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Autore: Espen    17/03/2015    3 recensioni
[Fanfiction partecipante al contest "Fantasy Tattoo" indetto da Yuko chan]
Un ragazzo che sta cercando di scappare dal suo passato e un uomo a cui non interessa il futuro.
Un angelo caduto con un forte desiderio di conoscere e un freddo assassino che non prova più emozioni.
Passioni e segreti che prendono il sopravvento sulle loro vite, sullo sfondo di una città avvolta dal peccato e dal mistero.
"Il loro era un amore passionale, irruento, bramoso del corpo e del cuore dell’altro, che li lasciava soddisfatti e allo stesso tempo ancora affamati."
Genere: Fantasy, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'The Organization Zero'
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Nome sul Forum e su EFP: _IceAngel/ Ice Angel
Titolo della storia: The Tattoos of Angel
Immagine scelta: 10
Genere: romantico, fantasy, introspettivo
Note dell’autore: allora, inizio col ringraziare Yuko chan per aver indetto il contest, che mi ha ispirato parecchio. Questa storia infatti fa parte della serie “Organization Zero” ed è collegata alla fanfiction “The Det
ached Murderer”, tuttavia non è necessario leggerla per comprendere questo racconto.
Se devo essere totalmente sincera il finale di questa storia non mi entusiasma molto, credo mi sia uscito troppo smielato, ma, onestamente, non saprei come farlo finire diversamente –sono una contraddizione umana, sì.-
Essendo parte di una serie di fanfiction, in questo racconto, soprattutto verso la fine, certi aspetti che non sono stati approfonditi qui, si evolveranno nei futuri seguiti; quindi niente è dato al caso.
 
Note importanti (se non le leggete, probabilmente certi aspetti della fic potrebbero sfuggirvi):
Il mondo in cui è ambientata la storia è parecchio futuristico, con tecnologie innovative, dai toni cyberpunk. Le nazioni esistono ancora, ma solo per “tradizione”, dato che tutto il potere economico, politico e sociale risiede nelle megalopoli. Esse sono divise in due parti: la Tall City, dove risiedono persone importanti, come governatori e capi d’azienda, e ricche; nella Slam City, dove è ambientata l’intera serie, regnano le associazioni malavitose e la maggior parte dei suoi abitanti sono poveri o svolgono lavori illegali.
Esistono gli Skills (di mia totale invenzione, come tutto il resto) che sono persone con poteri speciali, legati principalmente agli elementi naturali (fuoco, acqua, vento…) o a capacità “fisiche” (telecinesi, telepatia, chiaroveggenza…). Non si sa perché abbiano tali poteri, ma si stanno facendo numerose ricerche per scoprirlo. Un essere umano manifesta i suoi poteri di Skills intorno agli otto anni, ma non riesce a controllarli pienamente fino ai diciassette.
Esistono due tipi di Skills: quelli “naturali”, che hanno ereditato il loro potere perché appartenenti a una famiglia di Skills; mentre quelli “innaturali” c non hanno parenti Skills da cui aver potuto ereditare il potere, per cui non si sa esattamente come siano diventati così –l’ipotesi più convincente è che sia a causa dello sviluppo delle nuove energie che hanno avuto conseguenze sul clima e sulle persone.-. Non vi sono differenze fra naturali e innaturali, se non che i primi riescono, anche grazie ai consigli e agli allenamenti dei propri famigliari, a controllare meglio il propri poteri.
Parallelamente alle megalopoli si è sviluppata una cerchia di Skills che, ritenendo il mondo moderno corrotto e peccaminoso, ha deciso di isolarsi da esso creando una propria comunità. Queste persone vengono chiamati “Cherubini” e, oltre ad avere una propria struttura governativa indipendente dalle megalopoli, hanno una propria religione e cultura e delle rigidissime regole che devono rispettare (questo aspetto verrà approfondito nella storia).
Mi pare di aver detto tutto, quindi, senza trattenervi oltre, vi lascio alla fanfiction.
 
 
 
 The Tattoos of Angel
 
 
First Tattoo.
The Wing- Liberty
 
Era apparso improvvisamente in una sera fredda, in cui non aveva niente di meglio da fare se non fumare sul logoro divano del piccolo studio di tatuaggi che aveva nella Slam City.
Sembrava così piccolo in quel corpo gracile e pallido, avvolto da un giubbotto logoro e da dei jeans strappati, i capelli scuri completamente spettinati. Ma ciò che aveva colpito Nikolaj erano i suoi occhi, di un azzurro chiaro, tendente al grigio.
Gli occhi di un angelo.
Anzi, tutta la sua essenza sembrava quella di un essere ultraterreno, bello ed efebico. Nikolaj era un amante della bellezza, e quel corpo rappresentava appieno tutti i suoi canoni.
-Ehi ragazzino, cosa ti serve?- domandò, a mo’ di saluto, continuando a rimanere sdraiato a fumare con nonchalance.
-Li sai mantenere i segreti, tatuatore?
 L’interpellato sollevò un sopracciglio, scettico. Era la prima volta che gli capitava un cliente così strano ed enigmatico. Si alzò dal divano, per mettersi di fronte a quel ragazzino, notando solo in quel momento quanto fosse basso, dato che gli arrivava appena alle spalle.
Lo guardò negli occhi e, per la prima volta, i loro sguardi si incontrarono, marrone tenebroso nell’azzurro limpido, in un contrasto perfetto.
I loro visi erano vicinissimi e, se solo avesse voluto, Nikolaj avrebbe potuto assaggiare quelle labbra con un piccolo movimento, ma si limitò a sussurargli alcune parole, il tono della voce basso e roco.
-Dipende dai segreti. Se rischio di ritrovarmi con una pallottola in fronte allora preferisco non sapere.
Rise, notando le gote dell’altro tingersi di un rosso acceso. Tuttavia quegli occhi chiari quanto gelidi erano ancora seri.
-Non credo che il mio segreto ti porterà a questo… ma è qualcosa di molto brutto, appena mi spoglierò lo vedrai.
Il tono della sua voce si era mantenuto indifferente per tutto il discorso, nonostante le guancie che si arrossavano ad ogni parola.
Lo sguardo di Nikolaj si riempì di consapevolezza, ma continuava a non capire perché quel ragazzo ne facesse una questione tanto grave.
-Non è la prima volta che vedo cicatrici orribili sui corpi delle persone, non preoccuparti per questo, non mi interessa nemmeno sapere come te le sei fatte.
L’altro sbarrò gli occhi, in un misto fra la sorpresa e la confusione.
-Oh… no, non si tratta di una cicatrice, ma credo che tu possa capire solo vedendo. Però devi promettere di non dirlo a nessuno!
 Il tatuatore ridacchio, leggermente perplesso.
-D’accordo, lo prometto.
Come se le promesse di un uomo valgano qualcosa in questo mondo, pensò, mentre ordinava al ragazzino di sdraiarsi sul lettino e spogliarsi.
-Come ti chiami?- gli chiese subito dopo, mentre prendeva gli aghi per fare i tatuaggi.
-Seth.
-Io sono Nikolaj- si presentò -che tatuaggio vorresti farti, Seth?
Era strano pronunciare quel nome, aveva un suono sibilante, quasi sfuggevole, gli ricordava un serpente che, strisciando, si nascondeva fra le rocce.
Non lo stava osservando, troppo occupato a scegliere l’ago giusto, ma aveva udito chiaramente il fruscio del giubbotto e della maglietta che venivano tolti.
-Un’ala, sulla spalla sinistra.
-Hai le idee chiare - si limitò a rispondere Nikolaj, scegliendo l’ago da utilizzare e girandosi verso Seth, sdraiato prono sul vecchio lettino, la schiena  pallida in bella vista.
Schiuse la bocca, sorpreso. Dopo ciò che gli era stato detto, Nikolaj si aspettava di vedervi cicatrici orrende, bruciature o chissà cos’altro di ripugnante,  ma di certo non quello.
Le sue dita si posarono sull’insetto, forse un’ape, tatuato sulla nuca: il suo corpo e le sue zampe sottili si espandevano lungo la colonna vertebrale, le spalle e la schiena. Aveva sentito di quel sigillo, perché di esso si trattava, ne era sicuro, ma vederlo, toccarlo, era qualcosa di strano e, allo stesso tempo, affascinante.
-Tu sei...
-Un Cherubino, sì. Anzi, un ex-Cherubino, dato che, dopo essere scappato dalla prigionia, alla quale ero stato condannato, sono considerato un ricercato.
 Nikolaj si limitò a fare un verso di assenso, invitandolo a continuare, per qualche ragione era davvero intrigato da quel ragazzino.
-Quel sigillo me l’hanno fatto a dodici anni, l’età che, nella nostra cultura, segna il passaggio dall’infanzia all’adolescenza e, quindi, al pieno sviluppo dei poteri di Skill.
Il più grande notò che non aveva menzionato la causa della sua condanna, ma non disse nulla, limitandosi a far scorrere le dita fredde sulla sua schiena, dove era tatuato un altro sigillo, delle costole di scheletro. Avvertì Seth inspirare quando cominciò a  toccarle leggermente, con la punta delle dita, una a una.
-Questo, invece, me l’hanno fatto quando sono stato condannato. Sarebbe dovuto servire a bloccare definitivamente i miei poteri, in modo da non poterli più adoperare, ma sono riuscito a romperlo. Ora è come se fosse solo un semplice tatuaggio.
-È davvero possibile rompere un sigillo? Non ho mai sentito niente del genere.
Seth annuì, sorridendo furbo.
-Se la forza del sigillo è inferiore a quella delle Abilità dell’individuo, sì.
Più ascoltava le sue parole, più era confuso e affascinato dal suo cliente. Seth lo attraeva con quel tono quasi sussurrato, tanto da sembrare sfuggevole. Frasi pronte a svanire, scappare e mescolarsi  all’aria sporca di quella città, assieme a tante altre storie tristi e drammatiche.
-Sembra quasi una minaccia- scherzò ironicamente, gli occhi ancora fissi su quei particolari sigilli.
Seth rise leggermente e Nikolaj si rese conto di non aver mai sentito una risata più pura. Tutto in quel ragazzo gli trasmetteva innocenza e ingenuità, come se non appartasse al suo mondo, fatto di peccatori, e si rese conto che, in effetti, era così: da quel che sapeva, i Cherubini avevano uno stile di vita umile e minimalista e regole rigidissime per non “cadere nei peccati”. Lo stile di vita di Seth, almeno a prima della sua condanna, doveva essere stato completamente diverso dal suo.
-Vedo che leggi tra le righe. In effetti volevo intendere che sono un Skill parecchio potente e faresti meglio a mantenere il mio segreto, se tieni alla tua vita.
Nonostante la frase minacciosa, il suo tono di voce si era tenuto basso e morbido.
-Non ho paura di te, moccioso. Sono uno Skill anch’io e so difendermi da dei ragazzini. Ma manterrò il tuo piccolo segreto, non preoccuparti.
-Non sono un ragazzino, ho vent’anni!
-Perdonami angioletto, i miei ventisette anni in confronto non sono nulla. Comunque da quanto tempo sei un fuggitivo?
-Un paio di giorni, la prima cosa che volevo fare una volta libero era un tatuaggio, ma non riuscivo a trovare nemmeno uno studio. Mi stavo quasi arrendendo quando ho notato il tuo. Ed ora ti sarei infinitamente grato se cominciassi a fare quelle per cui ti ho pagato, grazie.
In quel momento Nikolaj capì il vero significato del tatuaggio. Quell’ala rappresentava la faticosa libertà che era riuscito a ottenere. Forse era anche il simbolo dell’abbandono alla sua vecchia vita, tra i Cherubini, piena di limitazioni.
L’ala, in un certo senso, simboleggiava una rinascita.
-Io direi di far partire il tatuaggio dalla spalla sinistra e poi concluderlo nel centro della schiena, sopra i sigilli, in particolar modo sopra a quello a forma di scheletro.
Come a dire “sono riuscito a liberarmi da quella prigione, dal mio passato. Ora niente può fermarmi.”
E dal sorriso di Seth, capì di aver compreso appieno i suoi desideri.
 
Nikolaj Non sapeva esattamente come erano finiti in quella situazione. Ricordava soltanto che dopo aver finito il tatuaggio avevano parlato ancora, nonostante fosse davvero tardi e, avendo saputo che Seth non aveva nessun posto in cui stare, si era offerto di farlo alloggiare nel suo appartamento.
Il resto era successo piuttosto velocemente, un sorriso malizioso, qualche occhiata languida e un letto comodo alle loro spalle. Poi c’erano stati solo baci bagnati, morsi, gemiti e mani che si cercavano, graffiandosi. Nikolaj aveva saggiato la pelle di Seth, lasciandovi segni rossi ben visibili.
L’alba, in seguito, li aveva colti addormentati nel letto, la testa di Seth sulla spalla di Nikolaj.
***
 
Second Tattoo.
The Snake - Knowledge
Dopo la loro prima notte insieme, Seth si era stabilito nell’appartamento di Nikolaj. Era stato proprio quest’ultimo a insistere, quando era venuto a conoscenza che gli unici soldi che Seth possedeva, gli aveva spesi per il tatuaggio. E sapeva che l’unico modo per i ragazzi carini e mingherlini come Seth di ottenere del denaro, era di prostituirsi o entrare in qualche banda criminale, che, comunque, li avrebbe adoperati come puttane.
Nikolaj non voleva che la stessa sorte spettasse anche a Seth, troppo puro per essere sporcato in quel modo indignitoso. Probabilmente quel ragazzino, che fino a pochi giorni prima aveva vissuto in una realtà completamente diversa, non immaginava nemmeno come fosse il mondo fuori dalla comunità dei Cherubini, nel quale, soprattutto nella Slam City, il peccato e l’immoralità regnavano, dove niente sembrava quel che era; ed era più facile pensare a un inganno che all’onestà. Lui stesso aveva una doppia vita –di cui non aveva detto niente a Seth, per paura di spaventarlo: di giorno era un tatuatore con un negozio in un vicolo squallido nella Slam City, mentre, alcune notti, diveniva un sicario dell’Organizzazione Zero, una delle più potenti associazioni malavitose della città, eterna rivale della Gilda X.
Seth, in cambio dell’ospitalità, cucinava e faceva le faccende domestiche, dando al suo appartamento un senso di accoglienza che non aveva mai posseduto.
 E quella che era stata “una semplice scopata con un cliente” si trasformò in qualcosa di molto più complesso.
                                                                                                                                                                   
 Nikolaj se ne rese conto una sera,  quando, dopo aver finito il suo lavoro allo studio, rientrò a casa, trovandola stranamente silenziosa. Le luci erano spente e nell’aria non alleggiava l’odore del cibo appena cotto e cucinato da Seth.
Una strana sensazione gli attanagliò il cuore, stringendoglielo morbosamente, mentre accendeva le luci e urlava il suo nome, senza ottenere risposta. Dopo aver setacciato la cucina e il soggiorno, corse nel bagno, spalancando la porta e trovandolo tristemente vuoto. Stava seriamente cominciando a preoccuparsi, dove diamine si era cacciato quel ragazzino?
Quando entrò nella camera da letto, sospirò sollevato, notando Seth seduto accanto all’enorme finestra che dava su un vicolo, le cuffie nell’orecchie e, probabilmente, la musica – proveniente da un vecchio iPod trovato nella spazzatura – a tutto volume. Le luci esterne dei lampioni e delle insegne illuminavano la sua figura, accentuando il chiarore della sua pelle e facendolo sembrare una figura quasi soprannaturale, eterea e bellissima.
Gli si avvicinò lentamente, per poi sfilargli delicatamente una cuffietta e sedersi accanto a lui. Seth, avvertendo la sua presenza, lo guardò, gli occhi chiari sorpresi.
-Che ore sono?- gli chiese, gettandogli una nuova occhiata confusa.
-Le undici passate, e tu non hai preparato la cena.- Non gli rispose in tono di rimprovero, anzi aveva sussurrato quasi dolcemente quelle parole, come una carezza; ma lo sguardo di Seth si fece dispiaciuto, scusandosi e dicendogli che avrebbe cucinato subito qualcosa. Gli occhi di Seth erano molto espressivi, guardandoli riusciva a interpretare utte le sue emozioni, per questo capì subito che qualcosa lo turbava.
-Cosa c’è?- domandò afferrandolo per un braccio prima che scappasse via e dandogli un lieve bacio sulle labbra, come a incoraggiarlo. Seth arrendendosi si appoggiò al corpo del suo amante, la testa poggiata sulla sua spalle e la schiena a contatto con il petto ampio di Nikolaj.
-Qualche ora fa’ stavo guardando fuori dalla finestra- cominciò a raccontare a voce bassa, quasi avesse timore delle sue stesse parole – e ho visto tre uomini che massacravano un ragazzo. Non ho visto bene il suo volto, ma credo che avesse all’incirca la mia età. Lo hanno picchiato con delle spranghe e calpestato; hanno infierito sul suo corpo anche dopo che era morto. Ho osservato tutta la scena inerme, terrorizzato,  anche se potevo salvarlo, utilizzando le mie Abilità di Skill, non sono riuscito a fare niente. Se non fosse stata per questa mia incapacità, forse quel ragazzo sarebbe ancora vivo.
Gli occhi di Seth, per tutto il tempo del racconto, erano stati incollanti a un punto buio fuori dalla finestra, dove probabilmente giaceva il cadavere abbandonato di quel ragazzo. Nikolaj  gli strinse le braccia intorno ai fianchi, posandogli un bacio sul collo prima di parlare.
-O forse saresti morto, magari quel ragazzo aveva fatto un torto a qualche boss di un qualche gruppo criminale e quelli che hai visto erano i suoi aguzzini, e salvandolo ti saresti inimicato il loro capo per poi rimetterci la pelle. E tutto questo per una persona che nemmeno conoscevi. Non so com’era tra i Cherubini, ma qui la gente muore ogni giorno. Durante il tragitto dallo studio a casa passo davanti ad almeno tre cadaveri: è una cosa normale. Ti ci dovrai abituare, se vuoi sopravvivere in questo mondo, angioletto.
Seth sospirò pesantemente, chiudendo gli occhi e strusciando la testa sulla spalla di Nikolaj, in un gesto di intimo conforto. Poi, dopo avergli dato un bacio sulla guancia, si alzò annunciando che sarebbe andato a scaldare qualcosa per cena.
-E non chiamarmi “angioletto”, pel di carota!- esclamò, quando fu sull’uscio della camera.
 
Nonostante l’apparente calma dopo la loro discussione, se così si poteva definire, Nikolaj immaginava che la visione di  quella violenza aveva turbato Seth nel profondo. Ne ebbe la conferma quando, durante la notte, il ragazzo si era svegliato per tre volte in preda agli incubi.
Ciò che, invece, aveva sconvolto Nikolaj era stato il desiderio di far sentire meglio quel ragazzino, stringendolo fra le braccia come se fosse una fragilissima statua di vetro, pronta a spezzarsi in qualsiasi momento. Si rese conto di starsi abituando , giorno dopo giorno, alla presenza di Seth e, come un drogato, ne stava diventando dipendente. Era davvero spaventato da quelle sensazioni, mai provate prima, perché avere legami troppo stretti, in quel mondo dove la morte aleggiava sopra le loro teste, era pericoloso. Si rischiava di perdere la testa, la vita, per una persona che avrebbe potuto tradirti da un momento all’altro. Riporre la fiducia in qualcuno era sinonimo di morte e Nikolaj, col passare del tempo, aveva cominciato a pensare che nel suo mondo non esistevano sentimenti come l’amore.
Fino a quando non aveva conosciuto Seth.
 
-Voglio trovarmi un lavoro.- aveva esordito Seth dopo attimi di silenzio. Erano sdraiati nel letto matrimoniale, nudi e abbracciati, postumi da una sessione intensa di sesso.
Quell’affermazione aveva lasciato Nikolaj parecchio perplesso, dato che non ne avevano mai parlato prima e lui non gli aveva mai fatto pressioni  su tale argomento.
-Perché?- aveva chiesto,  infatti, sciogliendosi da quell’intreccio di gambe e braccia per prendere e accendersi una sigaretta dal pacchetto sul comodino.
-Voglio capire meglio come funziona questo mondo, sento l’impellente desiderio di conoscere; per anni ho vissuto in un luogo dove la verità era data da regole e da persone che non pensavano realmente alla validità dei propri ideali. Qui è diverso, sono libero di decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato per me, e credo che l’unico modo per farlo sia di trovarmi un lavoro, stare a contatto con altre persone oltre a te, non che la tua presenza sia poco gradita, sia chiaro.
Nikolaj espirò del fumo, per poi accarezzare con la mano libera i capelli scuri di Seth, mentre questo riprendeva il suo discorso.
-E poi non posso sempre dipendere da te.
A quell’affermazione l’uomo  sbarrò gli occhi, sorpreso e un po’ arrabbiato, guardando in quelli chiari del suo amante.
-Non sei un fastidio per me.
anzi, credo di non poter più vivere senza la tua costante presenza , ma quest’ultima parte si limitò a pensarla.
Sentì Seth sospirare pesantemente, per poi strusciare la guancia sulla sua spalla, come un gatto in cerca di coccole.
-Non mi fraintendere, sto bene qui con te e non me ne andrò finchè non mi caccerai, ma tutto quello che ho fatto da quando sono scappato dai Cherubini è stato cucinare, pulire e fare sesso con te. Mi sembra di essere una mantenuta.
Nikolaj rise leggermente a quest’ultima affermazione.
-Non ti ho mai ritenuto tale, è solo che ho paura che qualcuno, là fuori, possa farti del male. Hai vissuto per anni, da quel che mi hai raccontato, in un posto che ti proteggeva, almeno in parte, da certe cattiverie dell’uomo; non voglio che tu finisca in qualche losco affare e ti faccia del male.
Non era da lui preoccuparsi così tanto per una  persona, “forse” pensò “mi sto davvero innamorando di lui.
-Allora- continuò Seth –dimmi tu dove andare a lavorare, conosci benissimo questa città, di certo saprai di un posto dove cercano qualcuno.
Il primo luogo che gli venne in mente fu l’Organizzazione Zero, ovviamente non nei panni di un assassino, ma poteva lavorare come assistente di qualche ricercatore.
Ottima idea Nikolaj, così appena la ricercatrice Brooke-amo-tutto-ciò-che-è-anche-solo-vagamente-sopprannaturale-Milton scopre che Seth è un Cherubino lo disseziona o, come minimo, lo sottopone a esperimenti strani e altamente pericolosi.
E poi la direttrice Cyril Blanc avrebbe sicuramente scoperto, almeno in parte, il passato di Seth e lo avrebbe sfruttato a suo favore. Nikolaj era spaventato dalla capacità di quella donna di sapere tutto di tutti e di riuscire a manipolare le persone a proprio favore.
Decisamente, l’Organizzazione era da scartare.
Subito dopo, però, gli venne in mente un altro posto adatto al suo amante.
-Forse so dove puoi lavorare.- gli disse infatti, con un sorriso compiaciuto sulle labbra.
 
Gordon Campbell, pur non essendo nemmeno lontanamente suo parente, aveva insegnato a Nikolaj tutto ciò che bisognava sapere per sopravvivere nella Slam City. Alleato dell’Organizzazione Zero, era stato a capo del Clan Campbell per trent’anni, prima di decidere di lasciare il posto al figlio e ritirarsi a una vita più “tranquilla”. 
Era nato così il Black Lion, un piccolo pub tra gli alti e malmessi grattacieli della Slam City. Nonostante fosse, all’apparenza, un po’ squallido, come tutti i locali di quel quartiere, era uno dei luoghi più sicuri conosciuti da Nikolaj: Gordon non ammetteva al suo interno alcun tipo di risse, per cui vantava una certa neutralità ed era fuori dal mirino dei Clan e organizzazioni criminali; inoltre era uno dei pochi pub in cui vigeva la regola “i dipendenti non si toccano” , Gordon aveva – e pretendeva- il massimo rispetto per i suoi subordinati, purché essi non finissero in qualche casino, inimicandosi un capo di un’associazione malavitosa.
Purtroppo il suo ultimo barista non aveva rispettato quest’ultima regola ed era stato ucciso brutalmente; ricordava che Tomas Brown, cliente affezionato del Black Lion e grande amico del suo proprietario, aveva parlato di mani tranciate e budella fuori posto. Per cui Gordon era alla ricerca di un nuovo barista che non avesse, perlomeno, faide con criminali.
 
Il pub si trovava in una via trafficata e si mimetizzava tra i palazzi scuri della Slam City, che nascondevano un pallido sole mattutino. Seth osservò l’insegna che recitava il nome del locale e la vetrata, su cui era disegnato un enorme leone nero, prima di entrare, seguendo un Nikolaj sorridente.
-Buongiorno Gordon!- esordì questo, mentre Seth analizzava il luogo nel quale, sperava, avrebbe lavorato. Il locale era vuoto, eccetto per la presenza del barista e due uomini che discutevano a bassa voce a un tavolo appartato, e vi era un’atmosfera un po’ cupa e misteriosa, forse data dal pavimento e dai tavoli scuri, mentre le mura era rivestite da un intonaco grigio, screpolato in più punti. Sentiva un forte odore di fumo, mischiato a quello dell’alcool, ma non gli dava molto fastidio. I tavoli era disseminati un po’ ovunque, senza un ordine preciso, mentre il bancone del bar, illuminato dall’ampia vetrata, si trovava in fondo alla stanza, accanto a due porte malmesse che, probabilmente, portavano rispettivamente al bagno e al magazzino.
-Nikolaj, da quanto tempo che non ti si vede in giro, come te la passi?
A parlare era stato un uomo alto e grosso, probabilmente era Gordon, dalla pelle ambrata e dalle spalle possenti. I suoi occhi erano scuri, neri come il petrolio, e Seth notò che aveva un braccio robotico e una profonda cicatrice sulla guancia destra, mentre sulla testa rasata troneggiava, fiero, un tatuaggio rappresentante una testa di leone stilizzata.
Quell’uomo, così imponente, faceva sentire Seth terribilmente piccolo e vulnerabile, ma cercò di non mostrare questo suo disagio, esibendo un’espressione più neutrale possibile.
Campbell gli gettò un’occhiata sorpresa, spostando, per qualche secondo, lo sguardo da lui a Nikolaj, dalla sua espressione non riusciva a capire se fosse sorpreso o, per qualche strana ragione, arrabbiato.
-Allora è vero che ti sei sistemato!- esclamò mentre Nikolaj si limitò a sorridere, leggermente infastidito.
L’uomo allungò la mano verso Seth, ghignando leggermente.
-Gordon Campbell.- si presentò e il ragazzo pensò che nonostante l’aspetto spaventoso, il proprietario del Black Lion fosse un tipo gentile.
-Seth.- si limitò a dire, esibendo un lieve sorriso imbarazzato, mentre ricambiava la stretta. Si sentiva a disagio sotto lo sguardo indagatore di Gordon, quegli occhi scuri assomigliavano a quelli di suo padre e Seth aveva sempre odiato il suo sguardo freddo e severo. Ricordava nitidamente che, quando era stato incatenato nella fredda cella, come il peggiore dei criminali, i suoi occhi, pieni di delusione e disgusto, facevano più male del sigillo ardente sulla sua schiena.
Scosse leggermente la testa,come a scacciare quei tristi pensieri, appartenenti a un passato che non avrebbe mai più voluto rivivere.
-Forza, sedetevi ragazzi. Che vi porto?- domandò il proprietario, indicandogli con un cenno  un tavolo libero vicino al bancone, invitandoli ad accomodarsi.
-In realtà- lo interruppe il tatuatore –Seth sarebbe interessato al lavoro di barista.
A quelle parole lo sguardo di Campbell si fece incredibilmente serio, scrutò attentamente Seth, come se solamente guardandolo potesse capire i suoi pensieri.
-D’accordo, allora facciamo subito un colloquio. Seguimi Seth.- disse, voltando le spalle ai due e cominciando a camminare verso la porta a sinistra del bancone –da solo.- aggiunse, immaginando che, se avesse potuto, Nikolaj avrebbe seguito quel ragazzino anche in capo al mondo.
 
Gordon lo condusse in una piccola stanza, spoglia e sporca, priva di finestre, con la muffa sul soffitto e il muro ricco di crepature, al centro di essa si trovava un tavolo malandato. Si sedettero uno di fronte all’altro, su delle vecchie sedie, e Seth si sentiva parecchio turbato da quella situazione. Era in una stanza astrusa, solo con uomo dall’aspetto di un criminale che avrebbe potuto fargli qualsiasi cosa in qualsiasi momento.
Le mani presero a tremargli violentemente mentre ripensava a tutte le abilità Skill che avrebbe potuto usare nel caso di un’aggressione.
Campbell parve notare la sua paura e, ghignando, lo rassicurò.
-Stai calmo, ragazzino, voglio solo farti qualche domanda, per capire se posso assumerti o no. Prendilo come un normale colloquio di lavoro, ma ricordati che odio i bugiardi e mi accorgo se menti.
Seth annuì leggermente, cercando, mentalmente, di tranquillizzarsi.
-Da quanto tempo sei nella Slam City?
-Cinque mesi circa.
-Dove vivevi prima?
A quella domanda Seth sospirò pesantemente.
-Preferirei non mi facesse domande troppo approfondite sul passato.
-Qualcosa da nascondere?
Seth si limitò a fare un sorriso triste.
-Qualcosa da dimenticare.
Gordon lo guardò e si sorprese nel constatare che, nonostante le sue espressioni facciali non cambiassero quasi mai, se non per delle quasi impercettibili smorfie che solo un occhio allenato come il suo poteva vedere, i suoi occhi grigi fossero molto espressivi. Vi poteva leggere dentro un enorme tristezza e rabbia, in un turbine di emozioni.
Era da anni che non vedeva uno sguardo del genere.
-Capisco.- si limitò a dire, ma, in realtà, quella parola valeva più di quanto volesse far intendere.
-Hai mai fatto uso di droghe?- decise di cambiare, allora, completamente discorso.
-No.-Hai o hai avuto problemi con qualche organizzazione criminale?-
Quelle domande sorpresero un po’ Seth, ma rispose comunque.
-No.
-Soffri di qualche dipendenza?
-No.
Gordon gli lanciò un’occhiata strana, come se non si aspettasse tutte quelle serie di negazioni.
-Sei più pulito di un bambino, ragazzino. Si può sapere da dove salti fuori?
-Se glielo dicessi, probabilmente non mi crederebbe.
Il sorriso enigmatico che gli lanciò, provocò una smorfia accigliata sul viso di Campbell, che, comunque, preferì andare avanti con quello strano colloquio.
-Sei uno Skill?
-Sì.
-E sai controllare i tuoi poteri?
Nella mente di Seth si proiettarono tutti i duri allenamenti, che gli erano stati impartiti dal padre, e la cerimonia di iniziazione, dove gli Anziani della comunità gli avevano fatto il sigillo a forma di ape che aveva sulla nuca.
Ricordava ancora le parole che aveva detto il Capo degli Anziani ai celebrati.
 
-L’ape è un essere laborioso, che vive per aiutare il proprio alveare.
Allo stesso modo anche voi, ricevendo questo sigillo, diventate parte integrante della comunità dei Cherubini. Da oggi in poi il vostro compito sarà quello di utilizzare i vostri poteri Skill per essa, imparando a controllarli e utilizzarli al meglio.
Dobbiamo sfruttare questo enorme dono che la Madre Divina ci ha dato per fare del bene e mantenere le nostre anime pure, non come i peccatori che vivono nelle megalopoli, che usano superficialmente questo potere per creare caos.-
 
-Sì.
Seth osservò Gordon annuire leggermente e si chiese a cosa stesse pensando.
-Sei assunto, ragazzino.- esalò semplicemente, ghignando nel vedere la faccia di Seth sorpresa.
-Davvero?- chiese, infatti, questo.
-Certo, mi sembri un tipo a posto. Però devi tenere conto di due regole: al primo casino che combini, sei licenziato; la stessa cosa vale se provi ad utilizzare le tue abilità Skill finchè lavori, se qualche cliente ti da fastidio chiami il buttafuori di turno e ci pensa lui, capito?
Seth si limitò ad annuire velocemente, in un misto di emozioni tra l’euforico e lo spaventato.
Finalmente, pensava, posso cominciare una  nuova vita, dove i Cherubini saranno solo un nome lontano, privo di significato.
 
Seth era molto più sereno da quando aveva cominciato a lavorare. Non che al Black Lion non ci fossero problemi, anzi, capitava spesso che qualche cliente ci provasse con lui, palpandogli il sedere o facendo allusioni sessuali, a suo parere, di pessimo gusto, ma bastava un’occhiata gelida di Nikolaj o, in sua assenza, un incontro ravvicinato con Cyrus, l’enorme buttafuori, per farli desistere.
Nikolaj era contento che Seth si stesse ambientando in quel mondo così diverso da quello in cui era cresciuto; lo vedeva più disinvolto e sicuro di sé, anche se ogni tanto il suo sguardo si faceva nostalgico, perso tra i ricordi di tempi felici perché, in fondo, non tutto quello che aveva passato fra i Cherubini era stato negativo.
Tuttavia si sorprese molto nel vederlo entrare, una sera, nel suo studio di tatuaggi, con un sorrisetto furbo stampato sul viso. Quella situazione gli ricordò il loro primo incontro, avvenuto meno di sei prima; e come allora, Seth gli sembrava un bellissimo angelo.
-Ehi, che sei venuto a fare qui, non devi lavorare?- gli domandò, dopo essersi alzato dal divano su cui era sdraiato e avergli dato un breve bacio sulle labbra, le mani ad accarezzargli i fianchi, mentre quelle di Seth erano sulla sua nuca.
-Oggi ho la serata libera.- spiegò, portando una mano a scompigliare leggermente i capelli rossicci dell’altro – e ho pensato di venire a farmi un altro tatuaggio.
 A quell’affermazione Nikolaj strabuzzò gli occhi, sorpreso.
-Davvero?
Seth gli gettò un’occhiata confusa, prima di annuire leggermente.
-Perché tutta questa sorpresa?
-È solo che non me lo aspettavo, ecco.- Notando lo sguardo scettico dell’altro, decise di cambiare prontamente discorso –comunque cosa vuoi tatuarti?
Seth si districò da quello strano abbraccio e, grattandosi la nuca, imbarazzato, gli disse che si trattava in un disegno complicato: un serpente che gli avvolgeva tutto il busto, dalle spalle fino ai fianchi.
In effetti, constatò il tatuatore, era un progetto ambizioso, ma non irrealizzabile.
-Spogliati, così vediamo come farlo.
Il ragazzo eseguì e Nikolaj dovette farsi forza per non rimanere a fissare quel fantastico corpo esile e saltargli addosso. Cercò di analizzare il suo torace pulito oggettivamente, sforzandosi di non pensare a quante volte lo aveva visto contorcersi dal piacere sotto i suoi tocchi.
Fortunatamente, gli venne un’idea prima di perdere il controllo e prendere Seth sul divano sgualcito.
-Forse ho un’idea, girati.
 L’altro fece come richiesto, mostrandogli la schiena pallida, dove spiccavano i contorni scuri dei due sigilli e dell’ala sulla spalla sinistra. Nikolaj si avvicinò per posargli una mano sul fianco e l’altra all’inizio della spalla destra, si compiacque nel sentire Seth sospirare, ma cercò di essere il più professionale possibile.
-Qui,- puntellò con un dito la spalla destra del compagno, vicino alla clavicola –potremmo cominciare il tatuaggio, disegnando la coda del serpente. Poi continuerebbe lungo la linea della clavicola e arriverebbe alla spalla sinistra.- Ogni sua parola era accompagnata dalle dita che, delicate, tracciavano il percorso dell’ipotetico tatuaggio, facendola sembrare una lenta e sensuale tortura più che una spiegazione della sua idea. Seth, infatti, si stava trattenendo dall’ansimare e gemere, era fin troppo sensibile ai tocchi di Nikolaj.
-Da qui- continuò questo, a voce bassa e roca – proseguirebbe sulla parte sinistra della schiena, interrotto solo dall’ala, ma riprenderebbe subito dopo, come se fosse semplicemente sotto di essa, coprendo, in parte, i due sigilli, in particolare quello a forma di scheletro. A metà schiena, poi, avanzerebbe di nuovo sul busto, in una linea sopra l’ombelico, per terminare sul fianco destro e, quindi, di nuovo sulla schiena, dove la testa del serpente sfiorerebbe quasi le natiche.
La sua mano si fermò proprio lì, accarezzando lievemente la pelle scoperta, mentre Seth soffiava fra i denti, frustrato. 
-Allora, che ne pensi?- gli chiese Nikolaj, con disinvoltura, facendo finta di non notare la sua insoddisfazione.
-Va…- cercò di rispondere, Seth, facendo un enorme respiro –bene. È una bella idea, posso solo farti una domanda?-
Il tatuatore ghignò leggermente, stringendo il fianco dell’amante ancora più forte, in modo quasi possessivo.
-Certo.
-Tratti così tutti i tuoi clienti?
Rise a quella domanda, per poi posargli un bacio sotto l’orecchio, sussurrandogli:- Solo quelli più carini.
-Nikolaj…- mormorò, strisciando le ultime lettere in un sospiro pesante.
-Sì?
-Ho voglia.
Nikolaj ridacchiò leggermente e decise di torturarlo ancora un po’.
-Ma come, ti basta qualche carezza per eccitarti? Come sei voglioso…
Seth, per ripicca,  gli si strusciò contro, sentendo chiaramente qualcosa di duro su una natica. Sorrise, malizioso.
-Non mi sembra di essere l’unico ad avere qualche problema.
Mentre parlava, si sfregò ancora una volta contro l’erezione dell’altro, facendolo imprecare.
-Tu, piccolo demonio.
Nikolaj non riusciva più a trattenersi e, facendo voltare bruscamente l’amante, in modo da poter ammirare quegli occhi chiari e languidi, lo prese in braccio; quando lo gettò con una certa irruenza sul divano, Seth rise, divertito ed eccitato.
-Sembri un animale,- lo prese in giro con un sorrisetto divertito ancora stampato sul volto. Nikolaj, che si era seduto sul suo bacino, cercando, comunque, di non pesargli troppo, fece una smorfia, fintamente offeso, per poi chinarsi su di lui, gli sguardi incatenati e i volti a pochi centimetri uno dall’altro.
-Ma non ti dispiace quando questo animale ti fa certe cose…- pronunciò in un sussurro roco e sensuale, mentre la sua mano scendeva ad accarezzargli il petto, soffermandosi su un capezzolo.
-Non dovresti ah chiudere il negozio prima di fare ah q-questo?- domandò Seth tra gli ansiti.
L’altro in risposta gli mordicchiò il collo, per poi mormorargli all’orecchio:- Non preoccuparti, ormai è tardi, non verranno più clienti.
La sua mano nel frattempo era giunta ai jeans, che prese subito a slacciare.
-E ora, chiudi gli occhi e rilassati...
 
 
Dopo aver consumato il loro amplesso, Nikolaj decise di fare ciò per cui Seth era andato in negozio, ovvero il tatuaggio. Seth, con solo i boxer addosso, si era sdraiato prono sul lettino, mentre Nikolaj sceglieva il materiale più adatto per fare il lavoro.
Le nuove tecnologie avevano migliorato anche le tecniche dell’arte del tatuare, che erano diventate molto meno dolorose e richiedevano meno tempo per essere fatte,  tuttavia avrebbe impiegato un bel po’ di ore per finire quel lavoro.
-Perché vuoi farti proprio un serpente?
Nel corso della sua carriera aveva tatuato numerosi serpenti, essi avevano un molteplice significato: tentazione, desiderio, malvagità, astuzia erano solo alcuni dei pochi simboli che esso incarnava, ma non riusciva a capire cosa significasse per Seth.
Questo sorrise leggermente.
-Mi aspettavo questa domanda,- disse, per poi prendere un profondo respiro e ricominciare il discorso:- Devi sapere che la comunità dei Cherubini è caratterizzata da una serie di limitazioni e divieti, che, se infranti, comportano una punizione più o meno pesante. Essi vengono chiamati Peccati e quelli più gravi, spesso, sono legati a riferimenti religiosi. Fra di essi vi è il Peccato di Troppa Conoscenza.
Nikolaj, che aveva preso a disegnare la coda del serpente vicino alla clavicola, si fermò di colpo, sbarrando gli occhi, confuso e sorpreso.
-Davvero? Cioè, come si fa a “conoscere troppo”?
-Secondo questa regola, non dobbiamo avere il desiderio di sapere cosa c’è fuori dalla nostra comunità, come chiedere informazioni sulle megalopoli o, addirittura, andarvi per conoscere nuove culture o modi di pensare; non possiamo fare domande sui progetti del Consiglio, nel quale dobbiamo riporre la massima fiducia, perché, in quanto intermediari con la Madre Divina, nostra unica dea, essi dicono la verità.
Seth rise leggermente osservando il volto stupito e disgustato di Nikolaj. Sapeva che riteneva quelle regole sbagliate e dettate da una mentalità chiusa, in fondo era quello che pensava anche lui.
-Comunque al peccato di Troppa Conoscenza è associato il serpente. Io fui arrestato e imprigionato con l’accusa di aver commesso tale peccato.
-Com’è successo, la tua prigionia, intendo?
Nonostante gli occhi scuri di Nikolaj fossero incollati al disegno che stava facendo, Seth sapeva che era molto interessato al suo racconto.
La sua voce si tinse di un amaro sarcasmo nel rispondere:- Onestamente non ho mai creduto molto che quanto dicesse il Consiglio fosse una verità assoluta, tutt’altro. E fin da bambino ho sempre avuto questo forte desiderio di sapere, di conoscere.  Facevo domande sul mondo esterno alla comunità e mio padre non era molto contento di ciò; ricordo che mi puniva severamente ogni volta che ne ponevo una del genere. Con l’avanzare degli anni, poi, i miei sospetti sulla veridicità del credo dei Cherubini si fecero più ampi e venni a conoscenza di cose che non avrei mai dovuto sapere. Mi arrestarono quando urlai, durante l’ora di preghiera giornaliera, al Consiglio che erano degli ipocriti e che dicevano solo falsità, accusandoli di star ingannando tutta la comunità e che volevano solamente tenerci chiusi in una sfera di vetro, lontano da tutti e tutto, in modo da poterci manipolare come burattini senz’anima.
-Ne hai avuto di un coraggio.
Seth rise amaramente a quell’affermazione.
-In quel momento la mia pazienza aveva raggiunto il limite, non ne potevo più di tutte quelle falsità e, onestamente, non ho pensato alle conseguenze delle mie azioni, tanto ero accecato dalla rabbia.
Nikolaj annuì, facendogli capire che comprendeva il suo gesto.
-Comunque da quando sono qui mi sono reso conto che ciò che loro chiamano peccato è, in realtà, un pregio. Lavorando ho imparato e visto molte, ho incontrato tante persone e diversi modi di pensiero. Anche se questo posto, la Slam City, non è esattamente il luogo più felice e sicuro del mondo, mi sento molto più libero qui che non fa tra i Cherubini. Ho voluto questo tatuaggio per ricordarmi che ciò che ho lasciato nella mia vecchia vita vale molto meno di ciò che ho trovato qui. Finalmente posso conoscere e apprendere senza timore.
Il tono di Seth era stato sognante per tutta la durata dell’ultima parte del discorso. Nikolaj si era voltato per pochi istanti a osservarlo ed era rimasto estasiato da come il suo viso e i suoi occhi sembrassero emanare luce. Quel ragazzino, forse peccando di ingenuità, era riuscito a trovare qualcosa di bello anche in un posto squallido come la Slam City.
Seth, in mezzo a tutto quello schifo che lo circondava, era diventato una luce accecante e preziosa. E, in quel momento, Nikolaj giurò che avrebbe fatto tutto il possibile per proteggerla.
 
***
Third Tattoo: Trust and Love
 
Nikolaj era nascosto su un vecchio e sporco balcone, in modo da poter avere una buona visuale su quella via stretta e poco frequentata. Attendeva che la sua vittima si facesse vedere; stando al rapporto che gli avevano dato, lavorava in un negozio vicino a casa e la sera tornava sempre a piedi.
Sospirò, alzando la testa e osservando il cielo scuro, privo di stelle, che si mimetizzava con i palazzi; in lontananza sentiva il rumore del traffico.
Nikolaj non amava particolarmente il suo lavoro di sicario, ma gli servivano soldi e con la solo attività di tatuatore non riusciva a pagare tutte le tasse e a soddisfare i bisogni primari. E poi lavorava per l’Organizzazione Zero da quando aveva diciotto anni, non poteva semplicemente tirarsene via da un giorno all’altro, Blanc l’avrebbe sicuramente ammazzato e non in senso puramente metaforico.
Pensò a Seth, probabilmente stava ancora lavorando al locale, ignaro che lui stesse per uccidere una persona.
 Era così puro Seth, con i suoi occhi espressivi e un’apparente timidezza che nascondeva un carattere ribelle, e forse era per questo motivo che non gli aveva ancora rivelato del suo secondo lavoro. Cercava in tutti modi di tenerglielo nascosto, era arrivato persino a pregare Gordon di non rivelarglielo, perché aveva una tremenda paura di sconvolgerlo e di disgustarlo. Non avrebbe sopportato di sentire da lui lo stesso sguardo che numerosa gente, nella sua esistenza, gli aveva rivolto alla scoperta del suo essere Skill. Le persone come lui scaturivano parecchia paura nella popolazione “normale”, poiché molti non riuscivano a controllare i propri poteri, causando, così, danni irreparabili. Gli unici che garantivano protezione agli Skills erano le organizzazione criminali: come l’Organizzazione Zero o la Gilda X, sua eterna rivale, per adoperare i loro poteri al fine di soddisfare i propri loschi scopi. Molti Skills, quindi, diventavano sicari e provocavano una tale paura e timore negli altri, che non volevano inimicarsi qualche boss, da essere quasi odiati.
All’improvviso udì dei passi e, osservando fra le sbarre arrugginite del balcone, notò la sua vittima, Marcus Proud, che camminava frettolosamente. A quanto sapeva quell’uomo aveva fatto un grave torto a Blanc e ora doveva pagare le conseguenze delle sue azioni. Ricordava benissimo gli ordini della direttrice.
“Voglio un lavoro pulito e veloce” gli aveva detto, da dietro la sua scrivania, gli occhi scuri che parevano perforargli l’anima “niente colpi o ferite superflue, quel pezzo di merda è talmente inutile e stupido da non aver capito di aver provato a fregare la persona sbagliata. Non merita nemmeno una morte decente.”
Con un gesto rapido prese la pistola dalla cintura e, da silenzioso assassino quel’era, mirò alla testa dell’uomo, che non si era accorto della sua presenza e continuava a camminare nervoso verso casa. Quando sparò, nella mente di Nikolaj si proiettarono gli occhi chiari di Seth, come a giudicarlo per ciò che aveva appena commesso.
 
Quando tornò all’appartamento, dopo aver fatto rapporto al suo capo, Cyril Blanc, trovò Seth che dormiva sul letto, i lineamenti del viso rilassati e il lenzuolo che lasciava intravedere i contorni del corpo snello, le braccia erano protese ad abbracciare qualcosa che non c’era, dove solitamente riposava lui.
Una strana sensazione dilagò nel suo corpo, stringendogli il cuore in una morsa dolorosa. Si portò una mano al petto, confuso e impaurito: da quando aveva conosciuto Seth aveva scoperto di provare molti sentimenti a lui sconosciuti e a cui non riusciva a dare un nome.
Non sapeva cosa lo spingesse a osservarlo per tempi che sembravano infiniti, ammirandone silenziosamente la bellezza.
Non capiva da cosa fosse provocato quel suo desiderio irrazionale di volerlo toccare sempre, anche solo per un contatto fugace, come una carezza sulla pelle diafana o un breve bacio sulle labbra, veloce quanto uno schiocco di dita.
Ciò che provava per Seth gli faceva paura, ma, al tempo stesso, sentiva di non poterne fare a meno, come se il solo pensare alla sua lontananza gli potesse causare una morte straziante.
-Nikolaj… dove sei stato? Non mi avevi detto che uscivi.- la voce assonnata del suo amante lo riscosse dai suoi pensieri.
Aprì la bocca per rispondere, ma, sotto il suo sguardo così chiaro e puro, quella sensazione opprimente al petto si accentuò, lasciandolo senza fiato.
Boccheggiò per qualche istante, prima di riuscire a parlare:-Un mio conoscente mi ha chiamato per un problema e io sono andato ad aiutarlo. Non ti ho avvisato perché non volevo disturbarti finchè lavoravi e poi contavo di tornare prima della fine del tuo turno, non credevo di metterci così tanto.
Seth si limitò a fare un verso di assenso, la mente ancora troppo offuscata dal sonno per poter essere lucida, prima di riaddormentarsi.
Quando si sdraiò nel letto, dopo essersi spogliato di quei vestiti che sapevano di morte e colpa, il corpo di Seth cercò subito il suo, come un naufrago che si aggrappa disperatamente a uno scoglio, avvolgendogli le braccia al petto.
E, in quel momento, Nikolaj capì che non avrebbe potuto tenere nascosto a lungo il suo segreto.
 
 
Ciò che più temeva avvenne qualche settimana più tardi, mentre svolgeva un incarico importante, ovvero uccidere il figlio del boss del Clan Fisher.
-Quei bastardi dei Fisher hanno fatto un’imboscata al tuo collega Becket. In qualche modo è riuscito a cavarsela, ma ciò che è successo è molto grave: il Clan Fisher ha voluto provocare l’Organizzazione, azionando un gioco pericoloso. Voglio che uccidi il figlio del Boss, Aron Fisher, in modo estremamente doloroso, quel lurido figlio di puttana deve pregarti di ammazzarlo. Sii creativo, voglio venire a sapere che suo padre, alla vista del cadavere, si è inorridito e terrorizzato. I Fisher devono capire chi si sono messi contro.-
Ogni volta che gli commissionava un omicidio, il tono di Blanc diventava sempre gelido e compiaciuto, intriso di un folle sadismo. In quei momenti Nikolaj era terrorizzato da quella donna, che guardava gli esseri umani senza pietà.
Ben presto dovette riscuotersi dai suoi pensieri, vedendo la sua vittima uscire da un bordello. Onestamente non aveva mai nutrito molto simpatia per Aron Fisher, che, pur avendo all’incirca l’età di Seth, faceva l’arrogante con persone più forti di lui, istigando risse e nascondendosi dietro il padre appena le cose si facevano più pericolose.
Era uno stupido figlio di papà, viziato e con un ego spropositato. Nikolaj era quasi certo che fosse stato lui a comandare l’imboscata a Cassair Becket, con il quale aveva avuto un’accesa discussione qualche giorno prima.
Dopotutto non gli dispiaceva molto ucciderlo, il mondo avrebbe avuto un bastardo in meno. Buttò la sigaretta che stava fumando sul cemento lurido, avvicinandosi con passo sicuro alla sua vittima, pensando, nel frattempo, a quale potere di Skill avrebbe potuto adoperare per iniziare la tortura.
-Ehilà, pezzo di merda! Sai, dopo tutto il casino che hai combinato, avrei paura ad andare in giro da solo- lo salutò, facendogli notare la sua presenza.
L’altro si girò subito verso di lui, un sorrisetto sfrontato stampato sul volto, cercando di simulare una sicurezza che, Nikolaj lo sapeva, non possedeva.
-Di che stai parlando Polanski?
Prima che potesse finire la frase, il pungo del sicario raggiunse il suo viso, facendogli perdere l’equilibrio, ma lo inchiodò al muro prima che potesse cadere.
Lo teneva stretto per il collo, i loro visi erano vicinissimi e Nikolaj gli sussurrò, con un tono gelido, privo di sfumature:- Sai, Blanc non è stata affatto felice dello scherzetto che hai fatto a Cassair. E ora devi pagare le conseguenze delle tue azioni.
Tirò fuori, con la mano libera, un coltellino dalla cintura, per poi far saltare rapidamente i bottoni della camicia dell’altro e passarlo sulla pancia, la lama si insinuava nella pelle rosea, creando un taglio poco profondo ma doloroso.
Sentì il sangue caldo scorrere sulla sua mano guantata e udì Fisher boccheggiare, in cerca di aria, gli occhi carichi di terrore per ciò che stava per accadere.  
Ruotò la lama nella ferita e si compiacque quando lo sentì gemere, lacrime gli scendevano copiosamente dal volto.
Nikolaj si stufò presto di giocare in quel modo e rimise l’arma nella  cintura, per poi sfiorare  con una mano la guancia della vittima, in una carezza mortale, per poi far partire da essa delle fiamme, che cominciarono a ustionare la pelle di Aron. Questo, libero dalla mano che prima lo soffocava, ora stretta alla sua spalla in una morsa dolorosa, che gli stava rompendo, lentamente, la spalla, cominciò a urlare, invocando pietà e chiedendo perdono, in un’accozzaglia di frasi sconnesse.
Dopo alcuni secondi, sufficienti a far sentire ancora più dolore alla vittima, Nikolaj estrasse nuovamente il pugnale, conficcandolo, con un gesto preciso, nel cuore.
Osservò Fisher contorcersi per qualche istante, prima che si accasciasse al suolo, morto.
Solo quando udì un gemito poco distante da sé, si accorse di non essere solo. Si voltò per vedere chi fosse, un senso di inquietudine e sorpresa gli strinsero il cuore.
Seth osservava il cadavere a terra, gli occhi sbarrati e una mano sulla bocca, come a fermare un connato di vomito, mentre l’altra era appoggiata al muro. Calde lacrime gli scendevano sul volto pallido e  il suo corpo era scosso da forti tremiti.
Nikolaj si sentì morire a quella visione straziante e tentò di avvicinarsi a lui, ma questo indietreggiò, guardandolo spaventato.
-Non ti avvicinare!- gli urlò, singhiozzando, per poi scappare via.
E Nikolaj non trovò le forze né per richiamarlo né per seguirlo.
Il suo mondo era appena crollato.
 
Seth correva, la vista offuscata dalle lacrime e le gambe che gli dolevano terribilmente, la sua mente era un’accozzaglia di pensieri e immagini confuse.
Solo quando vomitò, vicino all’entrata di uno squallido locale, riuscì a elaborare quanto aveva visto.
Tuttavia era qualcosa di talmente assurdo, che non voleva capacitarsene.
Poteva vedere nitidamente Nikolaj, il suo Nikolaj, l’uomo che gli aveva fatto i tatuaggi, con cui aveva condiviso parte della sua vita, dei suoi segreti e del suo amore –perché sì, alla fine si era anche innamorato- torturare e uccidere una persona.
Un ragazzo che probabilmente aveva una casa, una famiglia e delle persone a cui teneva.
Perché?
Era quella la domanda che si ripeteva nella mente, come un mantra.
Perché ha ucciso quell’uomo?
Perché mi ha tenuto nascosta questa parte della sua vita?
 Quegli interrogativi continuavano ad assillarlo, mentre correva verso una meta inesistente. Anzi, non era inesistente, perché quella strada Seth la conosceva bene, ma si rese conto di essere andato verso l’appartamento di Nikolaj solo quando sentì il click della card che sbloccava la serratura.
L’appartamento era vuoto e silenzioso e Seth si chiese dove fosse Nikolaj, se stesse per uccidere un’altra persona.
A quel pensiero sentì nuovamente la bile salirgli su per la gola e si precipitò in bagno, vomitando tutto il disgusto, lo schifo, che aveva visto.
Poi si appoggiò stancamente alle fredde mattonelle, emettendo un lungo sospiro. Si sentiva completamente svuotato, privo di emozioni e anima. Non sapeva più cosa pensare, se rimanere in quel posto, la casa di un assassino, o se scappare via, lontano da Nikolaj.
D’altronde lo aveva già fatto una volta, era fuggito dal suo passato cercando di dimenticare gli occhi gelidi di suo padre, le bugie del Consiglio, il suo arresto e l’espressione confusa e avvilita di Noah, il suo migliore amico.
Quella volta era evaso dalla prigione più per allontanarsi da una realtà che non gli piaceva che per evitare una vita dietro le sbarre.
In fondo era davvero un codardo.
Sospirò nuovamente, cercando di non chiudere gli occhi per evitare di rivedere quelle immagini raccapriccianti.
“Stavolta è diverso” pensò “non posso semplicemente andarmene via, non dopo tutto quello che ho condiviso e imparato qui, con lui.”
E poi anche se fosse scappato, dove sarebbe andato? Nessuna megalopoli gli avrebbe fatto dimenticare gli occhi scuri di Nikolaj e la sua voce profonda.
Aveva un fortissimo mal di testa e tutte le sue membra gli parevano affaticate. Senza nemmeno accorgersene, cadde in un sonno popolato da assassini rossi e fredde morti.
 
Gordon aveva notato subito che c’era qualcosa che non andava quella mattina. Lo vedeva negli occhi stanchi e persi di Seth, nei suoi movimenti lenti e nei continui sospiri che faceva.
-Si può sapere che hai oggi, ragazzino?
Non che gli interessasse farsi gli affari degli altri, ma se i suoi dipendenti erano di cattivo umore ne risentiva anche l’efficienza del locale.  
-Sto bene, capo, davvero. Sono solo un po’ stanco.- Il suo tono di voce era più basso del solito e terribilmente stanco, rassegnato, come se fosse stato svuotato di ogni cosa.
Mai avrebbe creduto di sentire quel timbro nella voce di Seth, che, nonostante cercasse di mantenere una facciata indifferente, era pieno di emozioni, lo si capiva da piccole cose, come dal luccichio dei suoi occhi o dalla sua voce sognante.
Ma ora tutte quelle caratteristiche erano sparite improvvisamente, da un giorno all’altro, da un tramonto a un’alba.
-Lo sai che mi accorgo se menti, Seth.
E Seth sapeva che se Gordon lo chiamava per nome, invece che affibbiarli nomignoli come “moccioso” o “ragazzino”, doveva preoccuparsi.
Per fortuna il loro dialogo venne interrotto dall’arrivo di Tomas, che, come ogni giorno, veniva a fare colazione al Black Lion –per poi rimanerci buona parte della mattina e ritornare la sera, pronto a bere alcool fino a svenire sul bancone.
-Ehi Gordon, porto grandi notizie!- proruppe, esibendo il suo sorriso sdentato e facendo sedere il suo corpo grassoccio su uno degli sgabelli vicino al bancone.
Il proprietario del locale gli lanciò un’occhiata sospettosa, invitandolo tacitamente ad andare avanti.
-Quel figlio di puttana di Aron Fisher è morto stanotte, qui vicino, tra l’altro, davanti al bordello dei Fisher.
A quelle parole riecheggiò un crash e subito dopo Seth era chino sui vetri rotti del bicchiere che, fino a qualche istante prima, stava pulendo, balbettando qualche scusa e, con un piccolo movimento delle mani, ricompose il bicchiere grazie a una sua Skill.
Gordon, nel frattempo, capì cos’era successo al suo impiegato.
-Hai scoperto del secondo lavoro di Nikolaj, vero?
Osservò impassibile il viso di Seth impallidire e i suoi occhi chiari spalancarsi.
-L-lei lo sapeva?- balbettò, in preda alla confusione.
-C’è qualcuno che non lo sa?- domandò retoricamente Tom, girando il cucchiaino nel caffè appena servito da Gordon. –I membri dell’Organizzazione Zero sono famosi, anche se nessuno osa fare domande sul loro operato.
Seth osservò prima Brown e poi Campbell, visibilmente confuso, le dita che stringevano spasmodicamente  il bicchiere.
Organizzazione Zero?
Gordon, notando lo smarrimento  di Seth, sospirò pesantemente per poi domandargli:
- Esattamente quanto sai di questa faccenda?
Seth rispose in un sussurro, voce e sguardo persi ancora in quella notte.
-So solo che ho visto Nikolaj torturare e uccidere un uomo.
-Solo questo?
Il ragazzo si limitò ad annuire e il proprietario del Black Lion sospirò nuovamente, massaggiandosi le tempie. Ora capiva perché Polanski gli aveva chiesto di non dire niente a Seth riguardo al suo lavoro di sicario: quel moccioso era terribilmente sconvolto e parlava dell’omicidio come se fosse un qualcosa di orrendo e raro. Nella Slam City ogni giorno moriva qualcuno, anche in modi raccapriccianti e disgustosi, ormai nessuno si sconvolgeva più per cose del genere.
Chissà da dove diamine veniva fuori quel ragazzino.
-Ora prestami molta attenzione Seth,  ti racconterò alcune cose su Nikolaj e non ho intenzione di ripetermi.
Gli occhi dell’altro si illuminarono leggermente, come ogni volta che stava per apprendere qualcosa di nuovo, e rivolse la sua totale attenzione al suo superiore.
-L’Organizzazione Zero è un enorme gruppo criminale guidato da Cyril Blanc, probabilmente la donna più potente di tutta la Slam City. Nikolaj vi è entrato quando aveva diciotto anni, all’epoca non aveva ancora aperto lo studio di tatuaggi e gli servivano dei soldi. Fui io a proporgli il lavoro di sicario, conoscevo le sue doti di Skill ed ero in buoni rapporti con Blanc, ma lo misi in guardia sulle regole che bisogna rispettare una volta dentro: gli ordini vanno sempre eseguiti e non si può uscire dall’Organizzazione fino alla morte. Lui accettò comunque, ricordo che mi disse che non aveva niente da perdere. E in effetti era così, non aveva né una famiglia né amici stretti. Nikolaj è sempre stato cinico sui sentimenti, credendo che rendano deboli e vulnerabili le persone, per questo sono rimasto molto sorpreso quando ha cominciato una relazione con te. Non so se voi due siate scopamici, fidanzati o altro, ma da quando ti ha incontrato, i suoi occhi sono cambiati, si sono come accesi di una nuova luce. Lui tiene davvero molto a te e credo dovresti parlargli, anche perché non voglio più vederti in queste miserabili condizioni, troppo spossato anche solo per pulire decentemente un bicchiere! Ed ora va a casa, risolvi i tuoi casini col maritino e torna qui, pronto a fare un lavoro quantomeno decente!
E quando Gordon vide Seth uscire di fretta dal locale per liberarsi dei suoi problemi, si disse che lo aveva aiutato solo e unicamente per il rendimento al lavoro e non perché si stava affezionando a quel ragazzino.
 
Quando si era svegliato, Seth non c’era, probabilmente era già andato al lavoro. Nikolaj sapeva che era sconvolto ed arrabbiato, ma ciò che lo faceva più stare male era di averlo fatto soffrire così tanto. Quando era tornato a casa, dopo aver fatto un veloce rapporto a Blanc, era pronto ad essere travolto da un Seth irato, che gli avrebbe scaricato addosso parole di disprezzo e disgusto, chiamandolo “assassino” o “mostro”. Invece era stato accolto da un innaturale silenzio e, una volta entrato nel bagno, aveva sentito il suo cuore frantumarsi vedendo il suo amante crollato sul freddo pavimento del bagno, la fronte corrugata e la bocca piegata  in una smorfia di dolore –probabilmente stava avendo un incubo. Aveva rotto quel fragile equilibrio che si era da poco instaurato nella vita di Seth, portandolo allo sfinimento mentale e fisico, provocandogli un dolore terribilmente. Nikolaj non si sarebbe mai perdonato per questo.
Lo aveva preso in braccio, per poi portarlo in camera e adagiarlo sul letto. Gli aveva accarezzato per qualche istante i capelli scuri, prima di andare a fare una doccia, in modo da togliersi l’odore di sangue dal corpo,  e, in seguito, andare a dormire sul divano perché sapeva che se Seth fosse stato sveglio, non avrebbe voluto condividere il letto con un lui, un assassino che lo aveva tradito.
Pensava che non gli avrebbe parlato per parecchio tempo e lui lo comprendeva, voleva lasciargli il tempo per assimilare ciò che aveva scoperto e decidere sul da farsi; per questo si sorprese molto nel sentire la porta aprirsi e la voce di Seth chiamarlo.
Alzò la testa dal divano, osservandolo sorpreso, quando i loro occhi si incontrarono Seth abbassò lo sguardo, a disagio.
-Ecco… credo che dovremmo parlare- balbettò a bassa voce, com’era solito fare quando era imbarazzato; in altri contesti l’avrebbe trovato tenero, ma quel momento richiedeva molta serietà: Seth gli stava dando la possibilità di spiegarsi e riscattarsi.
Pensò attentamente a cosa dire, giungendo alla conclusione che, ormai, doveva essere il più sincero possibile con lui, niente più segreti.
Si alzò dal divano, facendo una smorfia di dolore quando piegò la schiena, aveva dormito davvero male, poi guardò l’amante a pochi passi da lui, che teneva ancora lo sguardo chino sui suoi piedi, evitando il contatto visivo.
-Vieni, voglio mostrarti una cosa.
 
 
Lo portò nella loro camera, invitandolo a sedersi sul letto mentre lui apriva il terzo cassetto del comodino. Seth osservò curioso quel gesto perché non aveva mai visto Nikolaj aprire quel cassetto, nonostante a volte, quando pensava di non essere visto, lo osservava a lungo e il suo sguardo si faceva nostalgico, perso in un passato lontano.
Ne estrasse una piccola scatola, sgualcita e rovinata, e si sedette accanto a lui, mettendosela in grembo. Dentro, notò Seth, c’erano una collana con un enorme ciondolo in oro, una foto che rappresentava una donna con dei lunghi capelli biondi e gli occhi scuri, così simili a quelli del suo amante, e una sciarpa –erano chiazze di sangue quelle che la ricoprivano?
Nikolaj prese la fotografia, mostrandogliela, e Seth potè notarvi degli ulteriori dettagli: come la carnagione pallida e il suo sorriso smagliante e il fatto che indossasse la stessa collana che era riposta in quella scatola. Era davvero curioso di sapere chi era quella donna e cosa significasse per Nikolaj.
-Lei è Yana Polanski, mia madre,- cominciò a raccontare questo –Quando ero piccolo mi raccontava che proveniva dalla steppa della fredda Russia e che era venuta qui per cercare fortuna. Purtroppo non trovò quello che si aspettava e finì per fare la prostituta. Nonostante la sua misera condizione mi sorrideva sempre, dicendo che ero il dono più bello che le fosse capitato, mi voleva molto bene e io gliene volevo a lei. Mio padre probabilmente era stato un suo cliente, ma lei non ne parlava mai.
Seth ascoltava attento il tono nostalgico e triste di Nikolaj, non l’aveva mai sentito parlare così.
-La collana che portava al collo era un antico cimelio di famiglia , lo si donava di madre in figlia, o almeno così diceva, parlava poco del suo passato e di chi aveva lasciato. Ricordo che se lo toglieva solo quando “lavorava” e mi ordinava di custodirlo, con un tono gentile e morbido.
Fu grazie a lei che conobbi Gordon Campbell, era stato un suo cliente, ma in seguito divennero amici. Quando scoprii i miei poteri Skill, all’incirca a dodici anni, decise di addestrarmi per riuscire a controllarli. Entrai così nel clan Campbell, anche se mia madre non ne fu molto felice, credo che desiderasse che almeno suo figlio facesse una vita dignitosa, lontano dalla malavita; tuttavia sapeva che avevo bisogno di qualcuno che mi insegnasse a utilizzare i miei poteri.
La mia adolescenza si svolse tra addestramenti e piccoli incarichi per il clan, come fare commissioni o spacciare in piccoli e squallidi locali. A circa sedici anni mi trasferii nella sede principale dei Campbell, ma continuavo a vedere mia madre con regolarità. Non so perché, ma in quel periodo continuava a parlarmi di suo padre, mio nonno, che faceva il tatuatore e che le sarebbe piaciuto aprire uno studio di tatuaggi, ma che con i soldi che guadagnava mediamente non poteva permetterselo. Decisi così di cominciare a risparmiare, lei aveva fatto così tanto per me e io volevo fare qualcosa per lei.
Dopo due anni avevo raccolto una somma sufficiente ad aprire un piccolo negozio, ma accade una cosa terribile: trovai il corpo di mia madre in un sudicio vicolo vicino al bordello dove lavorava, ricordo ancora la sua pelle fredda e il corpo coperto di lividi, la sciarpa che gli avevo regalato per il suo compleanno era completamente sporca di sangue.
In quel periodo impazzii completamente e sperperai tutti i miei soldi, faticosamente guadagnati e destinati al sogno di mia madre, in alcool. Non mi importava più di niente, mia mamma, il centro della mia vita, l’unica persona a cui tenevo davvero, era morta.
 Fu Gordon a farmi rinsavire, anche se non ne ho mai compreso il motivo, e decisi di ricominciare la mia vita. Niente più legami con nessuno, non volevo soffrire nuovamente; archiviai il ricordo di mia madre in questa scatola; sai, era da anni che non la aprivo. Comunque decisi di coronare almeno il suo sogno, ma mi accorsi di non avere più i soldi per farlo. Volevo ottenerli rapidamente così, tramite Gordon, mi misi in contatto con Blanc, la direttrice dell’Organizzazione per cui lavoro, consapevole che una volta iniziato a lavorare per lei non avrei smesso.
Nel giro di un anno raggiunsi la somma che mi serviva e, presa la licenza per fare tatuaggi, aprii lo studio, che utilizzo tutt’ora per arrotondare i guadagni che ricevo come compenso dai miei incarichi.
Nikolaj avvertì una mano fredda di Seth accarezzargli una guancia, pulendola da una lacrima. Nemmeno si era accorto di star piangendo, troppo preso a rivivere quel passato che non affrontava da anni. Guardò il suo amante negli occhi, notando che erano lucidi, e, cercando di sorridere, gli prese entrambi le mani per baciargli lievemente le nocche, in una lieve carezza.
-Non vado fiero del lavoro che faccio, ma ormai non posso più uscirne. Mi hai fatto scoprire così tanti sentimenti e credo sia giusto che tu capisca il motivo per cui ieri ho fatto ciò che ho fatto. Dopo la scomparsa di mia madre credevo di non riuscire più a risentire quel calore al cuore, invece tu, Seth, sei riuscito a penetrare nella fredda barriera che mi ero creato, credo di essermi innamorato di te. E spero che riesca a perdonarmi un giorno.
Non appena finì quella che era a tutti gli effetti una dichiarazione, Seth lo abbracciò, facendogli perdere leggermente l’equilibrio e, posando la testa nell’incavo della sua spalla, gli sussurrò:- Sai, anche mia madre è morta quando ero piccolo, forse non è la stessa cosa, ma senso tutt’ora la sua mancanza, anche se il ricordo che ho di lei è parecchio sbiadito. Sono contento che tu abbia voluto condividere questo con me, ma mi ci vorrà del tempo per riuscire a dimenticare ciò che hai fatto e a tornare come prima,- fece una piccola pausa e Nikolaj lo sentì sorridere contro la sua pelle –E poi credo di essermi innamorato anch’io di te.
 
I giorni seguenti furono decisamente più sereni e il loro rapporto si stava, pian piano, riparando. Ogni giorno Seth si lasciava toccare e baciare un po’ di più, non avevano ancora ricominciato a fare l’amore, ma a Nikolaj andava bene anche così, ogni cosa a suo tempo.
Una sera, però, finchè erano sdraiati sul divano a guardare un film, con la testa di Seth sul petto di Nikolaj e la mano di quest’ultimo a vagare sui suoi capelli, il cellulare dell’uomo vibrò e lui l’avrebbe ignorato, preferendo di gran lunga continuare a dedicarsi al suo amante, se non avesse riconosciuto quel numero.
Mentre rispondeva scostò con delicatezza Seth dal suo corpo, mimandogli con le labbra “lavoro” quando gli rivolse un’occhiata confusa.
Appena terminata la telefonata,  rivolse a Seth, che lo aveva fissato per tutta la durata della chiamata, uno sguardo di scuse.
-Il mio capo mi ha appena chiamato, devo andare subito all’Organizzazione- si limitò a dirgli, attendendo la reazione del compagno.
Entrambi sapevano benissimo che quell’ appello equivaleva a un nuovo incarico, a una nuova uccisione.
Seth allora sospirò pesantemente e si diresse verso di lui, per poi alzarsi sulle punte e dargli un leggero bacio.
-Torna presto.- gli sussurrò, con le gote leggermente arrossate e gli occhi pieni di così tanto amore.
In quel momento, Nikolaj seppe che Seth lo aveva perdonato.
 
Contrariamente alle aspettative di Nikolaj, Cyril Blanc non lo aveva chiamato per incaricarlo di uccidere qualcuno, ma aveva esordito dicendo che voleva fare una chiacchierata. Il sicario deglutì a quelle parole, sentiva che non avrebbero portato a niente di buono.
Cyril stava seduta dietro la sua scrivania, di fronte a lui, e lo scrutava con i suoi occhi scuri, quasi neri.
-Come ben sai non amo i giri di parole, Polanski, quindi andrò dritta al punto: so che ti frequenti con un certo angioletto, o forse è meglio dire Cherubino?
Nikolaj sbarrò gli occhi, sorpreso e spaventato.
-Cosa vuole da Seth?- domandò con tono glaciale, cercando di non mostrare il disagio che stava provando.
-Quanto sai del suo passato tra i Cherubini?
La voce di Cyril era sempre neutra, ma aveva una nota elegante e persuasiva, pericolosa, che metteva il suo interlocutore in soggezione.
-Non molto, lui non ama parlarne e io non voglio sforzarlo.- “non mi interessa ciò che è stato ma quello che è ora” era l’affermazione implicita che si limitò a pensare.
Blanc annuì leggermente, per poi prendere un paio di carte e mostrargliele. In una c’era l’immagine di Seth, scattata recentemente, finchè lavorava al Black Lion, e tutti i suoi dati personali; mentre nell’altra c’era un’immagine di un enorme serpente – o almeno credeva si trattasse di quello-  e il rapporto di una missione che non si soffermò a leggere.
Non capiva quale fosse il nesso fra il suo compagno e quell’animale e probabilmente la direttrice notò il suo smarrimento.
-Qualche mese fa’ Suzame ha svolto una missione nelle caverne costiere a est da qui, nei pressi della zona dei Cherubini, per cercare alcuni progetti di Dieterik[1] e ciò che ha trovato è stata una viverna che, contrariamente agli ordini, ha ucciso.
Ora, capirai anche tu che questo fatto è parecchio strano, se non anomalo. L’unica cosa di cui sono certa è che solamente i Cherubini posseggono degli animali mitologici, per cui voglio capire che rapporto c’è fra loro e la Gilda X.-
Nikolaj annuì, continuando, comunque, a non capire cosa c’entrasse Seth in tutto questo.
-Non so se ne sei a conoscenza, ma il tuo amante è figlio di uno dei massimi esponenti dei Cherubini-
Il sicario annuì di nuovo, ricordava che Seth glielo aveva accennato una volta, ma non avevano mai approfondito il discorso.
-Inoltre il motivo del suo arresto mi ha lasciato parecchio sorpresa: peccato di troppa conoscenza. Esattamente ha “saputo troppo” riguardo cosa?-
-Non saprei, non me l’ha mai detto con precisione.-
L’espressione di Cyril non si scompose, limitandosi a ordinargli con tono calmo:- Bene, domani mattina alle dieci voglio quel ragazzo qui. Ho delle cose da chiedergli e lui deve essere disponibile nel rispondermi, chiaro? Se non viene lui da me, verrò io a casa vostra ma non mi limiterò a fare due chiacchiere.-
Dopo quella non molto velata minaccia, lo congedò. Mentre ritornava a casa, Nikolaj si preparò mentalmente a spiegare quella situazione a Seth.
 
Seth non era mai stato agitato come quella mattina, davanti all’ufficio del capo del suo fidanzato – era strano definire così Nikolaj, anche solo nella sua testa. Aveva passato tutta la notte precedente a raccontare il motivo del suo arresto a Nikolaj, poiché riteneva che fosse giusto che lo sapesse prima lui di un perfetto sconosciuto.
Osservò la porta scura deglutendo, dietro quella avrebbe dovuto confessare tutto il suo passato a una persona che non aveva mai visto e altamente pericolosa (era il capo dell’organizzazione criminale più potente della Slam City!).
Tuttavia la voce di Nikolaj riuscì a distrarlo per qualche istante dalla sua paura.
-Ricordati di non fare il presuntuoso, fai vedere che sei intimorito e inoffensivo. Rispondi alle sue domande senza indugiare troppo e dichiara tutta la verità, si accorgerà se menti.
Seth annuì, per poi dargli un bacio a stampo.
-Andrà tutto bene.- mormorò più a se stesso che all’altro. E con mano tremante afferrò la maniglia fredda e spinse la porta.
 
L’ufficio della direttrice era grande e spazioso, con un arredamento moderno e elegante, ma Seth era troppo agitato per contemplarlo e i suoi occhi furono immediatamente attirati dalla figura seduta su una poltrona, dietro a una scrivania scura. Aveva un aspetto ordinato ed elegante, con i capelli scuri raccolti in uno chignon e il viso curato e pulito, nonostante fosse segnato da un’età maggiore di quella che mostrava. Ciò che, però, lo mettevano più in soggezione erano gli occhi talmente scuri da sembrare senz’anima che lo osservavano.
-Vieni, accomodati Seth Reyes.- il tono della sua voce era calmo, senza una particolare sfumatura, ma a Seth parve un ordine; così si sedette velocemente su una sedia di fronte alla direttrice, irrigidendosi per via dell’agitazione. Solitamente era bravo a controllare le sue emozioni e l’effetto che avevano sul suo corpo, ma in quel frangente non ci riusciva, non con quegli occhi scuri che continuavano a scrutarlo.
-Io sono Cyril Blanc, direttrice dell’Organizzazione Zero, ma credo che tu già lo sappia.-
Il suo tono di voce era calmo e controllato, privo di sfumature che lasciassero intendere qualcosa del suo stato d’animo. A Seth pareva quasi la voce di un robot, solo meno metallica e più ipnotica.
-Ho fatto alcune ricerche su di te, vivevi con tuo padre e tuo fratello maggiore, tua madre invece è morta quando avevi dieci anni, giusto?
Seth annuì, imbarazzato e confuso:- Come è riuscita ad avere queste informazioni su di me?- domandò a voce talmente bassa che si chiese se Blanc lo avesse sentito.
Questa ghignò leggermente:- Ho i miei informatori, ma la cosa non ti riguarda. So che sei stato arrestato e in seguito incarcerato con l’accusa di “Troppa Conoscenza”, un peccato molto grave da quello che mi risulta.
Seth annuì nuovamente, sempre più a disagio, quella donna sapeva molte cose su di lui.
La osservò prendere una foto e porgergliela. Ciò che vi vide gli fece spalancare gli occhi dalla sorpresa, mentre un passato che non voleva ricordava tornava a tormentarlo.
Anche se era stata tagliata a pezzi riusciva a capire di cosa si trattava, quel muso scuro che contrastava con le fauci bianche e gli occhi rosso sangue: era una viverna. E sapeva da dove proveniva.
-C-cosa vuole sapere?- le domandò, non accorgendosi che il suo intero corpo aveva preso a tremare. Anche la sera precedente, quando aveva raccontato del suo passato a Nikolaj, aveva avuto la stessa reazione, ma il suo fidanzato lo aveva immediatamente abbracciato, accarezzandogli i capelli e baciandolo sul viso.
Ma in quel momento Nikolaj non c’era e doveva riaffrontare quella situazione da solo.
-Tutto: cos’è, da dove provenire e perché l’abbiamo trovata nella vostra zona.
Seth fece un profondo respiro, preparandosi mentalmente a raccontare tutto ciò che sapeva, ma quando aprì bocca per iniziare il suo racconto, la porta si spalancò improvvisamente.
-Yuriko Suzame.- si limitò a dire Blanc, guardandola freddamente.
Seth osservò la ragazza, doveva avere all’incirca la sua età, con i capelli rossi e gli occhi grigi, freddi come il ghiaccio e privi di qualsiasi emozione, gli ricordavano molto quelli di Nikolaj mentre uccideva Fisher. Un lungo brivido gli salì lungo la schiena.
-Questa è una conversazione privata, che ci fai qui?- le chiese la direttrice e, per la prima volta, notò che la sua voce era intrisa di irritazione.
Yuriko si sedette con nonchalance sulla sedia accanto a lui, osservandolo attentamente per qualche istante, nei quali Seth si sentì sopraffatto dal timore, per poi posare il suo sguardo su Cyril.
-L’ho trovata io quella cosa- rispose alla direttrice – e voglio sapere di cosa si tratta. Sai benissimo che ogni tuo ordine sarà vano, per cui vai avanti con quello che stavi dicendo.
Blanc sospirò pesantemente, per poi rivolgersi a lui:- Per te è un problema se rimane ad ascoltare, Reyes?
E sotto lo sguardo glaciale di Suzame, che lo metteva in una soggezione tremenda, non riuscì a non negare.
-Bene. Sono curiosa di ascoltare ciò che hai da dire, Seth.
La voce bassa e neutrale di Yuriko lo fece deglutire rumorosamente, ma cominciò il suo racconto.
-Dato che ha raccolto delle informazione su di me, saprà che mio padre fa parte del Consiglio, un organismo che si occupa di tutte le funzioni amministrative, politiche e religiose. Tra i Cherubini la loro parola è legge e tutto ciò che dicono deve essere preso come verità assoluta poiché sono diretti intermediari della Madre Divina, nostra unica dea. Tuttavia cominciai a dubitare della veridicità di questa regola, quando l’atteggiamento di mio padre si fece sospettoso.
 
Seth era nella sua stanza, sdraiato sul letto cercando di prendere sonno, quando suo padre tornò dalla riunione giornaliera con i membri del Consiglio.
Era da parecchio che ritornava a casa così tardi, oltre l’orario del coprifuoco.
Si chiese se non ci fosse qualche urgenza, dato che normalmente quelle riunioni non duravano molto.
Decise di alzarsi dal letto per andare in cucina, dove trovò l’uomo seduto su una sedia, lo sguardo perso nel vuoto che, comunque, manteneva la propria compostezza.
-Buonasera padre.- esordì, con voce assonnata e il genitore gli dedicò una lunga occhiata severa.
-Cosa ci fai ancora alzato, Seth? Il coprifuoco è passato da molto tempo.
La sua voce era stanca e, forse, un po’ irritata.
-Non riuscivo a dormire.- vedendo che suo padre non accennava a instaurare un dialogo, decise di porgli una domanda che gli premeva da un po’.
-Ultimamente torni a casa molto tardi, è successo qualcosa di grave?
-No.- rispose prontamente il padre, senza guardarlo negli occhi; da quando mamma era morta  lo faceva di rado.
-Stai mentendo.- replicò semplicemente. Non lo aveva detto con rabbia o altro, era stata una semplice constatazione, ma suo padre parve esplodere.
Si alzò di scatto dalla sedia, urlandogli contro.
-Stai mettendo in discussione la mia parola, quella di un membro del Consiglio. Il mio compito è dire la verità, non potrei mai mentire! Ciò che hai appena detto potrebbe essere condannato come un peccato molto grave. E ora va in camera tua, prima che la mia clemenza finisca e decida di punirti!
E senza indugio, Seth corse in camera, spaventato, perché sapeva che le punizioni di suo padre erano terribili.
 
 -Nonostante mio padre mi abbia detto, velatamente, di non impiccarmi nei suoi affari, i miei sospetti continuarono a essere alimentati dal fatto che tornava sempre più tardi dalle riunioni. Poi, un giorno, anche mio fratello cominciò a rientrare dopo il coprifuoco, insieme a mio padre. Intanto nella comunità, in particolare negli orfanotrofi, i bambini venivano colti da morti improvvise. Per calmare il tumulto e la paura generale, il Consiglio disse che la Sacra Madre era irata e mandava su di noi una maledizione e che loro stavano cercando di capirne il motivo.
-Tuttavia io avevo forti dubbi sulla veridicità delle loro parole e avevo il sospetto che i ritardi dei miei famigliari fossero collegati a quei tragici eventi. Sapendo che non avrei ottenuto risposte da loro, decisi di pedinarlo quando, la sera, andava a queste riunioni. E ciò che scoprii cambiò la mia vita.
 
Era da più di mezz’ora che seguiva suo padre ed era certo che non si stesse dirigendo al Palazzo del Consiglio per la riunione.
Era entrato nell’edificio, ma aveva preso una strada che portava verso i sotterranei e non ai piani superiori, dove sapeva che si trovava la Sala Riunioni.
Grazie a una Skill di invisibilità riuscì a eludere facilmente le guardie, ma non riusciva ancora a capire cosa stesse facendo suo padre.
Arrivò in un’ala del palazzo che non aveva mai visto e che lo spaventava terribilmente:il corridoio era completamente bianco e, in fondo ad esso, si trovava un enorme porta dello stesso colore.
Era sempre più confuso e spaventato, sentiva che c’era qualcosa di terribilmente sbagliato in quel luogo.
Quando le porte si spalancarono, la sua confusione e la paura crebbero terribilmente.
Ora si trovavano in un enorme stanza bianca, con il soffitto altissimo.
Dentro vi potè riconoscere molte persone, tra cui molti membri del Consiglio e la direttrice dell’orfanotrofio. Suo fratello Cain, invece, stava digitando qualcosa su un computer.
Al centro della stanza si trovava un enorme piedistallo ovale, protetto da una forte barriera di energia –la stessa che proteggeva la comunità da forze esterne- e, al suo centro, stava una bambina che riconobbe come Mary Harris, i suoi genitori erano morti in un incidente due anni prima. Solo con un’occhiata più attenta notò che sul suo corpo erano stati applicati dei fili e che i suoi occhi verdi erano spenti e persi nel vuoto, come se fosse stata drogata.
Cominciava a non capire più niente e mille interrogativi si accalcarono nella sua mente.
Cos’è questo posto e cosa centra con mio padre e con Cain?
Cosa vogliono fare alla piccola Mary?
-A che punto siamo con l’esperimento?
La voce profonda di suo padre lo riportò alla realtà.
-L’esperimento è pronto alla trasformazione, signore.
Esperimento? Che cavolo sta succedendo?
-Allora procedi, Cain.
Suo fratello digitò qualcosa sulla tastiera.
E poi accadde, tutto ciò in cui credeva si frantumò.
All’improvviso il corpo della bambina fu preso da violenti tremiti e cominciò ad urlare, sotto i volti impassibili di quegli adulti, la piccola Mary cominciò a mutare, deformandosi, il viso si allungò in un muso di animale, gli occhi si iniettarono di sangue, mentre le unghie sulle mani si allungarono orribilmente, mentre le gambe e i piedi si fusero col busto.
I denti diventarono affilatissimi, come quelli di un predatore affamato, e la sua pelle si ricoprì di squame scure.
Seth capì che quella non era più una bambina, ma un orrido mostro, una viverna, creata in un laboratorio da persone che avrebbero dovuto proteggerli e invece li uccidevano.
 
 
-Appena ne ebbi l’occasione scappai, senza che nessuno lo sapesse. Non potevo credere a ciò che avevo visto, in quei minuti tutto ciò che aveva appreso, tutte le regole e le belle parole, mi apparvero sono un mucchio di falsità. Fui arrestato due giorni dopo, quando, durante l’ora di preghiera giornaliera, urlai quello che avevo scoperto a tutta la comunità. Nessuno mi credette, ovviamente, ma mi liberai di un grosso peso.
Quando finì di raccontare, Seth si sentì mentalmente esausto, aveva un forte mal di testa e voglia di tornare a casa, fra le braccia di Nikolaj. Tuttavia lo sguardo di Cyril gli fece capire che la loro discussione non era ancora finita.
-Questo è tutto ciò che sai? Non hai scoperto che finalità hanno questi esperimenti?
-No. Quello che vi ho detto è tutto ciò che so, non ho la minima idea del perché stiano facendo questo, ma ormai non mi importa più. I Cherubini non sono più il mio mondo.
Blanc annuì, pensosa, e nella stanza cadde un lungo silenzio, interrotto da Yuriko.
-Quindi ora sappiamo che gli angioletti in realtà sono dei diavoli sadici che si divertono a trasformare bambini in mostri facili da spezzettare. Non capisco cosa centri il vecchio pazzo in tutto questo.
Seth le lanciò un’occhiata confusa.
Vecchio pazzo? A chi si sta riferendo?
I suoi pensieri furono interrotti dalla voce neutra di Cyril che gli domandò un’altra cosa.
-So che sto per chiederti di fare un enorme sforzo mentale, ma in quel laboratorio c’erano solo persone che conoscevi? Non c’era nessuno di strano, magari con una cicatrice vistosa sul volto?
Il ragazzo strizzò leggermente gli occhi, concentrandosi, e in un piccolo flash rivide una persona che lo aveva colpito.
 
Era un uomo sulla quarantina, alto e con i capelli lunghi.
Aveva un portamento simile a quello di suo padre, ma il suo sguardo era molto più viscido.
Notò che sul viso scuro, dal labbro al mento, vi era un’ enorme cicatrice chiara.
Si domandò chi fosse, era sicuro di non averlo mai visto prima, all’interno della comunità.
 
Annuì leggermente, descrivendo ciò che aveva appena ricordato.
Cyril proruppe in una risata priva di felicità, facendo rabbrividire Seth.
-Ludwig Dieterik, uno dei capi della Gilda X e mio nemico da anni. Quella- indicò la foto rappresentante la viverna –l’abbiamo trovata indagando su di lui. Ora, con la tua testimonianza, abbiamo la conferma che sta progettando qualcosa insieme ai Cherubini.
Poi la direttrice incrociò le mani sul tavolo, guardandolo fisso negli occhi.
-Ti terrò aggiornato sugli avvenimenti futuri riguardanti questa faccenda. Ora puoi andare.
Seth, tuttavia, rimase molto sorpreso da quell’affermazione e non si alzò dalla sedia, ma gli pose una domanda.
-Perché?
Cyril sogghignò, in una smorfia priva di qualsiasi emozione, come se si fosse dimenticata come sorridere.
-Perché non vuoi davvero chiudere con il passato. La tua curiosità prende il soppravvento su alcuni dei tuoi desideri e tu vuoi sapere cosa succederà alle persone con cui hai vissuto per anni e al luogo dove sei cresciuto.
Probabilmente Cyril Blanc lo conosceva meglio di se stesso.
 
Quando tornarono a casa, Seth e Nikolaj fecero subito l’amore, toccandosi e baciandosi, in un modo che sembrava diverso dalle altre volte. Seth si aggrappava alle forti spalle del suo fidanzato disperatamente, come se avesse paura di perderlo, mentre l’altro spingeva profondamente dentro di lui, ma tenendo possessivamente i suoi fianchi.
Il loro era un amore passionale, irruento, bramoso del corpo e del cuore dell’altro, che gli lasciava soddisfatti e allo stesso tempo ancora famelici l’uno dell’altro.
Forse fu proprio Seth a coronare quella nuova fase del loro rapporto quando, dopo la fine dell’ennesimo amplesso, chiese a Nikolaj di fargli un tatuaggio.
-Qui, su questo letto, adesso.
-Adesso? Tu sei completamente pazzo, Seth. Cosa vuoi farti?
A quella domanda il più piccolo sorrise, per poi rotolare fra le coperte e mostrargli la schiena tatuata.
Ecco il mio miglior lavoro, pensò il russo.
-Voglio farmi dei rami d’edera, che partono dal tatuaggio a forma di scheletro e si diramano sul resto della schiena, verso il basso, sino alla testa del serpente.
Il tatuatore spalancò gli occhi a quella richiesta, raramente gli era capitato di dover disegnare quel soggetto.
L’edera, simbolo di fedeltà e devozione assoluta.
Con quel tatuaggio Seth gli stava donando la sua anima, il suo cuore e tutto se stesso.
-Ti amo- gli sussurrò in un orecchio, piano, come se fosse un intimo segreto fra loro due.
-Anch’io ti amo- gli rispose l’altro, lasciandogli un bacio rovente sulle labbra.
E quando Nikolaj prese l’occorrente per il suo nuovo tatuaggio, si disse che, forse, aveva trovato il suo posto in quel mondo bugiardo e avrebbe fatto di tutto per proteggerlo, affrontando qualsiasi cosa sarebbe accaduta in futuro.

 
  
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