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Autore: Laire    25/03/2015    1 recensioni
La storia è quel mezzo per il quale noi conosciamo i nostri errori, in modo da non ripeterli. Ed è utile, per quanto però sia anche crudele: su molti punti è in realtà più distorta di quanto non si dia a vedere, questo perchè a molti fa comodo occultare alcuni avvenimenti, e magari sostituirli con altri.
C'è una cosa, però, che esce completamente dallo scorrere del tempo, un qualcosa che sovrasta sia le menzogne, sia la verità. Essere un eroe. Un eroe combatte per qualcosa che sta sopra la normale immaginazione umana, e spesso alcuni sono persino dimenticati. Ma la loro determinazione è tale che vivono anche dopo la morte, in attesa della loro prossima battaglia, agonizzanti e addolorati fino all'inizio di una nuova guerra. Perchè chi ha motivo per continuare a combattere, allora vivrà. E resterà determinato. Chissà se il Sacro Graal concederà lui di combattere una nuova battaglia, e così avverare il suo più grande desiderio.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'uomo non è altro che una bestia la cui ambizione è più grande di tutte le altre. Un animale che non è nato per combattere, eppure lo deve fare per non sentirsi inferiore ed affermare la propria supremazia. Per qualcosa, per uno scopo ben preciso, che lo porta sempre a tenere alto il suo onore e il giudizio degli altri. Ma chi sono io per dire tutto ciò? Se hai davvero tempo, siediti, visto che sono impossibilitato dal muovermi, come ben vedi. Sono colui che non ha mai voluto essere il codardo nell'ultima fila della schiera, ma bensì che ha deciso di essere il generale che, munito della sua arma, combatte per primo, e fa da esempio per le nuove leve. Sono un modello per tutti coloro per i quali ho combattuto... eppure lo sono solo ora, che ho perso la vita. E' vero che un qualcosa assume valore unicamente con la sua morte o la sua mancanza. Perchè non c'è mai stato davvero nessuno che mi sostenesse. Un generale che non ha mai avuto sostegno da ciò che proteggeva, e la cui storia è stata coperta unicamente di fango e fama. Noi spartani siamo sempre stati rivali, la nostra politica era guidata dalla nostra tenacia e la nostra forza dal nostro ego. Nella nostra struttura politica, non c'è mai stato spazio per deboli e lamentosi, bensì governava chi con forza aveva dimostrato di sapersi imporre, e col sangue di poter scrivere le leggi. Ah... sia dannato Erodoto, e con lui tutta la sua stirpe! Che odio verso gli scrittori, vivono più a lungo dei guerrieri e con la loro parola hanno un'arma più efficace della punta della mia lancia. E intanto, sanno battersi persino per la patria, ma non con le armi, con le parole. Retorica, che mezzo sbagliato, o perlomeno, che utilizzo sbagliato: ha troppo potere, e per l'ambizione di tutti gli uomini capita spesso che i fatti o si ingrandiscano, o vengano dimenticati... oppure ancora modificati, in favore di qualcosa. Si capisce che è il mio caso, giusto? Perchè se probabilmente avrai capito chi sono, sicuro è che tu ti stia chiedendo perchè sto parlando in questo modo. Guardami: il mio corpo gronda di ferite che non riescono a rimaginarsi, e che regalano dolore secondo dopo secondo, incessantemente. Ma queste sono eterne, ergo non rischio nè il dissanguamento, nè qualche infezione. Il mio nome echeggia nella storia del tuo mondo, falso, simile all'agonia di questa spada conficcata sotto la costola, o di quest'altra vicino allo stinco, e c'è anche questo gladio, che mi attraversa tutta la scapola, recandomi un male alla quale mi ci sono ormai dovuto abituare, nonostante la mia voce roca. E guarda sotto di me, e di te, ti sei chiesto dove sei seduto? Non stai per terra, sia chiaro, guarda più a fondo. Non è sabbia, nè erba. Stai sopra le ossa dei nemici che dovetti affrontare, sopra coloro che sono morti per mano mia e soltanto mia. Quei granelli che paiono tanto sabbia sono invece scheletri che vagano, e sul quale stare mi reca un dolore lancinante che parte dal mio stomaco fino alla gola. Ma è questo, il punto che più insulta il mio onore. Io ero da solo, combattendo quella guerra. Chi è stato così arrogante da riportare il mio nome al fianco degli Spartani, o degli Iloti, o dei Tebani? Io ero solo. Il mio mantello è rosso come il sangue, del mio solo sangue. La mia corazza luccica soltanto dell'alba di quella battaglia, della battaglia che io intrapresi da solo, a testimoniare ancora una volta la mia superiore attitudine al comando, tra tutti, anche ad Achille lo tenevo pari. Senti la mia voce? Senti la mia fierezza, il mio orgoglio, l'audacia con la quale feci la scelta di morire? Ahi la codardia, brutta bestia. Ahi la falsità, bestia ancor più pericolosa. Nel momento del bisogno, quando solo io mi proposi per andare in guerra e combattere i Persiani per portar onore al nome di Sparta, allora successe che tutti mi volsero le spalle. Era una scelta insensata? Si! Si che lo era! Ma un vero guerriero sceglie di morire, pur di non retrocedere! Una via la si percorre andando diritto, non tornando indietro con la coda tra le gambe! E fu così, alle Termopili, che io, armato della mia lancia, del mio gladio e del mio scudo, uccisi con le mie stesse mani i due fratelli di Serse, e sbaragliai in ciò che da sempre so fare meglio persino gli Immortali, i tanto amati soldati di Persia. Ma ciò non bastò, un guerriero non può niente contro un esercito. Dovevo essere io il semi-dio, per sbaragliarlo tutto con il mio furore. E di ciò, dimmi, quanto e cosa sapevi? Dei trecento spartani? No. Della mia gloria? No. Perchè palese innanzi alla verità che la mia gloria la ebbi quando cadetti in battaglia. Unicamente privo di sensi, allora la mia forza fu riconosciuta, allora il mio aspetto fu amato. E ti sembra un mondo giusto, questo? Non lo era, e non lo è, anzi sta degenerando. Ancora, tu, insignificante formica in un formicaio, vuoi chiedermi che diritto ho di parlare con così tanta sicurezza? Bada a te, straniero, che la morte non ti prenda prima del tempo. Io sono figlio di Anassandrida II, nemico persiano, un tempo colui che affrontò la guerra delle Termopili come unico e reale guerriero spartano, ora Lancer, il solo a poter impugnare la lancia dalle trecento lance. Unico e veramente adatto al governo competitivo, esempio di mille e più soldati, rappresentazione di gloria, virtù e fama. Io sono il Figlio del Leone, il mio nome risuona impetuoso nei venti. Io sono Leonida... unico, reale, solo spartano.
 

Leonida - Lancer
   
 
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