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Autore: Triz    22/03/2015    4 recensioni
Certo, chiunque avrebbe ascoltato quella storia avrebbe ribattuto che lui, Tim Tooney, avrebbe potuto prendere Novecento e portarlo giù dalla nave di peso - secco com'era, non sarebbe stata un'impresa impossibile: Tim ci aveva persino pensato e stava per passare ai fatti, poi Novecento aveva tirato fuori la storia della cabina blu.
Spero che questa crossover con Doctor Who vi piaccia. Buona lettura!
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Danny Boodman T.D. Lemon Novecento, Nuovo personaggio, Tim Tooney
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Più si allontanava dal Virginian, più Tim velocizzava il passo.
Non voleva voltarsi, non voleva guardare quella nave un tempo splendida saltare in aria e diventare la lapide per la tomba del suo migliore amico.
Certo, chiunque avrebbe ascoltato quella storia avrebbe ribattuto che lui, Tim Tooney, avrebbe potuto prendere Novecento e portarlo giù dalla nave di peso - secco com'era, non sarebbe stata un'impresa impossibile: Tim ci aveva persino pensato e stava per passare ai fatti, poi Novecento aveva tirato fuori la storia della cabina blu.

 
* * *

Quei poliziotti non l'avrebbero mai trovato.
Anche se aveva solo otto anni, Danny Boodmann T. D. Lemon Novecento poteva dire di conoscere a menadito ogni corridoio, ogni stanza e ogni piano della nave su cui era nato e cresciuto. Consapevole di questo, avrebbe aspettato che quei poliziotti se ne andassero, per poi ricomparire e...
Cosa gli sarebbe successo, ora che il vecchio Danny non c'era più?
Novecento ci aveva pensato spesso mentre aspettava che l'ennesimo poliziotto oltrepassasse il suo nascondiglio, e si era risposto che avrebbe potuto chiedere aiuto al vecchio Stevie, il pianista dell'Atlantic Band del Virginian che si prendeva cura di lui quando Danny lavorava alle macchine, insegnandogli i primi rudimenti al pianoforte.
Voltò l'angolo del corridoio, deciso a nascondersi nella cabina di Stevie, ma andò a sbattere contro una porta blu. Strofinandosi il naso dolorante, Novecento alzò gli occhi e vide una scritta bianca su sfondo nero: «Police Public Call Box» lesse indicando con il dito la scritta come gli aveva insegnato Danny e indietreggiò, temendo che un poliziotto potesse sbucare da lì da un momento all'altro.
«Eccolo, lo abbiamo trovato!» esclamò la voce di un vecchio poliziotto che corse verso il bambino. Novecento non ci pensò su due volte, aprì la porta della cabina blu e si chiuse dentro, rimanendo di stucco non appena si voltò per vedere dove fosse finito.
Era un posto enorme, molto più grande della cabina e forse addirittura superava il salone della prima classe: Novecento stava fissando tutto l'ambiente intorno a sé a bocca aperta, talmente meravigliato da non accorgersi che due persone erano entrate dopo di lui.
«E tu che ci fai qui, ragazzino?» lo rimproverò severo una voce da uomo e il bambino si voltò: quello che aveva parlato aveva le orecchie a sventola ed era in compagnia di una ragazza bionda. Entrambi erano vestiti in modo troppo strano per essere poliziotti, ma chi poteva dirlo?

 
È stato così che ho incontrato Rose e il Dottore, Tim.
Li ho supplicati di portarmi con loro - avrei fatto qualunque cosa per non scendere a terra, quel giorno - e il Dottore non voleva, almeno non all'inizio, ma poi Rose è riuscita a convincerlo e così siamo partiti, tutti e tre.

«Come ti chiami?» aveva chiesto Rose, mentre il Dottore guidava il TARDIS.
«Danny Boodmann T. D. Lemon Novecento» rispose il bambino: «Ma voi potete chiamarmi Novecento» aggiunse quando persino il Dottore si voltò a quel nome.

 
Tu sai, Tim, che il Virginian è una nave grandissima, ma in quei ventiquattro giorni ho visto cose da farla sembrare insignificante. Non so perché, ma in ogni posto che abbiamo visto ci scambiavano per una famiglia intera - il papà era il Dottore, Rose era la mamma. A proposito, sono persino stato nel futuro, sai? Il 2005 - ho conosciuto Jackie, la mamma di Rose, dovrebbe nascere tra una quindicina di anni -, il sessantunesimo secolo e ho evitato per un pelo di morire nella Settima Guerra Mondiale. Ho anche conosciuto un pianista molto più bravo di me - no, non guardarmi così, Tim, avresti dovuto sentirlo, era davvero più bravo di me: aveva un nome molto strano, si chiamava Amadé.

«Possiamo portarti con noi, ti va?» domandò Novecento, ma il piccolo Wolfgang Amadé Mozart scosse la testa.
«Non mi fido di quei due» borbottò subendo un'occhiataccia del Dottore e di Rose: «E poi io sono molto impegnato, la settimana prossima suonerò davanti al duca di...».
«Sì, okay, d'accordo» lo interruppe Novecento: «Beh, chiamaci, se cambi idea».
«Chiamarvi? E come?».
«Non hai il telefono?».
«Il che?».
«Okay, Novecento, ce ne andiamo» disse il Dottore, prima che il bambino potesse rivelare involontariamente chissà cos'altro.

 
Era tutto bellissimo, davvero.
Poi è arrivato l'Infinito.

«Non possiamo continuare così, Rose».
«Che intendi, Dottore?».
«Novecento» il Signore del Tempo sospirò, mentre riprendeva la strada dell'Unico Tempio del Tutto su quel pianeta dal nome impronunciabile: «Appena lo riprenderemo, lo riporterò a...».
Il grido terrorizzato del bambino lo interruppe e il Dottore e Rose si fecero di corsa la strada rimasta verso il Tempio, temendo il peggio.

 
Perché hai smesso di raccontare, Novecento?
Mi hai raccontato di quando sei sgattaiolato via dal gruppo di bambini alieni che giocavano davanti a questo Tempio, mi hai detto come sei arrivato di soppiatto fino all'altare e poi ti sei fermato dopo avermi parlato di una sfera di cristallo.
I tuoi occhi si sono spalancati, stupiti e terrorizzati nello stesso momento, mi hai dato le spalle e ti sei coperto il viso con entrambe le mani. Le ho viste, Novecento, le lacrime che ti rigavano il viso, ma non ho fatto in tempo a metterti una mano sulla spalla che hai cominciato a cantare a bocca chiusa una melodia che non ho mai sentito.

«Torta di Mirtilli al primo posto, seguito da Lupo Cattivo e Musica da Camera!» delirava Novecento, ricordando le pagine di corse di cavalli su cui aveva imparato a leggere.
«Novecento, calmati!» esclamò Rose spaventata accarezzando la testa del bambino in lacrime. Erano su un pianeta deserto tutti e tre, lontani dal Tempio e dal suo Sommo Sacerdote, che non appena aveva scoperto che Novecento aveva toccato la Sfera dell'Infinito e aveva guardato al suo interno, aveva cercato di uccidere il bambino con ogni mezzo.
«Dottore, mi dispiace!».
«Lo so, sshh!» sussurrò il Signore del Tempo, tenendo in braccio Novecento e stringendolo al petto, ma il piccolo non accennava a calmarsi.
Era talmente disperato e occupato a urlare e a gemere che sulle prime non si accorse della musica che il Dottore gli canticchiava nell'orecchio, ma poi la melodia crebbe di intensità e il volume del pianto di Novecento si abbassò con il passare delle lunghe strofe in lingua sconosciuta. Novecento percepì nella voce del Dottore una sfumatura di terrore e di preoccupazione che prima non avrebbe mai colto e, mentre le lacrime sul viso smettevano di scorrere, le sue orecchie cercavano i battiti rassicuranti dei cuori del Signore del Tempo.
«Voglio tornare a casa» mormorò stanco.
«D'accordo» rispose il Dottore semplicemente e Novecento si addormentò.

«Come si chiama?».
«Novecento».
«Non la canzone, il bambino».
«Novecento».
«Come la canzone?».
Il capitano aveva in mente tante domande da fare a quel bambino che ora sedeva su quel pianoforte e suonava la cosa più strana e meravigliosa che avesse mai udito, ma se si fosse voltato verso l'ingresso del salone avrebbe potuto trovare nell'ombra le due persone che avrebbero dato le risposte che cercava.
«Sarebbe potuto morire».
«Ma non è successo, Dottore» disse Rose.
«È un bambino molto fortunato».
«E anche molto bravo, non trovi?».
Il Dottore annuì, mentre il capitano si avvicinava ancora scosso al piccolo pianista: «Novecento, è contro il regolamento» mormorò e il bambino si voltò con nonchalance verso di lui.
«In culo il regolamento» rispose con gran calma e il Dottore e Rose trattennero a stento una risata.

 
Quello partito dal Virginian non era lo stesso bambino che ci tornò ventiquattro giorni dopo.
Potrai non credere a tutto quello che ho raccontato, Tim, ma salire sul TARDIS - guardare quel... quella cosa nel Tempio - mi ha fatto diventare l'uomo che sono.
Quello che ho visto mi ha perseguitato per anni - ora capisci perché non mi hai mai visto dormire? - e ho cercato sempre di metterlo nella mia musica, ma ora sono stanco, Tim.
Sono stanco di essere schiavo di qualcosa che non può essere alla mia portata, sono stanco di dover portare il peso di quello che ho visto, stanco di ritrovarlo ogni volta che chiudo gli occhi e di non aver potuto realizzare quello che volevo per paura che ogni cosa più grande del Virginian mi ricordasse quel... quella...
So a cosa vado incontro, Tim, e sono pronto ad accettarlo: voglio liberarmi di quello che ho visto e per farlo non posso scendere da questa nave.
 
* * *

«E l'ho lasciato morire così» concluse Tim guardando il proprio riflesso nel bicchiere. L'uomo che lo ascoltava annuì cupamente e finì la birra insieme all'ex trombettista: il resto dei curiosi che aveva cominciato ad ascoltare se ne era andato dopo poche frasi, scuotendo la testa davanti a quelle sciocchezze da ubriachi e cominciando a parlare di cose normali, ricordando così a Tim Tooney che il mondo continuava a girare lo stesso.
«Mi scusi, l'ho annoiata con queste idiozie e non so nemmeno come si chiama».
«John Smith» si presentò l'altro, un tipo alto e smilzo con i capelli scuri e spettinati: «Non credo che siano idiozie, comunque».
«Sul serio?».
John Smith annuì e i due parlarono ancora un po' di Novecento, poi discussero su chi doveva pagare e poi John si alzò: «Controlli sotto il tavolo» gli disse all'orecchio prima di uscire dal bar.
Tim corrugò il viso e, dopo essersi guardato intorno circospetto, sbirciò sotto il tavolo: quella grande scatola scura sembrava proprio la custodia della sua vecchia tromba.

 
* * *

«Hai una faccia diversa o sbaglio, Dottore?».
«No, infatti» disse il Signore del Tempo.
«E Rose è rimasta sempre la stessa, vedo».
Rose Tyler annuì: «Quello che è uscito dalla nave poco fa è un tuo amico?» chiese.
«Già» Novecento sospirò e scosse la testa: «Ha venduto la sua tromba, che idiota!».
«Forse non aveva avuto scelta».
Novecento tacque e una lieve spinta in avanti gli annunciò che il Virginian stava per compiere il suo ultimo viaggio: «Vorrei che facesse una cosa per me, Dottore» disse.

 
* * *
 
Non è stato il solo a vedere Novecento prima che morisse.
Questa tromba è sua e lui mi ha chiesto di fare in modo che lei continuasse a suonare, fregandosene di tutto il resto come quando aveva diciassette anni.
Che tutta la fortuna dell'Universo sia dalla sua parte, Tim Tooney.
Il Dottore

Tim si precipitò fuori dal bar con la tromba in una mano e il biglietto nell'altra e vide appena in tempo una cabina della polizia prima che sparisse con un assordante cigolio.
Ci scommise che quel John Smith ci era appena salito sopra.















Note dell'Autrice
Sono tornata!
Dunque, ho voluto tentare un esperimento - sì, chiamiamolo esperimento - di crossover tra Novecento e Doctor Who, che sto amando profondamente anche se sono ferma alla quinta stagione.
Non penso che ci sia bisogno di spendere altre parole, ma ci tengo a ringraziare coloro che si fermeranno a leggere la storia, sperando che la apprezzino.
Un bacio a tutti/e voi,
Triz
  
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