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Autore: Jordan Hemingway    02/04/2015    1 recensioni
La Terra è stata conquistata: i nuovi padroni si fanno chiamare dèi e usano gli esseri umani come pedine nel loro eterno gioco di dominio. Solo due fratelli possono rovesciare la sorte, un uomo e una donna in grado di cambiare le carte in tavola… Se solo i loro eserciti non li considerassero empi traditori.
Si dice che siano gli dèi a governare il fato del mondo e, come dio, non ho mai avuto dubbi al riguardo: questo fino a quando il destino di Electra Bianca Lama non ha incrociato il mio.
Non che ne avessimo discusso: il vocabolario della ragazza, squisitamente vario per quel che concerneva armi e strumenti di distruzione di massa, era purtroppo limitato in ogni altro tipo di conversazione, soprattutto riguardo la filosofia.
Forse per questo quando introducevo l’argomento la sua spada si conficcava sempre a pochi millimetri dal mio orecchio destro.
Sto correndo troppo.
Prima che diventassimo così intimi, di Electra conoscevo solo quello che i suoi compagni dicevano di lei.
Traditrice della propria stirpe, assassina di regine.
La sorella dell’uomo che per un trono aveva ucciso la madre.

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Genere: Drammatico, Guerra, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando gli schiavi chiudono gli occhi


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2.  
Είμαστε υπηρέτες των θεών, όποια και αν είναι οι θεοί.
Noi siamo servi degli dèi, qualsiasi cosa gli dèi siano.
Oreste, Euripide
                                                 
 
Nei suoi giorni migliori, Electra era stata venerata dalle sue truppe: essere al comando della Bianca Lama significava onore e gloria, battaglie senza respiro guidate da una condottiera in grado di portare gli animi dei guerrieri a vette di eroismo disumane.
C’erano stati tempi in cui interi eserciti erano stati disposti a morire a un suo ordine.
Quei tempi, per mia fortuna, erano passati da un pezzo quando decisi di arruolarmi.
“Tu devi essere pazzo.” Fu la constatazione di Teucro quando gli comunicai che da quel momento avrei servito assieme a lui nel reggimento della Bianca Lama, e per dare solidità al suo pensiero ingollò un boccale di vino in una sola sorsata.
Una reazione comune a molti umani: mi chiedo spesso se vi sia una qualche filosofia nascosta.
“Allora è vero, voi mercenari non siete sani di mente.”
“Colpa della polvere delle pianure persiane: penetra nella testa e fa perdere la mente.” Sorrisi.
“La pazzia è un dono prezioso di questi tempi: ogni notte prego gli dèi di farmi dimenticare chi sono e chi servo.”
 
 
Electra avanzava tra le sue truppe schierate ordinatamente. File e file di opliti, tra i migliori soldati del mondo conosciuto, che gli elmi e le corazze scure rendevano simili a un formicaio pronto a sciamare.
I visi impassibili di chi troppe volte era fuggito dall’amplesso con la morte all’ultimo istante per poter ora cedere alle sue carezze.
C’era stato un tempo in cui questi uomini avevano venerato il loro comandante come una dea. Ora non le rivolgevano più la parola. Non davanti a lei.
“Matricida.” Un sussurro al vento, niente di più, ma assordante come uno squillo di tromba.
La Bianca Lama continuò a passare in rassegna i suoi soldati.
“Empia.”
“Cagna.”
Gli strateghi non tentavano nemmeno di zittire il mormorio sempre più diffuso, tuttavia Electra continuava a camminare senza fretta, il viso pallido e gelido come una notte d’inverno punteggiata di stelle cadute.
Uno sputo cadde nella polvere dietro ai suoi piedi.
La Bianca Lama si fermò.
Teucro si trovò a fissare le iridi vuote di Electra, nere come il Tartaro nel quale avrebbe dovuto bruciare secondo le leggi divine che aveva infranto.
Per qualche secondo nessuno dei due distolse lo sguardo.
Il migliore dei soldati, il migliore degli amici.
L’unico comandante per cui darei la vita.
Electra si rivolse al soldato accanto a Teucro.
“Tu sei nuovo.” Un’affermazione, non una domanda: la Bianca Lama conosceva tutti i volti dei più di mille opliti al suo comando.
L’ex-mercenario aprì il volto in un ampio sorriso. “Sì, Bianca Lama.”
Da quanto tempo non sentiva più la voce di uno dei suoi uomini? Da quanto non li vedeva più sorridere?
“Chiamami comandante. Perché sei qui?”
“Voglio combattere assieme ai migliori. Mi è stato detto che questo è il posto giusto.”
Con un cenno d’assenso Electra avanzò oltre, concludendo l’ispezione.
Si portò al centro dell’accampamento: davanti a lei il suo reggimento era coperto dall’ombra che le mura di Argo e l’Athena ancoratasi a esse gettavano sulla pianura circostante.
La nave della dea sapiente era più snella e lunga della media: gli alettoni erano stati inseriti sul dorso dell’astronave, i motori erano abilmente nascosti nelle paratie laterali, da dove spuntavano gli sfiatatoi per l’energia in eccesso. Electra sapeva che quel mezzo era il più subdolo dell’intera flotta divina, dotato di scudi riflettenti che permettevano di scomparire dalla visuale delle sentinelle umane e dei radar d’avvistamento delle altre navi.
Grazie alla morte di Clitemnestra la dea sapiente non era più una nemica.
“Partiremo all’alba di domani.” I pensieri di Electra tornarono alla sua missione. “Attaccheremo l’esercito di Corinto, dove è ancorata la Ephestus. L’Athena ci accompagnerà per fornirci armi adeguate.” Dopodiché la Bianca Lama si ritirò nella propria tenda.
L’insoddisfazione serpeggiava tra le truppe.
“Armi divine dall’Athena? Impugnare un serpente sarebbe meno pericoloso.”
“Nostra Signora Clitemnestra avrebbe combattuto al fianco dell’Arthemis che abbiamo tradito.”
L’ex-mercenario allungò un gomito verso lo stomaco di Teucro.
“Che cosa significa?”
“Essere nuovo non è una scusa per l’ignoranza.” Latrò quest’ultimo, incamminandosi verso le tende. “Argo adora nuovi dèi: la dea sapiente che comanda l’Athena e il dio del cielo che comanda la Zeus, la nave più possente che abbia mai solcato questo mondo. Ora serviamo nello schieramento che abbiamo combattuto per anni.”
“Non vedo il problema.” L’ex-mercenario si strinse nelle spalle.
Teucro si irrigidì. “Tu non puoi capire, mercenario: per te è normale cambiare fede come una donna cambia i suoi calzari. Noi siamo greci.”
“E con questo? Gli dèi per me sono uguali.”
“Ascoltami bene, straniero.” Teucro si voltò e afferrò il braccio del mercenario. “Per tutta la vita ho adorato e servito Poseidon e Arthemis, come tutti in Argo, e ho obbedito agli ordini di Nostra Signora Clitemnestra. Ora servo dèi stranieri, e il mio nuovo re ha tradito il nostro credo.” Lentamente, Teucro mollò la presa.
“Continua pure a credere che ogni fede sia uguale, mercenario, ma non parlarne con me.”
Quest’ultimo lo fissò attentamente. “Che cosa rende Athena diversa da Poseidon?”
“La benedizione dell’Athena ha un prezzo, così come le sue armi. Il nome di Ilio dovrebbe dirti qualcosa.”
Teucro entrò nella tenda, senza quindi vedere l’espressione sul viso del mercenario.
 
 
A Corinto il Tartaro si era manifestato sulla terra.
A bordo dell’Athena Pilade osservava le schiere di soldati sciamare le une contro le altre e illuminare la notte con la luce delle torce e dei proiettili ardenti lanciati dalle catapulte.
“La Bianca Lama sembra in difficoltà.”
Oreste si avvicinò agli schermi, sfiorando appena il corpo dell’amico. “Electra ha già distrutto l’Arthemis: sa quello che fa.”
Una risata tintinnò alle loro spalle. “Davvero, re di Argo?” La plancia di comando si abbassò fino a raggiungere l’altezza del resto della sala. Pilade sapeva che avrebbe ormai dovuto essere abituato alla presenza fisica della dea sapiente, ma come sempre riuscì a malapena a trattenere il brivido di repulsione di fronte alla figura snella che avanzava verso di loro.
Gli dèi non avrebbero dovuto assumere forma umana, una forma nella quale riuscivano a convogliare fascino e potenza sufficienti a spezzare la mente di uomini e donne meno allenati.
Ironie della sorte: il monarca che vestiva i panni del popolo per visitarlo di nascosto. Peccato che i panni in cui la dea si avvolgeva fossero troppo splendenti per essere presi per umani.
Lo sguardo argentato della dea sapiente oltrepassò Pilade per posarsi su Oreste. “Re di Argo.” Ripeté, reclinando il capo come se stesse riflettendo su una battuta interessante. “Un re senza un popolo può definirsi tale?”
Oreste distese le labbra in un sorriso. “Kyria, il popolo di Argo obbedisce ai miei ordini, il suo esercito è ai miei comandi.”
“E tuttavia Clitemnestra è ancora signora del loro cuore.” La dea si strinse ad Oreste, afferrandogli il mento con una mano. “Sarai in grado di comandare l’attacco finale, re di Argo?”
La mano di Pilade si mosse involontariamente, nel tentativo di interrompere quel contatto.
“Per essere chiamata dea sapiente non dimostri molta intelligenza, kyria.” Alle parole di Oreste la dea strinse gli occhi. “Non sono forse ai tuoi ordini più di mille opliti guidati dalla Bianca Lama, che risponde a me e a te soltanto? Conosci poco i cuori degli uomini: la paura ci attanaglia, siamo deboli e facili a cambiare fede. L’esercito di Argo obbedirà al nuovo re e alla sua dea.”
La dea sapiente si staccò da lui con violenza. “Attento, matricida.” Sibilò. “Voi umani siete deboli: al primo successo credete di potervi innalzare al di sopra di noi dèi. Se le tue schiere non ubbidiranno ai tuoi comandi, nessuno di voi sarà più necessario all’Athena.”
Per un istante Pilade credette che la maschera di sicurezza di Oreste si sarebbe infranta.
Il sovrano chinò la testa.
“L’esercito obbedirà a me e alla Bianca Lama, te lo garantisco.”
La dea lo scrutò a lungo, poi reclinò il capo sorridendo. “Ti credo, re di Argo.” Si diresse verso la plancia. “E per dimostrarti la mia fiducia, ti affido un ordine per il tuo esercito. Dovete perdere la battaglia contro la Ephestus.”
“Che cosa?” Le parole sfuggirono dalla bocca di Pilade. La dea sembrò accorgersi di lui solo in quel momento.
“Qualche problema, soldato?” Aveva occhi come argento liquido, venato di ghiaccio, che si insinuavano nella mente per prenderne possesso. Pilade ammutolì e chinò la testa.
“Molto bene.” La dea mosse una mano, e la plancia tornò a risalire. “La battaglia deve essere persa, ma in modo naturale. La Ephestus deve credere di aver vinto fino alla fine.”
“E lasceremo Corinto in mano al nemico?” Chiese Oreste seccamente.
“Non ho detto questo: quando la battaglia sarà quasi conclusa l’Athena interverrà in prima persona.”
“Questo significa che la potenza di fuoco della nave è superiore a quella della Ephestus.” Oreste strinse i pugni. Solo Pilade intuiva quanto costasse al sovrano mantenere quella facciata di calma apparente. “Allora perché non intervenire subito ed evitare una strage?”
La dea sorrise. “Chiamala una prova di fede.”
 
 
Ricordavo bene Ilio.
Ne ricordavo ogni tempio, ogni casa, ogni crocicchio. Se chiudo gli occhi posso ancora vedere il palazzo di Priamo, con le sue mille stanze e i suoi mille giardini, e sento di nuovo il profumo dell’incenso che le mie sacerdotesse versavano sui bracieri.
Ilio che bruciò in una sola notte, assieme alla mia nave: proprio quello che stava succedendo in quel momento al reggimento della Bianca Lama.
“Perché l’Athena ha ordinato di attaccare adesso?” Sentivo Teucro domandare agli strateghi mentre le fiamme dei fucili sonici fondevano la fanteria nemica direttamente con il terreno. Armi divine per gli umani: tecnologia avanzata per me. “Avremmo dovuto aspettare l’alba.”
“Non si discutono gli ordini.” Fu la risposta, e continuammo a combattere.
Un’altra reazione molto umana.
“Dovresti rallentare.” Teucro, impegnato a schivare i raggi nemici, si gettò a terra mentre all’altezza della sua testa esplodeva un detonatore gamma. Non sembrò quindi propenso ad accettare il mio suggerimento.
“Codardo.” Riuscì a latrare.
Colpii l’avanguardia nemica con una scarica al petto.
“Semplice buon senso: da qui non possiamo vedere cosa esce dall’Ephestus. Dovremmo provare a salire oppure…”
“Non andrò da nessuna parte senza un ordine degli strateghi.”
In quel momento un’esplosione più potente delle altre rese chiara la notte, e la vedemmo: la Bianca Lama, che di bianco ora non aveva più che il nome, combatteva da sola contro un’intera pattuglia, roteando la sua spada nelle tenebre che ricaddero immediatamente.
“Avanzate.” La sua voce metallica risuonò tra il frastuono della battaglia. “Mantenete le postazioni, ordini dell’Athena.”
“Non può farcela da sola: andiamo.” Accanto a me gli opliti fremettero, ma non si mossero. “Che cosa state aspettando? Non possiamo perdere la Bianca Lama!”
“La Bianca Lama è morta.” Fu la risposta, e si allontanarono verso la Ephestus. Una nuova esplosione illuminò Electra.
Con un sospiro mi calcai l’elmo sulla fronte: ci separavano almeno cinquanta metri di terreno scoperto, impossibili da attraversare senza danni.
E in quell’istante, dalle schiere uscì un uomo che si gettò senza paura verso il suo comandante.
Teucro.
Gli umani non smetteranno mai di sorprendermi.
A quel punto non aveva senso attendere oltre, e mi slanciai in avanti.
 
 
Nessuno avrebbe potuto prevedere quello che sarebbe successo a Ilio: un’onda di fuoco che si riversava dalle paratie invisibili dell’Athena, che tutti credevano abbattuta. E solo gli dèi avrebbero potuto sapere che anche l’Ephestus aveva imbrigliato l’energia del plasma terrestre per farne un’arma invincibile.
Un’arma nelle cui fauci l’Athena aveva gettato tutti noi, per poter poi attaccare il nemico non appena avesse esaurito la sua potenza.
Questo è quello che mi fu riferito, intendiamoci: mentre coprivo l’avanzata di Teucro venni centrato da un raggio nemico, e tutto divenne tenebra.
Il che, considerando la mia natura di dio luminoso, fu una vera ironia.




  
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