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Autore: Annrose    07/04/2015    0 recensioni
È incredibile il modo in cui una persona può influenzare la vita di un'altra. Anche con una parola, una giornata può cambiare, diventando migliore o peggiore. Ma cambia. E Matthew è una di quelle persone, giudicate strane o stupide, che riesce, soltanto con la sua presenza, a cambiare la vita di Amanda. Ma il passato, i ricordi...quelli non li cambierà nessuno.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cammino nei corridoi della scuola, a testa bassa come sempre, alla ricerca della mia nuova classe. Mi sono trasferita qui la settimana scorsa, e non conosco nessuno. Non sono nervosa, solo impaurita. Ho sempre temuto le novità e i cambiamenti. A certe cose non ti ci abitui mai. 

È la terza volta che cambio scuola, in quattro anni. Non sopporto l'idea di conoscere - di nuovo - persone nuove. Non sono brava ad ambientarmi, tra un anno sicuramente sarò da un'altra parte. Da una parte spero che sia così.

Sono davanti alla porta dell'aula: bisbigli e piccole fragili risate provengono da lì. La mia mano trema come non mai e si posa sulla maniglia. Apro senza neanche bussare. 

Rimango ferma davanti a quelle decine di occhi che, dai libri e dai cellulari nascosti sotto i banchi, si spostano su di me. L'ansia mi percorre la schiena e mi stringe la gola, le dita tremano e mi sento male. "Fai un respiro profondo. Tranquilla." penso cercando di tranquillizzarmi. Respiro.

Faccio un timido sorriso finto e mi siedo in fondo, sulla destra, l'unico posto libero: vicino ad un ragazzo. Lo saluto con la mano e mi siedo, sistemando lo zaino e tirando fuori alcuni libri a caso per sembrare impegnata. Lui si limita a guardarmi e a balbettare. È carino.

Dopo un'ora di presentazioni, i nomi dei miei futuri compagni di classe mi volano nella mente, non appartengono ancora a nessuno. È l'ora della ricreazione. Qualche ragazzina viene da me, incuriosita, chiedendomi un sacco di cose. Il mio compagno di banco si chiama Matthew e, a quanto pare, ha dormito poco stanotte. Sta con la testa appoggiata al banco, con le braccia piegate. Chissà, magari anche lui era impaurito stamattina, e si è fermato davanti a quella porta per tranquillizzarsi. Forse è morto. No, respira.

"Come hai detto di chiamarti?" domanda una biondina, Savannah. Ha uno strano accento, inglese o giù di lì.

"Amanda" rispondo insicura. Mi chiamo davvero così? Boh. Tutto sembra girare.

"E da dove vieni?"

"Ohio".

Annuisce, sorride e se ne va, mandandomi un bacio con la mano. Che gente strana.

"Ehi" chiedo a Matthew "va tutto bene?"

Annuisce, la testa fra i gomiti. Appoggio la fronte come lui e gli parlo sottovoce: forse così si deciderà a tirarsi su.

Gli ripeto la domanda e finalmente mi guarda negli occhi, grigi come il cielo di questa mattina.

"Sì, va tutto bene". Il suo sorriso mente, ma decido di lasciar perdere. Dopotutto chi parlerebbe mai dei suoi problemi con una sconosciuta?

"Piacere, Amanda".

"Matthew" risponde arrossendo leggermente.

La mattinata è passata in fretta, nonostante tutto. Abito in una casa a Detroit. La condivido con due coinquilini, Trevis e Emma. Hanno sedici anni, come me, e vengono dal Canada. Sono amici da molto tempo e hanno deciso di allontanarsi da Ottawa per studiare insieme. 

Adesso non c'è nessuno in casa: probabilmente sono ancora a scuola quei due. Ed eccomi qui, sola. Come al solito.

Scaldo qualcosa di pronto nel microonde e accendo la televisione. Mi addormento sul divano, con una forchetta di plastica in mano.

Dopo circa due ore passate a russare con un pacchetto di pasta sulle ginocchia, Trevis arriva a casa e mi sveglia. Dietro di lui c'è Emma, che si tuffa nel divano con la testa premuta contro un cuscino.

"Lavorano meno gli ingenieri della NASA" esclama tirandosi su e prendendo il telecomando.

Rido e continuo a guardare lo schermo. Ma la mia testa è altrove. Continuo a pensare a Matthew. Mi ha colpito, non so spiegare come. Sembriamo così simili.

Tra due settimane c'è una festa a casa di Savannah e, per la prima volta, sono stata invitata. Domani andrò a comprarmi un vestito. Anche se odio i vestiti. Non voglio essere giudicata male, mi adatterò. Sono agitata. L'ansia è sempre stata parte di me.
  
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