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Autore: Shainareth    03/04/2015    3 recensioni
Mordicchiandomi il labbro inferiore, pensai ad un buon motivo per cui Castiel avrebbe dovuto aiutarmi, visti i nostri rapporti tutt’altro che idilliaci. «Ti farò i compiti per una settimana.»
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dake (Dakota), Dolcetta, Kentin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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PATTO




Un fischiettare spensierato si levò all’interno della palestra, rimbombando fra le alte pareti quasi vuote. Io e Castiel, intenti a riordinare il ripostiglio degli attrezzi per una punizione inflittaci da Boris a causa di uno nostri soliti battibecchi durante l’ora di ginnastica, ci scambiammo uno sguardo perplesso e ci venne la curiosità di sbirciare oltre la porta del magazzino. Sull’uscio della palestra, contro la luce proveniente dall’esterno, si stagliava l’alta figura di un ragazzo che, purtroppo, conoscevo bene.
   «Ma non se ne torna mai, a casa, questo?» borbottai e, tornando a nascondermi all’interno del ripostiglio, mi accucciai dietro la gabbia che conteneva i palloni da basket.
   Appoggiato allo stipite della porta con le braccia conserte, Castiel mi lanciò uno sguardo dall’alto. «Lysandre mi ha detto che l’estate scorsa ti ha dato la morte, al mare.»
   «Lysandre che parla degli affari altrui?» mi meravigliai.
   Castiel scosse le spalle. «In realtà me l’ha detto Rosalya», ammise. «Lui s’è limitato ad annuire.»
   «Ti rendi conto?» cominciai a dire, portandomi una mano alla fronte con aria sconsolata. «Con tutte le spiagge che ci sono in Australia, questo viene al mare qua. Non è tanto normale, secondo me.»
   «Magari preferisce evitare il pericolo degli squali», fu l’ipotesi che azzardò il mio compagno di classe.
   «Macché», bofonchiai. «Mi ha detto chiaro e tondo che sono i suoi animali preferiti.»
   «Che problemi ha?» osservò giustamente lui. Gli lanciai un’occhiata sofferente, come a dire che avrei tanto voluto saperlo anch’io. «Oh, mi ha visto», disse dopo un attimo, tornando a guardare verso l’ingresso della palestra. «Mi sembra indeciso se venire qui o meno.»
   M’irrigidii tutta. «Per l’amor di Dio, fallo scappare!»
   «Con una pallonata?»
   «Nei testicoli, possibilmente.»
   «Ora che ci penso, perché dovrei farti un favore?»
   Mordicchiandomi il labbro inferiore, pensai ad un buon motivo per cui Castiel avrebbe dovuto aiutarmi, visti i nostri rapporti tutt’altro che idilliaci. «Ti farò i compiti per una settimana.»
   «Affare fatto», accondiscese lui, senza neanche pensarci troppo. Nonostante tutto, una cosa poteva riconoscermela, almeno: sebbene non fossi un’alunna modello, a causa della mia condotta non troppo tranquilla, per lo meno vantavo degli ottimi voti. «Ma ti annuncio che quel tipo si sta dirigendo da questa parte.»
   «Digli che non ci sono!»
   «In realtà vorrei dirgli che ha dei gusti assai discutibili.»
   Gli lanciai appresso una palla, di quelle leggere, mancandolo di proposito e lui mi abbaiò contro un’imprecazione. La sfera colorata rotolò oltre la porta, finendo per essere visibile da chiunque si trovasse in palestra in quel momento – e cioè dal solo Dake.
   «Adesso sa che non sono da solo, genio», mi fece notare Castiel, gelandomi con uno sguardo.
   Non era stata una mossa intelligente, su questo non potevo dargli torto.
   «Se vuoi gli dico che sei la mia ragazza», propose, col chiaro intento di prendermi per i fondelli. Anche un cieco si sarebbe accorto del totale disaccordo che c’era fra noi.
   «Digli che siamo fratelli», ribattei io, spostandomi sul posto e mettendomi in ginocchio, le mani serrate contro le sbarre della gabbia.
   «Nella stessa classe?»
   «Tu sei quello ripetente.»
   Castiel sollevò gli occhi al cielo. «Perché non dirgli che siamo gemelli?» domandò, sarcastico. «Ci assomigliamo così tanto…»
   «Troppi gemelli tra i piedi», ebbi il fegato di ribattere, dal momento che, in effetti, con Nathaniel e Ambra e con Armin e Alexy, di coppie gemellari ce n’erano a sufficienza nella nostra classe.
   «Tanto lo so che sei figlia unica», c’interruppe la voce di Dake.
   Mi voltai verso la porta e lo trovai affacciato sull’uscio con quel suo sorrisetto da schiaffi e quell’aria da uomo di mondo che tanto mi faceva venire la pelle d’oca. Uggiolai, dandomi della scema per essermi data la zappa sui piedi da sola.
   «Che ci fate nascosti qui, voi due?» volle sapere il nuovo arrivato, appoggiandosi all’altro stipite della porta e squadrando Castiel dalla testa ai piedi.
   «Siamo in punizione perché una certa persona, qui, non sa tenere a freno la lingua», gli spiegò con una scrollata di spalle l’altro, benché si vedesse benissimo che non gradisse il modo in cui Dake lo stava guardando.
   «Lasciarti da solo in un ripostiglio in compagnia di una bella ragazza non mi sembra granché, come punizione…» commentò il nipote di Boris, facendo scivolare gli occhi su di me.
   Un brivido mi percorse le viscere, ma fu Castiel a parlare per me. «Stiamo parlando della stessa ragazza?» Sembrava decisamente in disaccordo, per fortuna. In ogni caso, ormai il patto era saltato ed io non gli avrei fatto i compiti neanche se mi avesse pregata in aramaico antico.
   Il sorrisetto di Dake si accentuò. «Beh, peggio per te», disse, preferendo non questionare sulla faccenda. «Allora, che ne dici di andarcene da qualche parte insieme?» chiese poi, rivolgendosi direttamente alla sottoscritta.
   «Non posso, c’è ancora un sacco di lavoro da fare, qui», fu la pronta scusa che usai, convinta che sarebbe bastata per pararmi il fondoschiena.
   Mi sbagliavo. «Ti aiuto, così finiamo prima», risolse lui, entrando per avvicinarsi alla gabbia.
   «In tal caso, io me la svigno», annunciò Castiel, cogliendo la palla al balzo. Metaforicamente parlando. Infatti mi pentii di non avergli lanciato quella vera nello stomaco, prima.
   Strinsi le labbra, meditando vendetta. Lui non fece che due passi fuori dal ripostiglio, dentro il quale mi avrebbe lasciata avventatamente da sola con Mr Manilunghe, che subito tornò indietro con un sorriso divertito stampato in faccia. «Ci ho ripensato», dichiarò senza preavviso. «Le cose stanno per farsi interessanti e non voglio perdermi lo spettacolo.»
   Aggrottai la fronte, stranita all’idea che fare il guardone fosse uno dei suoi passatempi. Insomma, per quanta poca considerazione potessi avere di quel bulletto dai capelli tinti di rosso, di certo non avrei mai creduto che fosse pure uno sporcaccione immorale – o forse sì, visto come si era ostinato a guardare mia madre quando si erano conosciuti?
   «Ehi, tutto bene?» si sentì dire oltre le sue spalle. Qualcuno doveva averci raggiunto col proposito di vedere a che punto eravamo con il riordino del magazzino, ed io sapevo anche chi. Avrei riconosciuto la sua voce fra mille.
   Rincuorata per la sua presenza, subito mollai il pallone da basket che avevo preso fra le mani, pronta a difendermi nel qual caso Dake avesse oltrepassato la distanza di sicurezza che lo separava da me, e balzai in piedi. Quindi, cercando di scartare il nipote di Boris per guadagnare l’uscita e pronta a sfondare a suon di spallate lo sterno di Castiel, se necessario, inciampai malamente sul piede del mio invadente ammiratore australiano e franai a terra con un boato fragoroso, facendomi precipitare addosso anche svariate aste di legno che erano state allineate contro il muro proprio da me, appena pochi minuti prima.
   Qualcuno imprecò e quattro mani accorsero immediatamente in mio aiuto. Quando mi sollevarono a sedere, altre due mi afferrarono per le spalle con maggior gentilezza. «Ti sei fatta male?!» mi sentii domandare con voce ansiosa. Alzai lo sguardo, nonostante l’enorme imbarazzo provato in quel momento, e misi a fuoco il viso di Kentin, che doveva essersi precipitato anche lui nel ripostiglio non appena aveva sentito il frastuono. «Guarda qua», disse poi, puntando gli occhi sulla mia fronte. «Ti verrà fuori un bernoccolo non da poco», osservò a metà fra l’adirato e il preoccupato, mentre, accucciato in terra di fronte a me, mi scostava la frangia da un lato.
   «Prima che tu possa accusarci di qualcosa», s’intromise Castiel, decidendo di lasciarmi alle cure del mio migliore amico e tornando a drizzare la schiena, «sappi che è caduta da sola.»
   Kentin sbuffò. «Non ne dubitavo», commentò senza neanche voltarsi a guardarlo. Avrei dovuto indignarmi per la sua scarsa fiducia nei miei confronti, ma al momento ero talmente felice di vederlo che preferii ignorare la faccenda. I suoi occhi salirono a cercare la figura che si trovava alle mie spalle e lui aggrottò le sopracciglia quando si accorse che Dake mi teneva ancora sollevata per le ascelle. «Puoi lasciarla, adesso», gli disse con fare diplomatico, nonostante il tono freddo.
   «O forse potresti lasciarla tu», si sentì rispondere. Non potevo vederlo, ma il nipote di Boris mi sembrava quasi divertito da quella situazione. «Ne hai di ammiratori, tu, eh?» Questa domanda, suppongo, era rivolta a me, tant’è che non potei fare a meno di arrossire sotto lo sguardo confuso di Kentin. «Al mare c’era quel tipo dagli occhi strani, l’altra volta il biondino… ora questo qua.»
   Trovai alquanto preoccupante il modo in cui la fronte del mio migliore amico si corrucciò e la linea della sua bocca si fece più dura. Cosa non aveva mandato giù? Il fatto che Nathaniel fosse intervenuto in mia difesa prima di lui durante l’ultima visita di Dake al liceo o, piuttosto, l’essere stato etichettato come questo qua? Almeno ero certa che il povero Lysandre non fosse nella sua lista nera. Per ora.
   Castiel schioccò la lingua sotto al palato. «Sì, ma stavolta caschi male. Questo piccoletto è il suo ragazzo», dichiarò senza troppi preamboli.
   La presa di Dake si fece meno salda ed io riuscii a svicolarmene, allungandomi verso Kentin che, pur nella confusione del momento, si affrettò ad agguantarmi per la vita con un braccio e a tirarmi su con lui senza troppi sforzi. Il calore della sua stretta mi rincuorò non poco ed il mio cuore, pur non decelerando i battiti, palpitò per un sentimento ben diverso dall’ansia che mi aveva assalita fino a quel momento. Anche se si trattava soltanto di una bugia, probabilmente ad occhio esterno doveva risultare piuttosto credibile, visti il grande affetto e la palpabile attrazione che c’erano fra me e Kentin.
   Castiel era riuscito a risolvere temporaneamente la situazione.
   «Davvero?» volle sapere Dake, guardandoci con aria dubbiosa. Per lo meno, adesso aveva finalmente perso il sorriso.
   «Sono peggio di due ventose, sempre incollati», insistette Castiel, che evidentemente ci stava prendendo gusto. Ebbi il sospetto che, più che difendermi, avesse deciso di prendersi gioco di me e Kentin. «Persino a scuola, come puoi vedere. Una volta li ho persino beccati in bagno mentre…»
   «Oh, sta’ zitto!» proruppe il mio presunto ragazzo, imbarazzato almeno quanto me. Ciò nonostante, non mollò la presa. Immagino che avesse deciso di impegnarsi a dare credibilità alla balla del nostro compagno di classe, nonostante tutto, e poiché la cosa non mi dispiaceva affatto, lo lasciai fare senza la minima protesta.
   «Non sapevo che avessi un ragazzo», disse Dake, senza scandalizzarsi per quanto insinuato da Castiel. Anzi, continuò a fissarmi col probabile intento di scoprire la verità e non potevo certo dargli torto, visto che poco prima mi aveva sorpresa nel tentativo di inventare un’altra bugia per togliermelo di torno.
   «Non sono affari che ti riguardano», ribatté Kentin per me, deciso a non confermare né negare niente. «Vieni, andiamo a mettere del ghiaccio sulla fronte», aggiunse poi in tono più gentile, prendendomi per mano e conducendomi via con lui.
   «Ehi, ragazzina!» mi richiamò Castiel, inducendomi a voltarmi indietro, mentre Dakota faceva qualche passo nella nostra direzione prima di fermarsi accanto a lui. Sperai che non gli rivolgesse altre domande riguardo me e Kentin, perché temevo che quella testa matta di Castiel potesse inventarsi altri pettegolezzi imbarazzanti sul nostro conto. «Ricorda: una settimana intera.»
   Abbozzai un sorriso in risposta. Dopotutto, i compiti glieli avrei anche potuti fare, questa volta, e pure con piacere.












Sicuramente dopo Kentin le avrà dato la morte per sapere di cosa stava parlando Castiel e cos'è accaduto prima del suo arrivo.
Comunque sia, questa qui proprio non mi piace. Non so perché, la trovo confusa, poco precisa, boh. E poi detesto scrivere di un OC che è al centro di tante attenzioni: fa troppo Mary Sue. E okay che nel gioco va così, però... gne. E meno male che la mia Dolcetta, anzi, se la filano solo in tre (Kentin, Nathaniel e Dake, nonostante a quest'ultimo non dia affatto confidenza... e l'affinità pari a -37 lo conferma, ma... va beh).
In realtà, fra gli intenti di questa shot, c'era anche quello di stabilire una sorta di tregua fra Castiel e la mia Dolcetta, che, come ben sapete, non vanno d'accordo manco a pagare. Lui non mi fa impazzire, come personaggio, ma non lo disprezzo affatto. Anzi, a tratti lo trovo anche divertente, solo che... siamo incompatibili. ._.
E per quel che riguarda il resto... boh, me ne vado perplessa, ragionando su quanto non ci sappia fare con questo genere di storie. ;_;
Buonanotte a tutti!
Shainareth





  
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