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Autore: stateofmind    28/03/2015    3 recensioni
Tratto dal testo:«So di essere un fallito. So che la mia vita è uno schifo, come lo sono io. So di essere un pezzo di merda, ma cazzo, Freddie, ti voglio bene, sei come un fratello per me e perderti sarebbe la bastardata più grande che la vita potrebbe farmi. Non voglio che tu vada via, non voglio che mi abbandoni. Senza te non posso andare avanti». 
 
//Freddie|Cook, 1.471 parole//
Genere: Generale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Freddie Mclair, James Cook
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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James era un bambino dai capelli castani e gli occhi blu. Non aveva colpe, aveva solamente sette anni e più che giocare con le macchinine o con i suoi amici Freddie e JJ non poteva fare. Eppure sua madre aveva sempre qualcosa da dirgli, qualcosa da fargli pesare sulla coscienza. Qualcosa di cui nemmeno conosceva la causa, o la storia. Lui fuggiva, andava da Freddie e dimenticava, giocando con lui e dicendogli per l'ennesima volta «mi ha detto che sono stato io». Freddie lo guardava, poi si alzava e con i suoi occhi scuri gli cingeva le spalle. Erano maschi, ma avevano bisogno di affetto, un po' come tutti i bambini.
James crebbe, divenne un ometto di diciassette anni, e ciò che sapeva fare era fumare, bere, ballare e fare sesso. Purtroppo la vita non gli aveva insegnato nulla di più, e lui non aveva voglia di imparare proprio niente.

«Freddie. Freeeeeeddie!» 
La voce strascicata di James Cook faceva da sottofondo a Freddie, il quale era seduto su uno sgabello, in un bar strapieno di ragazze mezze nude e ragazzi troppo su di giri.
«Ehy, McClair! Rispondimi, cazzo! Ti sto chiamando» urlò di nuovo Cook, poggiandosi a peso morto sulla spalla sinistra di Freddie, il quale era sul punto di cadere a terra.
«Cook smettila! Sei ubriaco fradicio! A casa non ti ci riporto oggi, ti arrangi da solo!» gli rispose Freddie, palesemente offeso e leggermente arrabbiato. Erano anni ormai che Cook, invece di stare con lui, lo lasciava solo al bancone a bere, mentre andava chissà dove a cercare di andare al letto con qualche ragazza.
«Si, certo Freddie...poi mi ci riporti sempre! Perché mi vuoi bene» disse Cook, strofinando il naso e poi l'occhio destro sulla maglietta dell'amico «e io voglio tanto bene a te. Lo sai. A te e JJ»
«Lo dici sempre, e non lo dimostri mai» Freddi sospirò, poi si alzò dal lato di Cook e lo prese per la vita, facendogli poggiare il braccio sulle sue spalle «non riuscirai mai a pagarmela, James»
«Vedi che mi vuoi bene?» chiese Cook, utilizzando un tono così alto che sembrava quasi un'esclamazione «I tre moschettieri, wohooo!»
«Siamo due, Cook. Manca JJ»
«JJ? Dove sei? Mi manchi JJ!» 
Freddie scosse la testa, poi portò l'amico fuori dalla discoteca e finalmente poté dire di star respirando aria pulita e fresca. Nel frattempo Cook, ubriaco fradicio, si trascinava con l'aiuto di Freddie sull'asfalto leggermente bagnato e ruvido, cercando di trattenere il conato di vomito che gli tormentava da qualche minuto la gola. 
«Fred...die» disse, coprendo la bocca con la mano libera. Freddie, avendo già intuito cosa stava per accadere, bofonchiò un "che cazzo, Cook", per poi trascinare l'amico con tutta la sua forza vicino a dei cassonetti che si trovavano all'angolo della strada. Cook non esitò nemmeno per un istante ed iniziò a gettare fuori tutto ciò che aveva bevuto. Nel frattempo Freddie si allontanò di qualche metro, non riuscendo ad assistere a quell'orribile scena che si ripeteva ormai da anni e anni. Era così arrabbiato con lui, non riusciva a capire il perché non si sforzasse nemmeno di accettare la vita così com'era e di provare a tirare avanti, invece di sprofondare sempre nella solita e schifosa vita da tossicodipendente. Lui ci provava a farlo ragionare, ci provava a farlo distrarre, ma non riusciva mai ad ottenere quell'obbiettivo che si era prefissato, ossia far rivivere il vero Cook, e non quella maschera umana che si era ormai andata a formare. Intanto James, dopo essersi svuotato, gli si avvicinò, riuscendo a camminare leggermente meglio di prima.
«Io...Freddie...» disse, quasi come se si fosse già ripreso. Freddie, con le mani in tasca, lo guardò, illuminato dalla poca luce del lampione mezzo spento.
«Tu, tu Cook, tu. Stai sempre in giro a fare cazzate, fai lo stronzo, bevi, fumi, ti fai di chissà cosa. È questa la vita, James? Quante cazzo di volte ho cercato di renderti un uomo forte, invano? Non che io sia forte, per carità, ma sono sicuramente più coerente e più intelligente di te. Ora cammina, andiamo a casa». Cook sospirò, poi lo guardò con occhi spenti e rossi dal fumo ed annuì. I due iniziarono a camminare, come se non avessero meta, per le strade di Bristol, senza nemmeno scambiarsi una parola, finché non arrivarono sotto un palazzo non tanto alto, che sembrava però leggermente abbandonato. Era lì che viveva Cook, in uno di quegli appartamentini da cinquanta metri quadri, ovviamente non pagato e con una sola finestra per far passare un po' d'aria. 
«Ci si vede Cook» salutò così Freddie il suo amico, per poi girarsi ed incamminarsi verso casa sua. Cook avrebbe voluto davvero dire qualcosa, ma l'alcool, il fumo e l'orgoglio non tirarono fuori nulla, così correndo entrò nel palazzo, per poi raggiungere la porta del suo appartamento. In fretta e furia cercò le chiavi nelle tasche dei suoi jeans, ma non le trovò. Così, piangendo, si lasciò scivolare con la schiena sulla porta dell'appartamento, chiedendosi perché fosse nato.




«Freddie. Hey amico, mi dispiace...non volevo. Mmh, no, non va...»
Cook fece una pausa, seduto sul letto del suo appartamento, felice di aver recuperato le chiavi, che si trovavano nelle tasche dei suoi jeans -ma era troppo ubriaco per trovarle.
«Freddie...scusami. Non volevo...sai che...» sospirò, per poi mettere le mani in testa e unire i gomiti, dondolandosi avanti e indietro in cerca di qualcosa di intelligente e consono da dire. Aveva combinato un bel guaio, come sempre, e doveva trovare il modo adatto per sistemare tutto. Voleva davvero bene a Freddie, così come a JJ, ma era troppo ferito dal passato e troppo rovinato per cercare di rimediare a tutto. Era un ragazzo complicato, lui. Ci provava a fare il ragazzo buono, serio, vestito bene e all'antica, ma il risultato era una vera e propria buffonaggine. Ecco, era un buffone. Se provava a fare il serio diventava un buffone. Se invece utilizzava quella sorta di schermo per far trasparire i sentimenti riusciva a sembrare forte, meno fragile di quello che veramente era. Era semplicemente un modo di difendersi, e lui sapeva utilizzarlo bene. 
Così si alzò dal letto, prese le chiavi, le mise in tasca ed uscì dalla porta. Con passo veloce si diresse verso la casa di Freddie, che distava a pochi isolati dal suo palazzo. Era convinto: doveva sistemare tutto, una volta per tutte. Non appena arrivò entrò dal retro, per poi irrompere nella vecchia casetta degli attrezzi nel giardino della casa di Freddie, che lui e i suoi amici utilizzavano per giocare quando erano bambini. Freddie lo guardò, seduto sulla poltrona, con il computer portatile sulle gambe. Lo chiuse e lo poggiò sul tavolo vicino, per poi alzarsi.
«Cook...che...»
«Ascolta bene, Freddie McClair. Sono diciassette anni che soffro da matti, ho una madre squilibrata e alcolizzata e un padre che nemmeno si ricorda della mia esistenza. Il mio fratellino di otto anni farà sicuramente la mia stessa fine, e il mio destino è ormai segnato. Farò il barbone, sarò un vagabondo che dalla vita ha ricevuto solamente pugni e coltellate, e il mio unico scopo sarà quello di arrivare almeno una volta sobrio alla mattina. Ma sappi, McClair, che anche se vivrò sotto i ponti, anche se non avrò da mangiare, da bere, da fumare, anche se la mia vita sarà un totale fallimento, sarò sempre e dico sempre al tuo fianco, e a quello di JJ» fece una pausa. Gli occhi, lucidi dalle lacrime, erano sul punto di chiudersi, e la voce stava quasi per sparire, ma decise di continuare «so di essere un fallito. So che la mia vita è uno schifo, come lo sono io. So di essere un pezzo di merda, ma cazzo, Freddie, ti voglio bene, sei come un fratello per me e perderti sarebbe la bastardata più grande che la vita potrebbe farmi. Non voglio che tu vada via, non voglio che mi abbandoni. Senza te non posso andare avanti». 
Freddie guardò incredulo il suo amico e aprì la bocca per dire qualcosa in risposta, ma l'unica cosa che gli venne da fare in quel momento fu correre verso di lui e stringerlo in un abbraccio forte, uno di quegli abbracci che incastrano le gabbie toraciche. 
«Cazzo amico, sembra tanto una scena da checche» disse Cook con gli occhi lucidi, per poi ridere assieme a Freddie, il quale era anche lui sul punto di piangere.
«Sei sempre il solito. Non cambierai mai, vero?» chiese Freddie, sapendo già la risposta. Cook si limitò a sorridere, per poi staccarsi e guardarlo.
«Sempre insieme?» 
«Sempre» rispose McClair, annuendo. 
«Fanculo, mi farai prendere un colpo un giorno!» esclamò Cook, ridendo.
«Ti starebbe bene, dopo che mi fai fare da reggi-vomito!» rispose Freddie, ridendo anche lui.
I due passarono il pomeriggio assieme, consapevoli che mai si sarebbero lasciati, nemmeno dopo la morte.







I MIEI FEELS. SENTITE DOVEVO SCRIVERLA, E DOVEVO CACCIARE EFFY DALLA SITUAZIONE.
Come vi sembra? A me all'inizio sembrava una schifezza, poi ho fatto leggere a qualcuno que pezzetto che avevo scritto e dai commenti non sembrava così male, così ho continuato. E' uscita fuori questa OS strappalacrime su Freddi e Cook e niente, la amo. E' una delle OS o FF scritte da me di cui sono davvero fiera.
Se vi va lasciate una recensione, ne sarei davvero felice. Mi piace sapere cosa pensano le persone di ciò che scrivo! (:
Alla prossima!

-stateofmind

  
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