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Autore: eleanor89    16/12/2008    5 recensioni
«Forse era destino che andasse così...» rifletté il lupo.
«Ma è cambiato. Perché?» domandò Shino.
«Si, perché? Cos'hai fatto?» chiese Choji incuriosito.
«Cos'ha fatto?» chiese invece Gaara.
Kiba si guardò attorno, senza sapere cosa rispondere. Poi si grattò la testa, distrattamente. «Ha sorriso.»
«Ha sorriso?» gli fece eco Naruto.
«Ha sorriso.» confermò Kiba.
Naruto esitò un attimo, poi scoppiò a ridere[...]
Storia che ha partecipato al contest poi annullato "Aforismi di Oscar Wilde".
Genere: Romantico, Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Kiba Inuzuka
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Scritta per il contest indetto da Rory ed Akami, che non si è più svolto: “Naruto in: aforismi di Oscar Wilde”

Nick Autore: Eleanor89
Titolo della fic: Storia di una fanciulla che voleva solo portare un cestino di cibo, e del lupo che decise di mangiarla.
Personaggi & coppie: Kiba/Hinata. Accenni ShikaIno, NejiTen, SasuSaku seminascosto. Personaggi: un po’ tutti.
Genere: fantasy, romantico, comico.

Avvertimenti: AU, longfic.
Citazione usata: “Mi fido di te” “Vorrei potermi fidare anche io di me”.

 

 

Storia di una fanciulla che voleva solo portare un cestino di cibo, e del lupo che decise di mangiarla.

 

 

 

Era una fresca mattina di novembre, l'erba era bagnata dalla pioggia notturna e il sole faceva capolino da dietro le nuvole a riscaldare tiepidamente il bosco. Una leggera brezza faceva scuotere le chiome degli alberi, che sembravano volersi liberare delle gocce tra le loro fronde scrollandosi come animali, e piegava con leggerezza i fiori colorati ai lati del sentiero, che l'inaspettato prolungarsi dell'estate ormai morente aveva permesso di continuare a vivere.

La bella giovane che passava accanto ad essi sorrise, chinandosi poi ad annusare un fiore particolarmente appariscente che sembrava non smettesse mai di essere illuminato dal sole, come tutte le mattine. Si alzò con grazia e riprese il proprio cammino, mentre la leggera mantellina rossa svolazzava alle sue spalle, e dovette infilare il cappuccio, anch'esso rosso, poiché la brezza lo spingeva fastidiosamente contro la sua nuca.

Svoltò a destra, verso la salita, tenendo stretto a sé il cestino e canticchiando una nenia tra sé e sé, scrollando la testa quando qualche ciuffo della chioma corvina le scivolava sul viso. Un gruppo di farfalle catturò la sua attenzione e le seguì con lo sguardo, finché queste non sparirono oltre i cespugli disegnando una danza nell'aria.

Fu allora che notò qualcosa di diverso.

Ignorando il proprio senso del pericolo uscì dal sentiero di qualche metro, arrivando sino ad un cespuglio di fragole, e lì poté vedere meglio: c'era davvero qualcosa tra gli alberi, per terra.

Subito gli ammonimenti del padre le tornarono alla mente: era pericoloso girare nel bosco da sola, per una ragazzina della sua età. Quando andava a trovare il cugino, in cima alla collina, doveva sempre andare dritta per la propria strada.

Stava per tornare indietro, quando udì un gemito. Dimenticò ancora ogni prudenza e corse verso quel qualcosa, che altri non era che un paio di gambe. Si affacciò con cautela da dietro il tronco, e infine lo vide.

Un bel ragazzo moro, con due strani segni rossi sulle guance, dormiva supino, con una mano poggiata sull'addome e le labbra dischiuse. Indossava soltanto un paio di pantaloni di pelle stracciati sulle ginocchia, e la ragazza arrossì guardandolo. Notò poi due orecchie da lupo sulla sua testa, e comprese che doveva essere un demone o un lupo, nonostante le apparenze. Un lupo di aspetto quasi umano, dall'aria innocente, almeno mentre teneva gli occhi chiusi.

Lo sconosciuto le sembrò annusare per un momento l'aria, poi aprì di scatto gli occhi, rivelando due iridi nere come la pece, profonde e ostili. In meno di un secondo si era già alzato, tenendo la schiena piegata in avanti e le braccia a distanza, pronto ad attaccare come un normale animale, ed emise un ringhio sommesso che la fece indietreggiare sconvolta. Altrettanto sconvolto era lui, dopo una più attenta occhiata. Era scattato prevedendo l'arrivo di un nemico, non certo pensando di trovarsi davanti una ragazza dall'aspetto gracile.

“E bella. Molto bella.”

Così, con gli occhi chiarissimi, che inizialmente gli erano parsi bianchi ma sfioravano il lilla, sgranati, con la bocca leggermente aperta per lo stupore ed il viso incorniciato da bellissimi capelli scuri seminascosti da un cappuccio rosso, la trovava splendida.

Si mise sull'attenti, ancora sospettoso, fiutando l'aria e ascoltando il profumo della ragazzina, constatando che era mischiato a quello dei suoi nemici. Eppure lei non sembrava volerlo attaccare.

Però ho troppa fame per aspettare che mi attacchi per prima, quindi la mangerò”. pensò, preparandosi ad assalirla.

«Sei ferito.»

La voce di lei era dolce e preoccupata, ed il lupo si trovò sconvolto per la seconda volta. “Certo che sono ferito, quelli col tuo stesso odore... Come puoi non saperlo? Che sia solo un caso lo stesso odore? Impossibile...”

«Aspetta. No-Non voglio fa-farti del male... Non so se mi capisci, ma non so-sono tua nemica.» cominciò a dire lei balbettando e aprendo il cestino. Un ottimo odore di torta arrivò anche a lui, ed il suo stomaco gorgogliò. La ragazzina fremette, immaginando che la causa delle sue strane occhiate fosse proprio la fame, eppure non riuscì a pensare che lui fosse malvagio, non con quell'aria da… cane bastonato mentre la fissava.

Dal cestino tolse un fazzoletto a quadri, in cui avrebbe dovuto poggiare la torta. Si avvicinò di un passo ed il lupo quasi saltò indietro, scoprendo i denti. La ragazza lanciò un gridolino e poi si morse le labbra, pentita. Anche lui sembrò pentito, e tornò a fare un passo avanti, inclinando la testa e osservandola con diffidenza.

«Per favore... siediti.» riuscì a dire, cercando di balbettare meno e arrossendo. Senza smettere di tenerla d'occhio fece come gli aveva chiesto, e lei si poté chinare per potergli stringere il fazzoletto sopra la ferita. Badò soltanto allora alle cicatrici seminascoste su tutto il suo corpo.

«Forse posso passare a casa a prendere qualche medicinale...» rimuginò pensando ad alta voce.

«Chi sei?» chiese improvvisamente il lupo, con voce profonda e roca. La ragazza sussultò, sbalordita. Poi inspirò facendosi coraggio.

«Hinata. M-Mi chiamo Hinata. E... e lei?»

«Kiba...»

«Ha fame?»

Kiba stavolta non le rispose neppure, e lei si rese conto da sola di quanto fosse pericolosa quella domanda. Prese immediatamente il cestino e tirò fuori la torta.

«Posso darle questa.» offrì, tornando ad arrossire.

Kiba seguì con un interesse che non aveva nulla a che fare con la fame il sangue colorirle le guance in modo delizioso. Aveva notato che era arrossita almeno cinque volte, doveva essere una ragazza molto timida, oltre che anormalmente poco impaurita.

«Sarebbe per m-mia zia. Mio padre mi manda sempre a portarle... regali.» si impegnò a dire Hinata intanto, per non lasciare cadere il silenzio. Una nota diversa nella voce di lei attirò l'attenzione del lupo ancora una volta, distraendolo dal suo piano di portarla con sè nel bosco e mangiarla. O magari utilizzarla come serva, visto che aveva del buon cibo e non si lagnava come facevano gli umani solitamente.

«Tuo padre ha qualcosa che non va?» domandò, e seppe di aver fatto centro vedendo il colore sparire dalle sue guance rapidamente com’era venuto.

«No, no...» si affrettò a rispondere, porgendogli ancora una volta il dolce.

Kiba l'ho prese tra le mani indeciso e lo annusò due volte per essere certo che non vi fosse veleno, poi cominciò a mangiarla a grandi morsi. Alla fine riuscì persino a sorridere appena.

«Era veramente buona.» commentò, leccandosi le labbra.

«Grazie.» rispose Hinata abbassando lo sguardo.

«L'hai fatta tu?» domandò, e cominciò a pensare che era decisamente meglio non fare male ad una ragazza che cucinava tanto bene. Lei annuì imbarazzata e qualche altra ciocca di capelli le cadde davanti alle spalle. Il lupo la fissò ipnotizzato e poi portò di scatto una mano avanti, prendendola e spostandola di nuovo indietro. Non badò al fatto che lei fosse arrossita di nuovo, ma osservò il risultato e provò a spostarla ancora davanti, insieme ad un'altra. “Meglio”.

Notò l'aria stupita di lei.

«Ti stanno meglio così.» bofonchiò, seccato dal dover dare spiegazioni.

«Ora devo andare...» accennò lei, ancor più in imbarazzo.

Un moto di ribellione si impossessò della mente del lupo. “Non devo farla andare via... Dove posso tenerla perché nessuno la senta chiamare aiuto? Non credo che riuscirei a convincerla a stare con noi anche se non la mordessi”

«Resta.» ordinò e riprese a riflettere:“Forse basta tapparle la bocca o obbliga...”

«Mi scusi...» la voce educata della fanciulla lo interruppe nel bel mezzo della sua pianificazione.

«Scusa! Smettila di darmi del lei!» proruppe esasperato lasciando stare per un attimo il piano.“Ma è sana di mente? Perché dà del lei ad uno come me? Lei dovrebbe urlare o piangere o chiamare aiuto, persino cacciarmi!”

Incredibilmente, al vederlo così simile ad un ragazzino imbronciato, Hinata sorrise.

«Scusa, Kiba-kun. Devo davvero andare. Ma tornerò con delle medicine al più presto.» assicurò con dolcezza.

E quando pronunciò il suo nome con la sua voce gentile, ed il suo sorriso dolce, Kiba sentì una scossa elettrica al cuore, che cominciò a battere più veloce.

“Farle del male? Come mi è venuto in mente... Ha un’aria così dolce... Non potrei mai rapirla. Stavo per fare uno sbaglio orribile.”

«Ti aspetterò, Cappuccetto.» promise con un ghigno stampato in viso. Forse non l'avrebbe vista più, ma anche ora che l'impeto “protezione e possessività” si era placato dopo il momento iniziale, sapeva che era la cosa migliore per lei lasciarla andare senza storie.

E poi, aveva parlato in modo così convincente che una parte di lui sperava che davvero tornasse.

Hinata sorrise nuovamente, e andò verso il sentiero da cui era venuta. Kiba la seguì con lo sguardo, poi si rialzò e si spostò tra le piante, scortandola silenziosamente.

Era ricominciato il dilemma: farne la sua femmina con la forza o dimenticarsela? Mangiarla ormai era fuori discussione, ma quando un animale trovava l'altra metà sapeva che era di norma prendersela, con le buone o le cattive, e quella ragazza aveva anche un bell’aspetto che non lo aiutava a desistere.

Assottigliò lo sguardo per metterla meglio a fuoco: si, aveva forme generose e un'aria dolce, come piaceva a lui.

Anche dimenticarsela in effetti non era possibile, quindi farla sua oppure cercare di trattenersi?

Una fitta alla gamba lo fece fermare, ricordandogli che era ferito. Abbassò per un momento lo sguardo e catturò l'immagine del fazzoletto. Aveva ancora il profumo della fanciulla, solo il suo, non mischiato con quello dei suoi sporchi simili, ed era veramente buono. E quel profumo gli fece decidere che non ci sarebbe stato nessun “prenderla con la forza”.

Perché quando un lupo decide di aver trovato la sua compagna, la protegge a costo della vita.

 

Ti mangio, non ti mangio, ti mangio, non ti mangio…

 Ma adesso perché sto facendo il cane?

 

Kiba era appena stato a caccia e aveva preso un coniglio, ma una volta mangiato si era riscoperto affamato. Ora era infastidito perché troppo iperattivo per stare fermo a riposare, impossibilitato a fermarsi non solo perché attendeva l'arrivo di qualcuno che molto probabilmente non sarebbe passato, ma anche per carattere. A dargli sui nervi poi c’era anche un altro fattore non indifferente.

«Me la fai vedere?» domandò una voce divertita, e Kiba ringhiò.

«No!»

Due orecchie da volpe sbucarono da dietro un cespuglio, e tra le foglie comparvero due brillanti occhi azzurri.[1]

«Dai! Se sei ancora qui deve essere una bella femmina!» insistette la causa principale della sua insofferenza.

Da quando l'amico aveva annusato l'odore della ragazza non aveva più smesso di assillarlo, ed in più, davanti al fazzoletto colorato sulla sua gamba anche quel tasso bastardo aveva fatto una smorfia scettica. Tutti gli altri avevano cominciato a ridere dall'inizio alla fine, semplicemente. Al ricordo digrignò i denti. «Vattene.»

La volpe sbuffò, ma persino attraverso il cespuglio era visibile il gran sorriso divertito. «Non ti ci sei ancora accoppiato, per questo sei così nervoso?»

«VATTENE!»

La risata della volpe, mentre fuggiva via in un bagliore dorato come i suoi capelli, fu udibile persino ad Hinata che solcava le orme del giorno prima.

«Ki... Kiba-kun?» chiamò incerta. Non era affatto sicura di trovarlo lì.

Ed invece, dopo qualche secondo, sentì un fruscio vicinissimo e infine lui comparve, sbucando da dietro la vegetazione con aria soddisfatta, o almeno così pareva dalla sua coda festosa.

«Sei tornata, Cappuccetto.» la salutò, e fu felice di averla fatta sorridere di nuovo.

«Si... ho portato le me-medicine.»

Mentre lei lo invitava ancora a sedersi e si portava accanto a lui, diverse domande assillarono la mente del lupo, peggio del modo in cui lo tormentava la volpe. Come mai quella ragazza non sentiva la naturale paura umana di fronte a lui? E anche se non si fosse resa conto del pericolo, perché lo stava aiutando? Non riusciva a trovare risposta, non gli era mai capitato prima. Aveva provato a chiedere anche ai suoi amici, appunto, che lo avevano raggiunto solo la sera prima avvertendo l'odore del suo sangue, ma nessuno di loro aveva mai interagito con ragazze umane e riusciva capire. Gli era stato consigliato di rivolgersi ad un principe loro amico, lui aveva la sua bella principessa bionda, ma era troppo lontano per i suoi gusti.

Sobbalzò e si ritrovò a ringhiare piano quando il disinfettante gli sfiorò la ferita, così Hinata ritrasse la mano. Studiandone il viso non riuscì a decifrarne l'espressione, comprendendo solo che non era spaventata perché non percepiva adrenalina in circolo.

«Mi dispiace, non sono un dottore...» si scusò la ragazza.

Dispiacere, ecco cos'era. Le era dispiaciuto fargli male.

«Non importa...» le rispose dubbioso. «Ma perché fai questo?»

«Perché ti serve aiuto.» rispose, come se fosse scontato.

«Non hai paura di me?» indagò, e lei lo guardò negli occhi per permettergli di vederne la sincerità.

«No.»

«Ah... E perché no?» non poté fare a meno di chiedere.

Hinata parve pensarci su. «Non lo so... Non mi sembri cattivo. Sei ferito e poi... Se avessi voluto farmi del male, me ne avresti già fatto...»

“Ma io volevo... Se tu non avessi tirato fuori il fazzoletto, la torta, e il sorriso al momento giusto... e non è ancora detto, dipende da cosa chiami farti male, bella.” rispose mentalmente, senza tuttavia aprire bocca.

«Sei.. sei qui tutto solo?» azzardò lei, dopo qualche minuto di silenzio.

Magari...” pensò, sapendo che la volpe non era lontana.

«Ho qualche amico nel bosco... E tu?» non riuscì a reprimere la curiosità, poiché quella ragazza dalle reazioni assurde lo intrigava.

Hinata neanche ci pensò, incoraggiata dalla tranquillità del bosco, e le parole fluirono senza balbettii.

«Nella casa sulla collina abita mio cugino, ma non gli piaccio. E anche i miei zii... ci sarebbero i miei genitori, ma io non sono alla loro altezza... ho una sorella più piccola, e lei ha già un promesso sposo, ed è anche molto disinvolta, io invece mi blocco davanti alle persone e sono soltanto brava in casa, così no... Non credo di avere amici.» confessò, concentrata sulla ferita.

Kiba spalancò gli occhi, esterrefatto. «All'altezza di cosa?» domandò per prima cosa, anche se il fatto che lei fosse sola lo lasciava incredulo. Quando aveva chiesto “e tu?” si riferiva soltanto al chiederle perché passava spesso per il bosco da sola, non immaginava un tale sfogo e una simile verità.

«Oh, ehm...» tentennò. «Non ha importanza.»

«Ne ha!» esclamò agitandosi, poi riprese a lamentarsi sottovoce per la ferita.

«Aspetta, non devi muoverti! All'altezza della mia famiglia!... Loro non mi vorrebbero come figlia...» concluse tristemente, abbassando lo sguardo.

«Non puoi saperlo...» le disse Kiba, suo malgrado dolcemente. “Tutto, ma non quello sguardo triste...”

«Mi è stato proprio detto.» ribatté lei, inconsapevole della reazione istintiva di lui a quelle parole.

“Tutto tranne questo, anzi.” si corresse, sentendo infatti la rabbia cieca montare.

«Chi?» si costrinse a chiedere con falsa calma.

«Mio padre.» rispose stupita, poi notò il tremore ad una sua mano. «Kiba-kun?» squittì.

«Io posso ucciderlo se vuoi.» offrì subito il lupo, sfoderando la sua inquietante dentatura in un ghigno.

Hinata si ritrasse, e lui pensò che era la volta buona, e che sarebbe fuggita per non tornare.

«Voglio bene a mio padre.» sussurrò, scuotendo la testa. «Non fare del male alle persone, per favore.»

Kiba considerò che tutto questo aveva dell'assurdo, non soltanto le sue reazioni.

Una preda che chiedeva non solo di essere risparmiata, ma anche di risparmiare tutta la popolazione dei dintorni, ad un lupo a cui non importava nulla di lei o di loro.

Ma se lo chiedeva così, cosa poteva rispondere se non un abbattuto: «Va bene.»

Hinata sorrise. «Finito.» annunciò, tornando a rimettere i medicinali nel cestino. Sembrava molto soddisfatta, e lui lo notò.

«Sei buona...» mormorò, e sentì qualcosa solleticargli nello stomaco. Non capì, poiché non era affamato.

«Come?»

«Niente. E quelli? Oh! Buon profumo!» si eccitò, vedendola prendere dei biscotti. La coda si agitò frenetica alle sue spalle e Kiba poggiò le mani a terra, puntandoli con gli occhi accesi.

«Questi sono al cioccolato.» disse lei, aprendo la busta e poggiandola a terra, «Li vuoi?»

Neanche aveva finito di chiedere che lui si era lanciato all'assalto, rischiando di mandar giù anche la plastica. Hinata si portò una mano alle labbra per soffocare le risate, mentre il lupo faceva piazza pulita.

Al suono della risata, le orecchie del lupo si rizzarono sulla sua testa e un mugolio gli partì dalla gola. Polverizzò i biscotti rimasti e si rivoltò a terra con un tonfo, abbandonando la testa su una gamba della ragazza, semicoperta dalla gonna rossa.

«Cappuccetto, posso stare così, vero?» chiese malizioso. La tonalità di rosso sul suo viso raggiunse quella delle vesti, mentre annuiva poco convinta.

Kiba chiuse gli occhi sorridendo, e poggiò una mano sul petto ed una sull'addome, per poter riposare senza la tentazione di poggiare le mani da ben altre parti. Strusciò per un momento la testa sulla gamba della ragazza, cercando una posizione più comoda, e lei ridacchiò ancora per il solletico. A quel suono Kiba riaprì di scatto gli occhi, con visibile perplessità.

«Mi hai fa-fatto il sol-solletico, scusa.» si imbarazzò lei, e si vergognò ancora di più di fronte al sorriso vero e proprio, il primo che le faceva, del lupo.

«Sei comoda, Cappuccetto.» si complimentò. «Ed ecco che diventi rossa, perché?»

«Mi ve-vergogno.» rispose lei, in piena crisi.

«Si vergogna. Ha addosso un lupo, potenzialmente mortale, e si vergogna quando lui ti dice che è comoda. Non paura o almeno preoccupazione...» si lamentò, passando una mano tra i capelli.

Hinata ripensò all'espressione dei suoi occhi, quando poco prima aveva parlato della sua famiglia. In qualche modo poteva dire che, invece che un lupo, quello che aveva poggiato addosso era un amico o qualcosa di simile. Il primo.

«Non ho paura.» ripeté convinta.

Le orecchie animali di Kiba fremettero. Normalmente si sarebbe sentito offeso, invece ora percepiva di nuovo la propria l'adrenalina, come durante la caccia. «Neanche un po'?» la stuzzicò eccitato.

«Neanche un po'. Mi fido di te.» dichiarò semplicemente lei.

Vi aveva messo il cuore, ed anche il rossore che era tornato a tingerle le guance.

Kiba sentì l'impulso di spingere anche lei a terra con sé, solo per tenerla stretta; ormai era convinto che un essere così puro non potesse che purificare anche gli altri accanto a sé e questo lo provava.

E d'altra parte, pura o meno, aveva una perfetta visuale del suo corpo, ne sentiva anche il calore ed il profumo dolce, e avrebbe voluta farla stendere a terra per motivi molto meno nobili.

“Vorrei fidarmi anche io di me.” pensò, rendendosi conto di questa seconda alternativa.

«Non farlo troppo.» la ammonì invece, chiudendo gli occhi e cercando di non pensare da animale, impresa difficile finché fossero rimasti così vicini.

 

 

 

 

 

[1]Naruto ha in sé la volpe a nove code. Qui è la volpe de “il gatto e la volpe”.

 

 

 

 

Salve a tutti!

Sarà una short fic, che come vedete è divisa in capitoletti molto corti Immagino avrete già compreso a quale fiaba mi ispiro, eh? Inutile dire che altri personaggi, come Naruto-volpe, compariranno già nel prossimo capitolo.

Per quanto riguarda i titoletti, sono pensati da Kiba, ovviamente. Il nostro lupacchiotto XD

Questi due stanno facendo più o meno amicizia lentamente, ma considerate che Kiba sta andando contro la sua natura.

Oh, inutile dire che per la descrizione iniziale del capitolo Recchan è morta, mentre si chiedeva se DAVVERO l’avevo scritta io, così caruccia XD Beh, mi sono vendicata nel penultimo capitolo. [capirete poi.]

Grazie per aver letto, ai prossimi capitoli!

   
 
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