Figlio
del Conte Demone.
Questa
storia
narra di un giovane, nato all'inizi del novecento da una nobile
famiglia. Il
suo nome è Andrew Phantomhive.
Dopo la morte del
padre, il ragazzo ha vissuto per tredici anni con la madre; la vita
è
tranquilla, la genitrice gestisce uno dei più importanti
negozi di giocattoli
di Londra e i soldi non mancano. Un giorno però, a Andrew
verrà rivelata
un'incomoda quanto misteriosa verità riguardante la sua
famiglia...
Egli aveva
trascorso tutto il pomeriggio a leggere un libro dello scrittore Arthur
Wordsmith, che apparteneva al padre, e ora fantasticava sulla storia
appena
letta.
Mentre
pensava,
scorse un'ombra sospetta fuori dalla finestra.
- Mamma, hai visto
anche tu? C'è qualcuno là
fuori. -
- Come dici,
qualcuno fuori? Non credo, forse è un animale o l'hai solo
immaginato. -
Rispose lei.
Ma Andrew era
testardo e si avvicinò alla finestra: era notte, non si
vedeva bene, però potè
giurare di aver visto qualcuno correre verso il retro della casa.
Così,
curioso, decise di andare a controllare.
- Dove vai
Andrew? -
- Dovrei andare
un attimo in camera, torno subito. - Mentì.
Camminò
per
massimo un minuto lungo il corridoio, che però gli
sembrò un eternità. Sentiva
una strana sensazione, un misto tra paura e sconcerto, ma anche
curiosità.
Proseguì per un
po' finchè non sentì una voce: era Meylin, la
domestica che lavorava per la famiglia
Phantomhive già da alcuni anni: - Buonasera padroncino. -
- Oh, ciao
Meylin. Ho dimenticato un oggetto nella stanza sul retro, sto andando
lì. -
Disse, guadagnandosi uno sguardo perplesso della cameriera, la quale
era appena
tornata da quel luogo e non ricordava nulla che potesse servirgli in
quel
momento; nonostante ciò non gli fece domande e lo
lasciò passare.
Andrew arrivò
davanti alla finestra della
sala, che constatò fosse stranamente aperta. "Meylin si
sarà scordata di
chiudere" penso, ma non diede molta importanza al fatto, anzi, si
avvicinò
per scrutare l'esterno. Niente di sospetto.
"Forse l'ho
davvero immaginato" riflettè tra se e se, e decise di
tornare indietro.
Ma non appena si
girò, si spaventò come mai in tutta la sua vita:
un'alta figura gli sbarrava la
strada, era completamente vestita di scuro e avvolta da un'aura oscura;
aveva
indosso un mantello nero che gli copriva parte del viso, ma il ragazzo
potè
comunque intravedere dei capelli corvini che sporgevano dal cappuccio.
Il
sangue gli si gelò nelle vene.
- C..chi s.sei? -
La debole voce gli usciva strozzata dalla gola, e il terrore
aumentò quando un
fulmine attraversò il cielo illuminando il sorriso maligno
della figura
demoniaca.
- Ah, ah; sembri
spaventato, figlio del demone. Non preoccuparti,
sono solo un diavolo
di maggiordomo. -
- Figlio del...
d..demone..?-
- Come? Non sai
ancora nulla? Fossi in te, chiederei alla persona che mi è
più vicina...- Dette
queste parole, sparì nel buio con un movimento fulminio,
lasciando il giovane
con gli occhi sbarrati.
Ripreso
solo in
parte dallo shock, Andrew si precipitò fuori dalla stanza e
cominciò a correre.
Arrivò nella sala in cui si trovava la madre col fiatone, e
ella, vedendo sul
suo viso un'espressione pallida e spaventata, gli andò
subito incontro.
- Caro, cosa ti è
successo!? Sei bianco come un lenzuolo... e stai tremando! -
- Mamma. Un uomo.
Nell'altra stanza - Queste poche parole fecero capire a Elizabeth che
era
entrato qualcuno in casa, ma non poteva immaginare chi fosse.
- Oh, Andrew,
cosa ti ha fatto? Chi era quella persona?! - La donna era agitata, ma
sentendo
la risposta del
figlio non potè credere
alle sue orecchie.
- Ha detto: sono un
diavolo di maggiordomo. - "No. Non può essere
lui." pensò la
madre. - Non preoccuparti figliolo, non ti succederà niente
- Provò a
rassicurarlo.
- No. - Il
ragazzo era serio - Dimmi perchè mi ha chiamato figlio
del demone. -
Elizabeth non
sapeva cosa rispondere, non avrebbe mai voluto dirgli la
verità poichè sapeva
che l'avrebbe turbato. Avrebbe voluto mentire, dire che quell'uomo
forse era
matto, ma non voleva mentire al suo unico figlio. Così prese
due sedie dal
tavolo e le mise una di fronte all'altra, guardò il figlio
negli occhi e disse:
-Siediti, ti devo delle spiegazioni. - E si accomodò.
Il giovane
Phantomhive stette immobile per alcuni secondi e poi fece come gli
disse la
madre. Quest'ultima si schiarì la voce e
incominciò a parlare.
- Devi sapere che
tuo padre non è morto. Lui é andato via appena
dopo la tua nascita, assieme al
suo maggiordomo. Non voleva lasciarci, ma doveva nascondere un segreto
e allo
stesso tempo proteggerci. - Il tredicenne ascoltava con attenzione ogni
singola
parola, ma non riusciva a capire di quale segreto stesse parlando.
- Io lo venni a
sapere solo dopo un po' di tempo e rimasi stupita per non averlo capito
subito,
ma ti prego, tu che sei suo figlio, non criticare tuo padre par le sue
azioni,
non è come sembrerebbe. -
- Mamma, dimmi
cosa ha fatto. -
Allora, la donna
rassegnata: - Tuo padre ha fatto un contratto con un demone,
nonchè il suo
maggiordomo, Sebastian. L'uomo che hai incontrato può essere
soltanto lui. -
Andrew era frastornato, ma la Middelford continuò - Dopo
diversi avvenimenti
che mi ha raccontato, il suo essere è cambiato radicalmente:
anche lui divenne
un demone. E' per questo che dopo la tua nascita se n'è
andato, per proteggerci
dalla sua natura di demone. -
Appena la donna
ebbe pronunciato le parole "divenne un demone", la mente del
ragazzino si bloccò per pochi attimi. Da quel momento la sua
testa fu invasa da
mille pensieri: "sono davvero il figlio di un diavolo?" era la
domanda più importante di tutte. Era come se nel suo
cervello fosse avvenuto un
blackout e poi fosse ci fosse stata un' esplosione. Tristezza, rabbia e
collera
nei confronti della sua famiglia lo assalivano, facendo scorrere sulle
sul suo
viso, calde gocce di lacrime. - Come hai potuto non dirmelo prima..? Tu
che sei
mia madre non avresti dovuto nascondermi la verità!!! -
- Ma figliolo...
Hey, Andrew, dove vai!? Tuo padre lo ha fatto solo per il nostro bene!
Non
scappare Andrew!! -
Troppo
tardi.
Il
ragazzo ormai
era uscito e ora correva con la mente annebbiata da mille emozioni e il
fiato
rotto dal pianto e dai singhiozzi. Intanto aveva incominciato a
piovere, e il
vento soffiava violentemente sulla sua pelle. Le gocce di pioggia si
schiantavano rumorosamente al suolo e sul corpo minuto del ragazzo, che
però
non smetteva di correre, ma era sempre più veloce. Voleva
fuggire, fuggire da
tutto. Da sua madre che gli aveva mentito per ben tredici anni, da
quella casa
appartenuta a un diavolo, e soprattutto da se stesso. In quel momento
avrebbe
preferito morire che continuare a vivere sapendo di essere figlio di un
demone.
Era assalito dalle
domande:"Perchè mio padre mi ha
abbandonato?", "Ora lui è un essere crudele e si nutre
dell'anima
delle persone: diventerò come lui?".
Non rifletteva
più; era talmente confuso che mentre affrontava la furia del
tempo, attraversò
una strada non accorgendosi che stava per passare una grande carrozza
guidata
da quattro cavalli. In quel momento pensò che sarebbe morto.
Quando girò lo
sguardo vide gli alti animali procedere scalpitanti verso di lui. Il
rumore
degli zoccoli era più forte, e la carrozza sempre
più vicina.
Ricordò sua
madre, i tredici anni passati con lei; gli sembravano la cosa
più felice della
sua vita, come se la rabbia di poco prima fosse sparita. Avrebbe voluto
tanto
rivederla ma era troppo tardi: stava per morire. - Perdonami madre. -
Durò
un attimo.
Un istante infinito.
Andrew
non sentì
niente, dolore e sofferenza lo sfiorarono soltanto.
Si senti solo
sollevare, come se la terra sotto i suoi piedi fosse sparita. Ed era
così.
Il giovane provò
ad aprire gli occhi: dopo un po' realizzò di essere tra le
braccia di un uomo.
Era ancora vivo per miracolo.
Il ragazzino era
confuso, ma riuscì a vedere che la figura era avvolta da un
mantello nero e
portava un cilindro dello stesso colore; portava degli stivali color
ebano col
tacco, e i suoi capelli erano corvini con riflessi bluacei. Il
particolare che
più lo colpì però, furono i suoi
occhi: erano color sangue. Spendevano come le
fiamme dell'inferno, e su quello destro c'era uno strano marchio,
simile quello
che indica un patto faustiano.
La figura atterrò
delicatamente al suolo, poggiando a terra il bambino e guardandolo
negli occhi:
Andrew si sarebbe ricordato quello sguardo freddo come il ghiaccio e
rovente
come l'inferno per sempre.
Così, l'uomo
misterioso si voltò e scomparì con un salto,
lasciando il giovane da solo.
Mentre camminava
però, continuava a chiedersi chi poteva essere quel
misterioso essere che lo
aveva salvato.
Che fosse una
creatura demoniaca ne era certo, ma non assomigliava affatto all'uomo
incontrato nella villa: chi poteva essere?
Continuò a
pensare, finchè non gli venne in mente un particolare che
aveva scordato: il
demone portava dei guanti e sopra di essi c'erano due anelli. Il primo
era
infilato sul pollice e aveva incastonato una pietra blu, il secondo era
d'oro e
su di esso era inciso uno stemma.
Andrew sapeva di
averlo già visto, ma non ricordava dove. All'improvviso gli
venne un flash che
gli fece capire tutto e scoprire l'identità dell'uomo:
quello era lo stemma
della famiglia Phantomhive.
Il demone che lo
aveva salvato era Ciel Phantomhive, suo padre.
---Angolino
autrice---
Questa storia mi è venuta in mente di notte, quindi quando ho iniziato a scriverla avevo la stessa lucidità di un sonnambulo XD. Non ho mai letto del figlio di Ciel Phantomhive, perciò credo di aver fatto qualcosa di originale... (in sintesi: spero che non sia una miseria "-.-)
Ditemi che ne pensate e segnalatemi eventuali errori! Sarò contenta per ogni tipo di commento!
Uta.