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Autore: Shadow writer    08/04/2015    2 recensioni
Fuggo oltre il locale con la musica a palla, fuggo sulle strade buie, fuggo nel vento gelido della notte.
Fuggo dagli altri, dai loro giudizi, fuggo da me stessa e da ciò che provoco.
Corro, con le ali ai piedi, per le strade deserte.
Anzi, ai piedi, ho il vento. Vento che mi spinge, che mi solleva, che obbedisce ai miei ordini come se fossi la sua padrona assoluta.
Faccio un balzo e l'aria mi spinge in alto, oltre le cime degli alberi. M'innalzo contro il cielo nero bagnato di stelle.
Apro le braccia, stringo l'orizzonte tra le mani. Inspiro il freddo della notte e tutti i suoi sapori.
Potente, ecco quello che sono.
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Trasferirsi in un nuovo continente è di certo una cosa grandiosa, ma non mi sarei mai aspettata il genio ribelle, il vecchio misterioso, il giocatore di football, una ragazza che sarebbe diventata come una sorella per me, ma soprattuto qualcosa di molto, mollto più grande di me.
Genere: Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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_Dove parlo di bene e male
 
L'uomo mi spinge malamente nello stanzino buio e sbatte con violenza la porta alle mie spalle. 
Percepisco l'agitazione degli altri ragazzi, la leggo sui loro volti scarsamente illuminati dallo spiraglio di luce che filtra da sotto alla porta.
«Tutto bene?» chiede Camilla con uno sguardo serissimo dipinto negli occhi castani.
Annuisco e cerco le figure degli altri.
«Cosa è successo?» domanda Eizan impaziente.
«Ho parlato con il loro capo. "Parlare" è un eufemismo. In realtà lui mi ha guardata in cagnesco per tutto il tempo e mi ha lasciata andare dicendo di stare buona e di dire a voi di non provare a scappare»
«Com'è?» chiede Hyuk-Sic, attento. I suoi occhi pungenti sembrano scrutare nella mia anima per estrapolare le informazioni ancor prima che io spicchi parola.
«Non sembrava molto alto, ma è tozzo, ne sono quasi sicura. Non saprei dire altro»
I ragazzi si guardano fra di loro scoraggiati.
«Ma...» proseguo. Ho di nuovo la loro attenzione palpitante. «Ho preso una cosa»
Mi avvicino ad Eizan e gli passo del fil di ferro. Le mani di entrambi sono legate dalle manette, così il passaggio è un po' impacciato e lento.
«È fantastico» sussurra lui «Ora vi libero»
Lo sentiamo armeggiare con le manette, nel silenzio della stanza. Ho programmato con Will la nostra "evasione". Sapevo che Eizan se la cava a forzare serrature, per questo ho preso il filo di ferro.
«C'è una sola persona di guardia a questa porta» dico «E noi siamo in cinque. Possiamo assalirla e poi fuggire. L'uscita è a destra, in fondo al corridoio, ma non ci sarà nessun altro, o almeno è così che ho visto prima. Dobbiamo sbrigarci prima che cambino organizzazione»
Vedo Camilla studiarsi la linea dei polsi, finalmente liberi, poi, il più in fretta possibile, cedono anche le manette di Hyuk-Sic e Karin. Per ultima vengo liberata io. 
Lascio che siano gli altri ad organizzare l'attacco, perché la mia sicurezza non dia troppo nell'occhio.
I ragazzi discutono sottovoce tra di loro e ci spartiamo i compiti velocemente. 
Eizan infila il fil di ferro nella serratura della porta che ci tiene rinchiusi. L'unico rumore che percepiamo è un leggero tintinnio metallico e, di tanto in tanto, i sospiri stanchi della guardia.
Sentiamo tutti un piccolo scatto e i nostri respiri si fermano in quello spazio immobile tra la gola e la bocca, per non produrre nessun altro rumore.
I sospiri annoiati dell'uomo continuano imperturbabili. Eizan fa un cenno. Ci disponiamo tutti secondo le posizioni stabilite.
Il ragazzo posa una mano sulla maniglia, poi spalanca la porta.
Agiamo in fretta, senza pensare, spinti dall'impulso della vita che cerchiamo.
Hyuk-Sic scatta avanti, afferra la guardia e la spinge all'interno dello stanzino, Karin gli tappa immediatamente al bocca, mentre Camilla tiene ferme le sue braccia. Quando io esco per controllare il corridoio, Eizan sferra un colpo alla nuca dell'uomo ed egli si accascia svenuto a terra.
«Venite, veloci» dico in un sussurro.
Scivoliamo sul legno che non ci risparmia qualche scricchiolio fino a giungere davanti alla porta d'ingresso. Eizan si porta a capo della fila e armeggia ancora con la serratura. Impiega più tempo di prima e i nostri cuori scandiscono il tempo con i loro battiti frenetici.
Rimaniamo immobili, come per confonderci con le ombre del corridoio, con le orecchie tese pronte a cogliere ogni rumore diverso dai nostri respiri.
Quando anche questa serratura cede ci infiliamo nel buio freddo del bosco. Non c'è nessuna luce artificiale e la luce delle stelle fatica a superare le fronde degli alberi tutt'intorno a noi.
Sentiamo dei passi provenire dal lato destro della casa e ci lanciamo insieme verso dei cespugli dalla parte opposta. Mi ritrovo con la gamba di Camilla sulla pancia, che mi preme a terra, è il gomito di Karin sulla coscia. Sotto la luce della luna si delinea la figura di un uomo che lancia uno sguardo circospetto intorno a sé. Guarda in nostra direzione e stringe gli occhi.
Il mio vento fa scricchiolare del rametti più avanti e lui si allontana per andare a controllare.
«Non avevamo pensato alle guardie esterne» fa notare Eizan.
«Grazie, non me n'ero accorta» commenta Camilla con una smorfia, o almeno immagino la stia facendo perché non riesco a vedere il suo volto.
«Andiamocene a coppie» propone Hyuk-Sic «Anche se ci muoviamo tutti assieme potrebbero prenderci. Se ci muoviamo in pochi abbiamo meno possibilità di essere visti e se uno solo di noi arriva dalla polizia, può chiamare i soccorsi»
Gli danno tutti ragione e non posso far altro che unirmi a loro.
«Vado io per ultima» mi offro e nessuno di loro si sente di fare l'orgoglioso e controbattere.
Per primi vanno Camilla e Hyuk-Sic. Vediamo i loro corpi delinearsi nelle tenebre e scomparire tra queste. Mi metto seduta dietro al cespuglio mentre anche Karin ed Eizan se ne vanno. Sono rimasta sola.
Mi alzo in piedi, pronta a captare ogni suono.
«Veloce come il vento, signorina Leach?» 
Mi volto si scatto.
«Se era una battuta, era davvero pietosa.» commento cercando il proprietario della voce. Will compare con il suo sorriso stampato sul volto.
Si avvicina, poi mi prende per una polso e mi attira a sé.
Sento il sapore delle sue labbra contro le mie ancora prima che si tocchino.
«Ci stai prendendo gusto con questi baci» commento e mi rendo conto dopo dell'idiozia che ho appena detto. A lui non importa e ride. Il suono scivola nel buio, ma nessuno ci fa caso.
Gli regalo un altro bacio, labbra contro labbra, poi scappo veramente.
Supero il bosco, gli alberi scompaiono alle mie spalle.
Mi fermo un istante per prendere fiato e studiare lo spazio intorno a me. A sinistra c'è il palazzo, con le luci del piano terreno ancora accese, mentre sento dei rumori provenire dalla parte anteriore.
Riprendo a correre in quella direzione e poco alla volta ai miei occhi si delineano delle figure raggruppate intorno a delle auto. 
Riconosco i lampeggianti della polizia, così rallento leggermente e cerco di schiarirmi le idee.
«Luna! Luna!» Camilla mi corre incontro gridando e mi abbraccia con forza.
La sento stretta a me, vibrante.
«Ci sono tutti?» chiedo con il fiato corto. Lei annuisce a fatica. Ha gli occhi lucidi e le sue labbra tremano.
Ci avviciniamo insieme al gruppo. Scorgo Karin rannicchiata in un angolo, poi Eizan e Hyuk-Sic che parlano con un poliziotto.
«Luna» mi sento prendere per un braccio e tirare dolcemente a lato. Camilla scompare e io sono troppo confusa e attonita per cercarla.
L'uomo che mi ha stretto il polso è alto e muscoloso, con i capelli castano-rossicci a spazzola. Impiego un istante per riconoscerlo come il padre di Clare.
«Perché sei qui?» gli chiedo stupita.
«Sono un poliziotto, è normale che io sia qui. Tutto bene?» 
Annuisco, confusa.
Le luci blu e rosse illuminano i volti dei presenti in modo quasi spettrale, poi scivolano sullo spazio circostante e sul palazzo alle nostre spalle.
È pieno di persone che cercano sostegno e di poliziotti che corrono di qua e di là per controllare che tutto sia in ordine.
Scorgo del trambusto poco distante da noi e un secondo più tardi un'ambulanza parte gridando.
«Cos'è successo?» chiedo al padre di Clare. Lui mi porta in disparte, dove i rumori della gente paiono più lontani ed ovattati.
«Questo dovresti dirmelo tu»
Fissa i suoi occhi castani nei miei terrorizzati. 
«Insomma, voi eravate presenti. Cosa avete visto? Cosa avete sentito? Ogni dettaglio potrebbe essere fondamentale per identificare i colpevoli.»
Mi tranquillizzo un poco, ma la sensazione di ansia continua ad attanagliarmi il petto.
«Va bene» dico «Risponderò a tutto»
Un collega dell'uomo mi fa qualche domanda sporadica, troppo generale perché io debba ingegnarmi con le bugie.
Rifilo anche a lui la storia del criminale non molto alto e tozzo che ho raccontato agli altri ragazzi e mi lasciano presto in pace. 
«Adesso vi portiamo a casa» dice il padre di Clare e mi fa salire sulla sua auto.
Lancio un ultimo sguardo alla folla raggruppata davanti al palazzo. Eizan e Hyuk-Sic stanno ancora parlando con un poliziotto, mentre Camilla si è avvicinata a Karin e si sono sedute vicine, avvolte dalla stessa coperta.
Stanno tutti bene. Sono tutti salvi.
Sento le lacrime premere sugli occhi e ne lascio scivolare una lungo la guancia fredda.
Sono fredda, sporca, stanca, dolorante, ma felice
Sono riuscita a salvarli tutti.
Salgo sull'auto che mi porta via inosservata. Attraversiamo le strade deserte, immerse nel silenzio della notte che se potesse parlare avrebbe un mondo di parole da riversare su di noi.
Chiudo gli occhi e mi lascio cullare dal suono leggero,delle gomme sull'asfalto.
 
Il giornale cade sul tavolo di metallo sbattuto con forza, come per evidenziare le lettere che a caratteri cubitali informano dell'ultimo clamoroso avvenimento: 
"UN ALTRO ATTACCO A BENEDICT LENNOX, 2 MORTI E 11 FERITI"
Will, dall'altro lato del tavolo, alza gli occhi verso di me così in fretta da far dubitare che abbia letto il titolo, ma sono più che convinta che in realtà ha già scansionato anche le prime righe dell'articolo, senza darne segno. 
«Non fare il finto tonto» gli dico seria.  
Lui sospira e si passa una mano tra i capelli, scompigliandoli.
«Qualcuno ti ha vista entrare con questo giornale?» lancia uno sguardo circospetto alla sala intorno a sé. Come al solito è così affollata che nessuno farebbe caso a no.
Scuoto il capo: «Will, sono morte due persone, ti rendi conto?»
«Saresti disposta a farti carico di vite umane?» domanda lui, come se volesse cambiare discorso all'improvviso.
«No!» replico prontamente.
«Saresti disposta a fare sacrifici per grandi cose?»
«Non se vite umane»
«Allora lascia fare a chi è disposto. Non c'è bisogno di coraggiosi pieni di misericordia in questo mondo.»
«Era necessario uccidere quelle due persone?»
«Derek Hamilton, accusato per estorsione non è stato condannato per mancanza di prove, attualmente faceva da segretario a mio zio, e Samuel Taylor, segnalato più volte per maltrattamenti ai suoi dipendenti.»
Sgrano gli occhi esterrefatta.
«Quegli omicidi erano programmati?» esclamo incredula.
Il ragazzo guarda alle mie spalle, poi abbozza un sorriso: «Se non gridassi, te ne sarei molto grato»
Mi siedo sulla panca di fronte a lui e mi piego in avanti per essere più vicina.
«Li ha fatti uccidere?» sbotto sottovoce.
Lui sbuffa: «Che brutta scelta di parole, come se io fossi un dio e una mia decisione possa controllare delle vite. Sono un essere umano anche io, signorina Leach»
«Sembra invece che tu ti stia comportando come un essere superiore, non credi?» replico guardandolo negli occhi. Le sue iridi del colore dei lapislazzuli rimandano un bagliore divertito.
«Qualcuno deve pur prendersi certe responsabilità.»
«Sei disposto a vivere con la consapevolezza di aver spezzato delle vite?»
«Non ero io quello con le mani sporche di sangue»
«È ipocrita da parte tua ritenerti innocente»
«È ipocrita da parte tua credere di poter cambiare ma non accettare di fare un solo passo»
Comincio a sentirmi vuota. Io non sono fatta per combattere.
«Cambiare non significa diventare male» annaspo.
Lui sorride: «Ritieni di essere bene ora?»
«Di certo più di te. Tu sei male, Will, tanto male, come il dolore che hai fatto provare a quelle persone che aspettavano il ritorno dei loro cari, ma hanno ricevuto la chiamata della polizia per dir loro che erano morti. Spero che tu te ne renda conto»
Mi alzo di scatto in piedi, prima che possa rispondere e lascio in fretta la sala.
Attraverso i corridoi il più velocemente possibile, poi esco dal Centro, per lasciarmi alle spalle tutta la sofferenza che mi ha provocato. Ma rimane un sapore amaro sulle mie labbra e qualche lacrima negli occhi.
 
C'è un venticello leggero nel campus. Soffia tra le case portando con sé l'odore dell'inverno imminente e si allontana raccogliendo i profumi di questo posto.
Sono nella veranda della mia casa e ascolto i rumori intorno a me.
Ho appena parlato con la mia famiglia. Dopo un lungo periodo di forzato silenzio mi sono arresa e ho accettato le loro chiamate. Non mi sembra che se la passino male, insomma sempre le stesse cose: papà impegnato con il lavoro, mamma che si vanta di quanto sia brava sua figlia e Calvin che finge di essere felice della mia lontananza ma ne soffre più di tutti.
Chiudo gli occhi per un istante e quando li riapro c'è una nuova sagoma nel viale. Ha il sole alle sue spalle, quindi riesco a scorgerne solo i contorni, ma raddrizzo la schiena sulla panca, incuriosita. La figura si avvicina lentamente.
«Ti ha mandato Will?» chiedo quando lo riconosco.
Un sorriso si apre sul volto di Greg mentre prende posto al mio fianco.
«No, ma mi ha detto che hai fatto un bel casino»
Scrollo le spalle: «Abbiamo solo avuto una discussione»
«Che ha attirato l'attenzione di tutti i presenti» aggiunge lui.
«Non me n'ero accorta» replico stupita.
«Lo so, Luna, tu non ti accorgi mai di ciò che ti riguarda, perché sei una persona buona e le persone buone non pensano a se stesse per prime»
«Cosa vuoi dire?» mi volto vero di lui e vedo il sorriso sulle sue labbra.
«Se tu sei buona e hai deciso di stare dalla nostra parte, un motivo ci deve essere» continua Greg.
«Significa che voi siete i buoni?»
«No, gli schieramenti non nascono buoni o cattivi, ma lo diventano per le persone che vi aderiscono»
Mi metto a ridere e anche il sorriso del ragazzo si accentua.
«Sei molto più persuasivo di Will, lo sai?» commento divertita.
«Lui è più "fumo e specchi (*)", io "sincerità e autenticità"»
Mi alzo in piedi e do la schiena al sole in modo da poter guardare finalmente Greg negli occhi.
«Be', il più efficace alla fine sei stato tu. Grazie»
«E di cosa?»
Si alza in piedi anche lui, mi posa una mano sulla spalla ed è così vicino che riesco a sentire il suo profumo di miele.
Mi lascio abbracciare da lui e mi fa sentire così bene e così al sicuro nonostante tutto.
 
Mentre cerco di infilarmi una lente a contatto nell'occhio sento bussare con forza alla porta della mia casa.
Rimango un attimo immobile, stupita. È lunedì mattina, chi mai può essere?
Lascio cadere la lente nel suo contenitore e mi sposto nella sala inforcando gli occhiali.
Quando apro la porta trovo davanti a me due uomini con la divisa della polizia. Soffoco il primo istinto di sbatter loro la porta in faccia e fuggire dal retro, ma sforzo un sorriso smagliante e un'espressione interrogativa.
«Buon giorno agenti, posso aiutarvi?»
Il primo si sistema gli occhiali sul naso,che gli conferiscono un'aria intellettuale e si schiarisce la voce:
«Sì, vorremmo parlare con te riguardo quanto avvenuto sabato sera. So che sei già stata interrogata, ma eri sotto shock ed è possibile che a mente lucida tu sia riuscita a rielaborare quanto avvenuto.»
«Certo» annuisco per dargli ragione e apro del tutto la porta «Accomodatevi»
Fortunatamente il salotto si trova in condizioni umane (riesco a chiudere la porta della camera prima che si accorgano del pigiama appeso al lampadario), così riescono a prendere posto sul divano.
Mi posiziono su una sedia di fronte a loro.
«Ricordi quanto raccontato ai nostri colleghi sabato sera?» chiede l'uomo con gli occhiali che ha parlato prima.
Annuisco.
«Ti dispiace ripeterlo?»
Cercando di essere il più fedele possibile, ripeto la farsa che avevo rifilato agli altri poliziotti.
L'altro uomo controlla su dei fogli qualcosa ogni volta che io apro bocca, come per confrontare la mia versione dei fatti con altre.
«Gli altri ragazzi che erano con te hanno detto che hai parlato con il capo dei criminali, è vero?» domanda l'uomo con gli occhiali.
«Sì, o almeno così mi è stato detto. Come ho già riferito, ricordo solo che era un uomo non troppo alto e di corporatura robusta.»
«Questa è già la terza aggressione che subisci in meno di tre mesi. Credi ci sia qualche collegamento?» continua lui.
Attivo la mia modalità attrice con il suo scandalosamente pessimo rendimento e rispondo, in tono falso affranto: «No, ma spero finiscano. Io...io non so cosa posso aver fatto e più ci penso più mi convinco di non c'entrare nulla in questa storia, ma la continua insistenza di questi eventi non aiuta a pensare positivo. Avete scoperto qualcosa a riguardo?»
I due uomini si scambiano uno sguardo, poi entrambi scuotono il capo.
«Grazie per la collaborazione.» dice l'occhialuto, poi prende un foglio, lo firma e me lo tende: «È la giustifica per l'entrata in ritardo, se è della polizia non possono dirti nulla» 
Si alza in piedi con il collega e si avvicinano alla porta. Poco prima di uscire, si volta e fissa i suoi occhi, dietro alle lenti profonde, nei miei. 
«Giusto per chiarire, volevo ricordarti che tutto quello che hai dichiarato e dichiarerai sarà parte di documenti ufficiali. L' intralcio alla giustizia è un crimine e come tale viene punito»
Tento di annuire ma mi sento i muscoli paralizzati e rimango a fissarli mentre escono e chiudono la porta alle loro spalle.
Qualche istante più tardi, quando i due sono spariti dalla strada, vado verso la scuola per non ritardare ancora la mia entrata. Se riesco a fare pochi giorni di assenza, considerando la mia media della A, posso essere esonerata dagli esami di fine semestre e sarebbe davvero fantastico non dover ripassare tutto il programma fatto da settembre.
Riflettendo tra me e me raggiungo la classe di matematica.
Il professore seduto dietro alla cattedra lancia un'occhiata alla mia giustifica, poi mi fa cenno di sedermi tra i banchi. Sento gli occhi degli altri ragazzi seguirmi con interesse e curiosità, ma li ignoro e tento di concentrarmi sulla lezione.
Nel corso della giornata non riesco a trovare Clare, così, finite le lezioni, torno subito a casa. 
Gli altri studenti sono ancora radunati nel piazzale della scuola e parlano tra loro divertendosi. Mi allontano da loro con le mani infilate nelle tasche della giacca nel tentativo di ripararle dall'aria fredda di novembre.
Raggiungo la mia dimora e non faccio in tempo a sedermi che già qualcuno bussa alla porta. Sarà Greg? mi chiedo.
La mia cara vecchia Voce decide ancora una volta di non farsi sentire, così sono costretta ad avvicinarmi titubante all'ingresso.
Poso una mano sulla maniglia, mentre un'altra serie di battiti scuote il legno.
Apro lentamente la porta, lanciando uno sguardo davanti a me.
«Ciao Luna» mi saluta Benedict Lennox nella veranda della casa con un sorriso bello da far rabbrividire «Devo parlarti di una cosa molto importante»
Maledico la mia pessima capacità recitativa e sgrano gli occhi.
 
 
(*) smoke and mirrors: è un modo di dire inglese che indica l'inganno e l'illusione facendo riferimento agli strumenti utilizzati dai prestigiatori nei loro trucchi.
 
_____________________________________________________
 
Ciao a tutti! 
Finalmente ho trovato il tempo di completare il capitolo! Le cose si complicano e voi cosa ne pensate? Vi è piaciuto? Lasciatemi una recensione e ditemi tutto quello che volete dire:)
Alla prossima
Lux
   
 
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