IX
Decadimento
e discesa. Una spirale che mi trascina
giù, inchiodandomi ad una croce.
Il Cristo si
era sentito così, quando era stato tradito?
Osservo coloro che mi
stanno uccidendo. Li guardo dalle mie palpebre tumefatte per i calci
del
fucile. Le cicatrici su petto e schiena bruciano. Sangue scorre fuori
dalle
ferita, imbrattando il mondo di rosso. Il mio rosso. Una smorfia
deforma le mie
labbra spaccate.
Fiumi e fiumi di sangue, e per
cosa?
Il
caduto mi incide un lato del costato. La lama penetra dentro di me con
un suono
viscido. La sento rigirarsi fra le budella. Mi mordo le labbra per non
urlare.
I denti lacerano croste secche. Il sapore metallico del sangue mi
fionda in
gola.
Forse siamo già tutti
morti.
Dei chiodi mi fissano contro una superficie
fredda. Il ferro arrugginito mi attraversa le ossa e le articolazioni.
Scariche
di dolore mi tengono in un costante dormiveglia.
E
forse questa è la nostra punizione. Troppa arroganza.
Abbiamo voluto
controllare l’universo.
L’ossigeno manca: non
sale alla testa e ogni respiro è una lotta vinta a malapena.
Nell’aria vibrano
colori: arancio, azzurro, ma soprattutto viola. Una luce che pulsa al
ritmo del
mio cuore.
Non abbiamo mai considerato come l’universo
controlla noi.
Il
caduto continua a tagliare. Lembi di carne stravolti, allucinati,
pendono in
pieghe grottesche.
Esiste un Dio, là
fuori? Forse lo scopo del
Viaggiatore dopotutto non era elevarci: voleva punirci.
«Puoi farlo smettere quando vuoi,
Jesse. Devi solo dirmi le coordinate dei generali.
Nient’altro».
Il suo fiato mi soffia
nell’orecchio «E dopo, tutto questo dolore
finirà, te lo prometto».
Qualcosa
si incrina e si spezza. Frammenti di quello che ero mi circondano come
bolle
d’aria. Socchiudo gli occhi.
Forse la morte è un grande oceano:
pieno di bolle. E di silenzio.
Il dolore sordo continua. Il dolore sordo pulsa. Il dolore sordo sente. Fitte lungo lo
stomaco e il costato, lì dove
il rosa è divenuto una nube color porpora. Sprizza e
sprizza, il sangue che mi
scorre. Una pioggia rossa che non posso fermare. E forse nemmeno lo
voglio più.
«Una promessa – sta dicendo lui- è una
promessa. Tu ci dici quello che vogliamo
sapere e noi ti lasciamo andare».
Andare? Tutto è
già andato.
Promessa? Menzogne basate su falsa testimonianza e falsa speranza.
Speranza? La
mia, di speranza, ha varcato la soglia di questa stanza ore, giorni,
forse anni
fa. Vallo a capire. E’ persa, la speranza.
Una
voce che non è una voce riecheggia nella mia mente. «No» dice.
«No cosa?» penso
io.
La
voce ancestrale mi picchia nelle tempie «La
speranza brilla, figlio».
Gemo. Ma non per il dolore. Non quello fisico almeno. «L’ho
persa».
«No» risponde di nuovo la voce.
«No?».
«No».
«Cosa
mi resta? La guerra? La battaglia selvaggia contro di lei? Che
rimane?».
«Il futuro».
«Meglio l’oblio del dannato futuro».
«Sei
prescelto in nuova genesi, figlio – rivela la
voce- il tuo destino giace fra le
stelle».
«Che vada alle ortiche il destino – penso-
e anche tu».
Nuove scariche di dolore. Elettricità statica mi attraversa,
facendomi prendere da spasmi. Carne martoriata, non più
corpo. Coscienza sul punto
di smarrirsi, non più mente. Una bocca ringhia dal dolore.
La mia. «E comunque chi
sei?».
«Il Viaggiatore, figlio».
«Non
sono tuo figlio».
«Sei carne
della mia carne, generato per uno scopo».
Apro gli occhi. L’odore della putrefazione, della mia stessa
carne
bruciata, si disperde nell’aria. Il fumo si scosta. Oltre i
caduti, oltre lo
scantinato in cui mi ritrovo, ben oltre. Una sagoma appena tratteggiata
mi sta
innanzi. «Cosa…».
«Il
tradimento e la caduta presagiscono rinascita. Risvegliala».
«Tu… cosa?» mormoro.
«Serviva una connessione diretta. Tu sei
l’emblema del futuro. In te v’è la luce
prima».
«L-luce?».
Il
mio torturatore mi tira uno schiaffo «Di’ qualcosa
di sensato» dice.
«Ricerca la luce, guardiano. Un giorno i miei spettri
troveranno e
genereranno altre nuove connessioni. Ma tu sei il primo. Risvegliala».
Chiudo di nuovo gli occhi. Mi concentro sul mio respiro. Tiro dentro
e butto fuori. La mente si inizia a schiarire. «Così»
dice la voce. La
mia
carne diviene corpo. La mia coscienza diviene mente. La mia anima
diventa luce.
La sento: calore rovente mi brucia nel petto.
«Prendila».
Mi lascio
scorrere la luce lungo le vene. La guido nelle diramazioni della mia
testa,
delle mie braccia, delle mie gambe. Un bagliore che mi scorre intorno,
dentro,
fuori. Divengo folgore.
«Usala».
I
chiodi si fondono fra le mie mani. Sono calore in forma umana.
Risplendo e
avanzo. Il caduto e l’insonne mi guardano con aria stupita.
Intorno a loro sembra
esserci una cortina oscura. Faccio un passo avanti. Concentro la luce
nella mia
mano.
«Richiamane la
forma».
Fra
le dita prende vita nella forma che più mi è
consona. La lama di luce canta fra
le mie mani.
«Liberane
la potenza».
«D’ashalla!»
il caduto del casato corre verso di me. Muovo il coltello in avanti: il
fulmine
è un’esplosione abbagliante. Quando la luce
sfiorisce lui è solo cenere.
L’insonne cade all’indietro, protende una mano
verso di me «No, no! E’ stata
un’idea sua! Mi hanno costretto, capisci?».
Il muto non era così
muto. Niente luce per lui. Non se
la merita lui.
Prendo una spranga di ferro in terra. La mia preda squittisce dal
terrore,
ritraendosi contro il muro.
Colpisco la sua testa con un colpo secco.
Una
volta, due volte, tre volte. Arranco, riprendo fiato. Colpisco di
nuovo. E
ancora. E ancora.
Quando ho finito la sua testa ha cessato di esistere:
c’è
solo un grumo indistinto di rosa e rosso. Lascio cadere la spranga con
un
tintinnio.
«Per di qua». Seguo la
sagoma, guardandola ronzare davanti a me, una forma simile a un occhio
nella
penombra. Inciampo nel pavimento disgregato, rotolando
nell’acqua putrida. Mi
rialzo barcollando sulle mie gambe.
«Manca
poco» mi rassicura la voce. Seguo la sagoma. Ogni
passo è un dolore che
infiamma reni e viscere, sollevo la gamba sembra sempre più
pesante, più vicina
all’ultimo sforzo. Sgrano gli occhi: la console dei comandi
mi sta innanzi.
«E’ già tutto pronto, premi il bottone
rosso».
Lo pigio, il bottone rosso. Sullo schermo lettere formano parole:
Runtime
1080101:
Programma
Spettro avviato
…Attendere
…Subroutines
di difesa avviate
Un
enorme clangore scuote la terra. Pietrisco crolla
dal soffitto in una polvere sottile, mentre il mondo intero
scricchiola. Da un
spiraglio sul soffitto crepato, vedo la luce del sole.
Un’enorme torre e una
parabola lo oscurano un attimo dopo. Il
rumore di spari riempie il mondo. Le enormi torri fanno fuoco.
Rilascio_route_0686967_in_corso…
..attendere…
..attendere..
..stato
programma: ..operativo.
..avvio
spettri eseguito.
Crollo
sul pavimento. Macchia rossa sotto di me. Sangue: molto sangue. Penso.
Alzo.
La. Testa. Sagoma. Di fronte. Corpo
non risponde.
«Hai
fatto quello che dovevi
guardiano. Ora verrai trasferito. Un giorno la tua luce
tornerà a brillare. E
quel giorno, ci porterai il futuro».