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Autore: Kyokushu    16/03/2015    1 recensioni
Tu hai una vita. Tu hai degli amici. Tu hai una personalità. O almeno è ciò che credevi.
Ma che cosa succede quando, di colpo, il tuo piccolo mondo viene stravolto da un evento nel quale hai rischiato la morte?
Semplice: muori davvero, e poi rinasci come una persona nuova.
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Banale

Ero stata ricoverata per sei giorni, quattro se non contiamo i due per i quali ero rimasta in coma.
Alias, invece, se n'era andata la sera che avevamo avuto la nostra prima ed ultima conversazione: non l'avevo neanche salutata perchè erano venuti a prenderla mentre io stavo dormendo.
Non ricordo molto di quei giorni, ero costantemente sotto farmaci, ma ad un certo punto doveva essere arrivata la mamma a portarmi una borsa con i vestiti e poi non se n'era più andata, dato che per i minorenni c'era un servizio che permetteva alle madri di rimanere anche la notte, dormendo su dei lettini pieghevoli.
Quando ero stata dimessa era venuta anche Marla a riportarmi a casa, ma non era stata di molto aiuto: appena mi aveva vista era scoppiata a piangere e poi non aveva più smesso, pure mentre mamma l'accompagnava alla porta la sentivo singhiozzare.
Sentì la serratura scattare due volte e poi i passi leggeri di mia madre che si avvicinavano.
<< Come stai tesoro? >> Non l'avevo mai vista così dolce.
<< Strafatta di antidolorifici. >> Sorrisi. Lei ridacchiò un pò, anche se tristemente.
<< Domani starai bene, oggi era l'ultimo giorno di prescrizione. >> Mi rassicurò dandomi una carezza sulla fronte. Era tutta zuccherosa.
Mi squadrò ancora un attimo, dall'alto del suo stare in piedi, per poi chinarsi a raccogliere la borsa con dentro i vestiti che mi aveva portato all'ospedale, poggiata a fianco del divano sul quale ero sdraiata.
<< Vado in camera tua a metterti a posto i vestiti. >> Annunciò, per poi scomparire sulle scale, gradino dopo gradino.
Tirai un sospiro di sollievo. Quegli antidolorifici erano una bomba, molto meglio della maria di Kevin!
Rimasi a godermi quella sensazione di leggerezza finchè mamma non tornò e mi aiutò a salire le scale, per poi lasciarmi seduta sulla mia poltroncina di finta pelle bianca, in camera mia.
Poi andò in camera sua, si vestì e si preparò ad andare al lavoro.

<< Mi raccomando: se hai bisogno di qualcosa, chiama! >> Mi urlò una volta scesa al piano di sotto, prima di uscire di casa per andare a fare il turno di notte alla farmacia.
Non le risposi, tanto non mi avrebbe sentita, ma mi limitai ad osservare la perfezione immobile della mia camera.
Tirai un sospiro.
Mi decisi a fare qualcosa, così ruotai sulla sedia girevole fino a ritrovarmi di fronte al computer, causandomi però un giramento di testa talmente tanto forte da farmi salire la nausea; fu allora, mentre rimettevo a fuoco, che notai che sulla mia scrivania perfettamente bianca vi era una macchia violacea.
Appena la vista mi permise di distinguere cosa fosse, capì che si trattava di una pila di block notes, uno appiccicato all'altro, con sopra delle scritte in una grafia rapida e pulita.

Hei, ti ricordi di me?


Lessi il primo: inchiostro nero e fluente, una china probabilmente. Lo strappai e passai al secondo.

Certo che ti ricordi di me!


Fatemi indovinare: quella stronza di Alias?

Sono, come diresti tu, "quella stronza di Alias"


Fissai la frase con un'espressione di stupore dipinta in faccia.

Dicevamo: dato che avrai bisogno di me,


E perchè mai dovrei aver bisogno di te?

"E perchè mai dovrei aver bisogno di te?"


Ma che diavolo...?

"Ma che diavolo...?"


Ma come cazzo ci riesce?!

Ci riesco perchè sei prevedibile.
Comunque, eccoti qui il mio numero:
3924583633


Rimasi un attimo a fissare l'ultimo bigliettino che mi ero ritrovata in mano, leggendo più volte il numero che ci era stato scritto, chiedendomi se dovessi conservarlo o no.
Decisi che no, non dovevo.

Il giorno dopo era sabato.
Sabato, per me, significava "dormi quanto vuoi": passavo tutta la mattina a rigirarmi tra le coperte, facendo volare la fantasia in un meraviglioso dormi-veglia che mi portava dalle 7:00 alle 13:00 in pochi minuti.
Ma quella mattina mi svegliai e l'unica cosa che sentì fu un immenso senso di oppressione, che mi frenava il respiro e mi faceva venire un senso di nausea.
Provai a richiudere gli occhi, sperando di riaddormentarmi.
Devi andartene di qui.
Spalancai le palpebre e mi alzai di scatto, non facendo caso alla caviglia che mi faceva male. Scesi di corsa le scale ed arrivai in cucina, quasi con il fiatone, dove, inaspettatamente, trovai mia mamma e Marla sedute al tavolo che facevano colazione.
Appena mi videro mi salutarono calorosamente.
<< Indovina? >> Mi fece poi Marla, bloccando mia mamma sull'inizio di un discorso sul perchè non dovrei andare in giro in piagiama. << Ti porto a fare shopping con Beth: iniziano i saldi! >>
La guardai per un attimo e poi le sorrisi. Shopping con Marla e Beth: mi tirava sempre su il morale, era un metodo che non poteva fallire!

Fallì.
Il solo fatto che fossi rimasta a fissare il mio armadio esterrefatta, quasi non riconoscendomi in ciò che ci vedevo dentro, doveva farmi avere qualche segnale sul come sarebbe andata la giornata.
Ogni vestito che vedevo, maglietta color evidenziatore, pantalone con strappo sul ginocchio, cose che normalmente avrei comprato subito, mi sembravano insulse, poco personali, innaturali.
<< Guarda che bella questa maglietta! >> Mi aveva detto Beth, la sorella bianca e adottiva di Marla. << Dai provala! >> Ed eccomi catapultata in un camerino ancor prima che potessi aprire bocca.
Rimasi a fissare le tendine che mi separavano dal resto del mondo, e poi tirai un sospiro.
Mi tolsi la maglietta che avevo addosso e provai quella che mi avevano dato le mie amiche: era bianca con il segno "Hollister" poco sopra il seno sinistro. Mi misi a posto e poi mi girai verso lo specchio.
Quella non sono io.
Mi ritrovai a guardare il riflesso di una ragazza dai capelli castani, occhi nocciola, magra e fasciata in un paio di jeans a vita bassa e in una maglietta bianca. Il suo aspetto era semplice, la sua immagine quasi sfocata.
Io ero ordine. Io ero colori sbiaditi. Io ero noiosa.
<< Hei ragazza! Questa t-shirt ti sta divinamente! >> Esclamò Marla, comparendo da dietro la tendina e squadrandomi.
Non le risposi. Rimasi immobile.
<< Hei? >> Mi chiamò. << A che pensi? >> Chiese, entrando del tutto nel camerino e chiudendosi dietro la tenda.
<< Che fa male... >> Ormai non fissavo più lo specchio, il mio sguardo si era perso nel vuoto.
<< Ah, lo sapevo che avresti dovuto stare di più in ospedale! >> Esclamò lei, mettendomi un braccio dietro la schiena. << O almeno non ti avrebbero dovuto togliere il gesso così presto! >>
<< Era una fasciatura... >>
<< Ah, stessa cosa! >> Gesticolò, per poi tirare fuori un rosseto color rosso acceso e rifarsi il trucco. << Beh? Allora la compri? >> Chiese, con uno strano luccichio negli occhi.
Tornai a fissare il mio riflesso.
<< ... No, non ne ho bisogno. >>
Mi ricambiai e uscì in tutta fretta dal camerino. Alla radio davano la mia canzone preferita.
...Banale.
Dissi a Marla che dovevo andare a casa perchè mi ero appena ricordata di un impegno con mia mamma.
Scusa banale.
Persi il bus, così ne aspettai un altro, nonostante l'attesa sarebbe stata di venti minuti mi sembrava la cosa più sensata da fare.
La cosa più banale.
Tornai a casa, mamma non c'era, salì le scale e arrivai in camera mia.
Una camera banale. Con mobili banali. E vestiti banali. Appartenenti a me: una ragazza banale.
Le cose che fino a poco prima ritenevo importanti, si stavano rivelando inutili e noiose, il mio mondo mi stava crollando addosso, pezzo dopo pezzo, schiacciandomi sempre più.
Iniziai a respirare sempre più velocemente, senza riuscire a controllare il mio battito. Mi appoggiai al muro, cercando di calmarmi, ma fu inutile: la stanza girava, vorticava, attorno a me, con me. Scivolai lentamente a terra, la testa mi girava e io stavo iperventilando, ma nonostante ciò non riuscivo a respirare.
Dov'è?
Mi trascinai a fatica fino al cestino, rovesciandolo con una mano per frugarci dentro: vuoto. L'attacco di panico diventò più violento.
Ricorda, dannazione, ricorda!
Presi il cellulare dalla scrivania, tirandolo giù a tentoni, facendolo schiantare a terra e rompendo lo schermo. Aprì la tastiera e iniziai a comporre: 3924583633.
Poi mi misi il telefono all'orecchio, con mano tremante, cercando di fermare l'attacco di panico in corso.
Suonò una volta.
Rispondi...
Suonò due volte.
Ti prego, rispondi!
<< Pronto? >> Disse una voce, annoiata. << Chi è? >> Chiese, subito dopo.
<< Alias... >>

Angolo Autrice:
Eccomi, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, anche se scriverlo è stata un pò una tortura, ma va beh! Dunque, dicevamo: stavolta vorrei (per quei pochi santi che recensiranno) che voi mi diceste cosa ne pensate del cambiamento della protagonista, cosa credete che le stia succedendo e come pensate che si evolverà il tutto, in ogni caso buona serata!

  
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