva atterrato, nessuna parola, neanche un dito si mosse. Cercò di scuoterlo, lo prese a schiaffi, staccò il cavo di collegamento vedendolo riavvolgersi da solo all'interno della testa del compagno. Per più di dieci minuti, si sforzò di trovare un modo di risvegliarlo. Delle lacrime scesero sulle guance, gocciolando sul viso del cyborg che però non reagì. Si accasciò al suo fianco, gli strinse il collo poggiando la fronte a quella di lui, pregando che si ridestasse.
   
 
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