Solo un gatto randagio può capire un altro gatto randagio. Era semplice, non c'era assolutamente nulla di difficile in quell'unico, piccolo ed importante concetto.
Non ci si può fidare delle persone, ma un gatto randagio può fidarsi di un altro gatto randagio; solo tra di loro, in un piccolo mondo abbandonato e desolato che loro -loro che erano randagi-condividevano.
E non c'erano nomi, in quel mondo di randagi. Un randagio non aveva un cognome perché avere un cognome significa appartenere a qualcosa, essere qualcosa in più, qualcosa in più di un randagio, significava essere qualcuno, una persona, in un certo senso.
Zazie era solo Zazie, così come Wasiolka era solo Wasiolka.

Zazie era sempre stato solo Zazie, come potevano dirgli che, invece, non era vero, che lui era qualcosa in più? Come osavano distruggere quell'unica certezza che si era costruito da solo, con le sue sole mani?
Come potevano pretendere che lui sapesse come fare a smettere di essere solo Zazie?
Zazie Winters.
Il gatto randagio -ma lo era davvero? lo era ancora?- continuò a ripeterlo, senza pronunciarlo ad alta voce, formando le parole con le labbra ma impedendo loro di assumere suono. Se lo avesse fatto, se avesse lasciato che le sue corde vocali vibrassero e avesse permesso a quel nome di essere qualcosa in più che un muto muovere di labbra, forse allora sarebbe stato vero.
Forse, a quel punto, sarebbe diventato Zazie Winters.
Si chiese come sarebbe potuto essere, essere Zazie Winters, come sarebbe potuto essere smettere di essere solo Zazie.
Si sentì in colpa, per quel pensiero.
Era stato un randagio per tutta la sua vita, come poteva anche solo pensare di abbandonare quel mondo, l'unico mondo di cui si fosse mai sentito parte?
Eppure faceva male. Faceva così tanto male che era difficile respirare, era difficile muoversi, era difficile anche solo pensare.
Avrebbe potuto essere Zazie Winters, lo aveva rifiutato e quella possibilità era sfumata, strappata dalle sue mane ingrate ancor prima che avesse avuto il coraggio di afferrarla.
Faceva male ed era colpa sua e Zazie il gatto randagio avrebbe continuato a ripeterselo per tanto, tanto tempo.

Era un gatto randagio, lo era sempre stato ed era fermamente convinto lo sarebbe stato per sempre. Ma non poteva impedirsi di metterlo in dubbio, di tanto in tanto; quando guardava quelle persone -amici, erano suoi amici- e non riusciva a sopprimere un sorriso felino.
Era sempre solo Zazie ma si sentiva un po' meno un randagio. Forse un randagio che aveva trovato una famiglia.

Scoprire di essere davvero Zazie Winters fece male, ma in modo diverso. Non c'era solo il dolore, non c'era solo il senso di colpa che gli attanagliava le viscere, c'era di più: c'era l'improvvisa e prepotente sensazione di far parte di qualcosa, c'erano gli sguardi dei suoi amici e c'era Wasiolka al suo fianco. Neanche lei era più un gatto randagio.
Zazie Winters.
Per un'ultima volta ripeté muto quel nome -il suo nome; poi lasciò che assumesse un suono e fu come se fosse diventato tutto più reale, dai contorni più nitidi, da colori più vivi.

Zazie Winters non avrebbe dimenticato di essere stato un randagio e sapeva che, in fondo, non avrebbe mai lasciato quel mondo cui, dopotutto, era affezionato.
Ma non sarebbe stato mai più solo Zazie il randagio; ora lui era Zazie Winters il Letter Bee e quel nome suonava incredibilmente bene sulle sue labbra.