Giochi di Ruolo > Dolce Flirt
Ricorda la storia  |       
Autore: Shainareth    04/04/2015    1 recensioni
Mi ero spesso chiesta come fosse quella sensazione di gioia che si prova quando hai la possibilità di dare il buongiorno al ragazzo che ami con un bacio. Lo scoprii quella mattina, quando, scesa di casa per andare a scuola, trovai Kentin ad aspettarmi davanti al parco.
Brevissima long (di soli due capitoli) ambientata dopo la shot Equilibrio.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexy, Armin, Dolcetta, Kentin, Rosalya
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



RAGAZZACCI - CAPITOLO PRIMO




Mi ero spesso chiesta come fosse quella sensazione di gioia che si prova quando hai la possibilità di dare il buongiorno al ragazzo che ami con un bacio. Lo scoprii quella mattina, quando, scesa di casa per andare a scuola, trovai Kentin ad aspettarmi davanti al parco.
   «Volevo farti una sorpresa», mi spiegò, passandomi un braccio attorno alla vita e chinandosi su di me per posare teneramente le labbra sulle mie. Aveva l’aria soddisfatta di chi è infine riuscito a raggiungere la meta tanto agognata. Lo capivo, perché io mi sentivo allo stesso modo. In più, non potevo fare a meno di pensare anche a quanto diamine fossimo stati imbecilli ad aspettare tutti quegli anni per arrivare a quel punto.
   «Già che c’eri, perché non ti sei fatto trovare proprio sotto casa?»
   «Col rischio che tuo padre mi prendesse a calci?» Risi, prendendogli la mano che mi porgeva e avviandomi con lui verso il parco, che avremmo attraversato per dirigerci al liceo.
   Dopo il nostro bacio del pomeriggio addietro, quando avevamo tacitamente stabilito di smetterla di rincorrerci e di scornarci come due amanti cocciuti, costretti a reprimere i propri sentimenti per semplice e nocivo partito preso, mi ero messa a piangere come una sciocca. Temendo perciò di aver osato troppo, Kentin era andato nel panico, ma lo avevo tranquillizzato subito: ero felice che fosse successo. Le lacrime che mi erano sgorgate dagli occhi non erano state altro che uno sfogo dovuto a tutte quelle emozioni contrastanti che sembravano volermi esplodere nel petto.
   Ad ogni modo, parlandone mentre mi riaccompagnava a casa, ci eravamo chiesti come avremmo dovuto comportarci davanti agli altri. Alcuni dei nostri amici sarebbero stati sicuramente felici per noi; altri, come Nathaniel e Alexy, meno. Pur sapendo che sarebbe stato inevitabile, non volevamo ferire i sentimenti di nessuno. Pertanto, anche per una sorta di scaramanzia personale, avevamo finito per riprometterci di mantenere la cosa solo per noi, almeno per il primo periodo. Tanto più che, a scuola, la maggior parte dei nostri compagni di classe aveva fatto il callo all’ambiguo rapporto che ci aveva sempre legati, e perciò non sarebbe dovuto apparire troppo strano, ai loro occhi, vederci insieme o bisticciare come bambini per una vaga, malcelata gelosia per colpa di Nathaniel, di Ambra o chissà chi altri.
   Una cosa, però, avevo preteso senza che Kentin potesse ribattere al riguardo: comunque fossero andate le cose fra noi, prima ancora che una coppia, avremmo dovuto continuare ad essere l’uno il migliore amico dell’altra. Senza se e senza ma. Dapprima Kentin aveva accettato di buon grado. Poi, però, mi era parso incerto, e quando gliene avevo chiesto il motivo, mi aveva confessato che, nelle sue intenzioni, non prevedeva di dover tornare affatto al vecchio stato di semplici amici.
   «Non sei mai stato un semplice amico, per me», gli avevo garantito, forte della consapevolezza che, adesso, potevo parlargli liberamente di tutto ciò che riguardava i miei sentimenti, presenti o passati che fossero. «In realtà, mi sei sempre piaciuto.»
   Lui aveva aggrottato le sopracciglia, guardandomi con aria confusa. «Anche prima che andassi alla scuola militare?»
   Nonostante tutto, non ero riuscita ad impedirmi di arrossire. «Credo di sì», avevo balbettato, fissandolo da sotto in su.
   Kentin aveva riso, forse istericamente, e si era fermato in mezzo al viale alberato per abbracciarmi. «Non saprei dire chi di noi due è più idiota.»
   Continuavo a chiedermelo anch’io.
   Quella mattina, comunque, ragionammo su quante possibilità ci fossero che gli altri intuissero la verità e giungemmo alla conclusione che l’unica persona capace di preoccuparci davvero fosse Rosalya, con quel suo maledettissimo intuito femminile che, a volte, funzionava meglio di un radar di ultima generazione.
   «È per questo che detesto le femmine.»
   «Dovrei preoccuparmi, per questa tua dichiarazione?» mi sentii domandare in tono divertito, mentre giungevamo nei pressi della scuola.
   Pur controvoglia, sciogliemmo l’intreccio delle nostre dita e Kentin infilò entrambe le mani in tasca, mentre io strinsi le mie attorno alla tracolla della borsa dei libri. Per le successive ore, avremmo dovuto fingere che il nostro rapporto di stasi fosse ancora lì, ad incatenarci in un ruolo che ci stava sempre più stretto. Mi chiesi se ci saremmo riusciti. Probabilmente no, visto quanto eravamo impediti nel nascondere i nostri sentimenti e tutto ciò che ci passava per la testa. Dannata onestà.
   I gemelli erano già davanti agli armadietti a recuperare la loro roba e quando ci videro arrivare, ci salutarono allegramente. Tuttavia, Alexy non mancò di notare un particolare che a me, forse per via della felicità, era sfuggito. «Che brutte occhiaie», disse, osservando Kentin. «Non hai dormito, stanotte?»
   L’altro parve in leggero imbarazzo. «Certo che sì», balbettò quella che aveva tutta l’aria di essere una bugia. Dunque non ero stata l’unica, la sera prima, ad aver faticato a prendere sonno per le emozioni che si erano agitate per tutto il tempo nel mio animo innamorato. A volte, in effetti, la felicità sa essere deleteria quanto la tristezza.
   «Hai di nuovo fatto le ore piccole davanti alle sue foto?» domandò Armin, additandomi col pollice di una mano come se fossi un complemento d’arredo.
   Kentin avvampò. «Non dire idiozie!» sbottò, agitato. Non compresi quella sua reazione. O meglio, di certo è imbarazzante sentirsi presi in giro sui propri sentimenti per la persona che ti piace, soprattutto quando lei è presente; ma in quel caso, visto il chiarimento fra me e Kentin, trovai un po’ esagerato il modo in cui lui aveva ribattuto. Al contrario, se le insinuazioni di Armin fossero state vere, avrei persino trovato tenerissimo che lui avesse faticato ad addormentarsi perché incantato a guardare le mie foto. Certo, un po’ mi vergognavo, ma che male c’era?
   «Cosa?!» esclamò invece Alexy, indignato. «Semmai le foto erano mie! Vero?!» chiese conferma al diretto interessato. Che lo insultò di cuore, mentre Armin rideva divertito.
   Qualcosa non quadrava. Almeno nella mia logica.
   Fu allora che, dimenticata in un angolino, osai informarmi riguardo a ciò di cui stavano parlando. «Cosa ci sarebbe di male, scusate?»
   Non mi sono mai ritenuta un genio, soprattutto quando pronunciavo frasi fraintendibili senza neanche rendermene conto. Quella avrebbe potuto esserlo persino nella mia ottica, perché avevo implicitamente ammesso che non mi avrebbe causato problemi se Kentin avesse passato la notte sulle mie foto. A guardarle e basta, voglio dire.
   Loro, però, intendevano ben altro.
   Alexy mi guardò con tanto d’occhi, Kentin dovette aggrapparsi all’anta del proprio armadietto, nascondendo il volto contro l’incavo di un braccio, e Armin scoppiò a ridermi in faccia senza troppi riguardi.
   «Ti prego», cominciò poi, rivolgendosi a quello che, a conti fatti, ora era il mio ragazzo. «Insegnale qualcosa tu, prima che qualcun altro la traumatizzi.»
   «Ma…?» balbettai, non capendo ancora dove volesse arrivare. «Insegnarmi cosa?»
   «Posso dirglielo?» volle sapere Armin.
   «Non azzardarti!» replicò Kentin, quasi fra i denti. Sospirò, lanciandomi uno sguardo visibilmente imbarazzato. Corrucciai la fronte, cercando di interpretare quel silenzio, rotto solo dalla risatina divertita di Armin e da un borbottio contrariato di Alexy. Kentin sembrava sul punto di dirmi qualcosa, ma non fiatò. Forse non poteva farlo davanti ai gemelli, il che stava a significare che doveva trattarsi di qualcosa che riguardava soltanto me e lui.
   Quel pensiero, quello di noi due, mi rasserenò di colpo ed io decisi che potevo attendere la sua spiegazione, che sicuramente sarebbe arrivata dopo le lezioni.
   Nessuno parlò più della faccenda, anche perché fummo raggiunti da alcune nostre compagne di classe e ci avviammo in aula insieme a loro. Mi diressi al mio posto, mentre dalla prima fila sentii distintamente la voce allegra di Kim che esclamava al suo compagno di banco: «Ehi, cos’è quella faccia turbata e soddisfatta insieme?»
   Non riuscii a cogliere la risposta di Kentin, poiché in quel momento arrivò Rosalya che, dandomi il buongiorno, si sedette accanto a me. Ricordandomi del potenziale pericolo nascosto nella sua perspicacia, abbozzai un sorriso che di allegro aveva ben poco.
   «Che è successo?» mi domandò all’istante.
   L’ho già detto che odio essere tanto onesta?
   «Armin mi prende in giro», buttai lì, cercando un modo per svicolare. Per quanto fossi consapevole che di lei ci si poteva fidare, non le avrei detto di me e Kentin. Era una cosa soltanto nostra e volevo preservarla il più a lungo possibile. Come un piccolo tesoro segreto.
   «Alle solite, insomma», considerò Rosalya. Feci spallucce. «Riguardo a cosa, stavolta?»
   Cercai di non guardarla negli occhi con la scusa di tirare fuori dalla borsa l’occorrente per la prima ora di lezione. «Mah, non ho ben capito, a dire il vero», ammisi, tanto per rendere credibile la cosa. «C’entravano Kentin e delle foto mie. Lui s’è arrabbiato con Armin per qualcosa, ma non so dirti di più.»
   Non ottenni alcun commento. Strano. Rosalya tacque troppo a lungo perché io rimanessi impassibile. Alzai lo sguardo su di lei e la trovai intenta a fissarmi con una di quelle sue espressioni contrariate.
   «Che c’è?» chiesi con voce incerta.
   «Non ho ancora capito se tu ci sei o, piuttosto, ci fai», mi sentii rispondere.
   «In che senso?» cercai di indagare, non seguendo il suo ragionamento.
   La vidi stringere le labbra per qualche attimo, ma poi mi domandò a bruciapelo: «Hai una vaga idea di quello che fanno gli uomini sulle foto delle donne?» Il modo in cui aggrottai le sopracciglia la indusse a credere di no. Sospirò. Infine, me lo spiegò.
   Finalmente compresi le reazioni degli altri e mi sentii una colossale idiota. Tanto che non fui più in grado di spiccicare parola per diversi istanti.
   «È una cosa normale», stava continuando Rosalya, convinta che io riuscissi a darle la giusta attenzione. «Oltretutto, non è mica da escludere che Armin non stesse scherzando.»
   Kentin e le mie foto. Questo binomio avrebbe dovuto farmi adirare o, piuttosto, lusingarmi? Di sicuro mi imbarazzava da morire.
   «Comunque, ci sono molte donne che fanno la stessa cosa. Non io, visto che il mio Leigh mi soddisfa appieno.» Mi voltai a fissare Rosalya come se avesse parlato in lingua aliena e lei ridacchiò allegra. «Andiamo, perché credi che vendessi le foto dei ragazzi, prima?» mi rivelò, lasciandomi ancora più stordita di quanto già non fossi. «Vuoi farmi credere che ti sei soltanto limitata a contemplare come una scema quella di Nathaniel che ti ho regalato tempo fa? Che animo puro…»
   La foto di Nathaniel. Mi ero completamente dimenticata della sua esistenza e, oltretutto, non avevo la più pallida idea di dove l’avessi messa.
   «Confesso che sono rimasta stupita di non trovarla in bella vista in camera tua.» Ormai la voce della mia compagna di banco era diventata un sottofondo più o meno fastidioso ai miei lugubri pensieri. «Invece, a quanto pare, preferisci gli orsetti di peluche.»
   «Che hanno di sbagliato, gli orsetti di peluche?» m’impuntai, tornando improvvisamente in me. Nessuno poteva toccare il regalo di Kentin.
   Rosalya scrollò le spalle, facendo oscillare i suoi bellissimi capelli attorno all’ovale del viso. «Niente, a parte il fatto che sono un po’ infantili.»
   «A me piacciono», affermai risoluta, facendola di nuovo ridere.
   La nostra conversazione fu interrotta dall’arrivo del professore ed io tornai a chiudermi in me stessa e nei miei terrificanti pensieri. Non tanto quelli che riguardavano l’uso improprio delle mie fotografie, perché su quello preferivo non soffermarmi – e poi, se Kentin non poteva farne a meno, tanto valeva che immaginasse me piuttosto che un’altra.
   Ciò che in realtà mi inquietava, in quel momento, era quella dannata foto di Nathaniel. Possibile che fossi stata così superficiale da aver dimenticato dove fosse? In realtà, quando Rosalya me l’aveva data, non avevo neanche saputo che farmene. Sì, all’epoca ero convinta che lui mi piacesse, ma mi imbarazzava l’idea di avere una cosa tanto personale che riguardava un ragazzo con il quale stavo ancora facendo amicizia. Inoltre, averla senza che lui ne sapesse nulla, mi sembrava ingiusto.
   Peggio ancora, alla luce degli ultimi avvenimenti, se fosse saltata fuori all’improvviso, magari proprio mentre ero insieme a Kentin… Beh, non volli immaginare le conseguenze di quell’infausta previsione. Dovevo trovarla. A tutti i costi.
   Cercai di ricordare cosa ne avessi fatto dopo che Rosalya me l’aveva data, ma proprio non mi tornò in mente. Provai a mettermi nei panni della me stessa di allora e l’unica cosa di cui mi convinsi era che, se l’avessi nascosta nell’armadietto, probabilmente avrei vissuto col terrore che Ambra o qualche altro impiccione, nel tentativo di farmi uno scherzo, ci avrebbe rovistato dentro e l’avrebbe trovata. Quindi forse dovevo averla portata a casa. Anche lì, però, avrebbe potuto essere facilmente saltata all’occhio vigile di mia madre, magari mentre rimetteva in ordine al posto mio qualcosa che avrebbe fatto meglio a lasciare dov’era.
   Per quanto mi sforzassi, non ricavai un ragno dal buco. L’unica cosa che riuscii a concludere, alla fine delle lezioni del mattino fu: Maledizione a Rosalya e alle sue idee assurde.












Non chiedetemi da dove è uscita questa roba. So solo che a volte mi impelago in imprese apparentemente contorte. Come i problemi dell'adolescenza e dei ragazzini che scoprono l'amore e la sessualità... Avrei dovuto fare l'educatrice per davvero, sigh.
A parte ciò... non so che altro dire. Cioè, prima che mi mettessi a scrivere queste righe avevo un mucchio di cose in testa, ma adesso, ovviamente, c'è il consueto vuoto. Va beh, poco male, non vi assillo oltre e vi do appuntamento al secondo capitolo, che dovrei postare comunque nel giro di un giorno o due.
Buona serata! :*
Shainareth





  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Giochi di Ruolo > Dolce Flirt / Vai alla pagina dell'autore: Shainareth