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Autore: LammermoorLace    02/04/2015    1 recensioni
Japonine.
- Se solo potessimo cambiare il destino… ma è inutile nascondersi dietro alle proprie illusioni. Il finale di questa storia era già stato scritto ancora prima che la storia stessa cominciasse -
(Parte 2 di "Dès le premier jour" che potete trovare qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3062343&i=1 )
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eponine, Javert
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella notte, Eponine camminò, camminò per la città, sentendo il selciato sotto i piedi, il vento che frustava gli edifici e le mordeva la pelle.
Come aveva potuto essere così stupida?
Così ridicola?
Così ingenua?
 
Lui la vedeva come una bambina, niente di più.
Ebbene, avrebbe dovuto aspettarselo. Cosa mai avrebbe potuto vedere, in lei?
Cosa c’era da vedere, in lei?
 
Lui era l’Ispettore Javert, con il suo grado elevato, i suoi bottoni d’ottone, e i suoi modi esemplari. Certamente aveva già qualcun altro. E perché non avrebbe dovuto?
 
E ora, cosa rimaneva ad Eponine?
 
Un ragazzo del passato, con i suoi libri e il suo sorriso e le sue parole gentili. Proprio questo, nulla di più: gentilezza.
Quando era a fianco di Javert, invece, ad Eponine era sembrato che ci fosse… qualcos’altro.
 
Ma non c’era stato nulla.
Si era sbagliata.
 
Forse avrebbe potuto imparare ad imparare Marius ancora una volta.
Forse non aveva mai davvero smesso di farlo.
 
Forse, se lei lo avesse guardato abbastanza a lungo, tutte le sue imperfezioni sarebbero svanite – e lei avrebbe ritrovato il Marius che lei aveva pensato di conoscere, prima di… lui.
Forse si sarebbe potuta accontentare del suo amore non corrisposto; forse fantasticare sarebbe stato abbastanza.
Forse fantasticare era tutto ciò che meritava.
Forse avrebbe potuto imparare a sorridergli – e accontentarsi di adorarlo in silenzio.
 
Forse sarebbe riuscita ad amarlo di nuovo, come una volta.
 
Forse.
 
Eponine passeggiò per la città, e digrignò i denti, e ignorò la sensazione di bagnato che sentiva sulle guance.
 
Quando tornò alle barricate, con un’espressione di indicibile squallore  e turbamento impressa in viso, nessuno alzò lo sguardo per salutarla.
Nemmeno Marius.
 
Quella notte, Eponine sognò di un ponte, scuro e maestoso, avvolto nella nebbia -  e di una voce, profonda, che tuonava il suo nome:
“Eponine!”
 
Si svegliò piangendo.
 
 
C’erano urla – grida – esplosioni – e Marius – che le sorrideva – bellissimo, meraviglioso Marius – e lei pensava che non poteva lasciarlo andare – né ora, né mai – e –
 
La pallottola fischiò nell’aria bollente.
 
Eponine spinse – con tutta la sua forza.
 
Marius imprecò, inciampando, obbligandola a spostarsi.
Quasi al rallentatore, le braccia di Eponine artigliarono l’aria.
 
Un altro colpo di pistola.
 
“No!”
 
Un lampo di rosso vermiglio –
 
Qualcuno ruppe i ranghi della polizia; un uomo, vestito in un lungo cappotto blu, che si lanciò verso la ragazza, scivolando con lei a terra.
 
Il petto di Eponine si fece pesante – e ci fu dolore,
e luce,
 
e –
 
“Eponine, sei ferita?”
Lei scosse la testa, due volte – nonostante la sua esperienza e i suo istinto, non l’aveva visto arrivare. Non questo, nulla di questo… Sarebbe dovuta stare più attenta –
 
Il dolore la distrasse.
 
La mano di lui le scostò gentilmente i capelli dalla fronte – in cerca di ferite, senza dubbio.
L’Ispettore era così: sempre preciso, sempre diligente, e attento, e –
 
“Mi hai salvato la vita” gli disse.
 
“Sì. L’ho fatto”
Ma non smise di esaminarla, non si fermò.
 
“Perché?” Chiese lei in un respiro.
E d’improvviso la respirazione le riuscì difficile, e le sembrò che tutto scorresse e svanisse, svanisse –
Via, goccia a goccia –
 
“Perché… perché sei importante”
Per me, disse Javert. Ed Eponine allungò le mani per portarle lentamente al viso dell’uomo. Lo toccò, e – tutto va bene, è tutto a posto, lui è qui, e io non sono più sola – no, non lo sono mai stata –
 
“Javert” disse lei – e poi la mano di lui lasciò inorridita la sua fronte, ed entrambi si ritrovarono a fissare il guanto intriso di sangue – ed Eponine lo fissò come se fosse stato una visione, perché quello non poteva significare che… no, non poteva, non poteva – e lei provò a parlare – ma le parole le uscirono a stento, soffocate, come se stesse parlando dall’altra parte di un vetro che la separava da Javert, e improvvisamente le mancava l’aria – e in qualche recesso della sua coscienza poteva sentire Marius, come una canzone, assilante, raccapricciante, crudele, ora che non era che un’eco, ora che non c’era più niente –
 
“’Ponine… “
 
E’ tutto così pesante, così spesso, affogato in vino e sudore e sangue – e tutto era così tiepido e accogliente, come il sole di Maggio, ed Eponine pensò che ci si sarebbe potuta addormentare – e forse, forse, non sarebbe stato poi così male, dopotutto –
 
“Stai con me, Eponie. Starai bene. Andrà tutto bene… “
E persone sconosciute le ronzavano attorno – Eponine poteva vederle appena, deboli fantasmi nella bruma, sagome d’ombra…  - e forse nemmeno questo era così male.
E c’erano voci – intorno – a dire:
 
“Ispettore…” un giovane uomo gli poggiava una mano sulla spalla. “Inizieranno a sparare, signore. Non ha senso spostarla. Dobbiamo – “
 
“Va’ all’inferno “ qualcun altro ringhiò – era davvero Javert? Era tutto così distante, ora – e le braccia di lui erano tutto ciò che ancora riusciva a sentire, la stringevano con forza – ma anch’esse stavano perdendo consistenza – sempre più simili a un sogno – e lei sarebbe potuta volare via in un soffio, se solo l’avessero lasciata andare –
 
E poi l’oscurità, ovunque –
 
“Parlami, Eponine .”
Singhiozzava.
“Se … se mi ami, parlami. Eponine! Parlami. Parlami – “
 
Oro –
 
Non c’erano suoni, solo il nulla, e il buio – buio che partiva dagli angoli, risalente in volute di fumo, fino a che Javert fu solo una sagoma – e lei provò a richiamarlo indietro, urlare il suo nome, ma udì soltanto:
 
Oro –
 
Denti, labbra, e mani calde,
 
e bottiglie di whiskey,
 
e respiro amaro
 
e baci rubati
 
e rivoluzioni e coraggio
 
e lui.
 
“Eponine, Eponine, per favore… Dio, salvala – per favore … “
 
E, da qualche parte dietro le palpebre chiuse, lei percepì
 
d’un tratto
 
le stelle
 
.
 
 
 
A/N:
 
E questa è la fine.
 
Niente, volevo soltanto ringraziare quelle 50 persone che hanno letto il primo capitolo senza lasciare nemmeno una parola di recensione… davvero, il vostro silenzio mi è stato di grande aiuto nel migliorare il mio stile.
 
Vi prego però di cambiare tattica per il secondo,
Lou <3
 
 
 
 
 
  
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