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Autore: determamfidd    16/03/2015    10 recensioni
La battaglia era finita, e Thorin Scudodiquercia si svegliò, nudo e tremante, nelle Sale dei suoi Antenati.
La novità di essere morto sparisce in fretta, e osservare i propri compagni presto lo riempie di dolore e senso di colpa. Stranamente, un debole barlume di speranza si alza nella forma del suo parente più giovane, un Nano della linea di Durin con dei capelli rosso intenso.
(Segue la storia della Guerra dell'Anello)
(Bagginshield, Gimli/Legolas) Nella quale ci vuole tempo per guarire, i membri morti della Compagnia iniziano a guardare Gimli come se fosse una soap opera, Legolas è confuso, il Khuzdul viene abusato, e Thorin è quattro piedi e dieci pollici di sensi di colpa e rabbia.
[Traduzione]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Gimli, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Nota di traduzione: la storia appartiene a determamfidd (che decisamente non sono io). La storia originale si trova qua. Le recensioni verranno tradotte e mandate all'autrice. Alla fine di ogni capitolo si potranno trovare le traduzioni da varie lingue della Terra di Mezzo usate e note ad avvenimenti a cui si fa riferimento.
 



Thorin Scudodiquercia, Re Sotto la Montagna, si svegliò con un sobbalzo improvviso e uno strozzato urlo di allarme. Era completamente buio, e il suo grido echeggiò nell'oscurità soffocante. Provò a battere le palpebre, e scoprì che faceva ben poca differenza.

«Pace, Figlio di Durin» disse una voce, e lui strinse i denti.

«Che posto è questo?» chiese, e la voce rise.

Dov'era lo Hobbit? Dov'era il lago ghiacciato? L'ultima cosa che ricordava era dissanguarsi ai limiti del silenzioso campo di battaglia. La sua follia era passata, ma aveva richiesto un prezzo troppo alto. La sua famiglia era distrutta e terminata, i suoi nipoti freddi e induriti dalla morte e squarciati da molte ferite. Il loro Scassinatore dalle mani morbide e il cuore grande l'aveva perdonato, mentre piangeva sul corpo spezzato di Thorin.

Non si meritava quel perdono.

«Sei arrivato in un luogo di riposo, Thorin figlio di Thráin» disse la voce, e Thorin sbatté velocemente le palpebre, tentando di intravedere il proprietario della voce nel buio. La sua eccellente visione nel buio Nanica non funzionava, e iniziò a tirarsi su puntellandosi sui gomiti. Era privo di abiti, e la sua pelle rabbrividì e formicolò nell'oscurità gelida.

«Spiegati» ringhiò «E mostrati!»

«Pazienza» lo ammonì la voce. Non sembrava arrabbiata alla mancanza di rispetto di Thorin. Anzi, sembrava affettuosa, quasi paterna. «Calmati. La tua vista ritornerà.»

«Dove sono?»

«Come ti ho detto, sei arrivato in un luogo di riposo. Qua potrai infine trovare pace.»

«Pace? Non ci sarà pace in me finché non avrò la tua risposta!» ringhiò Thorin. Si stava stancando di questi enigmi. «Parla chiaramente! Dove sono? Nei miei ultimi ricordi ero nella brughiera desolata davanti ai cancelli di Erebor. Mi hai spostato? Cos'hai fatto per rubare la luce dai miei occhi?»

«Forse ho errato quando ti ho fatto così sbrigativo» commentò la voce «Lo dico di nuovo: calmati! Non lo ripeterò un'altra volta – tre è già abbastanza. E tu sei abbastanza vecchio sapere che non devi chiedere domande così stupide, a differenza dei tuoi nipoti chiacchieroni. Come hai fatto a controllare quel temperamento? Sono curiosi quasi quanto gli Hobbit, e non è un eufemismo.»

«C'è un trucco per farlo» disse Thorin, mentre un sospetto strano ed orribile iniziò ad affacciarsi «Ascolti le parole che non dicono. Quelle sono le più importanti.»

«Ah. Naturalmente»

Thorin si fece forza, e chiese: «Sono morto?»

Ci fu una pausa, e poi la voce disse, non senza gentilezza: «Sì.»

Le sue costole si strinsero con forza intorno al suo cuore, e la testa di Thorin gli ricadde contro il petto mentre mormorava: «Sono nelle Sale dei miei Padri.»

«Sì»

Thorin serrò gli occhi. Ovviamente non potevano essere i suoi occhi, non davvero. Quella non era la sua mano, stretta in un pugno tremante al suo fianco. Il cuore che gli martellava nel tentativo di rompergli il petto non era il suo. Questo era un corpo ricreato, rinnovato e purgato di tutti i suoi difetti e debolezze mortali. Non si stupiva di non poter vedere: i suoi occhi non erano mai stati usati prima.

Qua avrebbe aspettato fino alla Distruzione del Mondo, quando i Nani avrebbero ricostruito l'Arda Marred e l'avrebbero ristorata alla sua piena gloria. Qua si sarebbe doluto per sua sorella e i suoi cugini, lasciati indietro per occuparsi dei risultati della sua follia ed orgoglio. Qua si sarebbe piegato sotto il peso della sua vergogna, sapendo che aveva rubato le giovani e luminose vite dei suoi nipoti prima che avessero vissuto anche solo un secolo. Qua si sarebbe distrutto sotto il senso di colpa per ciò che aveva fatto ad una creatura allegra, pacifica e gentile che l'aveva solo voluto aiutare.

«Sei il mio Creatore?» mormorò infine.

La vasta presenza si mosse più vicina, e lui rabbrividì quando il potere che vi era racchiuso gli accarezzò la mente e passò sulla sua nuova pelle. «Lo sono.»

Thorin aprì i suoi nuovi, inutili occhi e lanciò uno sguardo irato nell'oscurità. «Allora perché, se posso chiedere, mi hai fatto così pieno di difetti?»

La voce rimase in silenzio.

La rabbia scintillò e poi avvampò nel petto di Thorin, e si tirò in piedi sulle sue nuove gambe tremanti, deboli come quelle di un cervo neonato. Spingendo in fuori la mandibola alla cieca di fronte a sé, scagliò la sua vergogna ed il suo lutto e la sua rabbia nell'oscurità. «Perché il mio dannato orgoglio? Perché il mio temperamento, il mio risentimento – perché la mia stupida, testarda arroganza! Perché la follia che piaga la nostra Linea? Perché tutto ciò che che faccio, tutto ciò che sperato, si tramuta in cenere prima ancora che io riesca a raggiungerlo? Perché la mia famiglia è stata distrutta ancora e ancora?»

Il potente Vala della Pietra e delle Arti rimase in silenzio.

«Dimmelo!» ruggì Thorin.

«Ti dimentichi delle parti, Re Sotto la Montagna» disse la voce, e aveva un suono triste invece che arrabbiato «Il mio lavoro non era pieno di difetti. Tu sei stato fatto forte e robusto e lento nei cambiamenti, leale nell'amicizia e lungo nei conflitti. Opere di ogni genere vengono create con facilità dalle tua mani, e puoi sentire la terra sotto di te e ascoltare le sue canzoni, non è vero?»

Le unghie di Thorin scavarono nella nuova pelle morbida dei suoi palmi. «Sai che è vero.»

«È così che ti ho fatto» disse la voce del suo grande Creatore «E ciò non può essere alterato. È piuttosto il lavoro del Nemico che rovina tutto ciò che tocca.»

Thorin aggrottò le sopracciglia. «Quale Nemico? Mordor fu distrutta dall'Ultima Alleanza nei giorni di Durin IV, e nessun grande potere ad eccezione dei draghi si è levato da allora.»

La voce fu silente per un altro momento, come se stesse lottando con qualche antica e terribile ferita. «Ricordi l'anello di tuo padre?»

Thorin batté le palpebre. «Aye[1], l'Anello del Potere. Sì?»

«Un tempo ve ne erano sette. Quattro vennero ingoiati dai Draghi del Fuoco. Ma tre, incluso quello di tuo padre, tornarono alla loro fucina originaria.»

Thorin si accigliò. «Non capisco.»

«Capirai» la voce – Mahal – era piena di un'antica malinconia «Vi ho fatto forti per resistere, figlio mio. E l'avete fatto. A dispetto di tutte le macchinazioni del grande Male, i Nani non capitolarono mai e rimasero sempre i padroni di sé stessi. Nessun Nano diventò uno Spettro. Nessun Nano perse mai la sua volontà a causa dell'Ombra. Ma il Nemico è malizioso ed astuto; trova altre maniere per realizzare la propria volontà. E così i Sette Anelli lavorarono in altri modi, modi nascosti, contro i miei figli. Perciò dopo lunghi, lunghi anni l'amore per l'artigianato e la bellezza che vi diedi lentamente si deformò in un desiderio per gioielli e metallo.»

«Io non ho mai indossato quell'anello» disse Thorin.

«Ma tuo padre lo fece. E suo padre prima di lui, e suo padre prima di lui, dal giorno in cui Celebrimbor diede l'anello a Durin nella sua terza vita innanzi» disse la profonda voce addolorata «Ho osservato la tua Linea che lentamente andava alla deriva sotto il suo incantesimo, e me ne addolorai. I discendenti del primo dei miei figli, il più grande dei miei sette figli, forte e resistente e risoluto – e nonostante ciò il Nemico è riuscito ha toccarti.»

«Io non ho mai» ripeté Thorin a denti stretti «indossato quell'anello. La mia follia fu soltanto mia.»

«Lo era?» chiese gentilmente la voce «A parte l'anello, non dimenticarti: l'oro su cui ha dormito un drago ha un potere proprio. I grandi Vermi furono creati nei tempi antichi da un male persino più nero e potente. Furono creati per essere la distruzione dei Nani, e così rimangono la vostra più grande sfida.»

Thorin rimase in silenzio per un momento, e poi alzò leggermente la testa. «L'anello di mio padre non era altro che un anello, e il drago null'altro che un drago. Perché ho perso me stesso nel momento in cui avrei dovuto essere più forte?»

Mahal sospirò. «Questi sono segreti a lungo nascosti, che presto verranno alla luce. Capirai presto. Abbandona la tua rabbia e la tua vergogna, Thorin figlio di Thráin. Qua ci sono molti che ti amano.»

La gola di Thorin si chiuse, e i suoi denti si strinsero quasi dolorosamente. «Non spiegherai?»

«Mi è troppo vicino, figlio mio» disse Mahal, e paterna, potente voce si allontanò nell'oscurità schiacciante. Il dolore echeggiò tra le rocce mentre parlava. «Uno che mi era caro mi tradì completamente, e tutti i suoi lavori si sono ora trasformati in oscurità e menzogna. Non posso parlarne.»

Un lampo di comprensione lo colpì, e Thorin disse ad alta voce: «Quello che creò i Sette?»

«Aye» disse Mahal, e la sua bassa risata tremò nell'aria come un tuono che romba a distanza «Grazie ad Eru ti ho fatto intelligente. Lascia da parte la rabbia verso te stesso. Non ha spazio qui. La tua malattia non è stata una tua scelta, né una di mia creazione. È finita ora.»

«Non sarà mai finita» disse freddamente Thorin, anche se le sue interiore si attorcigliavano ancora e ancora «Non finché non avrò fatto ammenda.»

«Che utilità ha la tua ammenda nella Casa dei Morti? Saluta i tuoi amati, e aspetta il rinnovamento di ogni cosa. I tuoi viaggi e le tue fatiche sono terminati, e la tua casa natale restaurata. Hai avuto una buona morte, figlio mio.»

«Ho vissuto peggio. E un'ammenda non è utile» sputò fuori Thorin «Non è il motivo per cui si fanno!»

«Vero!» Mahal rise di nuovo «Molto vero!» Il potente Vala cadde in silenzio per un momento di pensiero, e Thorin respirò affannosamente per la forza della sua rabbia. Poi Mahal parlò, e la sua voce tremava dal potere:

«Molto bene allora. Per l'amore che ho per te e per le calamità che l'Ombra ti ha portato, ti darò la maniera di fare la tua ammenda»

Il cuore di Thorin gli saltò in gola.

Uno strano calore iniziò a pervadere il petto di Thorin, riempiendolo di un fuoco inestinguibile mentre Mahal continuò a parlare: «Tutti i miei figli possono vedere i loro parenti e amici che ancora vivono nelle terre mortali attraverso il velo. Ti darò il potere di raggiungerli.»

«Raggiungerlo?» Thorin fece un passo avanti alla cieca, una mano premuta contro il punto in cui quello strano fuoco bruciava sopra al suo cuore che correva «Intendi parlare con loro? Davvero?»

«No, quello non potrai farlo. Non posso riprendere il Dono di Ilúvatar una volta che è stato dato. Non potrai attraversare il velo per toccare i viventi»

«Nemmeno per pregare per il loro perdono?» chiese Thorin senza speranza, sapendo già la risposta.

Un'enorme mano dura, rovinata per il lavoro, s poggiò gentilmente sulle spalle di Thorin, e lui tremò senza controllo per la sensazione. La mano del suo Creatore – un tale potere, e un tale amore in quel tocco. «Mi dispiace che non puoi abbandonare il tuo dolore, figlio mio.»

«Mi hai anche fatto testardo, se ricordi» replicò Thorin per coprire la sua soggezione tremante, e il sorriso di Mahal si poteva percepire nel tuono silenzioso dell'aria.

«Aye, l'ho fatto» la mano lo lasciò, e Thorin barcollò leggermente, ubriaco di meraviglia e tristezza e paura.

«Ma» aggiunse il Signore delle Arti e della Pietra «sarai in grado di raggiungere la loro mente più profonda. La mente al di sotto dei pensieri da svegli, la corrente subconscia della loro persona – quella la potrai toccare.»

Thorin esalò un lungo respiro pieno di amarezza. La mente dormiente, il subconscio. Non era l'ideale. Ma meglio di niente.

«Ora, ci sono delle persone che hanno aspettato con ansia di incontrati.»

«Fíli? Kíli?» la vergogna era un cappio intorno alla sua gola, e i nuovamente-fatti occhi di Thorin si bagnarono con improvvise lacrime non versate.

«Tra altri che hanno aspettato molto più a lungo» disse il Vala «Stammi bene, Thorin Scudodiquercia, Re Sotto la Montagna. Ci rivedremo.»

E poi il sommergente senso della sua presenza se ne andò.

L'oscurità premeva su di lui, e Thorin fece un altro passo esitante in avanti. C'era della buona pietra sotto i suoi piedi nudi, e il rumore delle sue piante contro di essa echeggiava attraverso il nulla.

«Fíli?» provò «Kíli?»

L'oscurità ed il silenzio erano assoluti fata eccezione che per il rumore del suo respiro nei suoi polmoni. Thorin fece un altro passo, e un altro.

Poi giovani voci eccitate stavano echeggiando nell'oscurità verso di lui. Thorin fece una risata che era per metà un singhiozzo.

«Zio!»

«Tutti, venite qua! L'abbiamo trovato, finalmente, quanti sepolcri ci sono in questo posto?»

«Solo Mahal lo sa. A dire il vero, probabilmente lo sa davvero. Dovremmo chiedere»

«Thorin, non ci crederai!»

«Abbiamo incontrato Durin! Il vero Durin! È qua!»

«Di nuovo. Non è male – nasci, vivi, muori, ti riposi un po', e poi ne hai un'altra occasione nel giro di un paio di secoli»

«E parlando di questo, hai visto quel centro che ho fatto in battaglia? Non era fantastico? Neanche Bard avrebbe fatto di meglio! Mi piacerebbe vedere quell'idiota elfico biondo riuscirci»

«Kíli» disse Thorin con voce rotta, e barcollò in avanti nell'oscurità «Fíli...» Due corpi familiari come le sue stesse mani gli si scagliarono contro e lui li strinse a sé anche se indietreggiò.

«Attenzione ora» disse una voce ruvida ed amata, e qualcosa gli prese il gomito «Padre, prendigli dei vestiti, i suoi occhi ancora non funzionano.»

«Ah, prendiglieli te, pigra canaglia» la voce di Thrór era burbera come sempre, e Thorin si girò verso di lui, i suoi occhi senza vista larghi.

«Nonno, sei...»

«Aye» disse l'ultimo vero Re Sotto la Montagna «Sono qua. Ho visto che ha preso pure te.»

Thorin chinò la testa sopra i suoi nipoti mentre un'umiliazione bollente lo sommergeva. «Sì.»

«Non era colpa tua, ragazzo» disse il Nano che gli teneva le braccia «Non era colpa tua. Non hai chiesto che queste cose accadessero.»

«E poi» disse Thrór, e un'antica vergogna tinse anche la sua voce «L'hai battuta alla fine, no? Sei morto con la tua mente. Sei stato più forte di me.»

«E me» lo consolò il Nano di fianco a lui, e la forte e così familiare mano sul suo gomito si strinse in rassicurazione.

«No, non ero io. Era.. » Thorin voleva protestare, per parlare di Bilbo, quando il nano che gli teneva il gomito si schiarì la gola e mise l'altro braccio attorno alle spalle tremanti di Thorin.

«Abbiamo visto, ragazzo mio» disse gentilmente «Sappiamo.»

La mano sul suo gomito era senza difetti, nuova e senza cicatrici, ma non ci si poteva sbagliare. Thorin l'afferrò stretta con la sua altra mano, e la risata profonda nel suo orecchio fece bruciare i suoi occhi. «Padre» disse debolmente «Padre, mi dispiace così tanto. Ti ho abbandonato, 'adad. Ti pensavo morto da tempo...»

«Tranquillo ora, inùdoy» disse Thráin gentilmente «Tranquillo. Non pensare a me. Tu hai trovato una strada dura e lunga, ma ora hai tempo per riposare.»

Suo padre. Il suo grande e splendido padre, un Signore e un Principe, che aveva i tatuaggi di un guerriero sulla fronte. Suo padre – la sua testa nobile ed orgogliosa e la sua barba lunga e fiera, il suo occhio buono implacabile e le sue mani come bande d'acciaio. Suo padre – il suo povero, pazzo, orbo padre, intrappolato e affamato e ottuso per nove lunghi anni nelle segrete di Dol Guldur.

«Riposo» ripeté Thorin con voce soffocata «No, io non...»

«Sì, puoi» disse suo padre «Non ci pensare più. Anch'io mi sarei abbandonato. Lascialo andare, figlio mio. C'è tempo per riposare qui. Tempo per guarire.»

«Ti sei comportato bene, nidoyel» disse Thrór «Hai ridato la nostra casa alla nostra gente. Gli hai ridato la loro speranza e il loro orgoglio e la loro eredità. Non è un brutto lascito. Non è una brutta maniera di lasciare il mondo.»

«Li ho lasciati a dover affrontare un'inimicizia vecchia di ere, una casa piena di corpi, un tesoro maledetto e un Re morto» disse Thorin amaramente, e Thráin gli strinse il braccio bruscamente, le sue mani dure come la roccia e potenti come nei primi ricordi di Thorin.

«Hai dimenticato tutte le tue lezioni? Non siamo l'unico rame della nostra linea. È tempo di lasciare i tuoi oneri a qualcun altro»

«Ma...»

«Thorin» disse Thráin, la voce colorata da un sorriso «Non farmi arrabbiare con te. Adesso, cos'è questo? Lacrime, figlio mio? Bene, lascia che cadano! C'è anche un tempo per le lacrime, qua.»

«Avete finito vecchi sentimentali?» si intromise un'altra «Lasciatemi passare, o vi ci obbligherò e per Mahal non vi piacerà!»

«Meglio levarsi» borbottò Thrór, e Thráin rise di nuovo.

«Aye, non sarà paziente ancora per lungo»

«Stai dicendo che può essere paziente?»

«Non insultare mia moglie, vecchio strampalato»

«Piantatela di ciarlare, voi due, e muovetevi. Oh, guardati» mormorò la nuova voce, una voce morbida e femminile, e Kíli strillò quando venne trascinato via dalla stretta di Thorin «Così cresciuto. Così indurito. Oh, mio bel ragazzo. Mio coraggioso, coraggioso bambino.»

Thorin non poté fermare il singhiozzo che gli uscì sentendo la mano che gli si appoggiava sulla faccia. L'odore che lo abbracciò era reale e caldo quanto la mano, e la sua intera anima ne pianse: la dolcezza degli oli che usava per i suoi capelli e la sua barba, l'odore forte del rame e fumo di legna della sua forgia, il caldo, vivo odore della sua pelle. «Madre» disse, e sapeva che stava piangendo apertamente. Lei lo avvolse strettamente nel suo abbraccio, e fece passare una mano tra i suoi capelli.

«Sono molto orgogliosa di te, mio Thorin» disse nella sua bassa, forte voce, e lui si premette contro la sua mano mentre lei lo teneva vicino «Così orgogliosa di te.»

«A proposito, Nonna è abbastanza terrificante» disse Kíli, e poi urlò quando la lady Frís, figlia di Aís, Principessa Sotto la Montagna e moglie di Thráin, probabilmente gli diede un pizzicotto.

«Comportati bene, giovanotto» disse seriamente, ritirandosi indietro per accarezzare di nuovo la faccia di Thorin e infilare le dita nella sua barba tagliata corta «Verrò da voi due in un momento.»

«Terrificante» disse Fíli con ammirazione «Credo di vedere da dove l'ha preso Mamma, ora.»

«La nostra piccola scontrosa Dís una madre» disse una giovane voce ridente, una voce che suonava come campane «Che la Terra di Mezzo tremi.»

Thorin si congelò. La mano di Frís lo rassicurò, correndogli fra i capelli come per calmare un pony nervoso.

«Aye, è qui» mormorò «È stato insopportabile, aspettando te per tutto questo tempo.»

«Sono molto arrabbiato con te, nadadel» disse Frerin, Principe Sotto la Montagna «Ti sei preso tutto il tuo tempo. Che c'è, ti eri perso di nuovo? Mi hai fatto aspettare centoquaranta anni. Lo sai quant'è maleducato?»

«Thorin, maleducato?» Fíli rise «Crepi il pensiero.»

Thorin non riusciva a parlare. La mano di sua madre era sulla sua faccia, i suoi nipoti aggrappati alle sue braccia. Suo padre lo stava praticamente tenendo su, suo nonno gli stava dando delle pacche sulla spalla e il braccio di suo fratello era tranquillamente tirato attorno a lui. Frerin, Frerin.

«Stai boccheggiando» disse Frerin con una sorta di malizia affettuosa «Il mio perfetto fratellone, boccheggiando. Come un grosso Elfo avvilito. Ti sei spettinato i capelli? Qualcuno ha spezzato un ramoscello?»

«Sta zitto» disse Thorin senza fiato, e Frerin gettò indietro la testa e rise la sua risata argentina e oh, a Thorin era mancato, gli era mancato così tanto.

«Tu sta zitto» disse gentilmente, e poi Frerin gli stava tirando la treccia e di colpo Thorin fu colpito da un ricordo così vivido che barcollò per la sua forza, riportato indietro a un tempo vago e dorato di quando aveva cinque anni e il bambino nuovo continuava a masticargli e tirargli i capelli.

«Frerin» ansimò, e le mani calde di suo fratello gli stavano tirando le trecce, tirandolo in avanti finché le loro fronti furono appoggiate insieme. Frerin, il giorno alla notte di Thorin, così giovane, così piccolo, di solo quarantotto anni. La sua pelle era senza rughe e le dita di Thorin tracciarono le sue folte e dritte sopracciglia, il suo naso Durin simile a una lama, i suoi occhi allegri, la sua corta e folta barba a pizzetto con delle trecce sulle sue guance.

«Sembri vecchio, fratello» disse lui «E stanco.»

«Lo sono» sospirò Thorin, permettendo a Frerin di prendersi parte del suo peso da Thráin «Sono così stanco. Pensavo che avrei avuto tempo, almeno qualche decennio...»

«Ecco, questo è quello che succede quando non sono in giro per impedirti di rimuginare» disse Frerin gentilmente «Diventi un Elfo avvilito. È davvero abbastanza patetico.»

Thorin grugnì. Poi tirò indietro la testa e tirò una testata a suo fratello d'improvviso, e la risata morbida di sua madre risuonò.

«Ragazzi» disse, ed era lo stesso esatto tono che aveva usato quando Thorin aveva solo vent'anni e Frerin quindici, due ragazzini che litigavano invece di tenere d'occhio la loro sorellina di sei anni.

«La tua testa è diventata più dura» si lamentò Frerin.

«O la tua è più morbida» replicò Thorin, e una risata incredula ribollì da Kíli.

«Sto sognando, sì?» chiese a nessuno in particolare «Thorin non stuzzica. È stato riportato indietro sbagliato. Mahal ha fatto un errore.»

«Oh, pensi che voi due foste stati così terribili?» chiese Thrór con aria da briccone «Questi due vi battono»

«Perché credete che conoscesse già la maggior parte dei vostri trucchi?» aggiunse Frerin «Noi avevamo pensato a quella roba un secolo prima di voi.»

«Era sempre un'idea tua» borbottò Thorin.

«E tu facevi sempre strada» disse Frerin, e lo spintonò «Un Principe così osservante dei suoi doveri!»

Kíli gemette ad alta voce, e Thorin poteva immaginarsi l'espressione di tradimento sul suo volto. «Tutto quello che sapevo è sbagliato» si lamentò.

Thorin sorrise tra le lacrime e Fíli soffocò una risata. «Povero Kíli. Si sta tirando i capelli di nuovo.»

«Digli di smetterle. Non ne ha abbastanza di scorta» disse Thorin, e l'urlo oltraggiato di Kíli lo fece sorridere di più.

«Hai un aspetto orrendo» disse Frerin con tono da conversazione «Tutto coperto di lacrime e con la faccia rossa e le trecce che si sciolgono.»

«E di chi è la colpa?» ritorse immediatamente Thorin, e percepì piuttosto che vedere il ghigno di Frerin.

«Io sono arrabbiato con te» gli disse Fíli nell'orecchio «Perché tu o Mamma non mi avete mai detto che assomiglio a tua madre e tuo fratello? Ho sempre pensato di essere quello strano!»

«In questa famiglia?» sbuffò Frís «Quando si parla di strano, non abbiamo che l'imbarazzo della scelta.»

«Cara» disse Thráin, abbastanza rigidamente «Non di fronte ai nipoti.»

«La perdita del rispetto viene col territorio» disse Thrór «Abituatici. Thráin, nidoy, dov'è tua madre?»

«Sta tenendo lontano il resto. Non voleva travolgerlo tutto d'un colpo»

«Non siete stati così gentili con noi» accusò Fíli «Assaliti, ecco cosa avete fatto! Pensavo di essere sotto attacco all'inizio! Ho tirato un pugno sul naso a mio padre!»

Quello sorprese Thorin tanto da farlo ridere davvero, anche se gli fece male al petto. «Hai colpito Víli?»

«L'ha fatto. E io ho pestato il piede al Nonno» disse Kíli.

Thráin si schiarì la gola. «E mi hai morso la mano» aggiunse duramente.

«Beh, provaci tu ad essere cieco come un pipistrello e nudo come una talpa e avere tuo nonno morto che fa commenti sulla tua mancanza di barba, vediamo se a te piace» borbottò Kíli.

Thráin fece uno sbuffò fuori una risata, e Thrór fece un verso di sofferenza che Thorin vagamente ricordava da dei lunghi, noiosi incontri del Consiglio nei quali sembrava che Fundin non stesse mai zitto. «Non conosci nessuno di noi, bis-nipote» disse il Re pazientemente «Non fuori da delle storie. Ma il nostro Thorin incontrerà dei Nani che non ha visto in secoli – il suo prozio, i suoi cugini, i suoi amici.»

«È abitudine tenere il primo incontro solo con i parenti più stretti» spiegò Frerin «Altrimenti diventa un po' travolgente. La Nonna sarà con noi tra un momento.»

Kíli fece un suono di assenso che Thorin riconobbe come un “va bene” a malincuore. Allungò la mano nell'oscurità, alla ricerca del suo nipote più giovane, e Kíli tornò tra le sue braccia con facilità. «Kíli» disse Thorin e accarezzò gli spettinati, matti capelli di Kíli – senza trecce come al solito – mentre stringeva Fíli più vicino a sé. I Nani tra le sue braccia erano giovani e forti, alti e dritti, come se li ricordava. Visioni dei loro volti senza sangue e dei loro corpi deturpati e spezzati continuarono a danzargli davanti all'occhio della sua mente. Una grande pietra si incastrò nella sua gola e gli rese difficile respirare. « Fíli, mi dispiace così tanto» sussurrò contro al lato della testa di Fíli «Mi spiace così tanto, ragazzi miei. Perdonatemi, oh, miei nidoyîth. Avevo desiderato così tanto per voi, undayûy. Avrei voluto...»

«Oh, è come Thrór di nuovo, qualcuno lo fermi» si lamentò Frís «Finiremo coll'annegare in tutto il senso di colpa combinato della Linea di Durin prima di posare una pietra di Arda Ricostruita.»

«È qui ora» disse Frerin gentilmente «Guarirà.»

«Ci servirà tempo» disse Thrór, il suo tono sobrio.

«Serve sempre» sospirò Thráin.


TBC...

Note:

Sansûkh(ul) – Perfetta (vero/puro) Vista

[1] i termini 'aye' (sì) e 'nay' (no) sono qui in lingua originale, in quanto sono una caratteristica tipica della maniera di parlare dei Nani che non si poteva rendere altrimenti in italiano. [Torna alla storia]

Sette Anelli dei Signori dei Nani – questo è canon. Quattro dei Sette furono distrutti dal fuoco di drago. Tre alla fine tornarono a Sauron. I Nani stessi – risoluti, resistenti e lenti a cambiare – non finirono mai col soccombere al potere degli Anelli per diventare Spettri. Invece gli Anelli si limitarono ad ingigantire il loro amore per l'oro.

Tutte le fanart e i lavori ispirati a Sansûkh possono essere trovati sul blog dedicato.

   
 
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