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Autore: Shainareth    26/03/2015    3 recensioni
*** Attenzione! Spoiler per chi non ha giocato l'episodio 21! ***
«Ma è bello», ripeté Laeti, forse ritenendo che fossi diventata di colpo sorda. «Se non fossi già innamorata di un altro, al tuo posto ci avrei fatto più di un pensierino», borbottò distrattamente, passando alla foto successiva.
Storia direttamente collegata alla mia precedente shot dal titolo Fotografia.
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Dolcetta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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SFACCIATAGGINE




«Oh, eccolo qui, quello con gli occhi belli!»
   In quel momento pensai che, a furia di squittire, Laeti sarebbe stata presto cacciata fuori dal bar in cui ci eravamo incontrate. O meglio, in cui ci eravamo date appuntamento. Ero appena tornata a casa da scuola quando, inaspettatamente, la mia ex compagna di classe mi aveva chiamata e mi aveva detto che doveva parlarmi di una cosa importante e che mi avrebbe aspettata lì, in quel piccolo caffè del centro. Già che c’ero, aveva aggiunto, avrei potuto portarle le fotografie della recita che si era persa quando, dopo il diverbio con Kentin, io e lui l’avevamo neanche troppo velatamente cacciata via dal liceo. E, nonostante tutto, quel pomeriggio ci eravamo ritrovate lì, sedute a quel tavolino a sorseggiare un tè caldo e a sgranocchiare biscotti, parlando come sempre di frivolezze.
   «Com’è che si chiama?»
   Buttai uno sguardo alla foto che stava guardando. «Armin», risposi quasi controvoglia.
   «Il costume da orso non gli rende troppa giustizia», osservò Laeti, stringendo le labbra in una smorfia quasi indispettita. «Sta meglio senza.»
   «Voglio ben sperarlo», mi permisi di commentare, ridacchiando.
   Lei alzò gli occhi azzurri sui miei e sorrise sorniona. Conoscevo quell’espressione e non mi piaceva. Era il preludio di una delle sue tante, solite domande indiscrete. «E non ci hai mai fatto un pensierino su?»
   Inarcai le sopracciglia. «Su Pedobear?» risi, senza poterne fare a meno. Laeti mi fissò confusa ed io agitai una mano a mezz’aria, come a voler scacciare via la questione. «No, non ho mai visto Armin se non per quello che è.»
   «Un bel ragazzo?»
   «Un compagno di classe», puntualizzai, cercando di non lasciar trasparire la stizza.
   «Ma è bello», ripeté Laeti, forse ritenendo che fossi diventata di colpo sorda. «Se non fossi già innamorata di un altro, al tuo posto ci avrei fatto più di un pensierino», borbottò distrattamente, passando alla foto successiva.
   Quelle parole mi indussero a corrucciare vistosamente la fronte: Laeti era innamorata? Sul serio?
   Normalmente mi sarei impicciata soltanto dei fatti miei, ma quella novità era troppo sconcertante per non indagare. Schiusi le labbra per porre la prima domanda al riguardo, ma lei mi precedette con l’ennesimo trillo eccitato.
   «Oh, mi ricordo anche di lui!» Mi mostrò la foto che aveva preso in esame e davanti al muso imbronciato di Castiel repressi a malapena un grugnito: perché diamine avevo conservato quella foto? «Un gran fico!»
  Soffocai la mia contrarietà al riguardo con un sorso di tè. Non che ritenessi Castiel brutto o poco avvenente, solo che non riuscivo a vedere in lui quel fascino che pareva attirare molte altre ragazze. Doveva essere tutta questione di feeling, immagino.
   «Per te, però, uno così sarebbe troppo
   Tornai ad aggrottare la fronte, non sapendo se offendermi o meno. «In che senso?»
   Laeti fece spallucce. «Non so, è che mi dà l’impressione di essere un po’ aggressivo per te.»
   «Ah, beh», sospirai, rilassandomi contro lo schienale della sedia. «Ti assicuro che è lontano anni luce dalla mia concezione di ragazzo ideale.»
   «Per te vedrei bene uno come Nathaniel», buttò lì lei, inducendomi ad un lieve sbuffo. Stavo per spiegarle ciò che spiegavo sistematicamente a tutti, e cioè che non ero interessata a lui, quando Laeti passò alla foto successiva e sgranò gli occhi. Agguantò l’immagine con entrambe le mani e l’osservò meticolosamente, con uno sguardo molto più attento rispetto a quello che aveva avuto fino a quel momento. Stringeva di nuovo le labbra, questa volta non con disappunto, quanto con un’espressione che mi riusciva difficile da interpretare.
   Infine, alzò gli occhi su di me e, dopo qualche istante, domandò: «Da quant’è che state insieme?»
   «Chi?» mi venne spontaneo ribattere, presa del tutto in contropiede.
   Laeti mi piazzò la foto sotto al naso e finalmente compresi: era quella che raffigurava me e Kentin durante la scena clou della recita, quando lui aveva fatto irruzione sul palco per salvarmi dalle grinfie del lupo cattivo.
   «Non stiamo insieme», balbettai, a disagio. Sperai di non essere arrossita, soprattutto perché Laeti mi rivolse uno sguardo scettico.
   «Senti, ci ho riflettuto a lungo, su tutta questa storia», esordì di colpo, raccogliendo le altre foto e battendone i bordi contro il ripiano del tavolo per allinearle fra loro. Le mise da parte e lasciò soltanto quella di me e Kentin fra noi due. «Hai ragione a dire che esteriormente è cambiato molto, ma… sii sincera: vedi molta differenza fra il piccolo Ken e questo tipo qui?» Domandandolo, batté la punta di una delle unghie ben curate accanto alla foto.
   In tutta sincerità? No. Forse Kentin ne sarebbe rimasto deluso, ma in cuor mio mi ero resa conto che di fondo era rimasto più o meno lo stesso, anche dopo il periodo da lui passato alla scuola militare. Tutto ciò che aveva fatto, in quei mesi, era stato lavorare sulla propria indole, cercando di vincere la maggior parte delle proprie insicurezze. Mi ero perciò convinta che, nonostante tutti i suoi notevoli sforzi, Kentin era diventato semplicemente ciò che avrebbe dovuto essere sin dall’inizio. Il piccolo Ken, come si ostinava a chiamarlo Laeti, non era stato altro che il bozzolo da cui poi era venuta fuori la sua vera essenza.
   «Certo, non si può dire che non si sia fatto più carino», stava continuando la mia ex compagna di classe, «e, per quel poco che ho potuto capire, s’è fatto pure più sfacciato, visto il modo in cui mi ha trattata l’ultima volta.»
   «Non è che tu sia stata più gentile di lui, sai?» Anzi, Kentin era stato fin troppo tollerante nei suoi riguardi.
   Laeti mi ignorò bellamente. «Anche se, a conti fatti, nonostante la sua timidezza, è sempre stato parecchio sfacciato, con te.» Su questo non potevo ribattere. «È stato anche questo ad indurmi a pensare al periodo in cui andavamo a scuola tutti insieme.»
   «Cioè?» Perché s’era messa di nuovo a rivangare il passato? Soprattutto, perché non arrivava al dunque, ovvero alla ragione per la quale mi aveva fatta venire fin lì?
   «Per un sacco di tempo mi sono chiesta e richiesta per quale motivo ti ostinassi a tollerare la sua fastidiosa presenza accanto a te.»
   «Laeti, stai diventando sgradevole», non mi trattenni dal dirle, sentendo crescere la collera.
   «Lasciami finire di parlare», replicò prontamente lei, con una sicurezza ed una serietà che mi indussero al silenzio. «Quello che voglio dire», riprese allora, «è che non è da tutti sopportare di avere a che fare con una persona che non fa altro che ronzarti attorno, raccontando a destra e a manca, persino a perfetti sconosciuti, di essere innamorato di te.»
   Avvertii una strana, inaspettata sensazione nascermi all’altezza del petto e, di colpo, mi tornò alla mente di quando, subito dopo il nostro arrivo al nuovo liceo, con invidiabile nonchalance Kentin aveva lasciato credere ad Ambra e alle sue amiche che io e lui uscissimo insieme. Quando avevo indagato al riguardo, chiedendogli cosa andasse farneticando in giro, mi aveva risposto con un sorriso innocente: «Ho solo detto che sei l'amore della mia vita!»
   Quella frase, esclamata così a cuor leggero, aveva avuto il potere di immobilizzarmi sul posto, facendomi sussultare per un sentimento non meglio definito e, soprattutto, per l’imbarazzo. Imbarazzo che a lui, almeno all’epoca, pareva del tutto sconosciuto.
   «Per questo», proseguiva frattanto Laeti, «mi sono chiesta e richiesta perché tu lo facessi.»
   «Per… amicizia?» tartagliai, non sapendo esattamente cosa rispondere.
   «Se fossi stata sua amica», mi contraddisse lei, «avresti dovuto dirgli chiaro e tondo che non eri interessata e che avrebbe fatto meglio a non farsi illusioni.» Inalberai un’espressione scandalizzata che la indusse a levare gli occhi al cielo. «Con la tua solita delicatezza, ovviamente», borbottò allora, gesticolando come per farmi capire che ero davvero senza speranza solo perché non ero capace di rispondere in modo deciso alle persone. Il che non era propriamente vero: Laeti non mi aveva ancora vista all’opera con Ambra e Castiel. «E comunque», riprese, «alla fine sono giunta a due soluzioni diverse.»
   «Parla», le intimai, ormai stufa di tutto quel girarci intorno.
   Fece svettare l’indice della mano destra verso l’alto. «La prima», cominciò a dire, «è che tu provassi una sorta di intimo compiacimento nel sentirti adulata in quel modo.» La guardai inorridita e lei si lasciò scappare una risatina divertita. «Appunto», commentò, come se io avessi parlato. «Ho scartato subito quest’ipotesi perché, conoscendoti, sarebbe stato come accusarmi di essere frigida.»
   «Che razza di paragoni fai?!» proruppi, dimenticandomi di controllare il volume della voce – al punto che un signore, seduto ad un tavolino non distante dal nostro, si voltò a guardami.
   «La seconda», continuò Laeti, facendo svettare anche il dito medio verso l’alto e fissandomi dritta negli occhi, «è che, inconsciamente, a te Ken piacesse.»
   Non ho idea di che tipo di espressione le regalai in quel momento, ma rimasi così di sasso che mi si congelò la lingua.
   Laeti fece spallucce. «Altrimenti perché continuare a lasciarlo parlare indisturbato? Senza mai fargli capire che avrebbe potuto moderare quei suoi modi fin troppo spudorati?»
   «Tu…» presi a balbettare, cercando di riprendere padronanza di me stessa. La verità era che quelle parole, affermate con tanta sicurezza, mi avevano colpita molto più di quanto mi rendessi conto. Che avesse ragione lei? Era questo il motivo per cui, da sempre, Kentin aveva avuto l’inconsapevole potere di fare il bello e il cattivo tempo sul mio povero cuore?
   «Tu sei l’ultima persona a poter accusare gli altri di essere spudorati!»
   Anziché risentita, la sua risata risuonò allegra. «Non è mica colpa mia se mi piacciono i ragazzi!» si giustificò con aria sbarazzina.
   «Perché, a me invece no?»
   «No», mi contraddisse inaspettatamente. «A te piace lui e basta.»
   M’irrigidii tutta e tornai ad avere una paresi alla lingua. Quindi, quando parlava di essere già innamorata di qualcuno, si riferiva a me?
   «Non fare quella faccia», mi rimbrottò gentilmente. «Non è mica un dramma», mi rassicurò. A modo suo, però, perché poi oscillò la testa da una parte all’altra e aggiunse quasi sottovoce: «Anche se io avrei scelto qualcun altro. Come il bel tipo dai capelli rossi, per esempio.»
   «Meglio un dito in un occhio», mi venne spontaneo ribattere, facendola ridere ancora.
   Mi guardò con quella che mi parve essere tenerezza. «A guardarvi in questa foto, però», riprese dopo un attimo, tornando a prenderla fra le dita e a osservarla più da vicino, «fate davvero una bella coppia.»
   Abbassai lo sguardo sulla mia tazza, colma per metà di tè ormai freddo. Non sapevo più come dovermi sentire. Sconvolta? Imbarazzata? Rassegnata? Soprattutto, non potevo fare a meno di domandarmi da quando Laeti era diventata così perspicace e riflessiva.
   «Dovresti dirglielo.»
   Non era così facile come lei credeva. Era sempre stata molto più estroversa di me, soprattutto con l’altro sesso. Avevo ormai pattuito con me stessa che non mi sarei fatta più troppi scrupoli riguardo al timore di perdere l’amicizia di Kentin, confessandogli i miei sentimenti per lui; tuttavia, ogni volta che mi decidevo a vuotare il sacco, finivo sempre per essere interrotta in qualche modo o, peggio ancora, non riuscivo a parlare. Era come un blocco che mi impediva di trovare i vocaboli adatti.
   «Oppure, se non riesci, dovresti inchiodarlo al muro e mettergli la lingu…»
   «Laeti!» strillai, battendo un pugno sul tavolo e attirando l’attenzione di buona parte delle persone presenti nel caffè. La vergogna era tale che avvertivo nitidamente il viso in fiamme.
   Lei sbuffò con aria annoiata. «Sei troppo timida.»
   «Oh, piantala!» sibilai, cercando di contenere il tono della voce. «Piuttosto, dimmi qual è la questione importante di cui dovevi parlarmi.»
   La vidi battere le mani con entusiasmo. «Giusto!» esclamò, un enorme sorriso sul viso. Tornò a rovistare fra le foto e prese quella di Armin. «Non è che mi daresti il suo numero di telefono?»
   Avrei davvero dovuto meravigliarmi per quella domanda?
   «Così magari facciamo un’uscita a quattro!»
   Sconsolata, tuffai il viso fra le mani con l’improvvisa voglia di mettermi a piangere.












E alla fine ho scritto anche di Laeti. Non credevo l'avrei fatto, perciò spero di non averne snaturato la personalità. @_@ Confesso, comunque, di essermi divertita, con lei. È una specie di mina vagante.
Se devo essere onesta, le riflessioni che ha esposto alla Dolcetta, sono le stesse che sono venute in testa a me quando, giocando ai primi episodi di Dolce Flirt, mi sono resa conto di non riuscire a trattare male in alcun modo Ken. Mi faceva troppa tenerezza e, a conti fatti, lo preferivo a Castiel e Nathaniel. :'D
Comunque sia, mi sono meravigliata anche del fatto che, durante l'episodio 20, Laeti e Armin flirtassero amorevolmente sotto agli occhi della mia Dolcetta. Mi chiedo se farebbero davvero una bella coppia, anche se credo che forse l'unico che riuscirebbe a reggere una come Laeti sia Dake: sono entrambi assatanati, chissà che, insieme, non si diano una calmata.
E con questa perla di saggezza mi dileguo! Ringrazio ovviamente tutti i lettori, i recensori e coloro che aggiungono le mie stupishot fra le ff preferite/da ricordare/seguite!
Buona serata a tutti! :*
Shainareth





  
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