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Autore: SanShineMuke    22/03/2015    1 recensioni
||"Quando pensi il destino non ti abbia riservato niente.
Allora ti senti bianco.
Come fogli vuoti.
E ti senti puro e inutile allo stesso tempo, e anche l'inverno e la pioggia ti sono amiche, perché rispecchiano la tua malinconia.
Ma quella pioggia ricorda due occhi, quegli occhi che ti hanno insegnato a vivere il mondo.
Ma quegli occhi sono di quella persona che pensavi il destino non ti avesse riservato.
E quegli occhi rispecchiano il mio amore e il suo che si fondono in un unico mare.
Creato da tante piccole goccioline color cristallo, una alla volta.
E forse le lacrime che sto versando ora andranno a far parte del grande mare che è il nostro amore.
Anche se sono lacrime di dolore.
Perchè la pioggia che ora vedo, sono le sue lacrime che urlano al mondo che, anche se siamo niente, il nostro amore ci completa.
Anche stando lontani."||
-Muke
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nevica.

Fuori tutto è bianco.

Bianco come il latte.

Bianco come le nuvole.

Bianco come un foglio vuoto, pulito.

Bianco come niente.

Perché bianco è niente.

Ed io mi sento bianco.

Si mi sento proprio bianco.

Vuoto, inanimato, sento che la vita intorno a me scorre velocemente ed ha un suo senso, ed io non riesco a coglierlo, e non credo m’interessi. Sento il cuore martellare dal dolore, ma è un dolore non fastidioso, persistente, ma non fastidioso, quasi fosse qualcosa a cui sei talmente abituato che ci convivi senza renderti conto che è ancora lì, ti scruta, ti aspetta, ti cerca, ti trova, e quando ti accorgi che c’è ancora, ti fa male, sì fa molto male. E’ quasi come un cancro, a volte non ti accorgi neanche che c’è ma sei consapevole che, pian piano, ti sta divorando dentro.

 Sento l’aria fredda di Dicembre arrivarmi in viso e non fa lo stesso effetto di una carezza, magari di una carezza di una madre o della persona che ami, magari una sua carezza.

Ho sempre amato vedere i fiocchi di neve di fine Dicembre adagiarsi lentamente sul suolo, è strana da descrivere ma l’emozione che provo è calda e fredda allo stesso tempo. Dio sembra una sensazione così confortante, sembra, sembra perché tutto ciò che noi consideriamo essere non dura, tutto muore, tutto si rompe, tutto si spezza, tutto finisce; ed ‘è’ è sinonimo di esistere, di esistere per sempre, e di durare, ecco perché tutto ciò che è, lo è sono all’apparenza: come l’amore.

L’amore è apparenza.

L’amore non dura, persiste, ma non dura.

Ammirare il paesaggio quasi diviso in due,l’aria grigio-biancastra pre-tramonto, così mite, così confortevole ma allo stesso tempo così fredda, (che strana concezione dell’inverno, l’inverno è freddo, l’inverno è scientificamente freddo, ma forse pochi sanno che è emotivamente caldo, almeno per me è così, perchè il freddo mi riscalda l’anima di malinconia, e la malinconia è una sensazione calda, bollente e dolorosa) che trova compagnia con l’animata città sottostante, tutta colorata e decorata per l’imminente Natale, quanto vorrei sentirmi anche io così, quanto vorrei sentirmi anche io animato, ma no, io sono bianco.

Mi piacerebbe essere trasparente, tutto ciò che è trasparente ‘traspare’ il colore vicino, o il colore che lo contiene, io potrei trasparire le emozioni e i sentimenti di chi mi è accanto, facendole mie, invece no, perché io sono bianco, mi sento bianco, mi sento niente.

Vorrei  tanto sentirmi come quel bambino laggiù, che corre vicino a Babbo Natale non curando la sfuriata che i suoi genitori stanno mettendo in scena in strada, quanto vorrei anche io ignorare il dolore, o non curarlo, cercare qualcosa che non mi faccia pensare che la mia esistenza è di seconda mano, qualcosa o qualcuno.

Ma io quel qualcuno ce lo avevo.

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15/12/2014

Consegnato alle 17.34

Ehy Luke…

Lukey..

Spero tu stia bene.

Qui l’aria è fredda, ma non quel freddo tenue, quello che tu ami tanto; questo è un freddo cupo.

Sarà perché tu rendi tutto più tenue, più delicato.

Ed io mi sento così cupo.

 

-Sempre tuo Michael

 

 

 

 

 

17/12/2014

 

Consegnato alle 18:47

 

Qui è già buio.

Qui tutto è freddo.

Ha appena finito di nevicare.

Ho osservato il cielo mentre i fiocchi cadevano.

Non è la stessa sensazione che provavo quando li osservavo con te…

Ti prego scusami se continuo a scriverti per SMS.

Conoscendoti so che non avrai smesso un secondo piangere.

Cazzo mi sento una merda.

Non voglio che tu pianga.

Non voglio che il tuo viso si sporchi di lacrime bollenti.

Solo sento il bisogno di scriverti.

Per non sentirmi ancora più morto.

 

-Michael

 

 

19/12/2014

Consegnato alle 20.31

Ho bisogno di te Luke, nonostante tutto ne ho ancora bisogno.

-M.

 

 

21/12/2014

Consegnato alle 16.48

E’ quasi Natale.

Qui è tutto addobbato in festa.

Le strade e i negozi sono tutti decorati.

Dalle finestre delle case si intravedono gli alberi di Natale.

Io non l’ho fatto.

Perché non è mio dovere.

E’ sempre stato il tuo.

Spero che tu lo abbia fatto.

E spero tu stia bene…

E spero tu abbia smesso di piangere…

E spero che tu, prima o poi, mi risponda…

..E spero che tu mi ami ancora, perché io non ho mai smesso di farlo.

-Michael.

 

 

 

22/12/2014

Sono stato in giro per negozi.

Ho adocchiato qualcosa che penso ti piacerebbe ricevere come regalo.

E’ quasi Natale, la tua festa preferita.

E io te la sto rendendo un inferno.

Vorrei che tu sorridessi.

Vorrei che tu ritornassi a vivere, anche non necessariamente con me.

So che fa male, perché è la prima cosa che non voglio,

ma io ho bisogno di sapere che tu sei felice.

Perché la mia felicità è il tuo essere felice.

Dio Luke, perdonami.

Continuo a ripromettermi di non farti soffrire ancora,

ma continuo ad inviarti questi stupidi messaggi,

perché so che stai male,

ed è l’ultima cosa che voglio.

Ma ho bisogno di te, ho un fottuto bisogno di te.

Dio Luke.

Io ti amo.

Ma ormai è tardi.

E’ troppo tardi per tutto.

No, non voglio che tutto questo finisca così, non è giusto.

Non è assolutamente giusto.

 

Cristo Luke perdonami per tutto.

Perdonami per ogni mio fottuto sbaglio.

Perdonami perchè ti amo e me ne sono andato.

Perdonami perché non ho saputo oppormi a tutto ciò, perchè sapevo che dovevo andare, perchè ne avevo bisogno, pur sapendo che ti avrebbe fatto male.

Perdonami se non sono al tuo fianco a stringerti forte.

Facendoti sentire piccolo, ma pieno.

Perdonami per tutti i baci di cui avevi bisogno, e che non ho potuto darti.

Ti prego non piangere.

Vorrei solo che tu fossi felice queste feste.

Vorrei che tu provassi ancora gioia pensando sia Natale.

Vorrei che quel luccichio dei tuoi occhi ritornasse.

Vorrei solo questo per Natale.

Qui a Budapest è tutto buio.

E’ tutto spoglio.

E io mi sento ancora più male.

Ti amo.

E spero di poter continuare a farlo.

 -Michael

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Flashback

 

10/12/2013

 

Odio il vento.

Sarà perché sono molto sensibile.

Sento i miei occhi lacrimare.

E’una brutta sensazione.

La odio.

Continuo a camminare affondando la testa nella mia sciarpa, lasciando scoperti solo e soltanto gli occhi, giusto per ammirare le luci brillanti che illuminano i negozi; sento in lontananza i cori intonare canzoni natalizie e penso sia strano, perché è solo il 10 dicembre.

Poco tempo a Natale 2013.

Troppo tempo passato da solo.

Cammino sull’asfalto ghiacciato, coperto da un sottile strato di neve, che però, ormai, si sta sciogliendo, lasciando solo una sottile pellicola di acqua densa, fredda.

Alzo gli occhi al cielo, incontrando solo una cupola grigia, senza sfumature, cupa, ho sempre odiato questo cielo, perché è indefinito, monotono, non lascia trasparire niente, neanche un filo di luce o di cupezza in più che potrebbe spezzare questa monotonia: lo odio perché mi descrive, perché è simile a ciò che sono: monotono, cupo, noioso; lo odio perché odio me stesso e tutto ciò che è simile, lo odio perché vorrei essere altro.

Continuo a camminare e quasi non me ne accorgo, le mie gambe oramai fanno da sole, sfilo le mani dalla tasca dei miei jeans e le infilo nel mio piumino nero, sentendole oramai troppo gelide, pesanti come due blocchi di ghiaccio.

Tiro su col naso, inspirando l’aria gelida di fune autunno, sperando che per l’inizio di inverno non faccia più freddo, non è una bella sensazione.

Mi concentro su un’immagine in lontananza, due fidanzati, abbracciati.

Mh… chissà cosa si prova ad amare.

Io non l’ho mai fatto.

Nel senso, non ho mai amato.

Non perchè non volessi, semplicemente perchè non ho mai trovato la persona giusta.

Non so neanche cosa mi piace, forse non cerco niente di così maledettamente complicato o pretenzioso nella persona che voglio che mi stia accanto, ma, il punto è, è che proprio non riesco ad avvicinare nessuno.

Sono quel tipo di persona che rimpiange ogni giorno la sua solitudine, ma allo stesso tempo, è l’unica colpevole di ciò. Non so cosa significa baciare una persona e sentire le farfalle nello stomaco, non so cosa significa sentire il petto bruciare di passione; non so cosa significa guardare quella persona negli occhi e sapere che quegli occhi guardano solo te in quel modo; non so cosa si prova a ricevere carezze, ad essere coccolati, a sentirsi al sicuro tra le braccia di qualcuno; non so davvero cosa significa sentirsi amati, perché io non mi sono mai sentito amato, ma vorrei tanto.

Perché non riesco a  vivere.

Mi sento come una marionetta malandata in uno spettacolo teatrale, gettata in un angolo, che guarda il mondo che va avanti vivendo ma non ha la forza di inseguirlo, rimango impotente davanti a tutto ciò, sono un osservatore della mia stessa vita, e non il protagonista.

Quanto vorrei essere come Ashton, il classico burlone di scuola, quello “della battutina ogni 5 minuti”, quello circondato da tanti amici quanti ne ha sui social network, a volte mi chiedo davvero come abbia fatto a divertarci amico; ah già è stato lui a fare la prima mossa.

Diamine perché è così maledettamente complicato fare la prima mossa per me.

Perché non riesco ad essere ciò che voglio.

Ho paura di restare solo.

Ma infondo, perché ne ho paura.

Sono solo da sempre.

La vita mi ha sempre sputato in faccia.

La vita mi ha sempre preso a schiaffi.

Continuo a camminare, dimenticandomi persino che io lo stia facendo, osservando le vetrine decorate in festa, io l’albero di Natale non l’ho fatto, mi sembra inutile farlo, non ho nessuno con cui condividerlo.

Svolto in un angolo, sentendo le fredde gocce di pioggia cadere sul mio piumino impermeabile, mi sbrigo sentendo i miei piedi già fradici d’acqua, sono troppo lontano da casa, perciò qualcosa che mi ripari dalla pioggia; alzo lo sguardo in alto e sento migliaia di goccioline invadermi le guancie e la fronte, chiudo istintivamente gli occhi e cerco qualcosa di solido a cui aggrapparmi per non perdere l’equilibrio; troppo tardi.

Mi accascio rovinosamente a terra, tremo, sentendo il mio corpo scosso da tanti brividi, allungo il mio palmo destro al viso, guardando quei tanti piccoli taglietti che mi sono procurato.

“Ehi” sento una mano posarsi sulla mia spalla e un’altra infilarsi sotto il mio braccio destro, con una leggera spinta mi ritrovo in piedi, tremante per il freddo; alzo lo sguardo, mentre l’altro di fronte a me mi sorride.

I suoi occhi parlano.

Sento altri brividi lungo la schiena, immagino siano per il freddo.

Non credo.

Guardo i suoi occhi, sono color pioggia.

Anzi il color del cielo piovoso.

Ma è più caldo, è più tenue.

E’.. bello.

Bellissimo.

“Stai bene?” sento la sua mano scivolare dalla mia spalla lungo il braccio destro, fino alla mia mano, lentamente fa scorrere le sue dita delicate lungo i piccoli tagli che mi sono procurato poco prima, prende tra due dita il mio polso ed alza lo sguardo.

Lo faccio anche io limitandomi ad annuire lievemente alla domanda postami poco prima.

Mi sorride, mentre i suoi occhi parlano di nuovo.

L’ho visto, era qualcosa tipo luccichio.

Chino la testa, sentendo le mie guancie colorarsi leggermente.

Penso sia un sogno.

Chiudo gli occhi, so che quando li aprirò scoprirò che è tutto un sogno, sono sicuro.

“Come ti chiami?”.

La sua mano ancora ancorata così saldamente e delicatamente al mio polso scivola lungo le mie dita.

No, non è un sogno.

Alzo lo sguardo, mostrando il lieve accenno di fossette, non riesco a gestire l’intensità dei suoi occhi, ecco perché, ad ogni modo, cerco di non osservare il suo sguardo.

“L-luke” accenno un sorriso, sperando di averlo detto abbastanza forte da essermi fatto sentire.

“Bhè Luke, piacere di conoscerti, io sono Michael” mi sorride e sento il mio cuore perdere ritmicamente battiti. Non so cosa sia questa sensazione, non l’ho mai provata, credo di stare male.

No, mi sento bene.

Mi sento così bene.

Continua a sorridermi mentre io non accenno a muovere la testa, continuando a tenerla china.

Mi sento così a disagio, ma non voglio che se ne vada.

“Ehi, ho fatto qualcosa di sbagliato?” mi dice, posando i suoi palmi sulle mie spalle ossute.

La sua voce.

Diamine la sua voce è così..dolce.

Quel contatto mi provoca un lungo brivido dietro la schiena, mentre velocemente affondo la testa nella mia sciarpa, scuotendo leggermente il capo come muta risposta alla sua domanda.

“Hai freddo?” continua. Ed io mi limito da annuire.

Ho davvero freddo.

Ma mi sento bene.

“Vieni con me” mi dice, mentre sento la mia mano avvolta dalla sua.

E qualcosa poggiarsi sulle mia spalle, una felpa.

Mi volto verso di lui, guardandolo fremere ad una  ventata.

Blocco il nostro cammino, tirandolo leggermente verso di me.

Lo guardo, facendogli capire che non c’è bisogno di fare tutto ciò.

Sfilo la felpa e gliela porgo, sentendo nuovamente freddo.

Non il solito freddo, questo è diverso.

E’ qualcosa che non riesco a descrivere, era meravigliosa sensazione brutalmente spezzata, distrutta, da un semplice gesto.

Era un caldo abbraccio del quale molte volte sento il bisogno di ricevere dissolto dal cupo freddo o portato via dal violento vento di Londra.

Era qualcosa di incredibilmente perfetto ma che io, forse, non meritavo.

Lo guardo negli occhi, credendo ancora sia un miraggio, mentre lo vedo allungare la mano e afferrare la felpa, scuoto il capo e mi giro dal lato opposto.

Cammino, o corro.

Non riesco a capirlo, so solo che sento una lacrima scendermi lungo la guancia cadaverica.

Stupido.

Che stupido che sono.

“Luke” mi fermo, mentre quel suono mi fa fremere, ma, non so perché, non mi fa sentire più così incredibilmente solo.

Sento di nuovo la stessa felpa avvolgermi, accompagnata da due possenti braccia.

Mi sento in gabbia, ma non mi sento prigioniero.

Anzi, se lo sono, adoro esserlo. E vorrei esserlo per sempre.

Una delle sue mani scorre lungo il mio fianco, facendomi voltare su me stesso e incontrare nuovamente i suoi occhi pioggia.

Mi accarezza la guancia, delicatamente, senza fretta.

Ed io adoro il fatto che lo faccia lentamente, perché dura di più, e mi da il tempo di capire che è vero.

Mi guarda, ma non riesco a decifrare il suo sguardo.

E’ un mix di tante cose insieme.

E’ uno sguardo quasi di rimprovero, ma non accusatorio.

E’ uno sguardo severo, ma con quella sfumatura che ha la stessa delicatezza dei tocchi di una madre.

E’ uno sguardo comprensivo.

E’ uno sguardo che vuole capire chi sono, perché ho agito in quel modo, e perché sono arrivato a tanto.

E’ uno sguardo curioso.

E la cosa mi fa stare bene, perché sembra che, finalmente, ci sia qualcuno anche per me.

E’ uno sguardo amorevole.

E’ uno sguardo che sembra dirmi “Ehi sono qui e ti salverò la vita, ti insegnerò cosa significa amare e ti amerò come nessuno ha mai avuto il coraggio di fare”.

Perché è vero, per amare, bisogna essere coraggiosi.

E’ uno guardo che dice andiamo.

E’ uno sguardo che vuole che lo segua, perché mi fa capire di non dover aver paura finchè sono tra le sue braccia, che saranno il mio scudo per il resto dei miei giorni; è uno sguardo che freme dalla voglia di vedermi sorridere, consapevole che sarebbe il primo a vedermi farlo.

E’ uno sguardo che vuole che vada con lui, perché, da questo momento in poi, succederanno solo cose belle.

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Da Luke:

Consegnato alle 23.58 del 24/12/2013

Ho sempre avuto paura di tutto e di tutti.

Ho sempre cercato di allontanare il mondo.

Per non soffrire.

Ed invece ho sofferto lo stesso.

Dio, ho usato il passato.

Si, perché tu mi hai salvato Michael Gordon Clifford.

Ed ora, ora si che ho cominciato a vivere.

 

 

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Flashback

 

24/12/2013

 

Ho sempre amato le nottate invernali.

Quelle dove non riesco a dormire però, perché ho tutto il tempo per pensare.

Mi sento così tranquillo, mi sento così a mio agio.

Posso rilassare la mia mente e concentrarmi solo sulle cose che davvero mi fanno felici, come il suo sorriso.

Prima non avevo tante cose di cui pensare.

Perché pensare da già l’idea di qualcosa di concreto che sia accaduto o sia ancora in corso.

Pensare è quasi una scintilla di ricordi.

Un bisogno di rivivere da osservatore immagini di cui eri o sei protagonista.

Prima mi limitavo ad immaginare.

Perché niente nella mia vita era concreto.

Neanche la mia stessa vita; che cosa cretina da pensare.

Quindi immaginavo, immaginavo di essere la stella più bella del cielo, quella più amata, quella più desiderata e ammirata.

Immaginavo di essere la rosa più bella del giardino, quella che tutti vorrebbero ma solo uno, il prescelto, ottiene.

Volevo essere tutto fuorché il Luke Hemmings di un tempo, e ci sto riuscendo, sto cambiando.

Perché ora si che ho un soggetto a cui pensare.

E non c’è visione migliore che possa attanagliare la mia mente.

E’ una settimana.

Anzi otto giorni, dodici ore e quarantasette minuti che lo conosco e già ha fatto per me ciò che nessuno mai farebbe.

Mi ha insegnato a sorridere.

E poi a ridere.

E poi a guardarlo negli occhi.

E poi a sorridere guardandolo negli occhi.

Mi tratta come cosa tanto preziosa quanto fragile, mi tratta come ognuno vorrebbe essere trattato.

Ed io mi chiedo sempre perché lo faccia.

Ho sempre pensato che Dio non abbia mai creato la mia anima gemella, né nessuno capace di farmi sorridere, nè qualcuno che sorrida ogni volta che lo faccio io, né qualcuno che mi abbracci ogni volta che ne ho bisogno.

Ma allora, perchè Michael esiste?

Perché mi fa sentire così terribilmente bene, perché ho così caldo e sono sempre tutto rosso ogni volta che mi sfiora la guancia  con le sue labbra?

Perché mi sfiora con quelle sue mani così delicate quasi fossi di seta?

Ma,  cosa strana incredibilmente bella, perchè riesce a cogliere il momento esatto in cui ho bisogno di un abbraccio?

Ho sempre pensato di non meritare niente.

Mi sono sempre considerato spazzatura, ed i miei non mi hanno impedito di considerarmi tale.

Io li vedevo così tanto perfetti, ed io tutto sbagliato.

Cercavo di renderli felici di me, andando bene a scuola e facendo il bravo bambino, ma niente.

Il mio unico ricompenso erano  le percosse da parte loro.

E piangevo, piangevo forte.

Nella speranza che  qualcuno mi sentisse.

Che sfondasse la porta a calci ed entrasse.

E mi abbracciasse.

E che fermasse il corso delle mie lacrime, almeno per un attimo.

Perché io, almeno per un attimo, potessi respirare.

Ho sempre pensato che la vita non avesse niente in serbo per me.

Che fossi stato generato solo perché c’era il bisogno di farlo, o neanche.

Uno stupido gioco di sesso.

E che quindi, il mio futuro “tutto rose e fiori” non fosse stato scritto.

Che il mio “Sarò per sempre felice e contento” fosse solo una baggianata.

Avevo paura che la vita andasse sempre peggio.

Da piccolo ho imparato a cavarmela da solo, sempre.

Perché non ho mai avuto niente di concreto.

Solo, indifeso, senza un’ancora a cui aggrapparsi.

Bianco.

Sono sempre stato uno sbaglio, questo lo so.

Non sono mai stato accettato da nessuno.

Neanche dai miei.

Non mi hanno mai voluto bene, lo so.

Sono stato solo uno sbaglio.

Odio quando la mia mente viene assalita da mille paure, mi sento davvero come una cimice in mezzo ad un branco di elefanti, con la costante paura di essere schiacciato da qualcuno; solitario perché diverso, fragile perché solo, piccolo perché debole.

Ho paura di meritare qualcosa, perché fino ad ora  ho sempre fatto a meno di tutto.

Ho costantemente paura

Ho una fottuta paura.

Ho paura quando resto solo a casa.

Ho paura quando fuori piove, mi sento morire ad ogni tuono che si infrange nel cielo come una mina durante la guerra.

Mi fanno paura gli sguardi delle persone, quelli troppo profondi e quelli superficiali, perché non riesco mai a comprenderli.

Mi fanno paura i miei demoni interiori, quelli che mi lacerano dentro e che, davvero, non so dove io trovi la forza per continuare a controllarli, evitare che questi vengano fuori e avvelenino tutto ciò che mi circonda, che contagino tutti con la malattia di cui sono portatori, la paura; malattia di cui io, purtroppo, sono già contagiato.

Ho paura di distruggere Michael con il mio veleno, con il mio odio verso il mondo.

Ma lui mi sta insegnando ad amare.

Lui mi sta facendo vivere.

Lu mi ha fatto sorridere, lui mi fa sorridere.

Sbatto piano le palpebre, quasi come se mi fossi appena svegliato da un sogno ad occhi aperti.

Prendo il mio cellulare, guardando l’orario.

Le 3.40 del mattino del 25 dicembre 2013.

E’ Natale, non me ne sono accorto.

Sblocco il cellulare ed apro la mia ultima conversazione.

Digito velocemente i tasti, ricontrollando ciò che avevo scritto più e più volte.

A Michael:

“Mi hai salvato la vita”

Glielo invio, girandomi di lato e cercando di prender sonno.

Spero di risvegliarmi con un suo messaggio domani mattina.

Continuo a girarmi e rigirarmi nel letto, sono stanco ma non riesco a dormire, nella mia mente c’è solo il suo sorriso.

Domani mi ha detto che ci vedremo, ed io non vedo l’ora che arrivi domani.

Una fonte di luce arriva dal mio comodino sinistro accompagnata da una leggera vibrazione.

Mi giro verso la fonte che ha catturato la mia attenzione.

Sblocco il cellulare ed apro la cartella dei messaggi.

Mi ha risposto, e sono le 4 del mattino.

Da Michael:

“Scendi”.

Rileggo quell’unica parola più e più volte, credendo di non aver ancora messo ben a fuoco la scritta davanti ai miei occhi, che significa? Svolto lo sguardo verso la mia finestra chiusa sentendo fitte goccioline infrangersi su di essa. Svelto scosto le coperte di lato, e mi siedo toccando con i piedi il pavimento gelido.

Riprendo il cellulare tra le mani ed osservo nuovamente lo schermo, è scritto davvero.

Infilo svelto le pantofole e mi alzo, strofinando gli occhi con il palmo della mia mano.

Sbadiglio ed a stento non inciampo nel morbido e vecchio tappeto dei ninja turtles di camera mia.

Scendo velocemente le scale, avvertendo sempre di più il freddo gelido di questo inverno appena iniziato, vorrei tanto tornare nel mio letto, ma più forte è il desiderio di essere, ora, in questo preciso istante, nelle braccia di Michael, senza nemmeno sapere il motivo per il cui si trova sotto casa mia, le prime 4 ore del mattino del giorno di Natale.

Mi avvicino alla porta e la apro, avvolgendo immediatamente le braccia intorno al torace.

Che idiota, è inverno ed io indosso ancora pigiami leggeri.

Volto il mio sguardo in ogni direzione, cercandolo.

Mi incammino nel giardino, non curando le fastidiose goccioline di pioggia che cadono in ogni dove del mio corpo e ignorando il fastidioso formicolio lungo le mie gambe e la mia schiena.

Non lo vedo.

Mi ha mentito, mi ha preso in giro.

Dio, il senso di delusione sta già crescendo in me e diamine se vorrei placarlo, è impossibile, lui è Michael, non può essersi preso gioco di me.

O si?

“Luke”

No, non l’ha fatto.

Sorrido.

Mi giro nella direzione da cui la voce è provenuta, la riconoscerei anche tra milioni, perché la sua, bhè si la sua è inconfondibile, molti si innamorerebbero di caratteristiche futili e banali di una persona: occhi, capelli, labbra, spalle; si, io amo tutte queste cose di lui, ma amo di più la sua voce, è perfetta.

Sono innamorato di Michael?

Diamine mi sento così stupido a pormi questa domanda, ma se è così evidente!

“Ehi Luke”

Michael si avvicina a me e mi sorride, nonostante sia buio pesto riesco a vederlo.

Ah, già, sono innamorato anche del suo sorriso.

Si avvicina ancora di più, fino a quando le punte dei nostri piedi non entrano a contatto tra di loro, allunga la sua mano verso la mia, catturando delicatamente il mio mignolo tra le sue dita affusolate e salendo lentamente.

Polso, braccio, gomito.

Il suo tragitto devia improvvisamente, fino ad arrivare alla mia guancia, la accarezza delicatamente e la asciuga dalle fastidiose goccioline di acqua che continuano, imperterrite, a solcare il mio viso, scendendo dai capelli.

“Ciao Michael” riesco a dire, quasi come un sussurro, la voce rotta dalla sua presenza, dal suo profumo che mi inebria i sensi, dai suoi occhi che annebbiano i miei, quegli unici smeraldi troppo preziosi per mescolarsi nel mare velenoso dei miei; e il suo sorriso, dolce, premuroso, amorevole.

Cavolo davvero non riesco a descriverlo come si deve,forse perché le parole su questa terra sono troppo futili, volgari e indegne di descrivere tale perfezione.

Io lo amo.

“Ho letto i tuoi messaggi”.

Il mio cuore si scioglie, brucia, è in fiamme.

E’ una sensazione strana, non so se sia bella o brutta.

So soltanto che ho caldo, e che il freddo e i brividi, causati dalle basse temperature notturne, sono svaniti nel nulla.

Mi limito semplicemente a sorridere ed ad arrossire.

“Avevo voglia di vederti” dico.

“Anche io, molta” mi risponde.

Un brivido si impossessa nuovamente della mia schiena, ma so che non è causato dal freddo.

“Entriamo, fa freddo e sei zuppo” dico, allungando la mano e guardandolo negli occhi, sorridendo.

“Anche tu” ridacchia, e vi giuro che potrei morire in quest’istante, mentre la sua mano si impossessa della mia e la stringe con gelosia, tenacia e forza, perché troppa è la paura che possa sfuggire.

Apre la porta della mia stanza, entrando.

Ci guardiamo negli occhi, e ci diciamo tante cose.

Siamo zuppi d'acqua, ma non ci importa, l'importante è essere qui, ed essere soltanto noi.

Noi, con la nostra voglia di appartenerci.

Con la nostra voglia di essere l’uno dell’altro.

Di amarci.

“Le penso anche io, tutte quelle cose che mi hai scritto” mi dice, mentre anche l’altra sua mano cerca la mia, incastrando le nostre dita, sono perfette per stare insieme.

“Anche tu mi hai salvato, perché mi hai reso speciale” continua mentre le nostre mani giocano distrattamente, coppia per coppia.

“Mi hai reso speciale perché mi hai reso diverso da tutti gli altri uomini a questo mondo” prende ancora un’altra pausa, ed io sento il mio cuore sciogliersi sempre di più.

“Solo amandoti, perché amarti è di per sé una cosa speciale e io mi sento speciale perché ci sono riuscito, e non posso sentirmi più felice di così, perché tu Luke Hemmings, mi hai reso pieno, hai dato un senso alla mia inutile vita”.

“Ti amo” dico.

E non sono mai stato più felice di aver mai detto qualcosa in vita mia.

Finalmente la mia vita ha un senso, ed è Michael.

E tutto ciò che lo riguarda.

E’ lui la ragione della mia vita.

Il resto dei miei giorni.

E’ lui la mia ancora di salvezza.

E’ lui la mia felicità.

Ed ora sono consapevole che, accanto a lui, la paura non mi invaderà più.

Potrò raccontare a lui tutto di me.

Darò a lui tutte le mie cose belle.

E anche quelle brutte, perché so che le accetterà.

E le custodirà.

So che lo farà con gelosia.

E con tutta la delicatezza che merito.

Perché io sono di Michael e lui è mio.

E questo non può cambiare.

“Ti amo” mi dice, e la nostra promessa fu sigillata dal nostro primo bacio.

Un bacio che, a pelle, entrambi sentivamo il bisogno di ricevere.

Un marchio indelebile che avrebbe finalmente fatto di me e lui un “noi”.

Qualcosa di unito, un legame forte di due individui.

Un legame che non può essere distrutto, neanche dall’arma nucleare più potente o dal missile più veloce.

Neanche da persone.

Le persone che sono il vero pericolo per la felicità, persone che simboleggiano l’egoismo di un motto rotto e piegato dal male, dalla legge dell’importanza della propria medesima persona, piuttosto che del bene fraterno.

Neanche dall’invidia, o dalla gelosia.

Perché legame troppo puro per mescolarsi con la porcheria del mondo in cui viviamo.

Un bacio che ci rese completi.

Un intreccio meccanicamente perfetto in tutto, per tutto e di tutto.

Di labbra.

Di occhi.

Di speranza.

E di amore.

Perché niente era meglio che amare Michael in quel momento.

Amarlo come lui merita di essere amato.

Come le persone dovrebbero davvero essere amate.

E non c’è sensazione migliore che amarlo, perché sento davvero di essere ricambiato.

E mi sento bene.

Felice.

“Ti amo Michael” dico sulle sue labbra, accarezzandole con le mie, piano, per saggiare ogni minimo particolare di quel suo sapore così straordinariamente buono, così inaspettatamente unico.

Sorride sulle mie labbra, aggrappando le mie gambe e tirandomi in braccio a sé, stringendomi forte forte, facendomi percepire quanto io sia suo.

“Sei mio piccolino”.

Avvolgo le braccia al suo collo e lo stringo forte, sistemandomi meglio su di lui, mentre le nostre lingue danzano una danza perfetta, e sembra che siano nate per essere accarezzarsi l’un l’altra.

Indietreggia lentamente fino al mio piccolo lettino in fondo alla camera.

Si siede, prendendo delicatamente il mio polso nella sua mano.

Mi guarda come fossi la cosa più importante su questo mondo, e mi sento tale, qui tra le sue braccia.

E mi sento anche invincibile, sento che nessuno potrà, da ora in poi, farmi del male.

Mi sento grande.

Ho smesso di sentirmi piccolo a questo mondo; ora, tra le sue braccia, mi sento un gigante.

Lo guardo, contemplando quanto in realtà il destino aveva in servo per me, e mi sento così fottutamente fortunato, lo bacio, mentre piano avvolgo le mie gambe attorno alla sua vita, voglioso di lui, della sua persona, del suo essere.

“Sei…” mi sussurra all’orecchio, mentre piano si allontana da me per potermi guardare meglio negli occhi, quegli occhi mai troppo pieni di lui.

“Sei bellissimo” finisce la frase che pochi secondi prima aveva iniziato e ritorna a baciarmi, consapevole come me che non ci sia azione più bella da fare, il passatempo perfetto per noi, il nostro modo di sentirci uniti e di difenderci da ogni cosa, la nostra promessa, il nostro essere noi.

Si sdraia sul letto trascinando me con lui, i nostri corpi fremono per il contatto atteso da una vita, e finalmente si sentono bene.

Sento le sue mani fredde accarezzarmi la mia schiena lattea, e non c’è niente di più bello.

Mi ricorda la sensazione che amavo quando ero bambino.

Quando un fiocco di neve si posava delicatamente sul mio naso rosso.

E quel brivido piacevole che attraversava la mia schiena era lo stesso che Michael mi stava provocando.

“Mi stai salvando” gli sussurro, mentre piano la mia e la sua maglia abbandonano i nostri corpi.

Mi prende in braccio e mi adagia sotto di lui; riprende a baciarmi ma in modo diverso, più passionale.

E’ un ringraziamento per quello che gli ho detto, perché questo era quello che voleva sentirsi dire.

Arrossisco quando sento la sua mano abbassarmi i pantaloni del pigiama, tolgo le mie labbra dalle sue e lui si accorge del fatto che mi sento a disagio.

“Non devi essere imbarazzato” mi dice, mentre strofina il suo naso gelido sul mio collo, lasciando di tanto in tanto leggeri baci.

“Lo so” rispondo, prendendo il suo viso tra le mani, guardandolo negli occhi.

“Se non te la senti possiamo anche non f-“ interrompo Michael con le mie labbra, facendogli capire che va tutto bene, e che sarei disposto anche ad andare in capo al mondo con lui.

Ritorno a baciarlo e mi perdo nella meravigliosa sensazione che mi provocano le sue labbra sulle mie, è qualcosa di inebriante e che ti fa venir voglia di volerne sempre di più.

Sempre di più.

Lo guardo negli occhi, consapevole che entrambi siamo nudi e consapevole di ciò che sta per accadere.

Gli sorrido e lui fa altrettanto, gli accarezzo delicatamente la guancia, con la costante paura di fargli del male, di ferirlo.

E lui fa altrettanto.

“Ti amo” gli dico, con voce forte e delicata, voglio che tutto il mondo sappia della nostra promessa, che tutto il mondo invidi il nostro amore.

“Ti amo anche io piccolo” mi sussurra, mentre mi stringe i fianchi in un caldo abbraccio, in contrasto con il freddo gelido dell’inverno londinese.

Mi accarezza piano le gambe, flettendo le mie ginocchia.

Mi guarda negli occhi, aspettando il mio consenso, in essi leggo che vuole che non mi preoccupi, che andrà tutto bene, che non mi farà del male, che mi prenderà con tutta la delicatezza che merito, e che, da oggi in poi, smetterò di soffrire.

Sorrido, mentre lo sento riempirmi.

E’ una sensazione unica, neanche lontanamente immaginabile a quella che descrivono i libri.

E’ meglio.

Mi bacia il collo per tranquillizzarmi.

E’ la mia prima volta, sento un leggero dolore, ma ho paura di sbagliare.

Si muove lentamente dentro di me, e io lascio sospiri sempre più pronunciati.

“Stai bene?” mi chiede, con quel suo fare premuroso che può solo appartenere a Michael.

Annuisco energeticamente mentre lo avvicino a me.

“Baciami” gli chiedo in un verso di implorazione, e lui non esita ad avvicinare le sue labbra alle mie, in un dolce bacio, mentre continua ad uscire ed entrare da me, con delicatezza ma con sempre più decisione.

Chiudo gli occhi, inspirando fortemente il dolce odore dalla sua pelle umida e gemendo al suo orecchio.

Gli bacio il collo, accarezzando con le mie mani i suoi capelli rossi, ho sempre pensato che fossero strani su di lui, sembrano tanto da ragazzo esuberante.

Ma sono bellissimi.

Tutto su Michael Clifford assume quella sfumatura davvero perfetta.

Tutto.

Porto le mani sulla sua schiena e la accarezzo delicatamente, lasciando lievi graffi, data l’agitazione dovuta alla piacevole sensazione che sento al basso ventre.

Spinge con più energia, ma mi riempie sempre delicatamente:quella delicatezza che è parte di lui, e che spero sia riservata solo al sottoscritto.

Stiamo facendo l’amore.

E non desidererei di farlo con nessun’altro al mondo.

Perchè credo che nessun'altro mi regalerebbe le stesse sensazioni che ora lui, in questo letto, mi sta regalando.

Con lui mi sento qualcuno.

Con lui mi sento come se fossi il padrone del mondo.

Tutte le mie paure vengono sconfitte da lui; lacerate dalle sue mani che, piano, per saggiare ogni momento, traversano il mio corpo, lasciando un marchio invisibe quasi di possessione: io sono di Michael.

Lui è padrone delle mie paure, le sottomette, e fa sì che non vengano a ferirmi ancora.

Perchè con lui non soffrirò.

Lo so...

Continuo a gemere, beandomi dei suoi dolci sussurri al mio orecchio.

Mi bacia quando raggiunge il limite; io lo seguo, sorridendo sulle sue labbra e perdendomi nei suoi occhi.

I suoi occhi pioggia.

Che assieme ai miei creano un mix perfetto, un colore indefinito ma incredibilmente bello per questo, perchè se te ne immergi dentro ad ogni dove potresti scoprire qualcosa di nuovo, qualcosa di inspettato.

Qualcosa di assolutamente perfetto.

Allontana il suo viso dal mio, contemplando il mio viso sudato e i miei occhi colmi di lui.

Sorride e mi scosta i capelli bagnati dalla fronte.

Si china di nuovo sulle mie labbra rosse  e gonfie, sussurrandomi ancora un “Ti amo” e lasciandomi un dolce bacio che, a mio avviso, dura sin troppo poco.

Mi adagia sotto le coperte, mi stringe forte a sé.

Creando un intreccio perfetto di carne umana.

Un abbraccio che sa di noi.

Della nostra essenza.

Semplicemente di noi.

Mi accoccolo al suo collo, inspirando il suo odore e sperando che si sia impregnato sulla mia pelle.

Sorrido a ciò che è successo.

Ho fatto l’amore con Michael.

E mi sento pieno...

 

“Luke” mi chiama.

Alzo lo sguardo verso di lui.

“Ti amo piccolo” mi dice ed io sorrido, chinandomi verso di lui e baciandolo.

“Ti amo” sussurro.

“Buon Natale” mi sussurra sulle mie labbra.

Gli lascio un bacio a stampo prima di sussurrare anche io un “Buon Natale” accoccolandomi al suo petto e addormentandomi tra le sue braccia.

Fine Flashback

Il Natale non è solo la festa che tutti i bambini aspettano con pazienza per l’arrivo del grosso omone vestito di rosso. Il Natale è di per sé un’aspettativa di vita.

Rappresenta tutto ciò che di bello e inaspettato può succedere nella vita.

Lo spiraglio di luce in una vita oscura.

Il Natale è di per sé gioia, gioia che si prova indipendentemente dalla vita che è in corso.

Anche se è solo sofferenza, a Natale gioisci, è un dato di fatto.

 

E’ il 25 dicembre del 2014

Pensavo che con l’arrivo della felicità avvenisse una specie di dissoluzione delle cose brutte.

Pensavo che quando sarei stato felice il dolore non sarebbe più venuto a disturbarmi.

E invece no, perché è proprio quando raggiungi il culmine della felicità il dolore ti si ripresenta, ancora più forte e tenace di prima, un killer perfetto che distrugge ogni cosa perfetta, e ti getta nuovamente in un pozzo di depressione e solitudine.

Ecco ciò che è successo a me.

E vorrei tanto che tutto ciò che l’anno scorso è accaduto fosse solo un lontano ricordo.

Ma no, non posso;  perché persistente e tormentante è il suo ricordo.

Avvolte rimpiango anche averlo incontrato.

Perché troppo belli erano i momenti passati con lui brutalmente spezzati.

Troppo perfetti erano i suoi abbracci dissolti nel nulla, quasi a non lasciare nessuna traccia del loro passaggio, o della sua esistenza.

Troppo doloroso era il ricordo dei suoi occhi, che lontani cercavano i miei.

Troppo lontano è il ricordo delle sue mani tra le mie, strette in intreccio perfetto ed indistruttibile, non così indistruttibile come speravo.

E il ricordo più doloroso, di esattamente 365 giorni fa.

Mentre, piano, di notte, ci giuravamo amore eterno.

Ci amavamo, unendoci quasi fossimo la metà mancante dell’altra, il pezzo del puzzle mancante a completare un quadro perfetto, una visione pura di ciò che di più bello può esistere a questo mondo cattivo.

E duro, strangolante, senza respiro è il pensiero di tutte le volte che ci siamo amati; ma non è pentimento, è soltanto la consapevolezza che quel tempo non tornerà indietro, e la paura che, d’ora in poi, sarà soltanto il dolore ad attanagliare la mia vita, e non i suoi caldi abbracci, le sue dolci parole, i suoi baci confortanti, ed i suoi occhi; che sono la stufa del mio cuore.

La voglia di piangere è molta, ma so che non è giusto, e che lui non vorrebbe.

Ma è dura, è fottutamente dura andare avanti senza di lui.

Ogni volta che penso a lui mi ritorna in mente solo e soltanto quel giorno, anche se mi sforzo di pensare solo e soltanto ai momenti belli con lui; no, quel ricordo è più forte, sarà perché fu il momento esatto dell’inizio della mia fine.

27 Luglio 2014

Io e lui, faccia a faccia.

I nostri occhi parlano, raccontano discorsi dolorosi.

Sento qualcosa accendersi nel mio petto, ho paura.

Leggo dai suoi occhi che qualcosa non va, ed aspetto che me lo dica, voglio che me lo dica, piuttosto che lasciarmi qui a soffrire con un cane, guardo i suoi occhi e non percepisco immediatamente tutto l’amore nei miei confronti, coperto da uno strato di dolore, preoccupazione e paura, paura per un domani senza di me, paura di una vita senza un “Noi”.

“Dimmelo Michael” dico, guardandolo negli occhi, mentre lo vedo allontanare il suo sguardo dal mio, e gicare con le mani, segno che è davvero molto nervoso.

“Devo partire per Budapest, c’è stato un problema con mio padre” sospira, mentre il suo sguardo ritorna su di me, e lo vedo, i suoi bellissimi pozzi stanno straboccando, e sul limite di piangere.

“Un grosso problema” continua, sospirando e trattenendo le lacrime a fatica.

“Mi dispiace” conclude.

Ed io mi sento morire.

E vorrei tanto farlo.

Perché dopo la morte non c’è dolore, almeno credo.

E potrei non avvertire più questo dolore che mi martella, frantuma, lacera il cuore sempre con maggiore crudeltà.

Scoppio a piangere,sentendo le lacrime bollenti che solcano il mio viso, bruciandolo.

Perché le cose belle devono per forza finire?

Perché questo maledetto dolore deve per forza vincere su tutto?

“Siamo più forti Luke, noi siamo più forti” mi sussurra, e lo so.

Perché con Michael mi sento invincibile.

Ma senza di lui mi sento niente.

Mi sento bianco, maledetto e monotono bianco.

“Ti amo Luke, lo farò per sempre, ti prometto che non amerò mai nessun’altro eccetto te, te lo prometto”.

“Ti amo” gli sussurro sulle labbra sperando non sia l’ultima volta che glielo dico.

 

Stringo tra le mani la sua lettera, cercando a stento di trattenere le lacrime; no, non ce la faccio.

Mi sento troppo debole.

Senza Michael non sono niente.

Ho bisogno di lui come una pianta ha bisogno delle sue radici.

Ho bisogno di lui come i pesci hanno bisogno dell’acqua.

Ho bisogno di lui come gli esseri umani hanno bisogno di ossigeno.

Anzi il mio bisogno di lui supera il bisogno di ossigeno, perché senza di lui mi sento asmatico, claustrofobico; mi sento come se potessi cadere da un momento all’altro; essere risucchiato in uno spiraglio buio fatto solo di male, cadere in una depressione senza fine.

Lui era la mia cura, era il mio bene.

Lui era il mio scudo.

Ed ora mi sento come al centro di un campo di battaglia, sento frecce lacerarmi ogni parte del mio corpo.

E sono indifeso, non ho scudi e neanche la forza di difendermi con le mie stesse mani.

Mi sento maledettamente vuoto senza di lui.

Continuo ad accarezzare quel pezzo di carta tra le mie mani, non avendo il coraggio di aprirlo.

Asciugo le mie lacrime con il bordo della mia maglia.

Tiro su col naso e faccio un respiro profondo.

Ho paura, ma ho bisogno di leggerla.

Di avere un minimo di contatto con lui.

Di sapere che lui c’è ancora.

Prendo  la lettera e la apro, riconoscendo la sua scrittura.

Sorrido.

Perché mi sento di nuovo circondato dalla sua essenza, mi sento come se lui fosse accanto a me.

E quanto in realtà ho bisogno che ci sia.

Mittente: Michael Gordon Clifford

Destinatario: Lucas Robert Hemmings

Caro Luke,

se per caso hai scordato chi sono te lo ricordo, sono Michael Clifford, il ragazzo dagli strambi capelli rossi a cui hai salvato la vita.

Che cosa idiota che ho detto, non puoi esserti dimenticato di me, perché il tuo amore lo sento fin qui a Budapest.

Ma non sapevo come inserire il concetto del “Sono il ragazzo a cui hai salvato la vita” e, come sai, non so mai come iniziare qualcosa, neanche la cosa più banale o scontata.

Forse perché cerco sempre di trovare un inizio ad effetto, qualcosa che ti faccia venir davvero voglia di continuare a leggere.

Un po’ come lavorano le recensioni per i libri, usano parole ad affetto per accattivarsi l’attenzione di un pubblico di vasta scala.

Dio, non voglio perdere il filo del discorso, perché mi perdo in questi concetti idioti? Scusa.

Quanti “scusa” ho da scriverti in questa lettera.

Voglio iniziare con questo.

“Buon Natale amore mio”.

E’ Natale, la tua festa preferita, e spero di non avertela rovinata.

Ti amo così tanto Luke, sei la cosa più bella che mi sia capitata.

Avrei voluto avere più tempo per dirti tante cose.

Tipo che adoro riempire il tuo viso quieto di baci la mattina, quando dormi ancora, e confessarti che lo facevo tutte le mattine, mi svegliavo presto apposta.

Adoro quando ti accoccolavi al mio petto e mi stringevi forte.

Eri così piccolo, così fragile; ed io avevo paura che tu ti spezzassi, e sarei stato disposto a dare la mia vita piuttosto che vederti soffrire.

Sarei disposto a farlo tutt’ora.

Adoro i tuoi occhi, perché ne ho sempre letto tutte le cose che avevi paura di dire; ma soprattutto ne vedevo il tuo amore nei miei confronti, e vedevo che era qualcosa di talmente immortale che nessuno, nessuno sarebbe stato capace di dissolverlo.

Ho costantemente voglia di dirti che sei perfetto, troppo perfetto.

Che dovresti smetterla di non considerarti tale, perché tu sei troppo in questo mondo di imperfezioni.

Non sei tu che non meriti me, sono io che non merito te.

E ho costantemente paura di deluderti, forse l’ho già fatto.

Ho sempre pensato che tutto accadesse così, per caso, senza una ragione stabilita, credevo che la “divina” provvidenza, quella tanto elevata, lodata e raccontata da Manzoni, fosse come un’ancora di polistirolo, assolutamente inutile, perché galleggia, non impedisce alla nave di compiere movimento, non vi assicura stabilità.

Credevo che il destino fosse solo una banale cavolata tirata fuori dai letterati e poeti nei periodi del “il blocco dello scrittore”, che fosse talmente infantile pensare che esista qualche enorme librone, tipo quei mattoni, che anche il nerd più sfigato si rifiuterebbe di leggere, dove vi ci sia scritto ciò che ci succederà, domani a tra vent’anni, chissà dove sta poi sto libro, in qualche mega monastero dorato, tipo castello del principe azzurro, nascosto dalle nuvolette più candide e protetto da angioletti alati, con forti riccioli biondi e occhi azzurri, simili ai quei prototipi di bambini usati per la pubblicità dei pampers.

Oh andiamo, come diamine è possibile che ci sia scritto tutto ciò che farò nella mia vita? Chi diamine può sapere cosa mangerò stasera o indosserò domani?

Eppure, anche se in parte, mi sono ricreduto, perché si, tutto accade per una ragione stabilita, ma senza presentar tisi davanti come ancora di salvezza, senza prostrarsi davanti a te e dire “ehi, io sarò la ragione della tua esistenza, e sarò quella che te la renderà sopportabile”.

Mi ricordo ancora del nostro primo incontro, ti ho visto, ed ho capito che il destino aveva in serbo per me tante cose belle, ed erano tutte accanto a te.

Oggi è un anno che ci siamo giurati amore, spero tu te lo ricordi.

Ti dico una cosa, non ho mai dimenticato il tuo sorriso, è metaforicamente stampato nella mia mente, è la prima immagine che vedo la mattina e l’ultima prima di dormire.

E’ il tuo ricordo che davvero mi da la forza di andare avanti.

Che mi ha dato la forza di resistere senza di te quest’anno.

Ti stringerò di nuovo tra le mie braccia, lo farò….

Avrei voglia di sussurrarti così tante cose all'orecchio, come facevo quei lontani pomeriggi di novembre passati sul mio vecchio divano di casa, abbracciati, con una coperta a coprire i nostri corpi nudi e sudati, ed io che cantavo la tua perfezione, quasi come una litania, e ti stringevo forte a me, in un impeto di paura che tu potessi sfuggirmi, e sentivo il tuo cuore battere forte, tanto tanto forte.

“Mi hai salvato la vita”, mi dicesti, ed io ti avrei giurato che ti avrei protetto per sempre.

Luke Hemmings, io mantengo le promesse.

Sarò il tuo raggio di sole in una giornata d pioggia.

Sarò la tua rosa appena sbocciata in un prato appassito.

Sarò la ragione del tuo sorriso, perché è ragione del mio.

Tornerò Luke.

Ma non è una promessa.

E’ realtà.

Tra tre mesi tornerò.

Qui a Budapest la vita è bella.

Ma io non riesco a goderla senza di te accanto.

Ero venuto qui solo per mio padre.

Ed ora che lui non c’è più non c’è nient’altro che mi lega a questa terra.

E troppo forte è il desiderio di ricongiungermi a te.

E di essere di nuovo una cosa sola.

Di essere finalmente di nuovo il “noi”.

Ti amo Luke.

Ti amo tanto.

“Siamo più forti”, questo è quello che ti ho detto prima di partire.

“Non amerò nessun’altro eccetto te”.

Ho mantenuto la mia promessa.

Spero tu mi voglia ancora.

Perché io ti desidero ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo della mia vita.

Sto ancora aspettando un tuo messaggio.

Ti prego dimmi che hai ancora bisogno di me.

Perché il mio bisogno di te supera il bisogno di respirare.

Sei l’unica cosa bella di questo mondo di merda.

E mi sento fottutamente indegno e fortunato di poterti amare.

Scusa Luke, per ogni lacrima che ti ho fatto versare.

Scusa per ogni istante in cui avevi bisogno delle mie braccia.

Scusami se hai pensato che non io non ti volessi più, perché non è affatto vero.

Sei tutto ciò di cui ho bisogno.

La tua voce, le tue labbra, i tuoi occhi, il tuo viso, la tua essenza.

Amo tutto di te, sei semplicemente perfetto.

Perfetto nella tua semplicità, unico nella tua essenza.

Non ho mai creduto nella felicità, perché credevo di non meritarla.

In questo siamo uguali giusto?

E forse è per questo che ci siamo incontrati, per completare qualcosa che tutti credevano fottutamente sbagliato e invidiano perché è fottutamente perfetto.

 La felicità non è avere quello che si desidera, ma desiderare quello che si ha.

Ed io ti desidero tanto Luke.

Questa parte della mia vita, questa piccola parte della mia vita si può chiamare felicità!

Sei tu la mia felicità.

La felicità è il solo pensare a te e tutto ciò che ricorda te.

La felicità siamo noi, semplicemente noi.

Ed insieme, torneremo ad essere felici.

Questa volta per sempre.

Sempre.

 

PS. Spero di ricevere un tuo messaggio, lo sto aspettando da tanto, e sarà la prova che mi ami ancora, e che mi aspetterai, perché sto arrivando e niente potrà più dividerci.

Ti amo.

-Tuo Michael.

 

 

E’ vero, la vita è un susseguirsi di momenti, c’è chi ha più momenti felici e c’è chi no.

Ma, se hai accanto la persona giusta, allora i momenti dolorosi riesci a superarli.

Anzi, essi addirittura diventano i momenti migliori della tua misera esistenza.

 

 

25/12/2014

 

Consegnato alle 14.47

Ti amo..

-Luke

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Salve, volevo precisare che è la prima volta che pubblico qui, spero davvero che questa OS vi piaccia, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate.
Ringrazio tutte coloro che la leggeranno.
Ci vediamo, alla prossima.

   
 
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