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Autore: LammermoorLace    18/03/2015    0 recensioni
Traduzione di una one shot sul pairing Japonine che personalmente ho trovato molto carina :)
^*^
Le vite dell'Ispettore Javert e della ragazza di strada Eponine si incrociano, si toccano, si intrecciano nell'arco di anni che li porterà entrambi ad essere pedine nelle mani del destino durante le insurrezioni del 1832.
Ma chissà se questo cambierà il finale al quale la Storia li aveva destinati?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eponine, Javert
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dès le premier jour
 
(traduzione di “The Years Between” di Coloudnine101)
 
 
 
 
Lei aveva dieci anni e lui venticinque la prima volta che si incontrarono.
 
Lui se ne stava ad un lato del ponte, lucido nella sua uniforme; una stella, in un mondo di nero inchiostro.
Dietro di lui, il fagotto di stracci si mosse.
Lui abbassò lo sguardo. “Cosa ci fai qui?”
 
“Aspetto”
 
“Che cosa?” Occhi scuri sbirciarono in su verso di lui. In qualunque altra circostanza, la ragazzina sarebbe stata presa dal terrore alla vista di un ufficiale. Ma quella notte, era semplicemente stanca; e comunque Javert non assomigliava per niente a come papà l’aveva descritto. Non sembrava né insensibile né voglioso di sbatterla in prigione: era solo un giovane uomo, con i lineamenti duri e marcati e occhiaie pronunciate sotto agli occhi.
 
“Qualsiasi cosa” rispose dunque la bambina.
L’uomo si fermò – e pescò una moneta dalla tasca della giacca.
Premuto il metallo nel palmo della manina di lei, se ne andò – dimenticando, senza dubbio – fatti solo pochi passi, quel banale episodio.
Ma Eponine non dimenticò.
E continuò ad aspettare.
 
 
Lei aveva dodici anni, e lui ventisette.
 
Borseggiare, come Eponine aveva scoperto sulla propria pelle, era un affare rischioso.
Tutto ruotava attorno al “leggere” le persone, al sapere chi fosse un miglior bersaglio e  all’indovinare quanto denaro avesse con sé, senza dimenticare di considerare quanto veloci si sarebbe riusciti a fuggire una volta agguantata la preda.
 
I genitori di Eponine potevano leggere i “clienti” come libri – un batter d’occhio ed era fatta.
Ma per lei, era molto più difficile – specialmente quando si trattava di evitare di farlo davanti agli occhi della Legge.
 
Si, borseggiare era arduo, ma rubare? Tutto ciò che dovevi fare era allungare una mano e prendere ciò che volevi. Un pezzo di torta. Un tozzo di pane. Qualsiasi cosa.
Eponine non si era mai sognata di derubare un agente di polizia, ma una bancarella di frutta? Facile. Avrebbe potuto farlo ad occhi chiusi.
 
Tranne quella volta che qualcosa andò storto.
 
“Fermate la ragazzina!”
 
‘La ragazzina’ incappò dritta nell’Ispettore Javert mentre correva a capofitto fra la folla della piazza del mercato, con una mela stretta nella sua presa avida e tenace.
 
“Da dove hai preso quella, ragazzina?”
 
Lei si bloccò.
I suoi occhi erano molto più freddi, ora.
L’età aveva cambiato Javert; non c’era dubbio in merito.
 
“Dalla bancarella, signore. Ma non l’ho rubata, lo giuro!” Lui annuì una volta, ma non lasciò il suo polso. Le sue dita erano strette in una morsa ferrea attorno ad esso – Eponine digrignò i denti, soffocando un gemito.
 
“Fermate quella ladruncola!” La voce mise Eponine sul chi vive; la testa di Javert scattò nella direzione dalla quale proveniva il suono.
Il sudato venditore di frutta puntò il dito verso Eponine, rosso in viso per l’inseguimento.
 
Javert restò fermo.
 
Esitò per un secondo, apri le labbra per parlare… ma non disse nulla.
 
Invece, lasciò la presa.
 
Gli occhi di lei si spalancarono per la sorpresa – e poi, in un turbine di stracci sporchi, pelle pallida e ossa appuntite, la ragazzina era sparita.
 
Una volta al sicuro, nascosta dietro l’angolo di un vicolo, Eponine si massaggiò le linee rosse che Javert le aveva lasciato sui polsi, solo allora riprendendo a respirare.
 
 
Lei aveva quindici anni, lui trenta.
 
Eponine era ormai una giovane donna, tutta occhi perspicaci e sorrisi maliziosi. Ancora, però, il mondo sembrava ostinato a trattarla come una bambina. Guardandosi riflessa allo specchio, Eponine invidiava le sue coetanee, che avevano lineamenti regolari, zigomi pieni e le forme incantevoli delle donne appena diventate tali. Eponine si vedeva in tutt’altro modo: troppo magra, troppo sporca, troppo povera.
Sospirando, si chiedeva se, un giorno, tutto sarebbe semplicemente andato al posto giusto.
 
“Sai, da quel giorno al mercato, mi sono trovato spesso a pensare a te.”
 
La ragazza fece un salto di sorpresa, spostando lo sguardo dal fiume a Javert. Lui sorrise leggermente; Eponine pensò che avrebbe dovuto farlo più spesso.
Molto meglio del solito cipiglio.
 
“Eponine, giusto?”
 
Lei annuì, tesa.
 
“Non preoccuparti; non sono qui per arrestarti. Sai già il mio nome, non è vero?”
 
“Certo. Non lo sanno forse tutti?”
 
“Ne saresti sorpresa”. L’acqua galoppava sotto di loro, riflettendo le luci che scintillavano su in alto, rifulgenti, affisse al manto blu della notte.
 
“Se sei qui perché mi scusi, non otterrai un bel niente” fece Eponine, fiera.
 
“Perché vorrei le tue scuse? E poi, ti ho già detto che non intendo farti del male. Hai la mia parola”.
 
“E allora perché sei qui?”
 
“Curiosità. Sai, il più grande dei peccati”
La donna storse le labbra, e lui sorrise.
“Ora, se vorrete scusarmi, ho dei compiti da assolvere. Addio, mademoiselle.”
Javert si toccò il cappello a mo’ di saluto.
Eponine rimase a bocca aperta.
 
I “mademoiselle” erano per le signore, con i loro vestiti eleganti e i sorrrisi educati e le arie un po’ civettuole.
Certo non erano per le ragazze di strada, che avevano buchi nelle scarpe, vesti sbrindellate e non riuscivano a ricordare l’ultima volta in cui non avevano sofferto il freddo.
 
“Ti vedrò, domani?”
 
Lei annuì, annichilita. Javert se ne andò come un raggio di sole che si ritrae nuovamente fra le coltri di nubi dalle quali è fuggito, pronto a sparire di nuovo nel grigio.
 
Mancò poco che Eponine lo chiamasse, per trattenerlo ancora un po’.
 
Ma non lo fece.
 
 
Lei aveva diciassette anni e lui trentadue.
 
“Quindi, questo ragazzo – Marius, hai detto che si chiama – sei innnamorata di lui?”
Lei scrollò un po’ le spalle, come per lasciar perdere la domanda.
 
“Non lo so, credo che… quando ti incontrai la prima volta, lo ero”.
 
“Intendi quando avevi dieci anni?”
Eponine rise, dandogli una spinta scherzosa.
“No, no…” e scosse la testa.
“Intendo quando ti incontrai davvero per la prima volta. Avevo quindici anni… Te lo ricordi?”
 
“E come non potrei?” fece lui con voce morbida, simile a velluto. Quelle parole toccarono in lei tasti sconosciuti, ed Eponine si sentì percorsa da una sensazione nuova, senza saperla o volerla identificare davvero.
 
Deglutì, e si stiracchiò sulla balaustra. Lasciò gli occhi vagare in alto, esplorando il firmamento.
La luna galleggiava serena nel silenzio.
 
“Non so se amo Marius” fu tutto ciò che disse, forse rivolgendosi a Javert, o forse a se stessa, o forse al fiume che scorreva dolcemente sotto di loro.
 
Javert non aggiunse altro.
 
 
Lei aveva diciannove anni, e lui trentaquattro.
 
“Javert… sei innamorato di qualcuno?”
Subito dopo l’aver pronunciato quelle parole, si morse la lingua pentita.
Così era troppo ovvio – Dio, quanto più esplicita avrebbe potuto essere?
 
Tanto sarebbe valso saltare sul tetto di una carrozza, e urlare-
 
“Non lo so. A volte, penso… “ E l’Ispettore lasciò la frase a metà, perdendosi nei suoi pensieri, esitante. Eponine fu contenta di lasciar perdere i propri per volgersi a guardarlo.
 
“Chi è lei?”
Lo stuzzicò, chiedendosi allo stesso tempo a quale livello di masochismo volesse arrivare. Perché aveva iniziato questa conversazione?
 
Javert si lisciò la divisa – gli occhi di Eponine seguirono i suoi gesti inconsciamente.
 
“E’ una donna davvero … “ Soppesò quale aggettivo utilizzare “…Notevole.” Disse.
 
Eponine si sentì morire un poco. Con la bocca improvvisamente secca, riuscì a gracchiare una risatina, mentre diceva “Una donna anche molto fortunata, direi”, in un tono che suonò poco convincente alle sue stesse orecchie.
 
 
Lei aveva vent’anni e lui trentacinque.
 
“One day more before the storm”
 
L’Ispettore tormentava il cappello che teneva fra le mani, nervoso. Eponine se ne stava davanti a lui, braccia incrociate e un’espressione di cocciuta risolutezza sul volto.
 
“… Non puoi andare alle barricate, Eponine”
 
Lei gli rifilò un’occhiata gelida.
“Farò ciò che voglio.” Disse, lentamente, senza battere ciglio – Perché chi era lui per darle ordini? Chi era lui per decidere? Perché mai diceva una cosa simile, se non gli importava nemmeno di lei?
 
“Non puoi andarci. Non per lui.”
 
“Non è per lui! Non sono una bambina, ho il diritto di fare le mie scelte”
 
“No, non puoi. Non sai a cosa stai andando incontro.” Javert sospirò.
“Delle persone moriranno, Eponine.”
 
“E’ così che mi vedi, quindi? Ti sembro una ragazzina?” Eponine si erse in tutta la sua statura, bianca in viso.
“E’ questo che sono per te?”
 
L’Ispettore esitò…
 
Eponine annuì, stizzita.
“Mi basta quello”
Girandosi, camminò fino alla fine del ponte.
 
“Eponine! Eponine, aspetta!”
Passi di corsa dietro di lei – Eponine si mise a camminare ancora più velocemente, ma lui si fece sempre più vicino, sempre più vicino, finchè –
 
Una mano si chiuse attorno al polso di lei.
 
“Eponine, aspetta -”
 
Lei si volse, e sottraendosi alla presa, sibilò:
 
“Allontanati!”
 
Javert ritirò il braccio – e, solo per un momento, Eponine riconobbe l’emozione nei suoi occhi.
 
Paura.
 
Lei lo spinse via, e corse, e non si volse a guardare indietro nemmeno una volta.
Ma nessuno la stava seguendo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Hi folks!
Eccomi qui, con la traduzione (anche se parecchio riaggiustata) di questa one-shot che mi è piaciuta molto, tanto da volerla riscrivere in italiano perché più persone possano apprezzarla! :)
 
Spero di non avere fatto confusione traducendo, ma in quel caso vi prego di rendermi noti eventuali errori.
 
Questa era la prima parte, posterò la seconda (e ultima) a breve  
Grazie – fatemi sapere
 
Lou :* Upolad: Parte Due qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3078778
  
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