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Autore: MichelleBouclier    17/03/2015    0 recensioni
Il mio nome è Lilian Robinson e questa è la mia storia. Un tempo avrei gradito essere chiamata soltanto Lily, ma ormai di quella ragazza non è rimasto più nulla. Lily è morta e con essa tutta la gioia e la serenità sono svanite. Mi sono rimaste solo le macerie di una battaglia senza nome e senza gloria, che mi ha strappato il riso e di cui ancora oggi il mio cuore piange i caduti. Mi rivolgo a chi un giorno troverà il mio diario e sarà così curioso da addentrarsi nel reticolo dei miei ricordi: questa storia non ha un lieto fine ma, chissà, forse la mia vita lo avrà e riuscirò così a riempire l'ultima pagina bianca rimasta. Chiunque tu sia, caro lettore, lo scoprirai solo quando le tue dita accarezzeranno l'ultimo foglio.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Diario

Prologo

 
Molte volte ci sentiamo persi, soli, senza più uno scopo nella vita. Il mondo ci è caduto addosso così tante volte che adesso non riusciamo più a emergere da sotto il suo peso. La nostra vita tranquilla è stata afferrata e fatta a brandelli dai denti della rabbia e della distruzione. E allora cosa mi è rimasto? Non ho niente se non un dolore così forte che mi divora dall'interno e mi fa capire che sono viva. Ma si può davvero chiamare vita la mia? Un'esistenza fatta di sofferenza e rinunce, che ti riduce ad un mero fantasma di te stessa, è la vita? E' come se fossi stata inghiottita da un'immensa voragine oscura, dal quale la mia anima non può far ritorno. Non avrei mai immaginato che sarei arrivata ad annullarmi così tanto da non riconoscermi più, da diventare un' ombra senza nessuna identità. Da quando ho lasciato i Soldati della Luce, non so più chi sono. Ero una guerriera un tempo. Una prescelta, con un unico obiettivo: combattere per difendere l’umanità. Per questo arduo compito ho sacrificato tutta me stessa, pagando prezzi ingrati, come se già tutto non fosse stato abbastanza duro e crudele. Ho visto morire i miei amici, altri sono stata io a doverli ammazzare, ma il dolore più grande che porto ancora oggi nel cuore è l'aver dovuto rinunciare alla mia felicità; aver dovuto rinunciare alla persona che amavo più della mia vita. Il suo ricordo è ancora vivo e tangibile in me e ogni notte nei miei sogni riesco ad allungare la mano per toccarlo. Quello è l'unico momento in cui penso di potermi ricongiungere con lui, ma non appena la mia mano si posa sul suo viso, la sua immagine si dissolve e io mi risveglio. La disperazione torna a impossessarsi di me e quel ricordo brucia, mi logora l’anima. E' il ricordo di un amore tanto smisurato quanto maledetto, di cui ogni giorno ne porto il segno evidente sul viso. Una cicatrice, scura e profonda, che parte da appena sotto l’occhio destro, si dirama su tutta la guancia, con una forma molto simile ad una croce greca. Si tratta del mio unico trofeo per una vittoria che racchiude solo il retrogusto di una sconfitta ben maggiore. Sono felice di aver salvato tutta quella gente, ma mi pento di non essere riuscita a salvare me stessa, non concedendo la redenzione alla persona che più la meritava. Ho ascoltato le parole di una Giustizia che solo adesso mi rendo conto essere priva di uguaglianza e imparzialità, ma che all'epoca veneravo e perseguivo. Mi ha fatto compiere un atto scellerato in nome di quel dono che mi era stato dato per proteggere le persone dai mostri, facendomi diventare esattamente uguale a loro. Sono diventata un essere riprovevole a furia di seguire le scelte da loro ritenute "opportune" e adesso ho le mani sporche di sangue e la coscienza sudicia di sensi di colpa e tormenti. Non esiste pace per me e il fardello dei miei peccati mi accompagnerà fino a che non esalerò il mio ultimo respiro. 
I pensieri sono troppi da contenere, vorticano e si scontrano facendomi sbattere le tempie. Freneticamente cerco nel comodino accanto la scrivania le pillole contro il mal di testa e ne ingoio due, facendole scendere con un sorso di whisky. Strizzo gli occhi e riprendo fiato, sentendomi subito relativamente meglio. Mi getto di peso sulla poltroncina marrone in pelle e poi riprendo a sorseggiare il mio whisky pregiato. Da sotto la scrivania uno strano libricino rosso mi osserva, attirando la mia attenzione. Rifletto, non essendo sicura di volerlo veramente prendere, poichè temo che rivangare il passato possa solo far aumentare la mia emicrania. Sono sempre stata un po' masochista, forse per questo mi convinco e allungo un braccio. Lo prendo senza nessuna difficoltà e lo posiziono sulle ginocchia. Appoggio una mano sulla copertina rossa, un po’ sbiadita dal tempo e sento già i brividi percorrermi la schiena fin dietro la nuca.
"Forse dovrei buttarti...", commento seccata. Eppure, contrariamente alle mie parole inizio a sfogliarlo.
È il mio diario, o meglio un piccolo scrigno in cui avevo racchiuso tutte le miei memorie a partire da quando avevo lasciato Londra - la città in cui sono nata - per trasferirmi al College. Avevo deciso di riportare, più o meno giorno per giorno, ogni cosa che mi capitava in quel periodo lontana da casa e alla fine quei fogli si erano ritrovati a raccontare gli anni più importanti della mia vita.
Gli occhi cadono immancabilmente sulle prime frasi e così inizio a leggere, incapace di fermarmi. Nella memoria e nel cuore iniziano a riaffiorare emozioni che erano rimaste sopite per ben sette anni. Mi mordo le labbra, non avrei dovuto riaprirlo. Ma ormai è troppo tardi, ormai mi sono già persa nei ricordi e sono tornata indietro al 4 Settembre di sette anni fa. 
   
 
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